Federico I imperatore, detto il Barbarossa

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Figlio (n. 1125 - m. nel fiume Göksu, 1190) di Federico II, duca di Svevia, e di Giuditta, sorella di Enrico il Superbo, duca di Baviera, divenne duca di Svevia alla morte del padre (1147). Alla morte di suo zio Corrado III, re di Germania, fu eletto suo successore a Francoforte (4 marzo 1152), dopo essere riuscito a procurarsi anche l'appoggio del cugino Enrico il Leone, duca di Sassonia, con la promessa di restituirgli il ducato di Baviera, che Corrado gli aveva tolto. In seguito a questo compromesso la posizione di F. in Germania fu politicamente assai più stabile. Fin d'allora le direttrici della sua politica miravano a pacificare la situazione interna della Germania e a ripristinare in Italia un'effettiva autorità regia, cui era collegato il titolo imperiale. L'unanimità della sua elezione, come pure il sostegno compatto della Chiesa tedesca, resero possibile a F. di assumere un atteggiamento di indipendenza verso il papato. In seguito ad accordo con papa Eugenio III, cui tra l'altro aveva assicurato il suo appoggio contro il re di Sicilia, F. discese in Italia (ott. 1154) e, nella dieta di Roncaglia, promulgò un editto che prevedeva la restituzione dei diritti regi da parte dei Comuni che se ne erano impossessati nella prima metà del secolo e che avrebbero dovuto sottostare a funzionarî di nomina imperiale. Incoronato a Monza re d'Italia (15 aprile 1155), proseguì verso Roma, dove soppresse il Comune che vi si era costituito e ne consegnò uno degli ispiratori, Arnaldo da Brescia, al pontefice Adriano IV, succeduto a Eugenio III, e si fece incoronare da questi imperatore il 18 giugno 1155, dopo aver vinto la resistenza della ribelle Tortona; non mantenne tuttavia la promessa di affrontare i Normanni e preferì ritornarsene in Germania. Qui riaffermò la propria autorità e il prestigio dell'impero: nella dieta di Ratisbona (1156) sancì la cessione della Baviera a Enrico il Leone e ne risarcì i Babenberg con l'elevazione dell'Austria a ducato. Nel luglio dello stesso anno sposò (le precedenti nozze [1147] con Adele di Vohburg erano state annullate dietro sua richiesta dal papa nel 1153) Beatrice, figlia del conte Rinaldo III ed erede della Borgogna. Tornò quindi, nel 1158, in Italia per riaffermare i suoi diritti sovrani sui Comuni lombardi, e particolarmente su Milano, che fu costretta a pagare una forte multa. Nel nov. dello stesso anno convocò di nuovo una dieta a Roncaglia e appoggiandosi anche alle teorie del diritto romano il cui studio aveva ripreso vigore in quegli anni, vi emanò la Constitutio de regalibus, vera carta dei diritti sovrani imperiali, che fu formalmente riconosciuta anche dai rappresentanti dei Comuni. Tale riconoscimento non valse tuttavia ad allontanare il conflitto tra l'autorità imperiale e l'autonomismo dei Comuni, decisi a non rinunciare alle libertà ottenute con i precedenti imperatori. Al contrasto con i Comuni si accompagnò l'altro con il papato, per la pretesa imperiale di intervenire nelle elezioni episcopali; tale contrasto divenne insanabile alla morte di Adriano IV con l'elezione del card. Bandinelli, Alessandro III (1159), deciso assertore delle tesi teocratiche che sostenevano la supremazia del papato sull'impero e al quale F. contrappose l'antipapa Vittore IV (e dopo la morte di questo, 1164, il nuovo antipapa Pasquale III). La naturale alleanza tra il pontefice e i Comuni spinse l'imperatore ad un nuovo intervento contro Milano che fu rasa al suolo nel 1162. Nel 1167 mentre Alessandro III si rifugiava presso i Normanni, F. occupò la stessa Roma, ma una violenta epidemia decimò il suo esercito e lo costrinse al ritorno in Germania. Nel frattempo molti Comuni dell'Italia settentr. si erano uniti nella Lega lombarda (giurata a Pontida, aprile 1167). Soltanto dopo aver regolato gli affari di Germania (ma senza ottenere dal cugino Enrico il Leone l'aiuto militare per la nuova discesa in Italia) F. ritornò nella penisola nel 1174. All'infruttuoso assedio di Alessandria (ott. 1174 - apr. 1175), seguì nel 1176 la sconfitta di Legnano, che portò F. sulla via delle trattative. La pace tra papa e imperatore fu così conclusa a Venezia il 21 luglio 1177: F. riconobbe Alessandro III quale unico e legittimo pontefice e firmò con i Comuni una tregua di sei anni. La successiva pace di Costanza (1183) costituì un sostanziale riconoscimento, da parte di F., delle libertà cittadine di contro alla loro formale accettazione della sovranità imperiale e al pagamento di un tributo. In Germania intanto i rapporti di F. con Enrico il Leone raggiungevano il loro punto critico. Dopo averlo inutilmente esortato a giustificarsi dinanzi a lui, F., forse preoccupato che la formazione di singoli stati regionali come quello del cugino potesse nuocere all'autorità dell'Impero, dichiarò Enrico decaduto dal possesso di tutti i beni feudali e allodiali e assegnò il dominio sulla Sassonia e sulla Baviera ai Wittelsbach. Nel 1181, a Erfurt, il Leone, che aveva opposto resistenza anche armata alle misure imperiali, dovette chiedere il perdono di F. e accettare l'esilio. Nella dieta di Magonza (1188) F. si impegnò a condurre una crociata contro gli infedeli. Partito da Ratisbona nel maggio del 1189, morì affogando nel fiume Göksu nei pressi di Seleucia in Cilicia. La figura di F., che la tradizione comunale italiana legò alle crudeltà contro Milano e Tortona, facendola nel Risorgimento quasi la prefigurazione dell'oppressore tedesco, trovò invece consenso nel sentimento nazionale germanico, che la cantò in innumerevoli saghe come quella del puro eroe germanico, del grande re che dorme nell'antro segreto delle montagne di Turingia pronto a risorgere per la grandezza della Germania.

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