CRISTIANO II re di Danimarca, di Norvegia e di Svezia

Enciclopedia Italiana (1931)

CRISTIANO II re di Danimarca, di Norvegia e di Svezia

Herbert Theodor Lundh

Nacque il 1 luglio 1481, dal re Hans di Danimarca e da Cristina di Sassonia. Da fanciullo frequentò la casa di un ricco artigiano danese; e là probabilmente acquistò quell'amore per il popolo e quella diffidenza per l'aristocrazia, che mai lo abbandonarono durante tutta la vita. Assai presto egli rivelò spirito sveglio e indipendente, ma anche incostanza e scarso equilibrio, causa poi della sua rovina. Vivo ancora il padre, C. ebbe incarichi di fiducia: nel 1502 condusse la campagna contro la Svezia; fra il 1506 e il 1512, governò con pieni poteri la Norvegia, e mostrò chiaramente la sua intenzione di mantenere l'autorità regia di fronte alla chiesa e all'aristocrazia. Gli stati danesi giurarono più volte fedeltà a C., come successore al trono; lo stesso fecero i Norvegesi (1489) e gli Svedesi (1499). E poiché alla morte del padre (1512) egli aveva nelle sue mani i più importanti castelli della Danimarca e della Norvegia, fu senz'altro incoronato re in questi paesi, pur concedendo importanti diritti al senato reale; gli Svedesi, invece, che allora già si erano sciolti dall'unione con la Danimarca, si rifiutarono di riconoscerlo per loro re.

C. prese possesso del regno con un programma chiaramente delineato, che ne fa uno fra i più notevoli principi dell'Europa nordica. Egli voleva riunire tutto il Nord in una stabile unità politica tenuta insieme da un forte potere reale, che doveva essere sostenuto dai ceti non privilegiati. Però quando si volse a realizzare questo disegno, fu spesso impari ad esso. Era certo un uomo altamente dotato, pieno d'idee, smanioso di attuarle, che produceva una forte impressione su chi lo conosceva da vicino; e molti di coloro che aderirono alla sua politica si mostrarono più tardi pronti a seguirlo anche nei giorni di sfortuna. Ma erano in lui gravi deficienze: assai diffidente per natura, s'immaginava di aver nemici ovunque non incontrava incondizionato favore, e allora, richiamandosi alla sua alta missione, egli era capace di mostrarsi grossolano e sleale; personalità fortemente, ma anche disugualmente pronunciata, era uomo da passar oltre ogni regola stabilita, ciò che sollevava sempre nuove opposizioni e aumentava gli ostacoli alla sua attività di re. E inoltre, se per un verso lo si può ritenere dotato di energia e capace di tener fermo sulle più gravi decisioni fino in fondo, per altro verso, soprattutto quando non aveva l'appoggio dei consiglieri abituali, egli poteva mostrarsi anche irresoluto e privo di volontà. Questo diverso comportarsi del re caratterizza tutto il suo regno.

All'interno C. dimostrò fin da principio attività riformatrice. I funzionarî nobili furono licenziati un po' alla volta e gli elementi popolari ne presero il posto in Norvegia. C. si adoperò apertamente a porre persone di sua fiducia anche in Danimarca, in tutti i posti importanti dello stato e della chiesa. Presto però, il re cadde sotto l'azione poco felice di una straniera, l'olandese Sigbrit Villumsdatter, madre della sua amante Dyveke. Piena di odio contro i magnati, ella lo aizzò contro di loro e fu più volte causa che egli andasse oltre i limiti della prudenza. Comunque, C. migliorò la posizione sociale dei contadini; vietò ai nobili di vendere i loro dipendenti; e nei suoi continui viaggi per il paese, molto si adoperò per il popolo delle campagne, acquistandosi grande amore presso di esso. Ancora più interesse il re dimostrò verso i borghesi. Comprendendo bene tutto il vantaggio che poteva derivare al regno dall'esistenza di una forte classe media e di città ricche, C. si volse tutto a promuovere l'incremento del commercio nazionale e a diminuire la dipendenza del paese dai mercati stranieri, soprattutto dalle città della Hansa.

Furono ordinate, poi, le amministrazioni delle città; riformata la vita corporativa; rafforzata, mediante diritti di monopolio, la situazione economica delle città. I traffici diretti che prima avvenivano fra certe regioni del regno e le città tedesche, furono proibiti e furono chiamati invece commercianti olandesi per competere coi Tedeschi. Nel 1520 C. fondò una compagnia di commercio nordica, per gli scambî fra le provincie del Mare del Nord e i territorî a est del Baltico. Si stabilirono anche intese con i Fugger di Augusta. Insomma, sembra si volesse fare della Danimarca il centro del commercio nordico e rinforzare, anche con questo mezzo, la corona danese. Riforme innovatrici furono anche fatte nel campo legislativo: promulgate negli anni 1515-22 leggi di spiccato carattere umanitario; centralizzata l'amministrazione della giustizia. Altre riforme restrinsero i poteri giudiziarî della chiesa a beneficio della giurisdizione civile.

