EDILIZIA

Enciclopedia Italiana (1932)

EDILIZIA (dal lat. aediles "edili")

Guido PIAZZOLI
Luigi SANTARELLA
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Sotto la denominazione generica di edilizia si può comprendere tutto ciò che riguarda la esecuzione e la manutenzione degli edifici pubblici e privati; essa è però più particolarmente usata in due sensi più limitati e distinti.

Secondo l'uno di essi per edilizia s'intende quel complesso di studî, regole, cognizioni, prevalentemente tecniche, che hanno per oggetto la scienza e l'arte del costruire in relazione con i mezzi e i fini della costruzione e che oggi si preferisce di raggruppare sotto la denominazione più esatta di architettura tecnica. Tali sono la distribuzione degli edifici in vista delle loro necessità statiche e funzionali, l'uso dei diversi materiali secondo le loro possibilità estetiche e costruttive, gl'impianti tecnici di vario genere e quanto contribuisce a rendere gli edifici rispondenti al loro scopo. La trattazione di tali argomenti si trova, oltre che nelle voci generali, quali architettura; costruzioni, ecc., in quelle relative alle diverse specie di edifici (albergo; casa; collegio, ecc.).

L'altra accezione di edilizia esprime invece quel vasto campo di attività, specialmente nell'architettura, nell'ingegneria e nell'industria, che riguarda lo sviluppo dei centri abitati. In questo senso l'edilizia è una manifestazione architettonica e sociale antichissima (v. città: Architettura), ma in questi ultimi anni ha assunto specialissima importanza in vista della rapida evoluzione delle città e quindi della necessità di disciplinarne la crescente espansione.

Tale sviluppo, che oggi è attuato mediante operazioni di carattere prevalentemente industriale e tecnico, è, per quanto riguarda le esigenze artistiche, pratiche, igieniche, sociali e giuridiche delle città e dei cittadini, sottoposto a un complesso di norme che costituiscono ciò che si chiama il piano regolatore e il regolamento edilizio della città. Il primo, che stabilisce le aree destinate alle costruzioni, i tracciati delle strade e delle piazze, i pubblici trasporti e tutte le altre disposizioni destinate a regolare la creazione di nuovi abitati e la sistemazione dei vecchi, si basa su principî di carattere artistico e pratico, quali il decoro della città, la facilità delle comunicazioni, le condizioni planimetriche e altimetriche, ecc. Di carattere più spiccatamente giuridico è invece il regolamento edilizio avente per scopo d'integrare il piano regolatore stabilendo le dimensioni e le servitù delle costruzioni secondo la loro destinazione e le aree pubbliche e private adiacenti, il tipo di edifici da erigere in ciascuna zona, le norme igieniche e giuridiche da osservarsi, ecc.

Il legame che unisce il piano regolatore e il regolamento edilizio è quindi talmente intimo che possono dirsi l'uno complemento indispensabile dell'altro e talora si fondono in un unico insieme di disposizioni architettoniche, tecniche e legali. La trattazione di entrambi è fatta nella voce piano regolatore, mentre lo studio e la storia dei principî a cui essi s'informano, si trova sotto urbanistica, secondo la denominazione oggi comunemente adottata.

Industria.

Per industria edilizia s'intende quella diretta alla costruzione di edifici. In senso più lato, quella che ha per scopo la costruzione di opere a carattere immobiliare in genere, come quelle inerenti a sistemazioni idrauliche e impianti idroelettrici, a lavori stradali, ferroviarî e portuafi, alle bonifiche. Col progredire della tecnica, nell'industria edilizia, intesa nel senso più lato, si sono create numerosissime specializzazioni, sicché in essa si possono distinguere, oltre alle imprese generali di costruzione che esplicano la loro attività in diversi rami, anche imprese specializzate con riguardo al lavoro da eseguire (imprese per movimenti di terra, per opere murarie, per cementi armati, ecc.) o con riguardo alla natura dell'opera da costruire (imprese per la costruzione di edifici per lavori portuali, stradali, ecc.). L'attività diretta alla costruzione di edifici rimane però sempre, nell'industria, l'attività fondamentale ed economicamente più importante.

Da un punto di vista tecnico-economico, occorre distinguere la grande industria edilizia dalla media e piccola industria con carattere artigianesco. La prima sorge soltanto con lo svilupparsi di centri cittadini di numerosa popolazione: essa è connessa al costituirsi di vaste imprese di appalto ed esecuzione di costruzioni, all'impiego di una numerosa mano d'opera, a una complessa organizzazione tecnica dei cantieri. Al di qua di questi limiti, si ha una media e piccola industria, in cui l'opera è dovuta a piccoli imprenditori, all'artigiano o al consumatore stesso, aiutati da limitata mano d'opera e da mezzi tecnici non perfetti. Oggi, anche nei paesi industrialmente più evoluti, la grande industria coesiste con la media e piccola industria; e mentre quella cura le maggiori costruzioni queste concorrono sul mercato delle piccole abitazioni cittadine e rurali e particolarmente per i lavori di manutenzione e riparazione.

Se la grande industria edilizia è fenomeno tipico della civiltà odierna, esempî di attività edilizie notevoli e talvolta di vere e proprie organizzazioni industriali troviamo anche nelle civiltà del passato.

