ELBA

Enciclopedia Italiana (1932)

ELBA (A. T., 24-25-26)

Attilio MORI
Arturo SOLARI
Gino SCARAMELLA

L'Ilva o Aethalia degli antichi: isola del Mar Tirreno, la maggiore dell'Arcipelago Toscano e dopo la Sicilia, la Sardegna e Cherso la maggiore isola del Regno d'Italia, posta a breve distanza dalla prospicente costa del promontorio di Piombino, da cui la divide il canale omonimo largo soli 10 km. La sua posizione geografica è compresa tra le latitudini estreme di 42°42′23° e 42°52′ 21″ N. e le longitudini di 10°6′ e 10°26′ E. La sua massima lunghezza, tra Punta delle Pietre Albe e Capo Ortano, è di 27 km., la massima larghezza, tra Capo delle Viti e Punta dei Ripalti, di 18 km. L'area dell'isola si ragguaglia a 223,52 kmq. Di natura quasi interamente montuosa, culminante con il M. Capanne (1019 m.), con un'altitudine media, secondo O. Marinelli, di 182 m., l'isola presenta un contorno molto frastagliato, interrotto da pronunziate sporgenze (quali il Capo d'Enfola sulla costa nord e il Capo della Stella su quella sud) e da insenature profonde (quali il Golfo di Porto Longone a est, quelli di Portoferraio e di Procchio a nord; quelli di Campo, di Lacona e della Stella a sud) onde lo sviluppo delle sue coste risulta di 118 km., oltre il quadruplo cioè della circonferenza del cerchio di pari area.

Considerata nel suo aspetto generale l'isola appare formata da due parti distinte: quella orientale con l'asse secondo il meridiano e quella occidentale con l'asse secondo il parallelo. Tenendo conto peraltro della natura e della forma del suo rilievo si distinguono invece quattro parti, come altrettante isole saldate insieme da formazioni alluvionali. Così la sezione orientale rimane divisa in due parti dalla strozzatura larga solo 2300 m. tra la spiaggia di Mola e il Golfo Stella: la parte settentrionale (kmq. 60) culmina con la Cima del Monte (516 m.) e la meridionale (kmq. 23) con il M. Calamita (413 m.). Nella sezione occidentale si distingue la parte media (kmq. 58), con elevazioni poco pronunciate (sommità M. Tambone, m. 379), da quella estrema (kmq. 82), formata dalla grande cupola granitica del M. Capanne. All'accennata varietà morfologica si accompagna un'uguale varietà geologica. Così nella parte orientale, dove compaiono tutte le serie dei terreni dell'isola, predominano le rocce sedimentarie: calcari, scisti argillosi e arenarie, riferibili tutti all'Eocene, disposti con stratificazioni alternate e attraversati da rocce eruttive ofiolitiche; in quella media prevalgono le rocce eruttive porfiriche ed euritiche, coperte in taluni punti da calcari argillosi e da arenarie eoceniche, mentre, come si è accennato, l'estrema sezione occidentale è tutta una grossa cupola di granito, più o meno ricoperto verso la base da lembi di rocce sedimentarie alterate da intrusioni ofiolitiche e porfiriche. Quanto all'età di questi graniti molto si è discusso; ma stando a B. Lotti, cui particolarmnte si deve lo studio della geologia dell'isola, dovrebbero ritenersi posteriori all'Eocene e dal confronto con le rocce analoghe che si trovano nella prospicente Maremma sarebbero da riferirsi al periodo compreso tra l'Eocene superiore e il Miocene medio, cioè probabilmente a quando avvenne l'imponente sollevamento che originò le Alpi e l'Appennino. I terreni ferrigeni che dànno all'isola una particolare celebrità e che ne costituiscono la principale ricchezza, si trovano tutti nella parte orientale dell'isola. La loro origine è ritenuta intimamente connessa con le eruzioni granitiche e quindi sarebbero da riferirsi come quelle all'età miocenica. Oltre alle formazioni principali ricordate, molte altre appaiono in diversa proporzione nell'isola, tali da renderla un vero museo geologico e mineralogico.

