ECOLOGIA

Enciclopedia Italiana - III Appendice (1961)

ECOLOGIA (XIII, p. 424)

Pasquale PASQUINI
Pericle PERALI
Francesco CRESCINI

Nella sua fase più recente di sviluppo la scienza ecologica si è rivolta a considerare, oltre le relazioni ambientali degli organismi (animali e vegetali) come singoli individui, soprattutto le relazioni dei "gruppi" di organismi con l'ambiente circostante, nonché le relazioni che intercorrono tra i costituenti di tali gruppi.

Tra le discipline biologiche fondamentali, la fisiologia e la genetica sono certamente quelle che hanno più stretti rapporti con l'ecologia. Ci si rende, infatti, facilmente conto dell'importanza che il patrimonio ereditario di un organismo ha sul suo comportamento ecologico, e quanto, d'altra parte, l'ambiente, cioè i fattori ecologici, possano influenzare la variabilità genetica dell'organismo. Forse ancora più evidente è la stretta dipendenza degli studî ecologici dalla fisiologia: per l'ecologo si tratta di definire "l'ambiente esterno" di un organismo, sia come individuo, sia come specie, o di un aggruppamento di organismi (associazione), e indagare l'influenza che hanno i fattori ambientali (per es. nutrimento, luce, temperatura ecc.) su di essi, sulle loro funzioni, ciò che può essere realizzato con metodi fisiologici. Il problema degli "adattamenti" morfologici e fisiologici degli organismi animali e vegetali all'ambiente è, come è ben noto, uno dei più antichi che si sia proposto la scienza ecologica.

L'e., come tutte le scienze biologiche, si serve delle conoscenze della fisica e della chimica che possono fornire tecniche sempre più raffinate per l'approfondimento di una ricerca ecologica: la conoscenza della fisica e della chimica del mare, ad es., è indispensabile per comprendere le condizioni di vita degli animali marini, le cause delle loro associazioni, la frequenza di certe forme in condizioni particolari e via dicendo. Analogamente, l'e. si vale della climatologia, della oceanografia, della metereologia, della geologia ecc. Infine, poiché dall'intrecciarsi delle azioni che legano ogni organismo al suo ambiente abiotico e delle coazioni o interreazioni che esso contrae con gli altri organismi, animali e piante, dipende anche la quantità di individui che popolano quell'ambiente, sia che appartengano alla stessa specie, sia a gruppi di specie differenti, l'indagine ecologica, dovendosi riferire a relazioni numeriche, si vale anche di mezzi matematici e statistici. Sotto questo e altri aspetti l'e. oltre che come scienza pura, si afferma in importanti applicazioni, come ad es. nella lotta contro gli animali dannosi, nella pratica delle colture agrarie (v. oltre: e. agraria), nell'acclimazione di animali e di piante, nei varî ambienti e, in generale, in tutti quei problemi che hanno attinenza con l'utilizzazione e conservazione delle risorse naturali e della protezione della natura e, negli ultimi anni, anche nel tentativo di applicare alcuni principî ecologici alla società umana.

Si è soliti dividere l'e. in due rami: l'autoecologia, che ha come oggetto di studio le interrelazioni tra l'organismo, come individuo o come specie singola, e l'ambiente; e la sinecologia che studia invece tali interrelazioni riferite ad aggruppamenti di organismi animali o vegetali, o animali e vegetali che vivono associati insieme, nonché le condizioni ambientali che danno luogo e conservano tali associazioni come "unità".

Nella sinecologia, secondo l'entità del gruppo di individui che si considera collettivamente, si possono fare ulteriori suddivisioni: se essi appartengono alla stessa specie o a specie diverse, strettamente associate e interreagenti, si parla di e. di popolazioni intendendo per "popolazioni" (intraspecifica nel primo caso, mista nel secondo), un complesso di organismi che abitano collettivamente una data area o una data regione. Se si considera invece un aggregato di popolazioni che occupa una determinata area, complesso che si definisce comunità biotica, si ha l'e. di comunità, detta anche biocenologia dal nome di "biocenosi" che K. A. Möbius (1877) creò per indicare l'insieme di organismi tra loro reciprocamente interrelati e che si sono aggregati sotto l'influenza delle prevalenti condizioni di vita di una determinata area o ambiente fisico. Si comprende che fra "comunità" e "popolazione" non esiste una netta distinzione; si tratta, in ogni caso, di "entità reali" che non sono soltanto aggregati-somma di componenti singoli, bensì entità da intendersi sotto l'aspetto dinamico in quanto risultanti dal gioco di fattori biotici e abiotici, in una parola dei fattori ecologici e, come tali, legate alle variazioni di essi.