In Egitto, l'organizzazione burocratica e monopolistica dello stato non consentì il sorgere d'imprese di costruzione e quindi di un'industria autonoma; ma facilitò tuttavia l'esecuzione di opere edilizie di grandiosa mole. La costruzione edilizia, in quell'antica civiltà, fu contraddistinta soprattutto dall'impiego di numerosissima mano d'opera servile e da una tecnica progredita cima il trasporto del materiale e l'avanzamento dei lavori (v. cantiere).

Meno accentuata, in Grecia, l'imponenza delle costruzioni e l'impiego di mano d'opera, vi si delinea però una maggiore cura tecnica dei particolari, e soprattutto il costituirsi dell'impresa di costruzione. Iscrizioni di Atene, Delo, Eretria, Tegea trattano di lavori di costruzione o riparazione di edifici pubblici affidati a veri e proprî appaltatori (εργολάβοι) che dovevano eseguirli secondo speciali prescrizioni architettoniche. Molte norme che regolano questi appalti (forme di aggiudicazione; fissazione di termini d'inizio e d'esecuzione dei lavori; determinazione di penalità, ecc.), ritroviamo nel diritto romano e nell'odierno.

Ma interessante, sopra tutte, la civiltà romana, come quella che segnò il costituirsi di un'industria, quasi nel senso economico odierno. Già fi1i dal periodo regio, l'edilizia dovette avere, in Roma, un'importanza preminente, se la tradizione assegna a Numa Pompilio la fondazione di nove corporazioni, fra cui una dei costruttori (structores). Che siano state o no costituite da Numa Pompilio, sembra ormai accertato che le corporazioni (collegia) abbiano avuto origine in tempi remoti, e che alle maestranze edilizie, e forse anche a prestazioni temporanee di popoli vinti, com'è stato prospettato da taluno, debbano attribuirsi le prime grandi costruzioni romane (le mura del Palatino, le mura serviane, il tempio di Giove Capitolino, ecc.).

Le corporazioni, attraverso alterne vicende politiche ed economiche, perdurarono fino alla decadenza dell'Impero e alle invasioni barbariche, ma in questo spazio di tempo, videro concorrere al loro fianco, nell'industria, l'imprenditore per appalto (redemptor operis) e la mano d'opera servile. È nel periodo di maggiore splendore della Repubblica che sorgono le grandi imprese appaltatrici di lavori pubblici. La ricchezza finanziaria dello stato, la politica dei lavori pubblici ehe esso persegue, l'indirizzo utilitario, più che puramente artistico o religioso, dato all'edilizia, la possibilità di forti guadagni ne favoriscono il sorgere. D'altra parte le vittoriose guerre fanno affluire a Roma grandi masse di schiavi e queste vengono addestrate ai più svariati lavori, sia per utilità diretta del padrone, sia a scopo di noleggio e di lucro. Plutarco racconta che Crasso aveva una famiglia di 500 operai tra muratori, carpentieri e manovali che concedeva in locazione quando non faceva lavorare per proprio conto. Si vennero così a creare le condizioni per una grande industria edilizia: imprese vaste, mano d'opera abbondante non qualificata e qualificata (schiavi e maestranze libere). L'utilizzazione di abbondante mano d'opera anche non qualificata era resa possibile non solo dalla grande mole dei lavori, ma dalla speciale struttura muraria concretizia praticata dai romani, per cui, eseguiti da operai specializzati i soli paramenti dei muri, la parte interna della struttura poteva venire eseguita da mano d'opera anche non qualificata, dopo breve addestramento. Del rrsto, il mercato era così ricco al riguardo che, per limitare la concorrenza, le corporazioni ammisero nel loro seno anche i servi e gli stranieri. Dal punto di vista tecnico, l'industria acquistò un grado di perfezionamento notevole e l'organizzazione del cantiere romano appare tuttora mirabile e, se si escluda l'impiego di n ezzi meccanici, in molti tratti non lontana dall'odierna (v. cantiere). I Romani praticarono, come è assolutamente necessario nell'industria attuale, l'economia dei materiali, sia perché questi avevano raggiunto, con lo svilupparsi dell'edilizia, un alto prezzo, sia per la difficoltà di trasporto cui davano luogo. Essi crearono anche l'industria delle demolizioni dei fabbricati e della speculazione sui materiali così ricavati. Nel campo dei rapporti fra lo stato e l'impresa, il diritto romano perfezionò mirabilmente l'istituto dell'appalto, e molte norme che reggevano questo istituto passarono invariate nel codice Napoleone e negli altii successivi.

Lo sviluppo dell'edilizia romana, dell'industria relativa, delle corporazioni si arrestò con la decadenza dell'Impero e le invasioni. Le corporazioni, nonostante i divieti di abbandono della professione e le gravi pene all'uopo comminate, si andarono dissolvendo. Solo in alcune città si conservarono alcuni ordini professionali, spesso senza legame di sorta con le antiche tradizioni. Durante il regno longobardo, si tennero così uniti in vincolo professionale i magistri comacini (v. comacini, maestri) architetti e maestri murarî, che provenivano in gran parte dai laghi lombardi, dove già fin dall'epoca romana era famosa l'arte delle costruzioni. L'alto Medioevo è pertanto contraddistinto dall assenza di un'attività edilizia. Dove impera il sistema curtense, il signore fa eseguire direttamente le opere dai suoi vassalli, e solo qua e là sorgono monumenti insigni, di carattere religioso, ad opera di gruppi disordinati di artefici, o dei magistri comacini, che collaborano in diversi luoghi con maestranze locali.

