COSTANTINOPOLI

Enciclopedia dell' Arte Antica (1994)

Vedi COSTANTINOPOLI dell'anno: 1959 - 1973 - 1994

COSTANTINOPOLI (v. vol. II, p. 880 e S 1970, p. 264)

C. Barsanti

A una limitata attività di scavo e d'indagine sul terreno, ostacolata peraltro dall'espandersi sempre più rapido delle infrastrutture dell'abitato moderno, ha fatto riscontro in questi ultimi vent'anni una più ampia attività di studio e di ricerca volta alla rielaborazione dei dati emersi dagli scavi del passato e parallelamente, alla sistematica catalogazione dei materiali.

Un importante traguardo in tale direzione è stato raggiunto dal Bildlexikon zur Topographie Istanbuls che compendia fino al 1977 la cronistoria dei singoli complessi monumentali bizantini con una ricca documentazione grafica, fotografica e bibliografica, e che costituisce dunque un fondamentale punto di riferimento per lo studio delle antichità costantinopolitane.

Le ricerche archeologiche finalizzate sono state molto esigue. Si è trattato per lo più d'interventi di emergenza o di restauro e una gran parte dei ritrovamenti è avvenuta in circostanze occasionali: costruzioni di nuovi immobili, lavori stradali o di canalizzazione; si registrano comunque scoperte che hanno contribuito a chiarire almeno in parte alcune controverse situazioni topografiche e monumentali sino a quel momento affidate unicamente alle testimonianze delle fonti storiche.

Bisanzio. - Tra il 1968 e il 1973, i lavori di costruzione per un nuovo annesso del Museo Archeologico portarono alla scoperta di un complesso del V-VI sec., comprendente anche un impianto termale e una cisterna. Estesa l'indagine agli strati sottostanti, furono trovati reperti ceramici di epoca greca e alcuni frammenti di manufatti ceramici databili alla fine del II millennio a.C. che attestano, insieme a quelli già rinvenuti in altre aree della città, l'arcaicità dell'insediamento di Bisanzio.

Di rilevante interesse documentario sono i risultati di una più recente ricognizione delle vestigia antiche nell'ambito del Topkapı Sarayı e dal riesame dei materiali esistenti o provenienti da questo settore urbano corrispondente all'antica acropoli greco-romana.

La pubblicazione delle sculture rinvenute in un piccolo edificio (un ninfeo?) nel sobborgo di Silahtarağa ha rivelato un inedito aspetto delle tradizioni artistiche fiorite a Bisanzio in epoca romana, trattandosi peraltro di materiali eccezionalmente recuperati nel loro originario contesto architettonico. L'analisi tecnica, iconografica e stilistica di queste sculture, comprendenti figure di divinità e di giganti anguipedi, medaglioni con busti femminili e maschili e anche una serie di pezzi di piccole dimensioni, parte collocate nelle nicchie all'interno dell'edificio altre invece all'esterno, ha condotto a un'attribuzione ad artisti afrodisiensi operanti a Bisanzio tra la tarda età antonina e la metà del III secolo.

Per numerosi altri reperti scultorei erratici, per lo più trovati in circostanze occasionali, p.es. la statua togata acefala del III sec. recuperata in Ordu Caddesi, sussistono al contrario motivati dubbi in merito a una loro pertinenza alla città greco-romana: imperatori e sultani, fino a tempi piuttosto recenti, fecero infatti affluire a C. moltissime opere classiche dalle città del loro impero. Emblematico al riguardo è il caso dei cavalli bronzei di Venezia che vede ancora confrontarsi le discordanti opinioni degli studiosi.

Lo sviluppo urbano, i monumenti e la cultura artistica di Bisanzio greca, ma soprattutto romana, sono stati oggetto di ricerche e verifiche dalle quali sono scaturite nuove proposte. In particolare, l'ipotesi secondo la quale il peribolo murario greco e quello romano avrebbero avuto il medesimo percorso, anche in considerazione del fatto che non sono stati scoperti sepolcreti nell'area compresa tra il presunto tracciato del primo, coincidente grosso modo con quello del Topkapı Sarayı, e la successiva cinta romana. È stata inoltre riconsiderata una datazione al III sec. per la c.d. Colonna dei Goti in rapporto alle caratteristiche tipologiche e stilistiche del capitello corinzio di coronamento, sebbene non sia stata esclusa la possibilità che il monumento sia piuttosto un assemblaggio posteriore. Anche per le due colossali chiavi di volta di marmo proconnesio decorate con protomi di Gorgoni, una scoperta nel XIX sec., l'altra invece riscoperta recentemente nella Yerebatan Sarayı, è stata suggerita una datazione a epoca romana.