Il clima dell'Elba è assai dolce e ricorda quello delle plaghe più favorite della Sicilia. Secondo le osservazioni di G. Roster praticate nella sua villa presso Portoferraio, si avrebbero, per un periodo di 13 anni, questi valori medî. Temperatura media annuale 15°,7; media del gennaio 9°,3; media del luglio 24°,3. Estiemi assoluti registrati: massima 33°,9 (anno 1905); minima −4°,3 (anno 1905). Nel periodo di 22 anni (1885-1907) solo quattro volte la temperatura sarebbe discesa sotto lo zero. Una caratteristica del clima elbano è poi la serenità del cielo, onde nell'anno si avrebbero in media 167 giorni sereni, 111 coperti e 87 misti, con vantaggio notevole, non solo rispetto a Livorno, ma anche a Napoli e a Palermo. Le precipitazioni presentano qualehe sensibile varietà nelle diverse parti dell'isola, ma si mostrano ovunque sufficientemente abbondanti. La media di Portoferraio è di 692 mm., quella di Marciana, alle falde settentrionali del M. Capanne, di 1060 mm.; quella di Capoliveri, nella regione di sud-est, di 860 mm. Non infrequenti sono gli uragani violenti e le grandinate distruttrici dei raccolti. Per ciò che riguarda il regime dei venti si può dire che nell'inverno predominano il ponente, il maestrale e lo scirocco; nella primavera il maestrale e lo scirocco; nell'autunno la tramontana, il ponente e il grecale.

Data la limitata estensione dell'isola, nonostante la relativa abbondanza delle precipitazioni non vi si possono formare veri e proprî fiumi, ma solo dei torrentelli di 4 0 5 km. al più di sviluppo, alimentati da numerose sorgenti. Alle favorevoli condizioni del clima quali furono esposte corrisponde il carattere della vegetazione. Le piante arbustive proprie della macchia mediterranea, commiste a qualche pianta d'alto fusto (pini, lecci, sugheri), ricoprono ancora le zone costiere là dove le colture della vite o dell'olivo non le hanno sostituite. Non si spinge sino all'Elba la palma di S. Pietro Martire (Chamaerops humilis), che si trova ancora nell'Argentario. Nelle pendici più elevate dei monti il disboscamento, purtroppo anche qui largamente compiuto, specialmente sui fianchi orientali del M. Capanne, ha portato i suoi effetti deleterî, cui oggi si cerca di riparare estendendo i castagneti, ridotti presentemente a coprire un'area di soli 600 ettari. Per quanto riguarda la fauna, ancora non compiutamente esplorata nelle sue particolarità, ci limitiamo ad accennare alla scomparsa ormai dei grandi mammiferi selvatici (cinghiali, lupi) che un tempo pare si trovassero nell'isola. Fra i rettili non è rara la vipera, specialmente la V. aspis. Assai frequenti i ramarri, le lucertole e il geco. Ricca l'avifauna di specie sedentarie e trasmigranti. Pescosissimi i mari che ne lambiscono le coste e che ospitano quasi tutte le specie che si ritrovano nel Mediterraneo.

Nell'Elba vive una popolazione che al censimento del 1921 risultò di 27.995 ab., con una densità di 125 ab. per kmq.: densità pari alla media del Regno e alquanto superiore a quella dell'intera Toscana. Anche all'Elba, come più o meno si è verificato in tutta l'Italia, notevole è stato l'accrescimento della popolazione dopo l'unificazione del Regno. Nel 1861 si contavano nell'isola solo 19.400 ab. e 16.000 nel 1833; l'accrescimento più rapido si ebbe però nell'ultimo ventennio, dopo cioè che s'iniziò nell'isola la riduzione del minerale di ferro, onde da 23.000 ab. censiti nel 1901 si passò nel 1911 a 30.000. Dopo il 1911 si sarebbe verificata invece una diminuzione di circa 2000 ab., dovuta probabilmente alla crisi dell'industria siderurgica che si ebbe negli anni immediatamente dopo la guerra. Dei censiti nel 1921 solo 377 risultarono presenti con dimora occasionale, mentre gli assenti temporaneamente erano 954 dei quali 410 all'estero (contro soli 76 nel 1911) come prodotto di una limitata corrente migratoria avutasi dopo la guerra. Molto limitata è l'istruzione nonostante i progressi conseguiti, tanto che nel 1921 gli analfabeti vi rappresentavano ancora il 22% della popolazione dell'isola di età superiore ai sei anni.