Nell'età comunale, il ricostituirsi delle corporazioni con carattere professionale, e con esplicazione di un'intensa attività economica e politica, ha i suoi riflessi nel campo edilizio. Nel Cinquecento in Italia e un po' più tardi all'estero le grandi tradizioni costruttive riprendono piena vitalità. Ritorna a dominare l'istituto dell'appalto e ci si avvia lentamente alla grande organizzazione industriale odierna.

È da osservare però che se l'industria odierna, per alcuni aspetti, si ricollega a tradizioni e istituti del passato, per altri ne diversifica notevolmente. Non più prevalenti concetti artistici governano la migliore produzione, ma anche necessità economiche d'indole varia. Cosi è tipica dell'età odierna la costruzione di edifici destinati ad attività industriale, come anche la costruzione di case popolari ed economiche, per le grandi masse di popolazione. D'altra parte, l'industria ha dovuto adattarsi a nuove norme tecniche, per quanto riguarda sia l'utilizzazione delle aree sia l'impiego di mano d'opera e di materiali. Essa non ha più convenienza a utilizzare estese superficie per le costruzioni, ma piuttosto, dato lo straordinario sviluppo dei centri urbani, a restringere l'area per sviluppare in altezza l'edificio; né dispone di mano d'opera da sfruttare a prezzi minimi, ma piuttosto di salariati equiparabili a quelli di qualsiasi altra industria; non può più infine praticare il largo consumo di materiali, ma l'economia e la migliore utilizzazione tecnica di essi. Si tende ad abbandonare il concetto della costruzione solida, che sfidi i secoli, per costruire edifici che durano soltanto 20 o 30 anni. Sembra così possibile, non solo una diminuzione di costi in ragione delle nuove necessità economiche, ma il rinnovamento continuo del patrimonio edilizio e il suo adattamento a nuove norme tecniche. Il grattacielo degli Stati Uniti, edificio altissimo, di 200 e più metri, con prevalente struttura metallica invece che muraria, preparato nei suoi elementi costruttivi fondamentali in fabbrica e solo montato e rifinito sull'area, la cui durata è previsto non debba superare i 20 o 30 anni, il cui costo deve essere per quel tempo ammortizzato, si può considerare l'espressione massima di quelle che sono le necessità e le tendenze dell'industria edilizia odierna.

Nell'economia attuale, l'edilizia va considerata come industria chiave, come industria cioè dalla cui attività dipende in buona parte quella di molte altre. In effetti, l'industria edilizia utilizza materiali delle più svariate specie: dalle sabbie e ghiaie, dalle calci, gessi e cementi ai laterizî, dal legname ai diversi tipi di metallo, ai vetri, ai marmi, al materiale sanitario, alle carte da parati. Si può dire che l'esercizio delle cave, l'industria dei laterizî e in minor grado le industrie metallurgica, meccanica e vetraria, l'industria degli infissi dipendano dalle richieste dell'industria edilizia. D'altra parte, l'industria può sfruttare la diffusa tendenza a investire in immobili il risparmio per assicurarsi una continua, intensa attività; e deve valersi di mano d'opera abbondante, senza richiedere per ciò eccessive qualificazioni. Questo insieme di elementi vale a costituirle una posizione centrale nell'economia d'un paese e a farne una delle industrie indicative dei movimenti economici; poiché se il benessere e la capitalizzazione promuovono l'impiego del risparmio nella costruzione immobiliare e la conseguente attività dell'industria edilizia che si riflette estensivamente sulle altre più o meno complementari, la crisi determina un movimento del tutto opposto, anche nell'ordine con cui colpisce le varie industrie. È vero che la politica dei lavori pubblici, che tanti riflessi ha sull'industria, è stata diretta in questi ultimi anni ad accentuare l'attività costruttiva e quindi la possibilità d'impiego di disoccupati nei periodi di crisi, ma ciò non è valso certo a bilanciare la contrazione del risparmio privato diretto agl'investimenti edilizî e quindi a togliere un carattere indicativo all'attività dell'industria. D'altra parte la politica dei lavori pubblici tende a dare impulso a lavori stradali, ferroviarî, di sistemazione idraulica e di bonifica più che a lavori edilizî veri e proprî, e ciò perché nei primi l'incidenza del salario è in complesso più alta che nei secondi, e quindi le possibilità di assorbimento di mano d'opera disoccupata sono più notevoli.

Nel campo dell'industria in esame le imprese lavorano in due modi diversi: per appalto pubblico e privato e in generale su progetti e direzione tecnica del committente o di un suo rappresentante, oppure procedendo autonomamente alla costruzione di certi tipi di edifici per cui vi è richiesta, e offrendoli poi sul mercato libero. E mentre nel primo caso, il finanziamento è assicurato automaticamente dal contratto di appalto, in quanto all'inizio e col progredire dell'opera, il committente va versando quote del prezzo, e questa impresa viene così a sottrarsi, per molti aspetti, a necessità di credito bancario a lunga scadenza; nel secondo caso la possibilità di lavoro dell'impresa è condizionata a disponibilità finanziarie, che spesso le vengono da banche o da istituti di credito immobiliare. E la base della speculazione finanziaria è qui così forte, che spesso non cessa con l'esecuzione dell'opera e l'impresa edilizia, che ha ricevuto il credito, lo protrae nel tempo e anzi offre la costruzione in vendita con facoltà di pagamento a rate. Questo confondersi d'un investimento a lunga scadenza con la costruzione dell'opera, attraverso l'afflusso del credito, è pratica venuta in voga nel periodo susseguente alla guerra per effetto della crisi delle abitazioni; pratica ritenuta deleteria all'industria, alterando il fine tecnico-economico della costruzione con forme di speculazione immobiliare che le sono estranee. La tendenza, d'altra parte, si è anche diffusa nel campo degli appalti per opere pubbliche e si sono viste, in anni recenti, imprese edilizie eseguire lavori in appalto sulla base di obbligazioni delle amministrazioni a pagamento differito, addossandosi così compiti di finanziamento spesso gravosi anche quando sia possibile il risconto delle obbligazioni.

