Corte internazionale di giustizia

Libro dell'anno del Diritto 2016

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Corte internazionale di giustizia

Marina Mancini

Il presente contributo intende dar conto sinteticamente dell’attività della Corte internazionale di giustizia (CIG) dall’ottobre 2014 al settembre 2015.

La ricognizione

Nel periodo considerato, si è proceduto al rinnovo di un terzo dei quindici membri della CIG. L’Assemblea Generale e il Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite (NU) hanno rieletto i giudici M. Bennouna (Marocco) e J.E. Donoghue (Stati Uniti) ed eletto come nuovi giudici J.R. Crawford (Australia), K. Gevorgian (Federazione Russa) e P.L. Robinson (Giamaica) per nove anni a decorrere dal 6.2.20151. In tale data i membri della CIG hanno quindi eletto al loro interno presidente della Corte il giudice R. Abraham (Francia) e vicepresidente il giudice A.A. Yusuf (Somalia) per tre anni2.

Nel periodo in esame, sono state depositate presso il Segretario generale delle NU tre nuove dichiarazioni di accettazione della giurisdizione della Corte ex art. 36, par. 2, dello Statuto. Si tratta delle dichiarazioni di Italia (25.11.2014), Regno Unito (31.12.2014) e Grecia (14.1.2015), la quale ha contestualmente revocato una precedente dichiarazione del 19943.

Nel periodo considerato, la CIG ha emesso due sentenze e nove ordinanze. Quanto alle prime, con sentenza del 3.2.2015, che sarà oggetto di analisi nei paragrafi successivi, la Corte ha deciso nel merito la controversia tra Croazia e Serbia sull’applicazione della Convenzione sul genocidio.

Con sentenza del 24.9.2015, poi, essa ha affermato la propria giurisdizione sulla controversia tra Bolivia e Cile circa l’esistenza di un obbligo per il Cile di negoziare con la Bolivia l’accesso sovrano di quest’ultima all’Oceano Pacifico4. Accogliendo la tesi boliviana, la CIG ha fondato la propria giurisdizione sull’art. XXXI del Patto di Bogotà del 1948, di cui entrambi gli Stati sono parti, ed ha respinto l’obiezione cilena secondo cui la giurisdizione della Corte sarebbe esclusa dall’art. VI del Patto, ai sensi del quale quest’ultimo non si applica alle controversie riguardanti questioni già regolate da un trattato in vigore al momento della sua conclusione. Secondo la CIG, il Trattato di pace e amicizia tra i due Paesi del 1904, invocato dal Cile, non affronta né esplicitamente né implicitamente la questione dell’esistenza dell’obbligo suddetto.

Tra le ordinanze vanno segnalate quella dell’11.6.20155 e quella del 1.7.20156. Con la prima, la Corte ha disposto la cancellazione dal ruolo della controversia tra Timor-Leste e Australia concernente il sequestro e la detenzione da parte dell’Australia di alcuni documenti e dati appartenenti a Timor-Leste, in seguito alla comunicazione da parte di quest’ultimo della volontà di interrompere il procedimento, avendo il Governo australiano provveduto alla loro restituzione, e in assenza di obiezioni dell’Australia. Con la seconda ordinanza, la CIG, adita dalla Repubblica Democratica del Congo, ha disposto la riassunzione del procedimento relativo alla controversia tra questa e l’Uganda (Attività armate sul territorio del Congo), decisa con sentenza del 19.12.2005, per la determinazione delle riparazioni dovute da ciascuna parte nei confronti dell’altra in conseguenza delle violazioni accertate, non avendo i due Stati raggiunto alcun accordo a tal fine.

La focalizzazione

Con la citata sentenza del 3.2.2015, la Corte ha deciso nel merito la controversia tra Croazia e Serbia circa la presunta violazione della Convenzione sul genocidio del 1948 nell’ambito del conflitto nell’ex Iugoslavia del 19911995, rigettando sia il ricorso croato che il controricorso serbo7.

Occorre ricordare che la Convenzione richiede ai fini della commissione di un genocidio la sussistenza di due elementi: un elemento soggettivo, ovvero l’intenzione di distruggere in tutto o in parte un gruppo nazionale, etnico, razziale o religioso; ed un elemento oggettivo, che può consistere in una o più delle seguenti condotte: a) uccisione di membri del gruppo, b) inflizione di gravi lesioni fisiche o psichiche a membri del gruppo, c) deliberata sottoposizione del gruppo a condizioni di vita dirette a provocarne la distruzione fisica in tutto o in parte, d) imposizione di misure dirette a impedire le nascite all’interno del gruppo, e) trasferimento forzato di bambini del gruppo ad un altro gruppo (art. II).

