Consorzio

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Diritto

C. tra imprenditori

Il c. è un’organizzazione unitaria e comune, realizzata da più imprenditori, per disciplinare o svolgere una specifica fase delle rispettive imprese. Il contratto di c., da cui trae origine l’organizzazione consortile, può essere stipulato solo fra imprenditori, salvo che la legislazione speciale non consenta la partecipazione di altri soggetti, quali enti pubblici o di ricerca.

Il c. ha la funzione prevalente di agevolare la cooperazione interaziendale, per esempio, creando un centro comune di approvvigionamento. Tuttavia, il c. può avere l’effetto indiretto di limitare della concorrenza tra gli imprenditori consorziati; in tal caso, il contratto di c. può dar luogo a un’intesa restrittiva della concorrenza, sottoposta al controllo antitrust.

Il contratto di c. deve essere redatto in forma scritta a pena di nullità e, se non è stabilito diversamente nell’atto costitutivo, il contratto si intende valido per 10 anni. Si può aderire a un c. anche in un momento successivo alla sua costituzione, nel rispetto delle condizioni e delle regole previste nell’atto costitutivo.

In genere, gli organi del c. sono due: l’assemblea, composta da tutti i consorziati, e l’organo direttivo. All’assemblea sono rimesse le decisioni sull’attuazione dell’oggetto del c., assunte, salvo diversa disposizione dell’atto costitutivo, con il voto favorevole della maggioranza dei consorziati; per le modificazioni del contratto di c. occorre, invece, il consenso di tutti i consorziati. All’organo direttivo competono, invece, le funzioni esecutive e di gestione, che le parti possono autonomamente articolare nel rispetto dei limiti imposti dalla legge.

Classificazioni. - Dal punto di vista civilistico, si distinguono c. con sola attività interna e c. con attività anche esterna. I primi hanno una finzione puramente interna, limitandosi a coordinare l’azione dei consorziati; i secondi, invece, entrano anche in rapporti con i terzi. Per questo, il codice civile pone particolare attenzione ai c. con attività esterna, prevedendo per questi l’obbligo di depositare per l’iscrizione nel registro delle imprese un estratto del contratto di c. entro 30 giorni dalla sua stipulazione.

Questi c. debbono dotarsi di un fondo consortile, costituito dai contributi iniziali e successivi dei consorziati e dai beni acquistati con tali contributi. Il fondo rappresenta il patrimonio autonomo del c. e funge da garanzia per tutti i suoi creditori, mentre non può essere aggredito dai creditori particolari dei consorziati. Pertanto, alle obbligazioni assunte dai rappresentanti del c. in nome del c. medesimo fa fronte esclusivamente il fondo; per quelle assunte dagli organi del c. per conto dei singoli consorziati, invece, vige una responsabilità solidale tra il c. e i consorziati interessati.

C. tra enti pubblici

Organizzazioni permanenti costituite per la realizzazione di opere e la gestione di servizi di interesse comune ai consociati, che possono essere dotate di personalità giuridica e di una struttura associativa.

La dottrina più recente definisce prevalentemente i c. come forme associative, dotate di personalità giuridica. I c. sono creati per assolvere a compiti propri di tutti i soggetti partecipanti, e pertanto, si pongono come una struttura strumentale all’espletamento dei medesimi compiti. Tra i consorziati esiste un vincolo associativo che può derivare da un contratto (c. volontari) o da un provvedimento di natura autoritativa (c. obbligatori).