Nei riguardi della fisionomia tecnica, l'industria edilizia profondamente differisce dalle altre. Anzitutto è da ricordare il fatto che l'impresa edilizia non può localizzarsi: anzi precipuo suo carattere è l'estrema mobilità. D'altra parte l'impresa può dare uniformità fino a un certo punto alla propria produzione; essa può bensì specializzarsi in alcuni tipi di costruzione, ma non mancheranno mai diversificazioni, sia perché essa deve adattarsi ai gusti e alle esigenze del committente, o, quando lavora in proprio, ai gusti e alle esigenze dell'acquirente futuro, sia perché il progetto tecnico va sempre studiato in relazione a condizioni speciali di ubicazione. Il cantiere così non è la fabbrica, ma una particolare predisposizione di macchine e attrezzi per facilitare e razionalizzare il lavoro di costruzione. Esso stesso varia da costruzione a costruzione, e la sua attrezzatura stabile non è che un nucleo fondamentale di macchine e attrezzi, adatto per tutti i casi.

Ciò chiarisce peraltro un'altra caratteristica dell'impresa edilizia. Questa, in genere, lavorando per appalto o commissione, non ha bisogno di forti immobilizzazioni per i suoi impianti, come le altre industrie, e il suo impiego di capitali può essere limitato, oltre che alla spesa di attrezzatura dei cantieri, spesa che si aggira annualmente intorno al 2-4% dell'ammontare dei lavori, alle somme occorrenti per l'esecuzione dei quantitativi di lavori sino a raggiungere l'ammontare degli acconti convenuti coi committenti. Tuttavia queste limitate necessità finanziarie non rendono meno rischiosa e complessa l'attività dell'impresa, e le probabilità del suo successo tecnico-economico stanno sempre, nella capacità di accrescere la produzione media, ossia il periodo lavorativo annuale, assicurandosi il lavoro necessario e riducendo al minimo le sospensioni stagionali; in un'organizzazione di cantiere e di mano d'opera che elimini le perdite di tempo e di materiale e garantisca l'esecuzione della costruzione nel tempo contrattuale o economicamente idoneo a dare un profitto; nell'acquisto oculato dei materiali da costruzione; nel fissare un prezzo totale dell'opera che, senza ridurre le possibilità di concorrenza dell'impresa, le permetta di costruire tecnicamente bene e con un profitto economico.

Non è fuor di luogo accennare a questi elementi. L'industria edilizia si è detto, lavora generalmente in appalto: ora questa forma è tale che non riesce ad assicurare un quantitativo di lavori corrispondente alla capacità tecnica e finanziaria dell'impresa, senza un'accurata organizzazione commerciale. D'altra parte, l'industria ha un carattere spiccatamente stagionale: in certi mesi dell'anno il suo lavoro rallenta, e subisce continue sospensioni (giorni piovosi o troppo freddi). In queste condizioni l'impresa deve calcolare su un lungo periodo d'inattività, che ha gravi riflessi soprattutto sulla mano d'opera: anche qui l'abilità tecnica di un'impresa sta nel ridurre al minimo questi lorzati riposi. È stato calcolato negli Stati Uniti che, nonostante le avversità atmosferiche, un'impresa può sempre accrescere il suo lavoro con un razionale ordinamento. Qualche dato si può ricavare dal diagramma seguente (fig.1):

Del resto anche senza andare al lavoro coperto o con luce artificiale, come si pratica largamente in America ed eccezionalmente in Italia, il fissare un piano di lavoro annuale, che comporti l'esecuzione di lavori di riparazione e di demolizione in certi mesi e di costruzione in altri può servire all'impresa per un'utilizzazione più continua della mano d'opera e degli impianti di cantiere. Negli Stati Uniti fu proposto di trasferire la consuetudine delle disdette e richieste di alloggi, cui si accompagna una notevole richiesta di lavori di riparazione nei mesi invernali, così da determinare un equilibrio di mano d'opera fra questi mesi e gli estivi.