La grande ricchezza dell'isola, specialmente nella sua parte orientale, è rappresentata dalle sue inesauribili miniere di ferro e dal lavoro che l'escavazione e riduzione di questo minerale offre a buona parte della popolazione. Non è tuttavia da trascurarsi neppure la ricchezza agricola, assai favorita, specialmente in alcune zone, dalle condizioni di clima e di suolo. La coltivazione più sviluppata è quella della vite, che si pratica particolarmnte nella parte sud-orientale e in quella occidentale dell'isola, dove dà prodotti molto pregiati; nella parte occidentale, in special modo, la popolazione, non richiamata dal più redditizio lavoro delle miniere, si dedica con maggior cura alla terra. La coltivazione dell'olivo, che pure dà ottimo prodotto, è meno diffusa; e così si dica della coltivazione delle piante da frutto in genere, i cui squisiti prodotti servono solo al consumo locale. Più o meno largamente si pratica quasi dappertutto, sebbene con metodi primitivi, la coltivazione dei cereali e dei legumi il cui prodotto non basta al consumo locale, e quella dei foraggi, insufficiente a promuovere un più largo allevamento del bestiame di cui tanto potrebbe avvantaggiarsi l'agricoltura. La proprietà della terra è molto frazionata e limitatissima v'è la grande possidenza. Secondo i dati del censimento del 1921 i proprietarî di terreni nell'isola risultarono in numero di 3274; su 3494 agricoltori censiti, 2227 conducevano terreni proprî, 511 erano mezzadri o coloni e 653 erano giornalieri.