La città di Costantino. - Più sostanziosi sono i risultati delle ricerche rivolte alla città costantiniana, la cui genesi e il cui concretizzarsi come capitale sono stati magistralmente messi a fuoco con ampio materiale documentario, soprattutto testuale, nell'oramai fondamentale saggio del Dagron (1974). Oltre alle implicazioni politiche, culturali e religiose di quello storico evento, che determinò profondi mutamenti nel mondo contemporaneo, sono stati riesaminati alcuni aspetti problematici dell'impianto topografico e monumentale della «nuova Roma», anche con una verifica della consistenza dei documenti archeologici pervenuti. Altre ricerche sono state rivolte all'arredo statuario della città e dei suoi monumenti, riconsiderando le testimonianze testuali anche sulla collezione di statue classiche delle Terme di Zeuxippo.

Nuovi dati sulla città costantiniana sono stati acquisiti in sede archeologica. Si segnala innanzi tutto la scoperta, avvenuta nel 1967, dei resti del Mìlion, il miliarium aureum di C. che, nonostante la loro esiguità, assai poco chiarificante per le forme architettoniche del monumento descritto dalle fonti come un tetrapilo, ne hanno però definita la controversa ubicazione.

Nel 1976-77, i lavori di costruzione di un immobile vicino alla Soğan Ağa Mescidi (a S di Beyazıt) sono emerse le strutture absidali di un edificio ecclesiale nel quale sono state accertate due fasi: la prima datata all'età costantiniana, la seconda invece a età anastasiana con trasformazioni tardo-giustinianee. In considerazione dei dati di scavo e dell'ubicazione dell'edificio, è stata suggerita un'identificazione con la chiesa di Sant'Agatonico che, secondo le fonti, fu fondata da Costantino, ricostruita da Anastasio e restaurata da Giustiniano, ovvero con la chiesa dell’Homonia che le fonti segnalano già nel IV sec. in quest'area urbana.

La cronologia dello Skeuphylàkion di S. Sofia, la cui fondazione risale forse alla prima redazione architettonica della chiesa inaugurata da Costanzo II nel 360, potrà essere forse meglio definita dall'esame delle sue strutture rimesse in vista sino all'originario livello in occasione di un recente scavo. È stata altresì riconsiderata una datazione al IV sec., e quindi una eventuale identificazione con la cripta del martỳrion dei Ss. Carpo e Papilo, secondo le fonti fondato da Elena, per quella struttura a complessa pianta centrale al di sotto della moderna chiesa di S. Mena nel quartiere di Psämathia.

La città teodosiana. - Nuovi dati per una migliore comprensione della non ancora perfettamente chiarita topografia del Forum Tauri (il complesso più rappresentativo del programma di sviluppo monumentale della città di Teodosio I, inaugurato nel 393) e per la ricostruzione del grande arco che ne costituiva il monumentale accesso sul percorso della Mèse, sono emersi dai saggi di scavo condotti nel 1969 in Ordu Caddesi. Si è potuto infatti accertare che l'originaria struttura dell'arco prevedeva un solo fornice al quale, pochi anni dopo, furono aggiunti gli archi laterali che il Naumann ha proposto d'identificare con quelle absides nelle quali, secondo la testimonianza delle fonti, erano le statue di Arcadio e di Onorio. Questi due archi furono abbattuti dal terremoto del 558. Il disegno architettonico dell'arco, nella ricostruzione del Naumann, non presenta caratteristiche innovative rispetto a modelli romani di ambito microasiatico, come del resto la selezione degli ornati dell'ordine corinzio. La novità è invece rappresentata dalle singolari colonne-clava che ne inquadravano i varchi a guisa di magniloquenti simboli erculei che esaltavano la semantica trionfale dell'arco stesso, parafrasata comunque in chiave cristiana dalle croci scolpite sui basamenti. Di questo tipo di colonna decisamente eccezionale, con il fusto scolpito a imitazione di un tronco arboreo nodoso o di clava, si conoscono solo altri tre esemplari, due al Louvre e uno riutilizzato nella Yerebatan Sarayı, ai quali si aggiunge ora quello, ancora in stato di sommaria lavorazione, recentemente scoperto presso le cave dell'isola di Proconneso.