L'organizzazione del cantiere e della mano d'opera che giovi ad evitare sperpero di tempo e di materiali e assicuri l'esecuzione dell'opera nel tempo prestabilito è anch'essa elemento essenziale di successo per l'impresa. I contratti di appalto contemplano in genere forti penalità in caso di ritardo nell'esecuzione dell'opera; ora affinché l'impresa si sottragga a quest'alea occorre che il suo piano di lavoro sia tale da lasciarla tranquilla sulla consegna, anche in caso di elementi incerti, ma prevedibili. Una buona attrezzatura meccanica giova di molto allo scopo e accelera il processo produttivo; ma è l'ordinamento razionale del cantiere che ha effetto decisivo. La mano d'opera è costituita nel fondo da lavoranti non specializzati, provenienti spesso dalle campagne: così, i muratori, i badilanti, gli sterratori o terrazzieri, i manovali, gli apprendisti muratori. Mano d'opera più o meno qualificata si ha con i cementisti, gli scalpellini, i carpentieri, i decoratori e simili. Il complesso di questa mano d'opera, ma più specialmente la mano d'opera non qualificata, deve affrontare i periodi di disoccupazione stagionale inerenti all'industria; e per rimediarvi, non ha che da migrare periodicamente dalla città alla campagna e viceversa. D'altra parte l'ordine stesso di esecuzione dei lavori determina movimenti continui di mano d'opera: nel corso della costruzione d'un edificio, per es., la mano d'opera è dapprima composta prevalentemente da sterratori per lo scavo delle fondazioni; successivamente è richiesto l'impiego di muratori, carpentieri, ferraioli, capi d'arte specializzati, decoratori, ecc., tutti in numero incostante in relazione alle mutabili necessità dell'avanzamento dell'opera. Ne consegue che l'impresa di costruzioni non ha, in genere, maestranze fisse. L'impresa però ha un interesse grande che questa mano d'opera possa essere più stabile e acquisti un certo grado di specializzazione: la progredita tecnica e l'uso di materiali, il cui successo sta nei dosaggi, il fatto che tutta la tecnica attuale si basa sull'economia dei materiali, ecc., lo rendono necessario. D'altra parte la specializzazione e i conseguenti alti salarî, sono l'unico modo per l'impresa di trovare i lavoratori più intelligenti. È stato osservato infatti che i lavoratori di campagna più attivi preferiscono andare alle industrie meccaniche, elettriche e metallurgiche, appunto per la possibilità di progresso tecnico ed economico che esse comportano. Ora, al difuori delle scuole professionali, la costituzione di piani tecnici annuali e per singole opere, l'ordinamento razionale dei cantieri, determinando la necessità di una particolare destinazione della mano d'opera, facilitano la specializzazione, diminuiscono le fluttuazioni giornaliere e stagionali, eonsentono all'impresa di conservare il maggior numero di operai abili e di eseguire le opere nel tempo prestabilito. È ormai diffuso lo studio rigoroso nel tempo e nello spazio, di tutto il complesso di elementi della costruzione, talché questa possa progredire giorno per giorno secondo un piano organico definito ed esattamente predisposto sulla carta. Tale studio viene in generale eseguito sotto forma di grafico, riportando lungo le ascisse o le ordinate segmenti proporzionali alla durata prestabilita per le singole operazioni elementari che costituiscono nel loro complesso la costruzione; e corredando il diagramma dei dati numerici relativi ai fabbisogni di materiali, di mano d'opera, di mezzi di trasporto, ecc. (fig. 2). Esso riesce di reale e grande efficenza pratica e permette di ridurre considerevolmente la durata delle costruzioni, con conseguente economia di spese generali. In questo senso sono stati effettivamente conseguiti, nell'ultimo decennio e sull'esempio dell'industria edilizia americana, reali progressi; il generalizzarsi di questa organizzazione razionale, ancora limitata alle imprese meglio dirette e alle costruzioni più importanti, può portare l'industria edilizia a progressi ben maggiori di quanto possa aspettarsi, in un prossimo futuro, da un maggiore impiego di macchinario.

Accennando infine ai prezzi dell'opera, è utile dire che vige in questo campo, fra le imprese edilizie, la più aspra concorrenza. Ed è stato lamentato nell'industria che l'affollarsi agli appalti d' imprese poco solide, propense a larghe riduzioni di prezzo, abbia causato inconvenienti gravi, fra cui quello di costruzioni con materiale di scarto e quindi poco solide. Un'impresa avveduta, invece, deve evitare rischi del genere.

L'industria edilizia è soggetta infatti ad alee maggiori delle altre. Di regola il corrispettivo dell'appalto viene fissato alla stipulazione del relativo contratto, ed è invariabile qualunque circostanza possa intervenire nel corso dei lavori a danno dell'impresa, mentre per il committente, se si verifica durante il corso della costruzione una diminuzione di prezzi superiore al 10%, vi è in genere il diritto a tale diminuzione sul prezzo dell'appalto. L'impresa così è esposta alle alee sfavorevoli del mercato per il loro intero ammontare, mentre beneficia delle alee favorevoli soltanto nella misura massima del 10%.

Di fronte a tali alee i margini di utile dell'industria edilizia devono essere tenuti più alti di quelli di altre industrie. La legge italiana riconosce legittimo un utile del 10% sull'ammontare dei lavori, e gli enti pubblici determinano i loro prezzi a base di appalto prevedendo tale margine. L'impresa, determinando il ribasso d'asta, sacrifica la quota di utile che ritiene necessaria per assicurarsi il lavoro. Poche industrie sono dipendenti, come l'industria edilizia, dalla legge della domanda e dell'offerta, nei confronti dei margini di utili possibili.

Impianti meccanici. - Si è già detto come la tecnica costruttiva moderna vada orientandosi sempre più verso un'organizzazione prettamente industriale del cantiere edilizio, con razionale uso di macchinario che permetta di eseguire i lavori nel minor tempo e col minimo costo.

Le macchine più diffuse sono quelle che servono alla preparazione dei materiali e degl'impasti, al trasporto orizzontale e verticale e alla posa in opera. Nei lavori di piccola importanza possono mancare alcune di queste macchine, ma nei cantieri più importanti, e soprattutto in quelle opere che richiedono movimenti di rilevanti quantità e masse di materiali, l'uso di macchine è spesso indispensabile. Lo studio della disposizione delle macchine occorrenti in una costruzione presuppone la conoscenza del graduale svolgimento del lavoro e del tempo nel quale dev'essere ultimato. Una razionale disposizione degl'impianti può ridurre notevolmente l'impiego della mano d'opera e quindi il costo della costruzione.

