LLOYD GEORGE, David

Enciclopedia Italiana (1934)

LLOYD GEORGE, David

Luigi Villari

Uomo politico britannico, nato a Manchester da famiglia gallese non conformista il 17 gennaio 1863. Studiò legge a Portmadoc e divenne solicitor nel 1884. Dopo una prima esperienza politica come radicale nazionalista e non conformista democratico, avversario della Chiesa episcopale nel Galles, fu eletto deputato a Carnarvon nel 1890. Aderì al partito liberale e osteggiò la politica sudafricana di J. Chamberlain, e all'avvento dei liberali al potere sotto J. H. Campbell-Bannerman nel 1906 fu nominato presidente del Board of Trade e membro del gabinetto; indi, sotto H. Asquith, cancelliere dello scacchiere. Con il suo bilancio del 1909, colpì i grandi proprietarî, i capitalisti e i birrai con imposte quasi espropriatrici; di fronte all'opposizione suscitata da questo progetto, sferrò una campagna ispirata ai principî della lotta di classe nuova alla politica britannica. Era mosso da reali sentimenti filantropici, ma non si rendeva conto delle difficoltà pratiche che importava la realizzazione dei suoi progetti, né delle loro conseguenze economiche e il bill fu respinto dai lords in attesa di un nuovo responso delle urne. Alle elezioni del 1910 il ministero perdette molti seggi, ma poté reggersi con i voti dei laburisti e dei nazionalisti irlandesi, ai quali Ll. G. aveva promesso il Home Rule (v.). Prima del bill finanziario presento il Parliament Bill per limitare il potere di veto dei lords, che provocò violentissima ostilità. La morte del re Edoardo pose tregua al conflitto, finché il risultato delle nuove elezioni diede la maggioranza ai liberali e i lords finirono col piegare il capo. Nel 1911 Ll. G. fece approvare un grandioso progetto sulle assicurazioni sociali e uno per i sussidî ai disoccupati.

Allo scoppio della guerra mondiale Ll. G. non fu subito favorevole all'intervento britannico, ma l'invasione tedesca del Belgio lo convertì. Convocò subito i banchieri e concertò con loro la moratoria e altre misure finanziarie che eliminarono il pericolo di una catastrofe creditizia. Il corso poco soddisfacente della guerra scosse la popolarità del ministero, onde il 19 maggio 1915 fu costituito un governo di coalizione, sempre sotto Asquith e con Ll. G. ministro delle Munizioni. Impressionato dalle terribili perdite senza risultati apprezzabili sulla fronte occidentale, concepì l'idea di una grande spedizione in Oriente per colpire il nemico sul fianco, lasciando solo un minimo di truppe in Francia. Ma trovò forte opposizione negli ambienti militari, specialmente francesi, e si finì con un compromesso, che fu la spedizione interalleata di Salonicco. La crisi degli effettivi convertì Ll. G. all'idea della coscrizione alla quale aderì anche Asquith (la legge relativa fu votata nel maggio 1916). Morto lord Kitchener nel giugno, Ll. G. gli successe come ministro della Guerra. Divenuta impopolare anche la coalizione, Ll. G. incolpò Asquith della non soddisfacente politica bellica. Trattò quindi con i capi conservatori e con la stampa di lord Northcliffe (Times, Daily Mail, ecc.) allo scopo di salire alla presidenza. Il 1° dicembre presentò ad Asquith il progetto di costituire in seno al ministero un comitato di 3 0 4 persone per dirigere la guerra (il futuro War Cabinet); dovevano farne parte Ll. G. stesso, A. Bonar Law e E. H. Carson, ma non Asquith. Questi se ne adontò, pur cercando di contentare Ll. G.; ma in seguito a un attacco contro Asquith del Times, ritenuto ispirato da Ll. G., le trattative fallirono. Ll. G. offrì le sue dimissioni, ma Asquith, sapendo che costui avrebbe sferrato una campagna nel paese contro il governo in un periodo così critico, preferì dimettersi lui. Il 6 dicembre Ll. G. fu incaricato di formare il nuovo ministero di coalizione; ciò fece col pieno appoggio dei laburisti, ai quali diede 8 portafogli, di Balfour e di Northcliffe. Presiedette al War Cabinet, che però non comprendeva i ministri della Guerra, della Marina e degli Esteri.