La CIG era chiamata ad accertare: la responsabilità della Serbia per il presunto genocidio perpetrato nei confronti del gruppo nazionale o etnico croato in territorio croato dalle forze serbe e della Repubblica Federale di Iugoslavia (RFI) tra il 1991 e il 1995; e quella della Croazia per il presunto genocidio compiuto nei confronti del gruppo nazionale o etnico serbo in territorio croato, durante e dopo l’Operazione Tempesta dell’estate 1995 contro l’autoproclamata Repubblica Serba di Krajina (parr. 4952).

In entrambi i casi, la Corte ha ritenuto che fosse soddisfatto l’elemento oggettivo del genocidio, essendo state perpetrate le condotte di uccisione di membri di un gruppo protetto e inflizione di gravi lesioni fisiche o psichiche a membri del medesimo; ma ha negato che sussistesse l’elemento soggettivo, ovvero l’intenzione di distruggere in tutto o in parte il gruppo in questione (parr. 401, 440, 499, 515).

Basandosi sulla giurisprudenza del Tribunale per l’ex Iugoslavia, la CIG è giunta alla conclusione che massacri e violenze nei confronti dei croati furono commessi dalle forze serbe e della RFI con l’intenzione non di distruggerli, ma di forzarli ad abbandonare il territorio in modo da creare uno Stato unico comprendente la Serbia e le aree abitate da serbi in Croazia e Bosnia Erzegovina. In sostanza, l’obiettivo era la pulizia etnica, non il genocidio (parr. 424427). Anche rispetto al presunto genocidio perpetrato dalla Croazia nei confronti dei serbi, la Corte ha negato che i massacri e le violenze da questi subiti fossero sorretti dall’intento genocidiario (parr. 511514).

Adottando lo stesso criterio già utilizzato nella sentenza del 26.2.2007 relativa all’analoga controversia tra Bosnia Erzegovina e Serbia e Montenegro sull’applicazione della Convenzione sul genocidio8, la Corte ha affermato che, in assenza di un chiaro piano statale, l’intento genocidiario può essere dedotto dall’insieme dei comportamenti degli autori individuali delle condotte indicate nella Convenzione solo quando questa sia l’unica deduzione che possa ragionevolmente trarsi dall’analisi di tali comportamenti (parr. 145148).

Inoltre, la CIG ha fatto riferimento al numero delle vittime, sottolineando che questo deve essere comparato alle dimensioni della parte del gruppo protetto presa di mira. Essa ha ritenuto che sia nel caso del presunto genocidio imputabile alla Serbia che in quello del presunto genocidio di cui era accusata la Croazia il numero delle vittime era troppo basso per poterne desumere l’intenzione di distruggere una parte del gruppo protetto (parr. 437, 512).

I profili problematici

Desta perplessità nella sentenza in esame l’impiego del criterio dell’“unica deduzione possibile” ai fini dell’accertamento del dolus specialis richiesto per la determinazione della responsabilità statale per genocidio. Come rilevato dal giudice Gaja nella sua opinione separata, tale criterio, già adottato nella sentenza del 2007 sopra citata, è sostanzialmente identico a quello della “prova oltre ogni ragionevole dubbio”, utilizzato dal Tribunale per l’ex Iugoslavia e dal Tribunale per il Ruanda per l’accertamento della responsabilità penale individuale per il crimine di genocidio (par. 4). La sua applicazione rende tuttavia inspiegabilmente più difficile accertare la responsabilità di uno Stato per la violazione del divieto di genocidio rispetto alla violazione di altri obblighi internazionali, non sembrando tale difficoltà giustificata dall’eccezionale gravità dell’accusa mossa allo Stato, come pure indicato dalla Corte nella sentenza del 2007 (parr. 209210). Essa, inoltre, sembra contraddire l’affermazione contenuta nella sentenza in commento, secondo cui la responsabilità statale e la responsabilità penale individuale sono governate da regole differenti (par. 129).

1 V. CIG, com. stampa 7.11.2014, n. 2014/32; CIG, com. stampa 18.11.2014, n. 2014/33.

2 CIG, com. stampa 6.2.2015, n. 2015/5.

3 Le dichiarazioni sono reperibili sul sito della Corte (www.icjcij.org).

4 CIG, obiezioni preliminari 24.9.2015, Bolivia c. Cile.

5 CIG, ord. 11.6.2015, Timor-Leste c. Australia.

6 CIG, ord. 1.7.2015, Repubblica Democratica del Congo c. Uganda.

7 CIG, merito 3.2.2015, Croazia c. Serbia.

8 CIG, merito 26.2.2007, Bosnia Erzegovina c. Serbia e Montenegro.

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