LUNA, de

Enciclopedia Italiana (1934)

LUNA, de

Giuseppe Paladino

, Nobile famiglia spagnola, i membri della quale si stabilirono a due riprese in Sicilia come strumento di penetrazione politica da parte degli Aragonesi. Ai tempi di Pietro III (I re di Sicilia) Roderico fu castellano di Castrogiovanni. Un secolo dopo Artale, venuto in Sicilia col nipote Martino d'Aragona, sposò Margherita Peralta contessa di Caltabellotta, mentre la sorella di Artale, Isabella, diveniva moglie di Niccolò Peralta cugino di Margherita. Con i due matrimonî la casa dei Peralta rimase aggiogata a quella dei L., imparentata con la dinastia regnante. Anale militò al servizio di Alfonso d'Aragona in Sardegna e nel Napoletano: era suo rivale quel Giovanni Perollo, il figlio del quale, Pietro, combatté contro il figlio di Artale, Antonio. Questi, dopo aver seguito Alfonso d'Aragona nel Napoletano ed essersi distinto a Gaeta (1423) e nella difesa di Castelnuovo di Napoli (1425), andò ambasciatore presso Nicolò V e Callisto III. Fu inoltre capitano d'armi in Palermo, camerlengo del regno di Sicilia e gran contestabile. Essendo stato ferito da Pietro Perollo, sfogò la sua ira contro i parenti e gli amici dei colpevoli (caso di Sciacca, 1459). Il re lo fece espellere dalla Sicilia, ma poi lo perdonò. Nel 1460 Antonio andò ambasciatore del parlamento siciliano a re Giovanni perché accordasse il governo dell'isola al principe di Viana. Antonio sposò la figlia del viceré Antonio di Cardona, da cui ebbe Carlo, conte di Caltabellotta e castellano di Sciacca nel 1479, Pietro, arcivescovo di Messina e Sigismondo. Il figlio di questo, Giovanni Vincenzo, fu conte di Caltabellotta e di Sclafani; fu inoltre stratigoto di Messina (1513-14), e presidente del regno di Sicilia nel 1516. Il figlio Sigismondo fu il protagonista del secondo caso di Sciacca (1529) terminato col massacro dell'avversario Giacomo Perollo, barone di Pandolfina, e dei seguaci, e col bando del L., che pare finisse col gettarsi nel Tevere. Essendo egli stato privato dei beni, la contea di Caltabellotta passò al figlio Pietro, che fu stratigoto in Messina nel 1549, ottenne il titolo di duca di Bivona nel 1554 e fu vicario generale del regno di Sicilia nel 1573. Con Giovanni, figlio di Pietro, si estingue la casata.

Bibl.: I. La Lumia, Storie siciliane, III, Palermo 1881-83; I. Scaturro, Storia della città di Sciacca, I, Napoli 1925.