Le miniere di ferro costituiscono, come si è detto, la principale ricchezza dell'isola. Conosciute e sfruttate sino dai tempi più remoti, esse apparvero sino dall'antichità come inesauribili, onde si riteneva che il minerale ferrigeno avesse la virtù di riformarsi naturalmente nelle viscere della terra; credenza che anche in tempi più recenti fu da alcuno riaffacciata. Alla data dell'unificazione del Regno la produzione del minerale non arrivava alle 100.000 tonn. annue e andò poi gradatamente aumentando sino a superare le 300.000 tonn. prima della guerra. Per effetto di questa la produzione s'intensificò notevolmente poi ridiscese sotto il quantitativo dell'anteguerra; in seguito riprese vigore raggiungendo le 357.430 tonn. nel 1927 e superando le 446.000 nel 1928, per ridiscendere a circa 400.000 nel 1931. Le miniere attualmente in esercizio per conto di una società concessionaria (la proprietà rimanendo allo stato) sono sei e si trovano nei comuni di Rio Marina, Porto Longone e Capoliveri. Le più importanti sono quelle di Rio e di Calamita (Capoliveri), che da sole forniscono la metà del totale prodotto. Il minerale escavato viene per 1/5 circa ridotto negli alti forni di Portoferraio e per poco meno in quelli di Piombino, mentre la maggior parte viene esportato e ridotto in quelli di Bagnoli (Napoli) e di Servola (Trieste). Senza escludere l'eventualità che le miniere debbano una volta o l'altra esaurirsi, l'esperienza ha dimostrato la fallacia delle previsioni e dei computi sulle riserve esistenti. Circa mezzo secolo addietro queste erano valutate da alcuni a 4, da altri a 8 milioni di tonn. Da allora il minerale estratto superò il doppio di questa seconda previsione; e nulla fa ritenere prossimo l'esaurimento, mentre migliorano i mezzi di escavazione, si fanno nuove ricerche e si ottiene più larga utilizzazione dei materiali considerati già di scarto. Secondo i dati del 1921 l'industria occupava poco meno della metà degli abitanti maschili atti al lavoro e fra questi 1156 erano i minatori. Il 1° dicembre 1931 il numero degli operai occupati nelle miniere in servizio attivo era di 635. All'infuori dell'escavazione mineraria e dell'industria siderurgica, per la quale sorsero recentemente i grandiosi stabilimenti degli alti forni di Portoferraio nel luogo già occupato da antiche saline ora distrutte, molto limitata è nell'isola l'industria, che si restringe alla lavorazione del vino, la quale ebbe di recente un notevole miglioramento, e a qualche piccola fabbricazione di prodotti alimentari o all'artigianato per i bisogni correnti della popolazione. Fruttifera è la pesca, specialmente quella del tonno, per la quale sono impiantate tonnare all'Enfola e a Marciana, e quella delle sardine, che alimenta anche una notevole esportazione per il continente. Le comunicazioni interne dell'isola sono assicurate da un'abbastanza estesa rete di strade ordinarie, sulla quale si sviluppano regolari servizî automobilistici che valgono a collegare fra loro i principali centri abitati. Per quelle esterne con il continente provvedono un servizio bigiornaliero tra Piombino e Portoferraio, uno giornaliero tra Piombino e Porto Longone; uno settimanale tra Livorno e Portoferraio; uno bisettimanale tra Livorno e l'isola di Pianosa il quale tocca i porti elbani di Marciana Marina, Portoferraio, Rio Marina, Porto Longone e Marina di Campo. Un servizio settimanale circolare vale poi a congiungere tutti gli scali costieri dell'isola.

L'isola d'Elba, che costituiva un circondario della provincia di Livorno, comprende 8 comuni: Portoferraio, Campo nell'Elba, Capoliveri, Marciana, Marciana Marina, Porto Longone, Rio Marina e Rio nell'Elba. Del totale della sua popolazione i 4/5 vivono agglomerati nei centri e 1/5 vive sparso nelle campagne. Il più considerevole centro urbano è la piccola città di Portoferraio (v.), la capitale dell'isola, con un ottimo porto, che conta 6018 ab.; seguono per ordine di popolazione Rio Marina (3555 ab.), Rio nell'Elba a (2296), Porto Longone (2065), Marciana Marina (1346). Gli altri centri contano tutti meno di 1000 abitanti. (V. tavv. CXIX-CXXII).

Bibl.: I. Cocchi, Descrizione geologica dell'isola d'Elba, in Mem. per servire alla descrizione della carta geologica d'Italia, I, Firenze 1871; B. Lotti, Descrizione geologica dell'isola d'Elba, ibid., II, 1886; A. Fabbri, Relazione sulle miniere di ferro dell'isola d'Elba, ibid., III, 1887; O. Marinelli, Volumetria dell'isola d'Elba, in Riv. Geogr. Ital., 1894; S. Foresi e altri, L'Elba illustrata, Portoferraio 1923.

Storia. - Antichità. - Il primitivo nome Ilva è ricordo del possesso che ne ebbero i Liguri Ilvates. Compresa forse nella colonizzazione focese del bacino occidentale del Mediterraneo durante il sec. VI, fu occupata poi dagli Etruschi di Populonia ai quali la tolsero i Greci di Siracusa (spedizioni contro l'Elba nel 453, e nei primi del sec. IV). L'appellativo greco di Αἰϑαλία o Αἰϑαλη, "la fuligginosa" si spiega con la metallurgia esercitata nell'isola. La fusione del metallo, pur avvenuta nell'isola (tutt'oggi sono visibili rovine di forni per cottura del minerale e avanzi di minerale bruciato) testimoniata dal toponimo greco, si compiva specialmente in Populonia. La tradizione sulla sua remota antichità rispecchia condizioni storiche posteriori, durante la colonizzazione greca e l'occupazione etrusca di Populonia, dal qual comune fu dipendente. Centro principale era il Porto Argoo, oggi Portoferraio.