L'ecologia è perciò, in massima parte, la scienza delle comunità organiche (animali e vegetali), nei loro varî tipi, nella loro varia ampiezza (macro- e microcomunità) e successione, determinate, limitate e mantenute dalle condizioni ambientali. Il complesso "comunità" e "ambiente abiotico", che fra loro si influenzano e interreagiscono, costituisce quell'unità funzionale di più alto livello di organizzazione che è detta ecosistema (A. G. Tansley, 1935) o biosistema (A. Thienemann, 1939). Un lago può rappresentarne l'esempio. Tutta la regione della terra, infine, in cui è possibile la vita degli organismi e nella quale operano gli ecosistemi, è la biosfera.

Essenziale scopo dell'ecologia è dunque lo studio dei fattori chimici, fisici e biotici ambientali che agiscono su una specie o su una associazione e delle condizioni particolari che determinano le varie "comunità" nei diversi ambienti biologici: quello delle acque dolci, quello delle acque del mare e quello terrestre.

I principî della moderna e., poggiano su alcuni tipici concetti di importanza fondamentale, sulla cui terminologia esiste ancora qualche incertezza: così quello di habitat che indica la sede, la facies ambientale ove l'organismo vive; di nicchia ecologica, cioè tutto il complesso di relazioni (adattamenti strutturali, reazioni e comportamento specifico) dell'organismo con l'ambiente fisico e biotico circostante; di biotopo, cioè l'unità ambientale più o meno ampia ove vive una "popolazione" o una "associazione"; di biomi, cioè i complessi bioecologici che si formano in rapporto ad una data facies ambientale, entro i singoli ambienti: per i vegetali, ad es., le varie aree con tipo di vegetazione simile, quelle che comunemente si dicono formazioni vegetali (tundra, foresta di conifere, foresta decidua, prateria, deserto, foresta tropicale, ecc.).

Se per altro si considera la distribuzione generale delle specie animali e vegetali sulla terra, che può essere ora assai estesa, ora limitata o localizzata, si definisce areale di una specie lo spazio che essa effettivamente occupa e dove può far fronte alle sue varie necessità biologiche, in primo luogo a quelle del nutrimento e della moltiplicazione.

Sono condizioni di importanza primaria nel determinare le varie comunità terrestri, per le piante: la topografa e natura del suolo, i varî fattori climatici; per gli animali, che dipendono dalle piante, anche la presenza di determinate specie vegetali; per le comunità acquatiche, la concentrazione salina, la luce, la temperatura, la pressione, i movimenti delle acque sono, fra i fattori ecologici, quelli che maggiormente influiscono. Per quanto si riferisce al clima dal punto di vista ecologico, si distingue un macroclima o clima metereologico (sul quale influiscono varî fattori), un ecoclima o clima di un determinato paesaggio, ciò riferito all'ambiente subaereo o epigeo, e un microclima nei confronti delle condizioni di vita in una nicchia ecologica. Una comunità, stabilizzatasi relativamente in un determinato ambiente fisico e che in esso prospera e si perpetua in perfetto equilibrio (a meno che non intervengano cambiamenti climatici), si definisce climax, concetto che è legato a quello di successione ecologica, che è il regolare processo di trasformazione che la comunità subisce in successivi stadî per raggiungere l'apogeo del suo sviluppo, lo stadio, appunto, finale di climax, caratterizzato da una certa stabilità.