Nel corso della stessa indagine in Ordu Caddesi sono stati altresì recuperati alcuni frammenti di cornici e trabeazioni, la cui decorazione suggerisce una datazione al V sec., molto probabilmente pertinenti ad altri edifici del Forum Tauri. Nella medesima area, in prossimità del Bagno di Beyazıt II, in occasione della costruzione della nuova Biblioteca Universitaria sono stati trovati nel 1973 altri frammenti del fregio della colonna coclide istoriata di Teodosio I, il fulcro monumentale del Forum Tauri, che ormai pericolante venne abbattuta alla fine del XV sec. per lasciare posto al suddetto complesso termale. Poco distante, in analoghe circostanze, sono riemerse nel 1984 le vestigia di una cisterna datata al IV-V secolo.

L'iconografia e lo stile dei rilievi scolpiti sulle basi dell'obelisco che Teodosio I fece erigere nel 390 sulla «spinaeuripe» dell'ippodromo sono stati oggetto di riletture, volte anche a evidenziarne una semantica simbolica e sovrastorica; una trattazione specifica è stata dedicata al monolite di Thutmosis III, proveniente dal tempio di Karnak.

Le scene che decoravano la base della colonna coclide istoriata di Arcadio sono state invece interpretate alla stregua di un simbolico panegirico celebrativo della Concordia tra Occidente e Oriente e quindi del trionfo dell'ecumene cristiana. È stata inoltre riesaminata la problematica scena riprodotta nel ben noto disegno cinquecentesco del Lorichs che forse decorava, se non la base della colonna porfiretica costantiniana, quella di un'altra non meglio identificabile colonna onoraria costantinopolitana del V secolo.

Per i frammenti della colossale colonna onoraria a suo tempo rinvenuti nel Topkapı Sarayı è stata proposta un'ipotesi di ricostruzione e un'identificazione con quella di Leone I (457-474) che le fonti segnalano nell'area dei Pittàkia, in vicinanza del Senato e dunque del luogo del ritrovamento; è stata altresì suggerita la possibilità che sulla colonna vi fosse il c.d. Colosso di Barletta.

Per quanto riguarda l'architettura ecclesiastica, si segnalano innanzi tutto le indagini e i saggi di scavo nell'ambito della chiesa di S. Giovanni di Studio, la cui datazione al 453-4, suggerita dalla rilettura dei documenti testuali, verrebbe peraltro confermata dai bolli dei laterizi in opera nell'edificio stesso. Lo scavo effettuato nella navata ha condotto alla scoperta dei resti di un preesistente complesso profano e al recupero di varí elementi scultorei dell'arredo architettonico e liturgico della chiesa, tra i quali i frammenti di un ambone del V-VI secolo. Del S. Giovanni di Studio sono stati parallelamente riesaminati la decorazione plastica (in particolare i capitelli compositi del nartece con raffigurazione di aquile, forse allusive alla carica consolare del patrizio Stoudios, il fondatore dell'edificio), l'impianto architettonico e l'organizzazione dello spazio liturgico, anche in parallelo alle altre chiese costantinopolitane a pianta basilicale (Chalkopratèia, basilica del Topkapı Sarayı e basilica di Beyazıt).

Sono stati riconsiderati anche una serie di edifici costantinopolitani a pianta centrale del IV-V sec., per alcuni dei quali, la Sancaktar Mescidi, la Balaban Ağa Mescidi, la Şeyh Suleyman Mescidi e la chiesa della Panaghia Mugliotissa, è stata suggerita un'originaria funzione funeraria, mentre per quanto riguarda l'edificio annesso alla Chalkopratèia, più che con un battistero, potrebbe essere invece identificato con la cappella di S. Giacomo costruita da Giustino I (565-578), anche in considerazione di alcuni resti di affreschi raffiguranti scene dell'infanzia di Cristo e della morte di Zaccaria. Per il battistero di S. Sofia è stata riproposta una datazione al V sec., mentre al VI sec. potrebbe essere ricondotto il portico esterno.