Bibl.: S. Lambardi, Memorie antiche e moderne dell'isola dell'Elba, Firenze 1791; G. A. Ninci, Storia dell'isola d'Elba, ecc., Italia 1815; Philipp, in Pauly-Wissowa, Real-Encycl., IX, coll. 1090-91.

Medioevo ed età moderna. - S. Cerbone, vescovo di Populonia, per scampare ai saccheggi longobardi, fu costretto (sec. VI) a ritirarsi con tutto il suo clero nella vicina Elba. La possedettero poi i duchi longobardi della Marca marittima toscana, e, nel secolo XI, i Pisani. Questi la difesero più volte da assalti saraceni e, più tardi, dai Genovesi (1162). I Genovesi rinnovarono senza risultato i loro tentativi nel sec. XIII, finché, dopo la battaglia della Meloria, nel 1291 occuparono l'Elba e ne portarono ostaggi. Subito i Pisani tornarono alla riscossa con un'armata navale: la lotta tra le due repubbliche per l'isola durò fino al 1309, quando Genova ne riconobbe a Pisa il dominio. Quando poi nel 1399 Gherardo d'Appiano vendé Pisa e il suo territorio a Gian Galeazzo Visconti, ne ottenne per sé e per i suoi discendenti il litorale di Piombino con l'Elba, la Pianosa e Montecristo.

La debolezza dei signori di Piombino e la posizione dell'isola incoraggiarono nel 1441 uno sbarco dei Genovesi; ma quei di Piombino li ricacciarono. Sette anni dopo fu la volta di Alfonso d'Aragona, padrone di Napoli, che tentò con la sua flotta l'Elba; ma fu costretto dagli Elbani ad abbandonare l'impresa. Nel 1501 l'isola, con l'intero principato di Piombino, fu occupata dal duca Valentino, nel 1502 però gli Appiano, con la protezione di Spagna, riebbero i loro dominî e se li fecero riconfermare nel 1509 con un'investitura imperiale. Ma l'isola già nel sec. XV aveva sofferto incursioni di pirati tunisini e spagnoli; e, nel 1534, Khair ed-Dīn Barbarossa invase nottetempo Rio Marina, l'incendiò e ripartì portando seco schiavi gli abitanti, liberati in gran numero da Carlo V l'anno seguente, con l'impresa di Tunisi. Rottasi poi nel 1542 la tregua di Nizza tra Francia e Spagna, il Barbarossa, d'accordo con Francesco I, riprese le sue scorrerie, e minacciò nuovamente Piombino: l'Elba fu corsa in tutti i sensi dalle genti del Barbarossa finché questi, si decise ad allontanarsi.

Alla difesa del Piombinese contro i Turchi aveva partecipato Cosimo I de' Medici, duca di Firenze, che nel 1546, facendo presente a Carlo V la necessità che l'Elba e il litorale antistante fossero in mano di principe atto a difenderli, ottenne dall'imperatore la promessa che quelle terre gli sarebbero state assegnate, contro un prestito di 200.000 scudi. Il Medici fece allora costruire nell'isola un forte centro di difesa, l'odierna Portoferraio, chiamata allora Cosmopoli, cinta da una cerchia di bastioni, appoggiati a due forti, munita tanto da resistere nel 1553 all'assalto di una flotta franco-turca agli ordini del musulmano Dragut, il quale, pur essendosi impadronito del rimanente dell'isola, dove dimettere il pensiero di scacciare i Medicei. La minacciata cessione del Piombinese a Cosimo aveva suscitato le giuste proteste del legittimo padrone, Giacomo VI Appiani, e il risentimento della repubblica di Genova; dopo molte trattative, nel 1557, Filippo II, riconosciuta al Medici la quasi totalità del territorio senese, ordinò che restituisse all'Appiani Piombino e l'Elba, salvo il territorio di Portoferraio, assegnato definitivamente al Duca. Sia Cosimo sia il figlio Francesco curarono lo sviluppo della nuova terra e, ottenute dai signori di Piombino in appalto le miniere di Rio, svilupparomI l'industria del ferro.