Nello studio ecologico di un complesso di organismi che occupa un dato spazio (area o volume), cioè nell'e. di popolazioni, condizione base è quella di conoscere, per lo meno approssimativamente, il numero di individui presenti di una data specie, piante o animali che siano, determinando anche le variazioni stagionali annuali di tale numero. Si deve tener conto, altresì, delle relazioni territoriali dei componenti la popolazione, indagando come questa è distribuita nel territorio, rilevando cioè la "densità" della popolazione nelle varie aree e non trascurando, s'intende, la composizione del complesso rispetto al sesso e all'età degli individui. Oltre la densità, cioè il numero di individui per unità di volume o di area dello spazio totale, che può essere valutata anche pesando campioni della popolazione (biomassa), sono attributi biologici della popolazione: la natalità, cioè la capacità della popolazione ad accrescersi; il potenziale biotico, cioè il suo massimo potere riproduttivo; la mortalità; la dispersione, cioè gli spostamenti che possono compiere gli individui (migrazioni, in senso lato) o i loro prodotti riproduttivi (semi, spore, larve, ecc.) entro o fuori l'area della popolazione, tutti attributi strettamente legati all'ambiente fisico. Se si tratta di "popolazioni miste", di due o più specie, si deve tener conto, altresì, di tutti i tipi di interreazioni fra i componenti la comunità, delle specie che vi sono dominanti, delle relazioni di concorrenza fra una popolazione e l'altra per la conquista dell'alimento, della lotta per lo spazio vitale o per altri bisogni (competizioni inter-specifiche) o addirittura perché l'una specie è abituale preda dell'altra. Sono appunto queste competizioni che influenzano negativamente l'accrescimento e talora la sopravvivenza della popolazione ed è proprio a causa delle competizioni che una nicchia ecologica alberga una sola specie.

L'e. di popolazioni, per il controllo delle condizioni dell'ambiente biotico e abiotico, si vale anche dell'esperimento di laboratorio e ciò al fine di illustrare alcuni dei suddetti attributi (accrescimento, densità, ecc.) su modelli di popolazioni relativamente semplici, sia a livello interspecifico sia a livello intraspecifico, trasferendo poi i risultati a popolazioni in natura.

Attraverso queste e altre condizioni - che l'e. viene sempre più approfondendo - si giunge fra gli abitatori dei varî e più o meno ampî biotopi, alla costituzione di complessi armonici di organismi (si parla ad es. di fauna armonica) che vivono in uno stato di equilibrio (equilibrio biologico o biotico). La scomparsa di un elemento costitutivo di uno di questi complessi o l'introduzione di un nuovo elemento produce turbamenti, disordini dell'equilibrio che possono avere gravi conseguenze anche nell'economia dell'uomo. Si tratta di equilibrî non stabili, ma che sono anzi soggetti a fluttuazioni in funzione sia di catene di relazioni (di cui le catene alimentari o di nutrizione sono il paradigma) tra le specie che costituiscono l'associazione, sia delle condizioni dell'ambiente e delle variazioni che questa subisce.

Tutto ciò dimostra quanto, con il suo attuale indirizzo di ricerca quantitativa, l'e. possa contribuire, nelle sue applicazioni, all'umano benessere: così nell'agricoltura, nella silvicoltura, nella acquicoltura, nella pesca, ma soprattutto nella lotta contro quelle malattie parassitarie delle piante, degli animali e dell'uomo, per cui è indispensabile conoscere fin nei più minuti particolari le vicende della vita dei parassiti, delle specie trasmettitrici e le loro molteplici relazioni con l'ambiente.

Bibl.: W. C. Allee, A. E. Emerson, O. Park, Th. Park, K. Schmidt, Principles of animal ecology, Filadelfia 1949; E. P. Odum, Fundamentals of ecology, Filadelfia-Londra 1954; F. S. Bodenheimer, Précis d'écologie animale, Parigi 1955; A. H. Benton e W. E. Werner, Principles of field biology and ecology, New York 1958; Th. Park, Population ecology, in Encyclopaedia Britannica, 1948; e la rivista Ecology, Journal of the ecological society of America, Brooklyn 1920 e seguenti.

Ecologia agraria.