Tra le varie forme associative degli enti pubblici (c. interuniversitari ecc.) hanno acquisito una notevole rilevanza i c. tra enti locali, costituiti per la gestione associata di uno o più servizi e disciplinati dalla l. 142/1992 e dal d. legisl. 267/2000. Il c. tra enti locali si presenta come un ente polifunzionale, la cui configurazione varia in relazione all’attività svolta. La sua diffusione risponde all’esigenza di correggere gli eccessi del municipalismo e di ridurre i rilevanti squilibri tra i comuni italiani, in favore soprattutto dei comuni più sfavoriti sul piano delle risorse umane e materiali. Il d. legisl. 267/2000 (art. 31) ha previsto, pertanto, che possa addivenirsi alla costituzione dei c. tra enti locali con l’approvazione, a maggioranza assoluta dei componenti dei rispettivi consigli, di una convenzione e di uno statuto ( c. volontari). La convenzione disciplina le nomine e le competenze degli organi consortili, mentre lo statuto determina l’organizzazione e le funzioni del consorzio. L’assemblea è composta dai rappresentanti degli enti associati, e in particolare dal sindaco, dal presidente o da un loro delegato, ciascuno con responsabilità pari alla quota di partecipazione fissata dalla convenzione e dallo statuto. L’assemblea elegge il consiglio di amministrazione e ne approva gli atti fondamentali previsti dallo statuto. In via generale il legislatore ha affidato agli enti locali la valutazione sull’opportunità di riunirsi in un consorzio. Tuttavia, in alcuni casi, individuati nella presenza di un rilevante interesse pubblico, lo Stato può disporre la costituzione di c. obbligatori per l’esercizio di determinate funzioni e servizi. L’attuazione della legge costitutiva del c. obbligatorio è demandata alle leggi regionali. Il d. legisl. 267/2000 ha peraltro previsto ulteriori forme di associazione per gli enti locali, quali le convenzioni, le unioni di comuni, gli accordi di programma. Le regioni devono quindi predisporre, in accordo con i comuni, programmi per individuare ambiti per la gestione in forma associativa e sovracomunale di funzioni e servizi.

Infine, meritano di essere menzionati i c., composti indifferentemente da soggetti pubblici o privati, che si costituiscono mediante l’associazione dei proprietari fondiari, interessati ad opere o servizi comuni ai rispettivi fondi. In particolare: i c. per la realizzazione delle diverse categorie di opere idrauliche (R.D. 25 luglio 1904, n. 523); i c. costituiti dagli utenti delle strade vicinali, anche se non soggette a pubblico transito, per la manutenzione e la ricostruzione delle stesse (d.l. 1 settembre 1918, n. 1446, art. 14 l. 12 febbraio 1958, n. 126); i c. di bonifica, realizzati tra proprietari degli immobili che traggono beneficio dalla bonifica, e provvedono all’esecuzione, manutenzione ed esercizio delle opere connesse a tale attività (artt. 54 e ss. del R.D. 13 settembre 1933 n. 215; d.P.R. 23 giugno 1962, n. 947; art. 73 d.P.R. 24 luglio 1977, n. 616); i c. di miglioramento fondiario, (R.D. 13 febbraio 1933, n. 215); i c. di bonifica montana, che provvedono all’esecuzione, manutenzione ed esercizio delle opere di bonifica dei territori montani (l. 25 luglio 1952, n. 991); i c. di prevenzione del degradamento dei territori montani, che sorgono dove non esistono c. di bonifica montana (l. 25 luglio 1952, n. 991).

Disciplina tributaria

I c. integrano soggetti indipendenti sotto il profilo del diritto comune e tributario, costituendo centri autonomi di imputazione di interessi e rapporti giuridici, giacché questi ultimi fanno capo esclusivamente all’organizzazione collettiva, e non ai singoli consorziati. La soggettività tributaria dei c. conferma l’esistenza di un soggetto dotato di capacità giuridica tributaria: ai fini del prelievo fiscale, infatti, i c. rispondono con un patrimonio distinto da quello delle persone fisiche o giuridiche consorziate, in quanto, esprimendo una propria forza economica, sono in grado di realizzare, in modo unitario e autonomo, il presupposto d’imposta.