Come capo del governo mostrò energia instancabile e diede nuovo impulso alla condotta della guerra. Aveva scarsa fiducia nei capi militari, e pur non osando richiamarli, li esautorava intervenendo spesso in questioni prettamente tecniche. Fu leale verso l'Italia nell'insistere perché le fosse comunicato il progetto abortito di pace separata con l'Austria. Appoggiò la sfortunata offensiva del generale R.-G. Nivelle, finché, impressionato dalle terribili perdite di Passchendaele, fece macchina indietro e non volle dare i rinforzi necessarî al maresciallo D. Haig, di cui non si fidava. Sulla questione del comando unico interalleato Ll. G. vacillò e acconsentì solo al Consiglio supremo interalleato costituito a Rapallo nel novembre 1917, che non diede però i risultati sperati. Dopo la dura sconfitta della 5ª armata britannica sulla fronte occidentale nel marzo 1918, anche Ll. G. si convinse della necessità del comando unico accettò che fosse affidato a Foch e intensificò l'invio di rinforzi.

Appena terminata la guerra, fu sciolta la camera e alle elezioni del dicembre 1918 il ministero ebbe una maggioranza di 249 seggi. Ll. G. riuscì a fare escludere Asquith e altri candidati che reclamavano un'inchiesta sui fatti del marzo 1918 o comunque lo osteggiavano. Nella campagna elettorale Ll. G. aveva promesso che il Kaiser sarebbe stato giudicato e che la Germania avrebbe pagato fino all'ultimo centesimo delle spese di guerra, e alla conferenza della pace dapprima sostenne analoga tesi. Poi venne a più miti consigli, mettendosi in conflitto con i Francesi che volevano imporre condizioni severissime al nemico. Non desiderava l'inserzione del patto della Società delle Nazioni nel trattato di pace, ma finì col cedere alle pressioni di Wilson, come pure alle pressioni francesi nella questione della Sarre, in quella dei confini germano-polacchi, ecc. Nel conflitto italo-iugoslavo fu egualmente incerto e nella questione turca appoggiò, con wilson e Clemenceau, la domanda di Venizelos per l'invio di truppe greche a Smirne. Continuò il suo incoraggiamento all'imperialismo ellenico anche quando la Francia aveva abbandonato i Greci e Wilson non se ne occupava più. Firmato il trattato di pace Ll. G. parve al colmo della potenza, quasi un dittatore.

Seguì una serie di conferenze interalleate, alle quali Ll. G. partecipò attivamente. A quella di San Remo, nell'aprile 1920, che preparò l'infelice trattato di Sèvres, volle imporre condizioni intollerabili alla Turchia, che non avrebbero potuto essere applicate senza poderose forze militari che nessuna potenza era allora in grado di fornire. Nella politica interna lanciò una serie di progetti di ricostruzione economica e sociale, non sufficientemente studiati e che non fu possibile tradurre in atto. Emanò misure di carattere protezionista malgrado il suo rispetto per i principî liberisti. Non mancarono gravi scioperi e disordini; in questo tempo l'Irlanda fu in stato di guerra civile. Ll. G. cominciò con l'adottare una politica di rigorosa repressione contro i Sinn Feiners che avevano commesso atroci reati di sangue; poi entrò in trattative con i ribelli, invitò i loro capi a Londra e nel dicembre 1921 concluse con essi un trattato che accordava la più larga autonomia all'isola.