Filippo III, valendosi di un patto del suo predecessore stretto con l'Appiani, fece approdare in un'insenatura dell'Elba una flotta e sbarcatevi truppe e operai ed erettovi il forte di Longone, vi si insediò stabilmente. La presenza della bandiera spagnola all'Elba giustificò nel sec. XVII un attacco francese, e ai primi del XVIII un attacco imperiale: Longone infatti, per ordine del Mazarino fu nel 1646 preso dai Francesi, che quattro anni dopo, stretti d'asdio da Spagnoli e Imperiali, dovettero abbandonarlo; e per il possesso della stessa piazzaforte durante la guerra di successione pagnola, si combatté fra Tedeschi e Spagnoli un'atroce guerriglia. Dopo la pace di Utrecht fu necessaria per Cosimo III e poi per Gian Gastone molta avvedutezza per conservare i possessi dell'Elba, che nel 1738 passarono, con la rimanente Toscana, ai Lorena. Il primo di questi, Francesco, rese più prospera Cosmopoli, che ebbe allora il nome di Portoferraio. Pietro Leopoldo invece ne trattò la cessione agl'Inglesi, desiderosi di bilanciare con altro possesso nel Tirreno l'occupazione francese della Corsica; ma l'opposizione dei Borboni di Francia e di Napoli, ai quali ultimi era stato dal 1759 attribuito il possesso di Longone, sventò il progetto.

Nelle guerre della Rivoluzione francese l'Elba subì nel 1796 una occupazione inglese, nel 1799 una francese, osteggiata dai Napoletani di Longone e dalla plebe dell'isola, che fu teatro d'estreme violenze; dopo la pace di Amiens rimase alla Francia, che se l'annesse in luogo di riunirla al regno d'Etruria; e nel 1809, dopo l'occupazione francese della Toscana, fu sottoprefettura del dipartimento del Mediterraneo (Livorno).

Nel 1814 l'Elba visse le sue giornate più famose, dominio e reggia di Napoleone, che per un momento parve prendesse sul serio la nuova parte assegnatagli dalle potenze. Il Bonaparte, con febbrile attività, fece innalzare nuovi edifici e fortificazioni e tracciare strade rotabili fino allora mancanti; cercò di dar sviluppo all'industria del ferro, alla pesca, all'agricoltura; ordinò un minuscolo esercito e una flottiglia sulla quale sventolava la bandiera elbana caricata delle api napoleoniche e che gli serviva per escursioni nelle altre isole dell'Arcipelago; ma ben presto Napoleone lasciò l'Elba che dal settembre 1815 fu tutta riunita al granducato di Toscana e, dopo il 1860, al Regno d'Italia.

Bibl.: S. Lambardi, Memorie antiche e moderne dell'isola d'Elba, Firenze 1791; G. Ninci, Storia dell'isola d'Elba dedicata alla Sacra Maestà di Napoleone il Grande imperatore, Portoferraio 1815; E. Foresi, L'isola d'Elba, Pitigliano 1899; G. Pullè, Cenno storico (dell'Elba), in L'Elba illustrata, a cura di M. Foresi, Portoferraio 1923; G. Livi, Napoleone all'isola d'Elba, Milano 1888; L. Cappelletti, Storia della città e stato di Piombino, Livorno 1897; Nuovi documenti su Napoleone all'Elba, Roma 1906; P. Gruyer, Napoléon roi de l'île d'Elbe, Parigi 1906; V. Mellini, L'isola d'Elba durante il governo di Napoleone, Firenze 1914; E. Repetti, Dizionari della Toscana, voci: Elba, Piombino, Portoferraio.

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