Secondo G. Azzi, è lo studio dell'ambiente fisico, del clima e del suolo in relazione al rendimento delle piante agrarie prospettato dal triplice punto di vista: quantitativo (quantità del prodotto); qualitativo (qualità del prodotto); generativo (qualità della semente).

L'insieme può essere rappresentato dal seguente schema che riunisce in modo armonico, in funzione del rendimento (R), punto centrale del sistema, i valori che lo determinano:

In tale sistema il rendimento appare la risultante di quattro gruppi di componenti, parte dei quali di natura estrinseca e parte di natura intrinseca. L'ambiente fisico e la tecnica colturale costituiscono le componenti estrinseche (A) e (B), la prima delle quali assomma i fattori favorevoli (a, a1, a2) di natura climatica, pedologica e colturale, mentre la seconda congloba i fattori sfavorevoli (b, b1, b2). Le componenli intrinseche sono costituite dalla pianta e dalla sua resistenza alle condizioni di ambiente. In condizioni identiche d'ambiente (componenti estrinseche), la produttività, P, della pianta è funzione di attitudini morfologiche (P1)n e di fattori genetici (P2)n. E così dicasi della resistenza r subordinata a sua volta, nei diversi gradi, a caratteristiche morfofisiologiche (r1)n e a fattori genetici (r2)n. Tale sistema poggia sullo studio delle fondamenta che seguono, cioè: a) degli equivalenti meteorologici (ottimi, eccessivi, deficienti); b) delle unità-suolo e della serie ripetuta dei suoli lungo gli assi climatici; c) del concetto di rendimento e delle caratteristiche ecologiche; d) delle combinazioni fattoriali e dell'analisi differenziale dei rendimenti.

Equivalenti meteorologici. - Per equivalenti meteorologici (termici, pluviometrici, ecc.) si intendono i gradi di temperatura, i millimetri di pioggia, ecc. corrispondenti alle situazioni praticamente note come eccesso, ottimo o deficienza di calore, umidità, ecc. in relazione allo sviluppo e al rendimento delle singole colture. In altri termini, gli equivalenti meteorologici tendono a caratterizzare le situazioni normali da quelle anormali nei rapporti del rendimento. È noto che per ottenere un buon rendimento è necessario, là dove non sia possibile modificare l'andamento stagionale, scegliere la varietà più adatta alle condizioni climatiche del luogo in cui si opera. Siano date due varietà di frumento, A e B, le quali nelle annate favorevoli (con piogge sufficienti) ed in quelle sfavorevoli, causa la siccità nel mese che precede la spigatura, producano rispettivamente granelli in misura di:

A quale delle due varietà dare la preferenza? La scelta della varietà più adatta è fatta con procedimento basato, tra altro, sull'analisi della frequenza delle precipitazioni minimali di un decennio, precisamente di quelle del mese che precede la spigatura di ciascuna di esse.

Unità-suolo e serie ripetuta di suoli. - In ecologia agraria, i suoli si distinguono gli uni dagli altri per il loro comportamento rispetto alle singole colture; ogni suolo costituisce, pertanto, un valore a sé stante detto unità-suolo. La unità-suolo è la risultante di tutte le componenti, note e non note, che ne determinano il comportamento verso le singole colture. Circoscritti i suoli di una data località, si tratta di individuare le cause che spiegano gli effetti sulle diverse colture cagionando rendimenti differenti. A tale scopo si sono esaminate le componenti che seguono: a) dotazione chimica potenziale per l'humus, l'azoto totale, la potassa scambiabile e l'anidride fosforica assimilabile; b) la resistenza alla siccità; c) la resistenza alla costipazione; d) la lavorabilità (stato di aggregazione). Ai fini del rendimento possono entrare in scena combinazioni diverse tra clima e terreno e cioè: 1) condizioni ottime di clima e limitanti di terreno; 2) condizioni ottime di terreno e limitanti di clima. A ciascuna di esse si prospetta l'analisi per raggiungere il migliore rendimento.

