ENRICO II imperatore, detto il Santo

Enciclopedia Italiana (1932)

ENRICO II imperatore, detto il Santo

Giovanni Soranzo

Figlio di Enrico II di Baviera e di Gisella, sorella di Corrado, re della Bassa Borgogna e pronipote di Enrico l'Uccellatore, nacque il 6 maggio 973. Per l'atteggiamento ribelle alla corona di Germania, suo padre nel 976 fu privato del ducato ed egli destinato alla carriera ecclesiastica; ma quando nel 986 suo padre fu reintegrato nel dominio, tale proposito fu abbandonato. Alla morte del genitore (28 agosto 995) E. fu riconosciuto duca di Baviera e alla morte di Ottone III imperatore, dopo una lotta con pretendenti, quali Eccardo, margravio di Meissen (Sassonia) ed Ermanno, duca di Alemagna (Svevia), ottenne la corona di Germania, grazie anche al favore di Willigiso, arcivescovo di Magonza e primate del regno. L'8 settembre con la sua consorte, Cunegonda di Lussemburgo, fu incoronato in Aquisgrana. Ma spirito d'indipendenza e di rivolta funestò i primordî del suo regno. Fatto erede della corona di Borgogna da re Rodolfo, suo zio, combatté a lungo, senza riuscire a domarli, i feudatarî che erano ribelli a re Rodolfo. Negli anni 1006-1007 E. fu impegnato contro Baldovino, conte di Fiandra e sino al 1017, salvo brevi intervalli, oppose le sue armi, con alterna fortuna, alla lega formata da Federico conte di Lussemburgo, da Enrico duca di Baviera e dall'arcivescovo di Metz, Dietrich. Ma la sua maggiore impresa fu contro Boleslao, duca di Polonia, che voleva unificare sotto il suo scettro gli Slavi dell'Europa medio-orientale. Enrico II comprese quanto ciò fosse di pregiudizio agli interessi della Germania e impegnò la lotta, durata dal 1003 al 1018, che gli permise, se non d'impedire il rassodamento dell'indipendenza polacca, di contendere all'avversario la Boemia.

Erede degli Ottoni, E. non trascurò l'Italia, dove la morte di Ottone III aveva suscitato velleità di grandi feudatarî e sentimenti antitedeschi: sin dal febbraio del 1002 Arduino, marchese di Ivrea, si era fatto incoronare re a Pavia, appoggiato da numerosi feudatarî laici, sacrificati dagli Ottoni alla fortuna dei vescovi conti. Sollecitato da questi a intervenire, E. prima mandò in Italia Ottone duca di Carinzia, poi venne egli stesso nella primavera del 1004 ed ebbe fortuna, ché Arduino, abbandonato dai suoi, fuggì; E. si fece incoronare re a Pavia dall'arcivescovo di Milano (14 maggio 1004), ma una violenta rivolta degli abitanti, rudemente domata, gli dimostrò come egli non fosse ben visto di qua dalle Alpi. E. scese una seconda volta nell'autunno del 1013, per porre fine ai disordini di Roma dove due papi, creature delle fazioni, si contendevano la tiara. Venuto a Roma, risolvette di forza la contesa e il 14 febbraio 1014 fu da Benedetto VIII incoronato imperatore. Anche a Roma successe una dura rivolta contro i Tedeschi, cui seguì fiera repressione; dopodiché E. ritornò in Germania. La terza discesa fu determinata dal proposito di fare valere i diritti dell'Impero sulle terre già longobarde dell'Italia meridionale (1021-1022). Ma, salvo la presa di Troia nella Capitanata, tolta ai Bizantini, e la sottomissione dei principi a lui ribelli, nessun altro vantaggio offrì l'impresa. Una pestilenza scoppiata fra le truppe costrinse E. a rientrare in Germania. Rientrato in Sassonia, malandato in salute, dopo pochi mesi morì a Grona presso Gottinga: il 13 luglio 1024. Fu sepolto nel duomo di Bamberga. Con lui si estinse la casa di Sassonia. E. fu principe sinceramente pio, di costumi severi, sì da vivere in castità con la consorte Cunegonda, e assai sollecito della riforma della Chiesa; fu anzi canonizzato nel 1046 da papa Eugenio III. Ma come imperatore, emulo in ciò dei predecessori, non si fece scrupolo di esercitare grande ingerenza nel governo della Chiesa, nominò vescovi, depose quanti preti o monaci riteneva indegni o non sufficientemente a sé devoti, convocò concilî, sia pure per promuovere la restaurazione del culto, della vera pietà e della disciplina ecclesiastica. Fondò, ad onta delle opposizioni del vescovo di Würzburg, il vescovado di Bamberga, per fare di esso un focolare di cristianità e un centro di cultura romano-germanica in mezzo a genti slave. Fu suo merito l'aver promosso dovunque tregue tendenti a por fine alle violenze dei signori e alle loro guerre private; del 1023 è il suo abboccamento ad Ivoy con Roberto il pio re di Francia, per ricercare le "vie della pace alla Chiesa santa di Dio".

Bibl.: Le fonti principali sono: Thietmari, Chronicon, ed. Kurze, in Script Rerum German., Hannover 1889, pp. 723-871; Vita Henrici II Imperatoris auctore Adalboldo, in Mon. Germ. Hist., IV, Hannover 1841, pp. 679-695. Cfr. . Hirsch, Jahrbücher des Deutschen Reichs unter Kaiser Heinrichs II, Lipsia 1874; A. Hauck, Kirchengesch. Deutschlands, 3ª ed., Lipsia 1906, III, p. 391 segg.; Heinrichs II, Gottinga 1877; B. Bartoli, Arrigo II in Italia, Bologna 1896; H. Zeissberg, Die Kriege Kaiser Heinrichs II mit Herzog Boleslaw I von Polen, in Sitzungsber. d. Akad. d. Wissenschaften, Vienna 1868. Cfr. anche Cambridge Medieval Hist., II, Cambridge 1924, pp. 607-611.

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