Farsa

Enciclopedia dei ragazzi (2005)

farsa

Mirella Schino

Un atto tutto da ridere

La farsa è un testo teatrale breve e comico. Si tratta di un atto unico, scritto per essere rappresentato insieme a lavori di altro genere, che veniva messo in scena nel corso di una serata di varietà oppure al termine di una pièce seria e che ebbe il suo maggior successo tra Ottocento e Novecento

Gli ingredienti della farsa

La comicità della farsa è di tipo puro, non mescolata a sentimento, patetismo, grottesco, umorismo. La farsa vuole far ridere e basta. Tuttavia, la comicità pura della farsa è necessariamente sempre accoppiata a quella che costituisce la sua seconda caratteristica: la brevità. In conseguenza di ciò, la farsa non può essere rappresentata da sola: deve essere solo una parte, una delle facce di una serata teatrale composta di tanti elementi diversi. La farsa, insomma, non è semplicemente un aspetto estremo del genere comico: rappresenta, piuttosto, un ingrediente allo stato puro, che però è pensato per essere sempre mescolato con ingredienti di tipo diverso all'interno della stessa serata.

Farsa viene dal verbo latino farcire. È un termine soprattutto culinario, che vuol dire "fare un ripieno", per esempio per un pasticcio, o per un arrosto. Nel caso del teatro, la farsa è una composizione di ridotte proporzioni che serve a farcire una serata, vale a dire a riempirla con ingredienti diversi da quello di base in modo da farne venire fuori un piatto ricco e composito.

Origine e caratteri

Le radici della farsa affondano molto lontano: per esempio scrisse vere e proprie farse dialettali l'astigiano Giorgio Alione, vissuto tra il 15° e il 16° secolo. La farsa, tuttavia, specie in Italia, è un genere tipico dell'Ottocento ed era presente negli spettacoli di varietà: spettacoli leggeri, nei quali si alternavano cantanti, comici, declamatori.

Ma non solo: per tutto l'Ottocento, fino a inizio Novecento, è stato costante, in Italia, l'uso di finire uno spettacolo teatrale con una farsa, sia nel teatro dialettale (nel genere della farsa sono stati famosi Gilberto Govi, Angelo Musco, la famiglia De Filippo) sia nel teatro in italiano (Ermete Novelli o Cesare Dondini). E questo avveniva anche se il dramma che era stato rappresentato era serio o patetico. In questo caso la farsa era il momento necessario a fare evaporare l'emozione provata nella serata. Ma, soprattutto, le due diverse parti, il dramma e la farsa, costituivano assieme il tempo differente del teatro: un tempo particolare, lungo, variato, in cui si rideva e si piangeva. Molto diverso dalla nostra attuale idea di una serata a teatro.

La consegna è di russare

Ecco la trama di una farsa particolarmente celebre: La consegna è di russare di Courteline Père (pseudonimo dello scrittore francese Jules Moinaux, 19° secolo).

Un ufficiale ama uscire nottetempo per divertirsi con le donne e il gioco. Sua moglie però è gelosa, quindi egli ordina all'attendente (il soldato addetto al suo servizio) di prendere il suo posto a letto (lui e la moglie dormono in stanze separate). E poiché l'ufficiale russa fragorosamente, l'attendente riceve l'ordine (la consegna) di russare anche lui tutta la notte. Far finta di russare secca la bocca all'attendente, che è felice di trovare un bicchiere di limonata al fianco del letto. Ma non è limonata: è un medicinale lassativo che l'ufficiale prende tutte le mattine. Il problema dell'attendente diventa come raggiungere il bagno senza farsi vedere dalla moglie (sempre all'erta) dell'ufficiale. Ne seguono equivoci, riconoscimenti, e così via.

Le farse potevano essere di provenienza italiana o straniera. In questo secondo caso, in genere il testo veniva riadattato alla situazione italiana. Altri titoli famosi, durante l'Ottocento, erano Il villino di campagna di August von Kotzebueo e In pretura di Giuseppe Ottolenghi.

La sposa e la cavalla

Un'altra farsa ottocentesca di grande successo era La sposa e la cavalla, che forse (ma non si sa per certo) è stata scritta dall'attore Antonio Cavalli: è la storia di un signore che possiede una cavalla a cui ha dato lo stesso nome della figlia. Un giovane timido gli chiede la figlia in sposa. Il signore pensa che si tratti dell'acquisto della cavalla: ne magnifica le doti fisiche (il petto ampio, le gambe snelle), gli spiega come fare a trattarla quando è inquieta (una grattatina sul naso, una strofinata alla nuca, uno zuccherino). Ma il giovane crede che stia parlando della figlia e pertanto, quando si incontra con l'amata che è un po' nervosa, prova a grattarle il naso e a darle uno zuccherino.

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