Concetto di rendimento e caratteristiche ecologiche. - Fatto pacifico, in e. agraria, è che il rendimento non è un valore assoluto, ma il risultato di una relazione tra produttività e resistenza (rusticità). Per la determinazione del grado di produttività e del grado di resistenza si parte dal presupposto che la graduatoria dei rendimenti, per un certo numero di varietà in condizioni ottime di ambiente, corrisponde a una graduatoria di produttività, mentre in ambiente tipicamente arido la graduatoria dei rendimenti coincide con la graduatoria di resistenza alla siccità (Azzi). Per tale determinazione si assumono i risultati di prove geografiche. Nella determinazione delle caratteristiche ecologiche si passa per le tre fasi successive che seguono: 1) rapporti di velocità-massa-struttura; 2) separate resistenze; 3) separate caratteristiche di resistenza. La prima delle caratteristiche ecologiche che precedono prende in considerazione i sistemi: vMC (piccola velocità di sviluppo, forte espansione della massa e struttura macrocellulare) e Vmc (grande velocità, forte contrazione della massa e struttura microcellulare). Mentre il sistema vMC concilia le caratteristiche di produttività, l'altro sistema, Vmc, potenzia le caratteristiche di rusticità con le quali risulterebbe correlato. Secondo il sistema velocità-massa-struttura, vige il principio della incompatibilità, oltre certi limiti, tra produttività e rusticità. Si parla di separate resistenze (all'allettamento, alle ruggini, alla stretta, ecc.) quando le caratteristiche relative sono compatibili con la elevata produttività. Separate caratteristiche di resistenza si dànno quando v'è compatibilità tra produttività elevata e resistenza alla siccità. Trattasi di casi, accertati in una varietà d'olivo e in una di manioca, a così dire eccezionali, se esaminati al lume del principio che precede.

Combinazioni fattoriali e analisi differenziali dei rendimenti. - Pari le condizioni di clima e di suolo, il rendimento delle piante agrarie subisce variazioni in rapporto alla tecnica colturale e alle caratteristiche delle singole varietà. Pertanto, è necessario delineare lo studio del complesso di tutti i fattori, naturali e tecnici, in rapporto al rendimento. A tal fine gli specialisti in materia dànno degli schemi nei quali entrano in gioco più fattori (suolo, giacitura, lavorazione, concimazioni, attacchi di malattie, siccità, piogge eccessive, ecc.) che consentono di esaminare il problema nei suoi varî aspetti.

Riassumendo: il rendimento integra il principio, il metodo e lo scopo dell'ecologia agraria attraverso: 1) il rilevamento e la misura dei fattori dell'ambiente che influiscono positivamente e negativamente sullo sviluppo e sulla resa delle piante agrarie. In tal modo si offre un orientamento quanto all'adattamento delle colture e al miglioramento dell'ambiente stesso nei limiti delle possibilità dell'agricoltore; 2) la determinazione varietale delle caratteristiche morfologiche e fisiologiche che risultano direttamente correlate ai diversi gradi di produttività e di resistenza, componenti fondamentali del rendimento; la conoscenza di questi fatti tende a facilitare l'opera del genetista dedicata all'allevamento di nuove e più feconde varietà coltivate; 3) l'attuazione di prove geografiche e l'analisi differenziale dei rendimenti per misurare l'effetto (positivo o negativo) sul rendimento dovuto all'adozione di una nuova varietà o di una nuova tecnica colturale.

L'e. agraria non può prescindere dalle conoscenze acquisite dalla e. pura, dalla fisica meteorologica, dall'agronomia generale e dalle coltivazioni (erbacee e legnose), dalla fisiologia vegetale, dalla genetica vegetale, dalla pedologia, ecc., essendo assai numerosi i fondamenti scientifici, di data relativamente antica e recenti, che sorreggono quel complesso fenomeno che chiamiamo rendimento o resa unitaria delle colture.

Bibl.: G. Azzi, Trattato di ecologia agraria, Torino 1939; id., Ecologia agraria, in Enciclopedia Agraria Italiana, III, Roma 1957; R. Ciferri, Ecologia, nella stessa Enciclopedia; F. Crescini, Agronomia generale, Roma 1959; id., Genetica vegetale, Roma 1952.

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