CORRADO III imperatore

Enciclopedia Italiana (1931)

CORRADO III imperatore

Vito Antonio Vitale

Nato nel 1093 da Federico di Svevia, contrastò come duca di Franconia per molti anni la corona germanica a Lotario II, di cui avversava la politica verso il papato; il 18 dicembre 1127 fu eletto re dei Romani dagli avversarî di Lotario; il 29 giugno 1128 fu incoronato a Milano re d'Italia. Nel 1135 tuttavia si sottomise a Lotario; ma, morto quest'ultimo, dopo un anno d'interregno, una dieta raccolta a Coblenza, alla quale però non parteciparono i Bavaresi né i Sassoni, lo elevò al trono il 7 marzo 1138. Ebbe a sostenere con Enrico di Baviera, aspirante alla successione, e coi parenti di lui, lunghe lotte che misero a nudo la debolezza della sua autorità. Né valsero molto a rialzarla alcuni successi esterni, come il ristabilimento sul trono di Boemia, con obbligo di riconoscere la sovranità della Germania, di Vladislao duca di Boemia; o un'effimera vittoria dovuta all'intromissione nelle guerre civili di Polonia. Soprattutto lo indeboliva la necessità di legarsi, per combattere i duchi avversarî, ai grandi feudatarî ecclesiastici, riprendendo per necessità la politica che aveva combattuta in Lotario. D'altra parte il nuovo atteggiamento del papa Innocenzo II, che gi era riavvicinato a Ruggiero II re di Sicilia, legando il papa ai più fieri nemici che l'Impero avesse in Italia, costituiva una nuova ragione di debolezza e di pericolo, donde il desiderio di C. di scendere in Italia a prendere la corona imperiale e a sottrarre il pontefice a quella che gli pareva una prepotente imposizione dei Normanni.

In queste condizioni, mentre la Germania era immersa in disastrose lotte civili ed Enrico il Leone, figlio di Enrico di Baviera, e Guelfo VI fratello di questo provocavano nuove insurrezioni, C. si lasciò persuadere dall'eloquenza infiammata di Bernardo di Chiaravalle a prender parte alla seconda crociata. La spedizione fu decisa nelle diete di Spira (1146) e di Ratisbona (1147). C. si mosse con settantamila cavalieri e moltissimi fanti, poiché tutta la Germania era stata presa dall'entusiasmo per la crociata, precedendo di poco Luigi VII di Francia; ma l'esercito, costituito in gran parte da avventurieri indisciplinati e rapaci, dopo aver compiuto violenze a Costantinopoli, passato in Asia fu messo in fuga presso Dorilea.

Dopo molte traversie C., con pochi dei suoi, tra cui il duca Federico di Svevia e lo zio di lui il vescovo Ottone di Frisinga, giunse in Siria, dove, unitosi con gli avanzi dell'esercito francese, anch'esso frattanto battuto dai Turchi Selgiuchidi, fu indotto da Baldovino III a impadronirsi di Damasco. L'assalto, tentato il 28 luglio 1148, fallì e C., sfiduciato e irritato specialmente contro il re di Gerusalemme, dal quale si riteneva tradito, partì nel settembre. Passò da Costantinopoli, dove strinse con Emanuele Comneno, suo cognato, un accordo contro i Normanni di Sicilia, e tornò in Germania.

L'esito infelice della spedizione ebbe l'effetto d'indebolire ulteriormente l'autorità del re, tanto più che vi si aggiunse la fine ingloriosa della crociata, contemporaneamente combattuta dai principi della Germania orientale, aiutati dai Danesi, contro gli Slavi.

C., accusato di avere anteposto gl'interessi della Chiesa a quelli del proprio paese, non ebbe più un momento di pace. Guelfo VI, che reduce dalla crociata era passato dalla Sicilia accordandosi con Ruggero Normanno al quale importava che il re non compisse la spedizione italica lungamente vagheggiata, si sollevò ancora, ma l'intromissione di Federico di Svevia portò a un accordo, sebbene poco sincero; e poiché Enrico il Leone si preparava a rivendicare il possesso paterno della Baviera, C. tentò invano di prevenirlo. E mortogli immaturamente il figlio Enrico già designato erede, sentendosi prossimo alla fine, rinunciò espressamente alla corona per il figlio minore Federico di Svevia. Spentosi il 25 febbraio 1152 a Bamberga, fu sepolto in quella cattedrale accanto ad Enrico II.

Bibl.: W. Bernardi, Konrad III, Lipsia 1883; K. Hampe, Deutsche Kaisergeschichte im Zeitalter der Salier und Staufen, 2ª ed., Lipsia 1912.

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