Velázquez, Diego Rodríguez de Silva y

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Pittore (Siviglia 1599 - Madrid 1660). Nato da famiglia della nobiltà sivigliana, entrò presto (1609) nella bottega di F. de Herrera il Vecchio, che l'anno seguente abbandonò per entrare nello studio di F. Pacheco del Río, pittore erudito e conoscitore della letteratura classica, collezionista di opere e stampe di varî artisti, che gli fu di grande aiuto nell'ingresso nella vita artistica e culturale della città. In questo periodo V. (entrato nella gilda cittadina nel 1617) unisce a una formazione letteraria e culturale l'interesse per il naturalismo e il tenebrismo, conseguendo con straordinaria maestria il dominio della rappresentazione del reale e la resa dei volumi tramite la luce, che si esplicano in quadri di genere e di natura morta (i bodegones), di grande successo presso la committenza. Sono di questi anni capolavori come L'acquaiolo (Londra, Wellington Museum) o la Vecchia che frigge le uova (Edimburgo, National gallery of Scotland), che uniscono una potente resa del volume alla forte evidenza della qualità della materia e dei contrasti di luce, insieme ad alcuni quadri religiosi concepiti come scene di genere (Cristo in casa di Marta e Maria, Londra, National Gallery) o di carattere devozionale come l'Immacolata Concezione o la Visione di s. Giovanni Evangelista (ivi). Attraverso la mediazione di Pacheco, del quale V. nel 1618 aveva sposato la figlia, il pittore ebbe nel 1623 la commissione per un ritratto equestre di Filippo IV, che ottenne un vero trionfo. Da quel momento V. rimase al servizio della corte, raggiungendo una posizione di grande prestigio. Il soggiorno madrileno ebbe un importante ruolo nell'evoluzione stilistica del pittore, che studiò assiduamente le collezioni reali di pittura, ricche in particolare di dipinti veneziani. V. si dedicò soprattutto ai ritratti dei reali e di personaggi della corte (numerosi quelli di Filippo IV e del conte duca di Olivares conservati al Prado) e a dipinti di soggetto storico-celebrativo, opere nelle quali si riscontra il passaggio verso le luminose trasparenze e i colori argentei degli anni maturi. A questo periodo appartiene I bevitori (o Festino di Bacco, Prado), che rappresenta una visione personale e di grande forza comunicativa del tema mitologico. Nel 1628 conobbe P. P. Rubens, che V. accompagnò in visita all'Escorial; certamente in conseguenza dell'incontro con il pittore, dopo la sua partenza da Madrid V. nel 1629 chiese al sovrano il permesso di compiere un viaggio di studio in Italia. Al seguito del marchese Ambrogio Spinola, col quale si era imbarcato a Barcellona, V. giunse a Genova, passando poi a Milano e quindi a Venezia, dove copiò numerose opere dal Tintoretto. Da qui raggiunse Ferrara, Cento (dove conobbe il Guercino), Bologna e Roma, dove si stabilì a Villa Medici, e ottenne il permesso di studiare in Vaticano. Le esperienze fondamentali della sensualità coloristica veneziana e dell'equilibrio della pittura bolognese, vista soprattutto per tramite del Guercino, connotano le opere eseguite a Roma, come La fucina di Vulcano (Prado) e La tunica di Giuseppe (El Escorial). Alla fine del 1630 fu a Napoli, dove eseguì il ritratto di Doña María, sorella di Filippo IV (Prado). Al ritorno a Madrid (1631) V. dipinse una nuova serie di ritratti reali, tra i quali i superbi ritratti equestri di Filippo III e Filippo IV (ivi), e varî dipinti celebrativi tra i quali la famosa Resa di Breda (detto anche Las lanzas; 1634-35, ivi). In quest'opera, che dimostra una completa maturità tecnica e concettuale, si realizza un equilibrio esemplare tra narrazione storica e realizzazione tecnica. Tra i due gruppi di personaggi in primo piano, rappresentati con equilibrio e dignità severa e resi con vivida attenzione ritrattistica, emerge il luminosissimo paesaggio, eseguito con una materia impalpabile e vibrante; il colore si schiarisce, raggiungendo tonalità grigio-argentee, e viene annullata la precisione dei contorni, lasciando al tocco fluido del pennello la costruzione della forma. Alla fine degli anni Trenta V. dipinse alcuni quadri mitologici o letterarî come Marte, Menippo, Esopo (Prado), interpretati con un tono malinconico e disincantato. Pochi i quadri di soggetto religioso, come il Cristo crocifisso, l'Incoronazione della Vergine, che rivelano il ricordo del classicismo romano, e i SS. Antonio Abate e Paolo eremita (tutti al Prado), immerso in un luminoso paesaggio. Negli anni seguenti V. proseguì la sua attività ritrattistica, nella quale figurano opere come Pablo de Valladolid (ivi), in cui si evidenzia la costruzione dello spazio senza alcun supporto di disegno geometrico ma solo tramite i valori di ombra e luce, o i numerosi ritratti di nani e buffoni di corte (Il buffone Calabacillas, ivi). Nel 1649 V. partì di nuovo per l'Italia, per fare ritorno in Spagna, su ordine del re, solo nel 1651. Il pittore doveva acquistare opere d'arte per incarico del sovrano; fu a Genova, Milano, Venezia, Bologna, Modena, Parma e Firenze. Nel 1650 era a Roma, dove fu accolto nell'Accademia di s. Luca ed eseguì il ritratto di Innocenzo X (Roma, Galleria Doria Pamphili). Per la decorazione del palazzo reale cercò, senza esito, di persuadere Pietro da Cortona a partire con lui per la Spagna, e trattò l'arrivo a corte di A. Mitelli e A. M. Colonna. Al ritorno a Madrid (1651) gli furono affidate importanti cariche, i cui obblighi assorbivano gran parte della sua attività, ed ebbe varî onori quali la nomina a cavaliere di Santiago (1659), riservata all'alta aristocrazia. Negli ultimi anni la produzione di V. fu dunque piuttosto limitata, pur segnando un ulteriore rinnovamento dei temi e dello stile; è quanto dimostrano dipinti come La Venere allo specchio (Londra, National Gallery), nella quale la decisiva lezione di Tiziano e l'apporto della pittura fiamminga e rubensiana si collegano a una vitalità e a una vibrazione della materia pittorica assolutamente nuove, o La filanda o Favola di Aracne (Prado). In quest'ultima opera, alla realistica ambientazione della scena in primo piano fa riscontro, nel fondo luminoso del quadro, l'ingannevole trattamento delle figure di Minerva e Aracne contro l'arazzo appeso alla parete, confondendosi, per voluta ambiguità, il quotidiano realismo delle filatrici con il tema mitologico espresso nello sfondo. L'attività di V. culminò nel capolavoro del 1656, Las meninas (Prado), complessa composizione ambientata nella penombra dorata di un salone del palazzo, dove l'infanta Margherita è circondata da servitrici, nani e buffoni, le immagini dei sovrani compaiono riflesse in uno specchio nello sfondo e lo stesso pittore si ritrae al cavalletto, rivolto verso lo spettatore. Nel 1660, in vista delle nozze tra l'infanta Maria Teresa e Luigi XIV, V. si recò alla frontiera francese, per allestire gli alloggi e gli apparati per l'incontro tra i due sovrani; morì al ritorno dalla sua ultima impresa ufficiale. ▭ Tav.

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