Dal punto di vista strutturale, però, il regime fiscale dei c. tra imprenditori risulta differentemente regolato, nonostante l’unicità tipologica del contratto di c., ex art. 2602 c.c: a tale proposito si distinguono i c. di mera disciplina non svolgenti attività fiscalmente commerciali, i c. interni svolgenti attività fiscalmente commerciale, i c. esterni (necessariamente commerciali) e le società consortili (anch’esse aventi, chiaramente, natura commerciale). I c. interni fiscalmente non commerciali sono, a norma del Testo Unico delle Imposte sui Redditi (TUIR, art. 73, co. 1, lett. c), soggetti passivi ai fini dell’Imposta sul Reddito delle Società (IRES) per i redditi prodotti nel periodo d’imposta di riferimento; la base imponibile è costituita dalla sommatoria dei redditi fondiari, di capitale, d’impresa e diversi, esclusi i redditi esenti e quelli assoggettati a ritenuta alla fonte a titolo d’imposta o a imposizione sostituiva (TUIR, art. 143). Ai fini IVA, le operazioni poste in essere da un c. avente natura interna non svolgente attività commerciale non sono imponibili (d.p.r. 633/1972, art. 4, co. 5). Tali c. sono invece soggetti a IRAP, e la base imponibile si calcola in base alle retribuzioni dovute al personale impiegato dal c., attraverso rapporti di lavoro sia subordinato che autonomo. La disciplina IRAP dei c. non commerciali si arricchisce peraltro laddove il c. eserciti, in via non prevalente, un’attività commerciale. La natura imprenditoriale e la sussistenza di attività prettamente commerciale consentono, invece, di esaminare congiuntamente, dal punto di vista fiscale, le altre figure civilistiche riferibili al consorzio. La soggettività passiva IRES è riconosciuta (art. 73, co. 1, lett. a) per le società consortili, nonché (co. 1, lett. b) per i c. interni o esterni con prevalente attività commerciale, mentre gli obblighi contabili sono indicati dall’art. 14 del d.p.r. 600/1973. La base imponibile è costituita dal reddito complessivo del c., quantificato secondo le regole generali del reddito d’impresa. Per quanto riguarda l’imposizione indiretta, tali c. integrano pienamente i presupposti per l’applicazione della disciplina IVA (ex art. 1, d.p.r. 633/1972). Per quanto riguarda il regime IRAP dei c. commerciali, non vi sono difformità rispetto alla disciplina ordinaria dell’imposta, per cui la base imponibile è calcolata secondo le regole previste dall’art. 5 del d. legisl. 446/1997. A prescindere dal profilo soggettivo del c., le quote e i contributi (oggetto di attribuzione al c.) subiscono un particolare trattamento impositivo. Le quote dovute dai consorziati (a fronte di prestazioni specifiche del c. a vantaggio dei consorziati stessi) sono assoggettate a IVA e, data la loro qualificazione come ricavi, concorrono alla formazione della base imponibile IRES. Il conferimento dei contributi ha, invece, natura patrimoniale e come tale non risulta tassabile per il consorzio.

C. agrari

Organizzazioni di agricoltori costituite, su base provinciale o interprovinciale, per la fornitura di beni o servizi utili per l’attività imprenditoriale agricola o per la commercializzazione delle loro produzioni. Nati in Italia verso la metà del 19° sec., con la funzione di gruppi di acquisto, subirono una progressiva concentrazione su base provinciale in epoca fascista e assunsero compiti pubblicistici legati alla gestione degli ammassi obbligatori dei prodotti. Una loro compiuta disciplina è stata dettata dal d. legisl. 1235/1948 e dalla l. 410/1999, attualmente in vigore. Per quanto riguarda la natura giuridica, si tratta di società cooperative aventi lo scopo di contribuire all’innovazione e al miglioramento della produzione agricola, nonché alla predisposizione e gestione di servizi utili all’agricoltura. La legge, inoltre, consente loro di: a) compiere operazioni di credito agrario di esercizio in natura, ai sensi dell’art. 153 del d. legisl. 385/1993, nonché di anticipazione ai produttori in caso di conferimento di prodotti agricoli all’ammasso volontario; b) partecipare a società i cui scopi interessino l’attività consortile, o promuoverne la costituzione. I c. agrari sono assoggettati alla vigilanza del ministero del Lavoro, ma taluni poteri di controllo, in caso di liquidazione coatta amministrativa, spettano al ministero dello Sviluppo economico. Nell’ipotesi di messa in liquidazione di un c. agrario, ai c. costituiti nella regione, o in una regione limitrofa, spetta uno speciale diritto di prelazione. Per l’esercizio del diritto di prelazione si applicano le procedure e i termini previsti dall’art. 38 della l. 392/1978.

Economia

C. bancario Organismo costituito da più aziende di credito per effettuare in comune determinate operazioni, in particolare per collocare sul mercato titoli azionari e obbligazionari per conto dello Stato o di altri emittenti (in questo caso si parla di c. di collocamento), garantendo l’acquisto in proprio dei titoli non collocati. Può anche concedere finanziamenti di ammontare inaccettabile per una singola banca, frazionando i rischi dell’operazione fra i membri del c. stesso.

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