Nell'aprile-maggio 1922 ebbe luogo la conferenza economica di Genova, ispirata da Ll. G. per addivenire a un'intesa con gli ex-nemici e con i Russi. L'unico esito fu l'accordo fra Russi e Tedeschi, che era appunto quello che si voleva evitare. Nell'estate successiva, davanti all'aggravarsi del conflitto greco-turco, non appoggiò il tentativo di conciliazione suggerito dall'Italia e anzi pronunciò il 4 agosto un discorso di aperto incitamento ai Greci a mantenere la loro occupazione, onde i Turchi kemalisti li attaccarono e li scacciarono dall'Anatolia. Ll. G. volle dapprima impedire con le armi ai Turchi di occupare Costantinopoli, ma in seguito venne ad accordi con essi. Anche con i Sovieti agì allo stesso modo: dalle minacce di guerra e dall'invio di soccorsi alla Guardia bianca passò all'abbandono di questa e a tentativi d'intesa con i bolscevichi.

Intanto la politica interna di Ll. G. aveva irritato i conservatori senza contentare i laburisti; il suo atteggiamento verso Asquith gli aveva tolto le simpatie dei liberali, e la sua politica estera non era riuscita. Il 19 ottobre 1922 i conservatori decisero di uscire dalla coalizione. Ll. G. si dimise subito, e alle elezioni successive trionfarono i conservatori. Mentre il partito liberale si andava disgregando, i laburisti divennero il secondo partito alla camera e alle elezioni del 1923 salirono al potere con a capo R. MacDonald, appoggiato da Ll. G. Le elezioni del 1924 riportarono al potere i conservatori, e i liberali, per i dissensi entro il partito, furono ridotti a 40, ma Ll. G. riprese a lanciare nuovi grandiosi programmi di riforme. In occasione dello sciopero generale del maggio 1926 Ll. G. si mostrò vacillante e propenso a dar ragione agli scioperanti. Tuttavia riuscì a farsi eleggere leader del partito quando Asquith, creato conte di Oxford, si dimise nell'ottobre di quell'anno. Alla vigilia delle elezioni del 1929 Ll. G. pubblicò un progetto per eliminare la disoccupazione mediante grandi lavori pubblici. Tornati i laburisti al potere nel maggio del 1929, ebbero di nuovo l'appoggio dì Ll. G., ma si manifestarono segni di dissenso profondo nel partito liberale, onde sembrava che dovesse scindersi in due o più gruppi. Fu lui che tenne al potere i laburisti quando già da tempo avevano perduto il favore popolare, perché temeva l'esito di nuove elezioni per i suoi seguaci. Quando scoppiò la crisi politico-finanziaria del settemhre 1931 Ll. G. era gravemerte ammalato, e la maggioranza dei liberali aderì al nuovo ministero nazionale. Alle elezioni del 27 ottobre riuscirono 72 liberali, dei quali 68 favorevoli al ministero MacDonald, e il gruppo Ll. G. non contò che 4 soli: Ll. G. stesso, suo figlio, sua figlia e suo genero. Da allora in poi ha preso scarsa parte ai lavori parlamentari.

Ll. G. fu prima della guerra figura tipica della nuova democrazia: eloquentissimo, vigoroso, versatile e personalmente affascinante, ma spesso oscillante e non sempre capace di tradurre in pratica i suoi numerosi progetti. Per la disinvoltura dell'azione politica e la frequente incoerenza degli atteggiamenti si trovò spesso in contrasto con la tradizione della vita pubblica britannica. Durante la guerra le sue qualità di animatore e qualche sua larga veduta furono spesso preziose e certo contribuirono alla vittoria finale, ma sulle sue spalle pesò la responsabilità dei disastri greci in Anatolia. Dannosa fu anche la sua tendenza a non controllare l'uso del denaro pubblico. Nel dopoguerra la sua politica riportò pochi successi. Fu detto di lui che spesso vedeva la via giusta ma raramente la seguiva.

È uscito il primo volume delle sue War Memories (Londra 1933).

Bibl.: J. H. Edwards, Life of David Ll. G., Londra 1913; id., David Ll. G., Londra 1931; Sir Ch. Mallet, Mr. Ll. G.: a Study, Londra 1930; H. Spender, The Prime Minister D. Ll. G., Londra 1922; J. Bardoux, Ll. G. et la France, Parigi 1923.