Nell'estate del 1520, C. intraprese un viaggio in Olanda; e qui egli studiò il commercio e lo stato economico delle ricche città venne in rapporti coi rappresentanti più tipici della cultura di quel tempo, s'incontrò col suo cognato, l'imperatore Carlo V (ne aveva sposata la sorella Elisabetta). Le impressioni che C. riportò da questo viaggio debbono avere avuto grande importanza per la sua politica riformatrice, specialmente rispetto all'amministrazione finanziaria, nella quale la Sigbrit ebbe di certo non piccola parte. Ma l'assoluta mancanza di riguardi con la quale egli procedé, e d'altro canto il favoritismo mostrato verso i suoi amici, innalzati, anche illegalmente, ai più alti posti, destarono forte indignazione nelle classi che C. aveva depresse.

Maggiori guai vennero dalla politica estera del re. Nei primi anni del suo regno, C. aveva iniziato una politica molto aggressiva verso Lubecca e le altre città della Hansa, per spezzare il loro primato commerciale. Poi rivolse le armi contro la Svezia, che sotto l'abile direzione di Sten Sture il Minore era uscita dall'unione scandinava. La conquista della Svezia doveva essere un fatto essenziale della politica regia, perché il Nord potesse essere organizzato in unità economica e politica. Dopo due spedizioni sfortunate, C. fece grandi prestiti all'estero, indusse il papa a lanciare l'interdetto contro la Svezia; e, caduto Sten Sture già nel principio della guerra, rimasto il paese senza una guida sicura, C. poté dopo un anno di lotta impossessarsi della Svezia. Fattosene proclamare re ereditario (autunno 1520), concedette un'amnistia generale a quanti avevano combattuto contro di lui. Ma pochi giorni dopo l'incoronazione fece imprigionare alcuni di questi suoi nemici, che vennero condannati come eretici da un tribunale religioso istituito da C. L'8 novembre 1520, non meno di 82 persone furono giustiziate, fra le quali due vescovi, alcuni senatori e cavalieri. Fu questo "il bagno di sangue di Stoccolma", che procurò allora a C. l'appellativo di Tiranno. Quale motivo lo abbia spinto ad agire così non è ben chiaro. Pare che Gustavo Trolle, l'arcivescovo di Upsala, non mancasse d'incitarlo; ma d'altra parte, si ha l'impressione che C. avesse anche un suo proprio pensiero. Probabilmente, egli intendeva liberarsi così da tutto il partito indipendente svedese.

Il "bagno di sangue di Stoccolma" ebbe risultati affatto opposti a quelli che C. si aspettava. Sotto l'abile direzione di Gustavo Vasa, gli Svedesi si sollevarono nel 1521 e cacciarono le truppe danesi. Lubecca fece presto causa comune con essi. Alla fine del 1522, gli stessi nobili danesi fecero alleanza con il duca Federico di Schleswig Holstein, zio di Cristiano, per cacciare il re. Le gravi imposte stabilite per far fronte alla guerra contro la Svezia avevano provocato grande malcontento in molti luoghi, anche fra i contadini. In questa situazione critica C. perdette la testa. Anche prima che si giungesse a lotta aperta, egli nell'aprile 1523 fuggì nei Paesi Bassi e cominciò a far tentativi per riacquistare la corona, a sollecitare personalmente aiuti dai principi tedeschi. Invano. Per un certo tempo, si trattenne pure a Wittenberg, e, venuto in rapporti con Lutero, si fece protestante. Di qui, la prima traduzione del Vangelo in lingua danese. Ma tutto questo rese ancora più difficile la posizione di C. Gli venne a mancare anche l'appoggio dell'imperatore. Con pochi sudditi fedeli, C. visse per alcuni anni a Lien, piccola città olandese, sempre progettando piani di guerra. Nel 1530, abiurò il protestantesimo; e allora ricevette aiuti dall'imperatore. Fu armata una flotta; e nel novembre del 1531, C. sbarcò in Norvegia dove fu subito proclamato re. Ma ormai, in questi ultimi anni, la sua forza di volontà si era fiaccata. Era incerto ed esitante. Quando una flotta danese approdò in Norvegia, egli trattò con essa, e nell'estate del 1532 ricevuto un salvacondotto, si fece portare in Danimarca. Ma il salvacondotto non fu riconosciuto: C. fu rinchiuso nel castello di Sönderborg, poi in quello di Calundborg; e qui, dopo 30 anni di prigionia sempre più dura, morì nel 1559

C. è stato un tipico principe del Rinascimento. Univa una forte coscienza delle tradizioni politiche della Danimarca con le idee livellatrici proprie dell'assolutismo di quell'epoca; e aspirava, mediante un'unione personale, a ricostruire un vasto stato danese. Ma lo scarso equilibrio del suo spirito, l'incapacità di dominare sé stesso, fecero sì che le intenzioni, certamente buone, e in molti casi moderne, non potessero essere tradotte in realtà. I mezzi non furono adeguati ai fini, e quelle forze stesse che egli aveva suscitate finirono con lo sfuggirgli di mano e sopraffarlo. Nel 1515 C. sposò Elisabetta d'Austria, sorella dell'imperatore Carlo V, che morì nel 1526, ed ebbe da lei un figlio, Hans, morto fanciullo, e due figlie, Dorotea, maritata con l'Elettore palatino Federico, e Cristina, maritata prima con Francesco II Sforza, duca di Milano, poi con Francesco, duca di Lorena.

Bibl.: Det danske Folks Historie (Storia del popolo danese), III, 1928, con buona bibliografia; v. pure C. Paludan-Müller, De förste Konger af den Oldenborgske Slägt (I primi re della famiglia reale Oldenburg), 1874.

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