I materiali di cui si ha generalmente bisogno in cantiere sono ghiaia, pietrisco, sabbia, calce, cemento, ferro, pietre lavorate, mattoni, ecc., i quali, nella maggior parte dei casi, vengono forniti dal commercio. Qualche volta però, sia per l'entità del lavoro, sia anche per le difficoltà del trasporto, al costruttore può tornare utile provvedere coi proprî mezzi all'approvvigionamento di alcuni di questi materiali. Per es. produrre la sabbia con macchine frantumatrici, con disintegratori, vagliatrici; produrre blocchi o mattoni di cemento con blocchiere, mattoniere, ecc., le quali quindi costituiscono per lo più un gruppo di macchine accessorie.

Frantoi. - Le macchine frantumatrici servono a rompere blocchi di pietra per produzione di sabbia e pietrisco. I tipi più semplici consistono in una carcassa di acciaio duro, nell'interno della quale, con un dispositivo speciale, viene mossa da un eccentrico una piastra oscillante. Il materiale introdotto dall'alto scende per gravità finché resta preso fra la piastra e la parete opposta della carcassa, e frantumato. Nella fig. 3 è data la sezione d'un frantoio per piccole produzioni (2 ÷ 4 mc. all'ora). Per produzioni più forti, fino a 10 mc. all'ora servono i frantoi a doppia ginocchiera, i quali hanno due piastre azionate. I frantoi rotativi possono giungere alla produzione di 1000 mc. all'ora di pietrisco e sabbia; ma non sono generalmente adoperati nei cantieri per costruzioni edilizie; servono meglio nei giandi lavori di costruzioni idrauliche, dighe, ecc. I frantoi possono essere fissi o mobili, cioè montati sopra una fondazione fissa, oppure su carrelli, accoppiati frequentemente con vagli.

Vagliatrici. - Servono per separare il pietrisco dalla sabbia, operazione che qualche volta, per limitate produzioni, viene pure eseguita a mano mediante paleggio contro una rete metallica inclinata. Le vagliatrici sono di due tipi, rotative e a scosse. Quelle rotative (figg. 4 e 5) consistono in un tubo le cui pareti forate funzionano da vagli, divise in tratti con fori di diametro diverso. Esse si dispongono leggermente inclinate con l'estremità in cui si trovano i fori più piccoli, rialzata. Il materiale viene immesso da questa bocca e scende verso l'estremità opposta, da cui escono gli elementi più grossi che non sono potuti passare attraverso i vagli. La cernita viene facilitata da un moto rotatorio impresso al tubo attorno al suo asse, sicché, prima di giungere alla bocca d'uscita, il materiale rotola sulle pareti forate. Gli elementi grossi possono eventualmente essere immessi dentro la frantumatrice per un'ulteriore fiantumazione. Nella vagliatrice a scosse il materiale frantumato scende lungo un piano leggermente inclinato e azionato da un movimento a scosse.

Disintegratori. - Si adoperano quando occorre una forte produzione di elementi fini. Sono di due tipi: a laminatoio e a martelli. I secondi sono preferibili ai primi perché forniscono il materiale a grani anziché laminato. Il disintegratore a laminatoio (molino a cilindri) è costituito da una robusta camicia di ghisa speciale indurita o di acciaio duro, dentro la quale si muovono i cilindri che triturano il materiale (fig. 7). Sono muniti generalmente di un piatto caricatore in parte forato. La bocca d'immissione è protetta da una piastra forata, la quale impedisce l'entrata degli elementi troppo grossi. Il disintegratore a martelli consiste anch'esso in una camicia di ghisa indurita, entro la quale si muovono martelli a staffa articolati, fissati sopra un albero motore girevole. Il materiale viene colpito a volo dai martelli, e frantumato va a sbattere contro le pareti della carcassa per ricadere ancora ed essere ripreso dai martelli, fino all'uscita dall'apertura inferiore di scarico.

Lavatrici. - Un'operazione importante è quella del lavaggio delle sabbie e anche del pietrisco e della ghiaia, i quali spesso contengono delle impurità organiche e argillose, nocive alla presa degli agglomeranti. Il lavaggio si compie con macchine dette lavatrici, costituite da un tamburo cavo, inclinato nel senso opposto a quello che percorre il materiale, e munito internamente di nervature a elica fissate a un albero motore girevole concentrico al tubo. Le eliche guidano il materiale in salita mentre l'acqua, immessa all'estremità superiore, percorre il tubo in senso inverso al materiale asportandone le impurità. Il lavaggio è il primo a essere eseguito, anche per gli elementi grossi che occorre frantumare con le frantumatrici o con i disintegratori, per evitare che dopo l'acqua asporti anche gli elementi fini non nocivi alla presa. Nei cantieri le macchine illustrate vengono accoppiate per evitare un eccessivo impiego della mano d'opera per i trasporti. Lo schema di accoppiamento generalmente adottato è indicato nella fig. 6. Queste macchine raramente sono necessarie nei cantieri per fabbricati comuni, poiché il materiale giunge già frantumato e vagliato o perché, più comunemente, il materiale è costituito da sabbia e ghiaia di cava o estratta dal letto di fiumi.