Dal 1988 grandi restauri interessano la cinta muraria urbana, soprattutto nei settori della Belgrat Kapı, della Silivri Kapı e della Mevlehane Kapı che, se da un lato sono stati occasione di scoperte di non trascurabile importanza, come nel caso di un ipogeo paleobizantino (che però è stato vandalicamente devastato), dall'altro invece le integrazioni e le ricostruzioni sono state così sostanziali da alterare le strutture e compromettere quindi la lettura delle murature originarie. Di questo imponente baluardo sono state inoltre riesaminate le fonti, le iscrizioni, le caratteristiche strutturali, la sua funzione difensiva e la Porta d'Oro. Correlata al períbolo murario terrestre è anche la controversa ubicazione della XIV Regione urbana individuata o all'esterno della cinta, vale a dire in prossimità delle c.d. Acque Dolci d'Europa, ovvero all'interno, cioè nel quartiere delle Blacherne.

La città giustinianea. - Un primo rendiconto finale degli scavi del S. Polieucto offre ulteriori informazioni sulle strutture dell'edificio, le cui originarie forme architettoniche potrebbero forse preludere all'impianto a cupola di S. Sofia, e un'ampia documentazione dei materiali.

Alle sculture del S. Polieucto, e in particolare all'originalissima e innovativa stilizzazione dei loro ornati che rivelano palesi suggestioni di ascendenza sasanide, sono stati dedicati diversi studi, nei quali tra l'altro sono stati riesaminati i c.d. pilastri acritani di Venezia, spoglie appunto della chiesa costantinopolitana, e altri capitelli riutilizzati nel S. Marco di Venezia, molto probabilmente anch'essi spoglie della medesima chiesa o, quantomeno, manufatti degli stessi scultori-decoratori attivi nel S. Polieucto. A questi geniali artefici viene altresì ricondotta l'esecuzione di un capitello ionico a imposta riutilizzato in un'altra chiesa veneziana, quella dei quattro capitelli-imposta reimpiegati nella medresa della moschea di Davut Paşa a Istanbul e anche quella di un capitello-imposta esistente a Ravello.

Relativamente alle fondazioni giustinianee, oltre alle considerazioni volte a mettere soprattutto in luce l'organizzazione dello spazio liturgico nei singoli edifici, si segnalano per la chiesa dei Ss. Sergio e Bacco: le riflessioni sull'originaria funzione, palatina o monasteriale, un'ipotesi di ricostruzione del lato O con un nartece su due piani e alcune verifiche sulle irregolarità delle strutture dell'edificio e sulla contigua, di poco precedente, chiesa basilicale dei Ss. Pietro e Paolo. Nelle vicinanze della chiesa è stata altresì scoperta fortuitamente una piccola cisterna del V-VI sec. con volte sorrette da due file di colonne con capitelli ionici a imposta.

Una datazione al VI sec. per la prima fase del S. Salvatore in Chora, troverebbe conferma anche in rapporto a una serie di sculture riutilizzate nell'edificio.

L'importante intervento di restauro che ha recentemente interessato i mosaici del peristilio del Grande Palazzo Imperiale è stato parallelamente occasione di una rinnovata verifica archeologica per questo problematico documento dell'arte costantinopolitana. Il distacco dal loro originario contesto ha difatti permesso di riesaminare la situazione stratigrafica e ha consentito il recupero di altri manufatti ceramici dai quali si ricaveranno, forse, elementi utili per circoscrivere la controversa datazione delle strutture del complesso e soprattutto quella dei mosaici (già variamente attribuiti, dal terzo quarto del V sec. all'inizio del VII) che, dopo il restauro, sono stati sistemati in una nuova struttura museale nell'ambito del peristilio stesso.

Singoli aspetti della produzione artistica costantinopolitana del IV-VI sec. sono stati al centro di differenziati settori di ricerca che hanno visto comunque privilegiato quello della scultura, e in particolare le problematiche connesse all'attività degli opifici che lavoravano il marmo proconnesio e all'esportazione dei loro manufatti in tutti i principali centri del Mediterraneo e del Mar Nero. Un fenomeno che, con il procedere delle ricerche, ha assunto proporzioni senz'altro eccezionali, con implicazioni politiche, economiche e culturali di rilevante importanza.

Dal 1969, con la cessazione della pubblicazione dell'annuario del Museo Archeologico di Istanbul, non si hanno informazioni sulle nuove acquisizioni.

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