FAKHR ad-DĪN

Enciclopedia Italiana (1932)

FAKHR ad-DĪN

Giorgio Levi Della Vida

N Emiro dei Drusi nel Libano e sulle coste della Siria, salito a potenza e notorietà nei primi decennî del secolo XVII. Nato nel 1572 dalla famiglia dei Banū Ma‛n, cui suo nonno Fakhr ad-Dīn I e suo padre Qorqmās avevano conferito un certo grado di potenza, in un alternarsi di lotte contro il dominio degli Ottomani e di sottomissioni a esso, riuscì, col favore dello stesso pascià di Damasco desideroso di estirpare l'anarchia dei signorotti delle borgate del Libano e della costa e delle bande beduine, a costituirsi uno stato di una certa importanza, comprendente le città di Ṣaidà, Beirut, Bāniyās e la parte meridionale del Libano. Ma, osteggiato e minacciato dagli Ottomani per la sua crescente potenza e per gli accordi segreti che egli aveva preso col granduca Cosimo II di Toscana, lasciò il governo al figlio ‛Alī e si recò con numeroso seguito alla fine del 1613, a Firenze, dove fu accolto con grande curiosità e dove si cercò di valersi di lui per secondare la politica di espansione coloniale della Toscana vagheggiata da Ferdinando I e perseguita dal suo successore, e al tempo stesso per indebolire la potenza ottomana, della quale F. si professava avversario inconciliabile, come pure, valendosi della sua qualità di Druso, cercava di farsi passare per amico del cristianesimo (si diffuse perfino la voce infondata del suo battesimo). Tuttavia le trattative non approdarono a nulla, e F. tornò in patria nel 1618, essendosi nuovamente riconciliato con la Porta. Benché ad essa si ribellasse nuovamente (riuscì perfino a far prigioniero il pascià di Damasco), seppe accrescere i suoi dominî e tenerli con saldo potere e con buona amministrazione, favorendo l'agricoltura, l'industria e il commercio, aprendo il porto di Ṣaidà alle navi europee, cercando di placare le eterne lotte fra Drusi e Maroniti del Libano.

La quasi indipendenza e le intime relazioni di Fakhr ad-Dīn con le potenze cristiane (soltanto i Veneziani gli furono ostili, temendo la rivalità commerciale della Toscana nel Levante) non potevano naturalmente non preoccupare il governo ottomano: un più energico intervento, sotto il sultano Murād IV, del nuovo pascià di Damasco mise in rotta F., che cadde prigioniero e, portato a Costantinopoli, fu giustiziato nel 1635. Alcuni discendenti di suo fratello Yūnus furono tuttavia riconosciuti dalla Porta come principi vassalli.

Bibl.: G. Mariti, Istoria di Faccardino grand'emir dei Drusi, Firenze 1787; F. Wüstenfeld, Fachr ed-dîn der Drusenfürst u. seine Zeitgenossen, in Abh. der kön. Ges. d. Wiss., XXXIII, Gottinga 1886; H. Lammens, La Syrie, précis historique, II, Beirut 1921, pp. 71-90. Interessanti documenti inediti sono conservati nell'Archivio di stato di Firenze, Med. 4276.

TAG

Costantinopoli

Cristianesimo

Agricoltura

Cosimo ii

G. mariti