Altre macchine accessorie. - I mattoni, i blocchi, le tegole, i tubi, i gradini di conglomerato cementizio vengono preparati con le mattoniere, le blocchiere, le tegoliere, le formatrici di tubi, di gradini, ecc., che consistono su per giù tutte in forme metalliche facilmente apribili, entro le quali viene versato il conglomerato di cemento e pressato o con energica pigiatura a mano, oppure con pigiatura meccanica a scosse o vibrazioni, oppure mediante aria compressa.

Impastatrici per calcestruzzo. - Le impastatrici sono più comunemente adottate nei cantieri per la confezione dei conglomerati, calcestruzzo di cemento, malta di calce o di cemento. Le macchine impastatrici, del tipo di quella della fig. 8 per calcestruzzi, dette betoniere, hanno il tamburo cilindrico; esse sono costituite essenzialmente da un tamburo girevole attorno a un asse orizzontale, munito di alette di acciaio fissate al tamburo stesso, e possono essere montate su carrello oppure no. La carica dei materiali nella mescolatrice avviene da una apertura circolare nella parete del tamburo in una tramoggia che sollevandosi si ribalta intorno al foro d'entrata del cilindro. Le alette interne del tamburo mescolano la massa in pochi minuti e a impasto ultimato il materiale esce da un'apertura che si trova nella parete opposta a quella di carico e che durante l'operazione d'impasto è tenuta chiusa. L'acqua necessaria viene disposta generalmente in un recipiente al disopra del tamburo rotante e viene convogliata nell'interno attraverso un'apertura laterale. Particolari dispositivi in queste macchine servono al dosaggio dei materiali, che ha notevole importanza per realizzare conglomerati uniformi e bene impastati.

Iniettori. - Per la preparazione degl'intonaci, rivestimenti di pareti, ecc. oggi sono diffusi gl'iniettori di malta di cemento, il cui dispositivo è indicato nella fig. 9, e l'insieme montato su carrello nella fig. 10. Gl'iniettori consistono in un recipiente a doppio imbuto sovrapposto con aperture chiuse da valvole coniche. La camera superiore è quella di equilibrio, la camera inferiore quella di miscela. La sabbia e il cemento si dispongono in celle perimetrali in fondo, in modo da poter essere aspirati facilmente dall'immissione dell'aria e trasportati attraverso un tubo di gomma, all'ugello che inietta l'acqua compressa. Sulla parete così si ha un getto d'impasto sotto pressione che aderisce fortemente. L'iniettore è indicato principalmente per gl'intonaci a tenuta impermeabile, quindi è molto diffuso per l'esecuzione degl'intonaci delle cantine e nei lavori idraulici.

Impastatrici per malta di calce. - Le impastatrici per calcestruzzo non sono adatte per la malta di calce, che deve essere meglio lavorata e tritata. Per queste servono meglio speciali macchine ad asse verticale o ad asse orizzontale. Le prime sono le impastatrici a molazze, costituite da una scatola cilindrica, in cui sono montate le molazze che triturano la massa; esse sono difficilmente manovrabili a mano e quindi sono poco diffuse. Più comuni invece sono quelle ad asse orizzontale (fig. 11) le quali consistono in un recipiente a forma di cilindro tagliato lungo l'asse secondo un diametro, e dentro il quale è un albero motore munito di alette radiali smontabili. Le alette sono alcune a spatola altre a tagliente; possono essere azionate a mano o da motorini. Per forti produzioni si usano impastatrici a due alberi girevoli in senso inverso; il materiale viene introdotto e scaricato in basso per mezzo di coperchi ribaltabili, mentre l'acqua viene fornita per aspersione dall'alto.

Macchine per la lavorazione del ferro. - Per la lavorazione del ferro occorrono cesoie e piegatrici. Le cesoie (v.) o trance servono a tagliare il ferro tondo o quadro, specialmente per cementi armati. Le piegatrici servono invece per piegare il ferro secondo la forma prestabilita. Le cesoie vengono generalmente azionate a mano; le piegatrici invece possono essere azionate a macchina. In questi ultimi tempi vanno diffondendosi alcune piegatrici le quali, mediante un'opportuna disposizione dei dadi, con una sola manovra permettono d'eseguire contemporaneamente a freddo i due ginocchi d'un ferro di trave anche di diametro forte.

Impianti di trasporto e distribuzione. - Il trasporto in un cantiere viene eseguito in direzione orizzontale o verticale. Nei lavori più comuni il trasporto è eseguito a mano, con carriole o vagonetti su piani orizzontali o inclinati, talvolta con l'aiuto di argani manovrati a mano o mediante motorini.

