Jünger, Ernst

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Scrittore tedesco (Heidelberg 1895 - Wilflingen 1998). Figura tra le più complesse e discusse della cultura tedesca del 20° sec., in provocatorio disprezzo della politicizzazione delle lettere si pose come aristocratico anarchico,  profetizzando con distacco una catastrofe epocale che coinvolge non solo la società umana ma l'intero pianeta, e dalla quale può salvarsi solo l'individuo in responsabile fuga verso l'interiorizzazione. È questa la traccia essenziale che può cogliersi nella gran massa di opere, romanzi, racconti, diari, saggi, tutti inconfondibili per lo stile elevato sino alla ricercatezza e per il linguaggio spesso volutamente cifrato che reclama una disagevole decodificazione.

Vita e opere

Arruolatosi a 17 anni nella Legione straniera, volontario di guerra nel 1914, ferito 14 volte, talora anche gravemente, rimase nell'esercito fino al 1923, quando all'università di Lipsia e poi a quella di Napoli iniziò lo studio della zoologia e della filosofia. Fino al 1933 fu in contatto con circoli rivoluzionarî d'ispirazione nazionalistica, ma all'avvento del nazismo si tenne in disparte, e anzi rifiutò la nomina all'Accademia prussiana (1934). Durante la seconda guerra mondiale fu per lungo tempo ufficiale a Parigi, dal 1941 al 1944 presso il quartier generale delle truppe dislocate in Francia, dal quale fu allontanato in seguito alla diffusione del suo scritto Der Friede, utopico appello alla pace indirizzato "alla gioventù d'Europa, alla gioventù del mondo". Nei primi libri legati all'esperienza della guerra (In Stahlgewittern, 1920; Der Kampf als inneres Erlebnis, 1922; Das Wäldchen 125, 1925; Feuer und Blut, 1926) esaltò la lotta e ogni prova di forza dell'uomo professando un "eroico nichilismo". Una seconda fase, non priva di influssi nietzschiani, puntò a un titanismo antiborghese (Das abenteuerliche Herz, 1929; Totale Mobilmachung, 1931; Der Arbeiter. Herrschaft und Gestalt, 1932). Fra il nichilismo e la rivelazione visionaria si situano Blätter und Steine (1934) e Auf den Marmorklippen (1939), quest'ultimo larvata critica al terrorismo tirannico, ribadita in Gärten und Strassen (1942). Inviso, a tale doppio titolo, al regime nazista, tanto più lo divenne per il già ricordato Friede (diffuso clandestinamente nel 1944, pubblicato nel 1948). Nelle sue opere del dopoguerra si riscontra l'aspirazione a una rigenerazione in spirito di pace e di libertà, con il dominio di un astratto aristocraticismo scarsamente storicizzato (su tale via sono Strahlungen, 1949; il romanzo utopistico-simbolico Heliopolis, 1949; Über die Linie, 1950; Waldgang, 1951; Besuch auf Godenholm, 1952; Der gordische Knoten, 1953; Das Sanduhrbuch, 1954; Rivarol, 1956; Jahre der Okkupation, 1958; Der Weltstaat, 1960; Typus, Name, Gestalt, 1963; Grenzgänge, 1966; Eumesvil, 1980; Die Schere, 1990). Nessuna delle principali questioni del mondo moderno fu estranea alla trattazione di J. (sul problema dell'Estremo Oriente, Zwei Inseln. Formosa, Ceylon, 1968; sul problema della droga come tentativo di evasione dal mondo meccanizzato, Annäherungen. Drogen und Rausch, 1970). Tra il 1978 e il 2003 sono stati pubblicati 22 volumi di Sämtliche Werke. Una sotterranea analisi dei motivi che spinsero la Germania alla partecipazione alla seconda guerra mondiale contraddistinse parte della produzione dell'ultimo ventennio, di cui fa parte il romanzo Aladin's Problem (1983). Scrittore singolare ed estremamente affascinante, quale saggista J. si fece stimare fra gli stilisti più nobili di tutta la prosa tedesca; più forzato in veste di narratore, che però gli fu anche assai meno consueta. Nel 2010 sono stati editi a cura di H.H. Kiesel sotto il titolo Kriegstagebuch 1914-1918 (trad. it. 2016) i diari che lo scrittore tenne sul fronte di guerra.

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