Nei cantieri più moderni si usano però anche mezzi meccanici. Così alle carriole si sono sostituiti i carrelli trasbordatori e i vagoncini Decauville, agli argani a mano argani azionati da motori e capaci di sollevare forti pesi a notevole altezza. Questi argani sono a ingranaggi, a frizione e a vite perpetua e sono muniti per lo più di freno automatico per l'arresto del materiale a qualsiasi altezza. I più semplici sono quelli a frizione. In tutti i tipi, poi, un solo operaio basta alla manovra. All'argano viene fissata la fune per il sollevamento dei pesi, i quali vengono guidati da un sistema funicolare di carrucole portate da un'antenna a braccio. Un tipo di antenna a braccio per piccoli pesi è dato nella fig. 12. Per carichi più pesanti il sistema elevatore è composto a castello, nel cui interno si muove il peso sollevato. Il più semplice è quello a guide di ferro che servono a guidare il montacarico per il materiale. Altri tipi di elevatori sono le gru ad antenna; si distinguono in gru a pilone e gru a torre e sono costituite da un castello prismatico su cui è montata l'antenna girevole. Le gru a pilone sono fisse, le gru a torre sono invece scorrevoli su rotaie, per cui il materiale può essere portato al posto della posa in opera mediante un movimento combinato dell'antenna girevole e di tutto il sistema sulle rotaie; gli sbracci delle gru possono essere notevoli. La fig. 13 fa vedere un tipo di gru a torre. Per il sollevamento del calcestruzzo è indicato il sistema elevatore con guide interne per la benna. Nei cantieri moderni il trasporto del calcestruzzo molto spesso si esegue con distribuzione a gravità mediante canali di lamiera, soprattutto se si tratta di forti masse di conglomerato. Nella fig. 14 si vede lo schema di un simile impianto. La betoniera, posta generalmente al piede dell'antenna di sollevamento, versa il conglomerato semifluido direttamente in un recipiente elevatore che viene sollevato all'altezza voluta. La figura fa anche vedere la disposizione di un silo diviso in celle per i materiali componenti il conglomerato cementizio. Giunto in alto, il recipiente vuota automaticamente il contenuto in un altro, dal quale si partono dei canali inclinati entro i quali il materiale scorre per gravità e raggiunge le casseforme. La fig. 15 mostra un impianto per distribuzione del calcestruzzo a gravità nella costruzione di un fabbricato; vi si osservano la torre e la serie dei canali conduttori del conglomerato per la formazione di un solaio in cemento armato.

Vibratori. - Sono apparecchi diretti a facilitare la pigiatura del calcestruzzo nelle casseforme. Sono stati introdotti nei cantieri per rendere più omogeneo e compatto il getto di conglomerato nei casseri, eliminando le difficoltà di una pigiatura a mano, spesso incompleta, non uniforme e dispendiosa. È risultato da numerose prove che il calcestruzzo vibrato è più compatto e quindi più resistente di quello pigiato a mano, e soprattutto più uniforme; inoltre si realizza un'economia di mano d'opera. La vibrazione dei casseri può essere realizzata con apparecchi azionati elettricamente, oppure mediante aria compressa. Quelli ad aria compressa sono i più diffusi perché più semplici ad applicarsi e anche perché sembra che forniscano un calcestruzzo più compatto: le vibrazioni variano da 2000 a 4000 colpi al minuto. Possono essere esterni e interni. Quelli esterni vengono applicati alle casseforme e sono composti di un cilindro in acciaio speciale di diametro diverso, entro il quale è mosso un pistoncino che produce oscillazioni; il fondo del cilindro porta una vite per essere fissato alle casseforme. I vibratori interni, a forma di pera, anch'essi di diametro diverso (fig. 16) sono immersi nel getto e si sollevano vibrando e comprimendo la massa, a mano a mano che nel cassero viene versato il conglomerato. Si adottano in commercio diversi tipi a seconda delle dimensioni del getto. Da esperienze è risultato che la vibrazione interna è più efficace e sicura di quell'esterna, e dà un calcestruzzo più compatto e omogeneo.

L'industria edilizia in Italia. - Lo sviluppo dell'industria edilizia in Italia, se per alcuni aspetti si riconduce a impieghi diretti di risparmio privato, per altri è da ricollegarsi all'intensa attività esplicata dalle amministrazioni pubbliche, sia per la sistemazione edilizia dei centri abitati, sia per la costruzione di case economiche e popolari. Sulla politica edilizia delle amministrazioni pubbliche può vedersi la voce abitazione. Qui è da rilevare come questa politica, iniziata verso il 1902 attraverso agevolazioni tributarie, ebbe il suo massimo sviluppo immediatamente dopo la guerra, per porre argine alla grande crisi edilizia che ne seguì: e si compendiò nella diffusa pratica del finanziamento e del credito edilizio e nella costituzione di numerosi enti pubblici per la costruzione di case economiche e popolari. Così che questi enti, che prima della guerra erano in numero di 33, oggi sono intorno al centinaio, hanno un patrimonio di circa 2 miliardi e alimentano continuamente l'industria.

Non si hanno molti dati statistici sulla consistenza dell'industria. La Federazione nazionale fascista dei costruttori edili, imprenditori di opere pubbliche e private e industriali affini, rappresentava, nel 1930, 643 ditte di costruzione in genere aventi 458.619 dipendenti. Milano, Roma, Torino erano in quell'anno i maggiori centri dell'industria edilizia e delle costruzioni rispettivamente con 1273 ditte e 43.346 operai, 1193 ditte e 32.956 operai, 945 ditte e 24.123 operai.

Rilevazioni più precise, compiute sui dati delle imprese di assicurazione contro gl'infortunî, davano, per il 1929, 76.177 cantieri con 582.397 operai. Il valore della produzione nei diversi rami costruttivi, calcolato sulla base di questi dati e dei salarî pagati agli operai, può dare un'idea dell'attività dell'industria edilizia in quell'anno.

Un indice indiretto dell'attività edilizia può essere rilevato anche dai permessi di costruzione rilasciati (rilevazione per 95 città, compresi i capoluoghi di provincia). Nel 1927 questi permessi furono dati per 105 mila vani, nel 1928 per 156 mila, nel 1929 per 236 mila, nel 1930 per 205 mila, con una contrazione, nell'ultimo anno rilevato, del 15%, dovuta alla crisi economica incombente.

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