Concili ecumenici

Enciclopedia dei ragazzi (2005)

concili ecumenici

Antonio Menniti Ippolito

Le assemblee universali della Chiesa

Nella Chiesa antica era l'intera comunità dei fedeli che si riuniva per eleggere i propri pastori e per deliberare su questioni religiose e organizzative. A partire dal 3° secolo fu chiamata a riunirsi la sola gerarchia religiosa, vescovi in primo luogo, che si radunava nei concili provinciali, riguardanti cioè le questioni di singole province ecclesiastiche. Il primo concilio universale della Chiesa cristiana fu convocato a Nicea nel 325

Il concilio di Nicea: papi e imperatori

Il primo concilio ecumenico, ossia "universale", fu quello convocato dall'imperatore Costantino a Nicea, nella Turchia di oggi, nell'anno 325.

Papa Silvestro non vi partecipò di persona. Sotto la guida del solo imperatore, dunque, l'assemblea condannò l'arianesimo e fissò, tra l'altro, il modo di calcolare la data della Pasqua.

Papa Silvestro non andò a Nicea perché era troppo anziano e inadatto al viaggio o forse, ed è più probabile, perché voleva rimanere libero di accettare o meno le decisioni conciliari. Sta di fatto che nessuno gli chiese di farlo. Costantino si considerava il capo della Chiesa e il papa era per lui solo il più autorevole dei vescovi. Gli imperatori continuarono a lungo a convocare concili ecumenici: ciò avvenne per otto ‒ l'ultimo di questi risale all'869-870 ‒ dei ventidue concili complessivamente celebrati.

Il primo concilio ecumenico convocato da un papa si svolse solo nel 1123. Il protagonismo dei pontefici in materia fu però ben presto insidiato dalla dottrina del conciliarismo, che affermava la subordinazione del papa alle decisioni del concilio ecumenico. Nel 15° secolo, nei Concili di Costanza (1414-18) e Basilea (1431), si accese lo scontro tra le due posizioni: quella che considerava il papa come supremo punto di riferimento per la Chiesa e quella che invece reclamava al concilio tale ruolo. La battaglia assunse particolare intensità e vide prevalere il pontefice.

Un concilio per la riforma della Chiesa

Dopo il diffondersi della Riforma protestante fu l'imperatore Carlo V, interessato a riportare la pace in Germania, a chiedere al papa di convocare un concilio che riformasse la Chiesa e riunificasse la cristianità.

Le trattative perché il pontefice si muovesse in tal senso furono lunghe e difficili. La Santa Sede non era infatti disposta a compromessi dottrinali con i protestanti e temeva gli effetti di una riforma interna, che pure avrebbe cancellato abusi e corruzione. Un nuovo concilio avrebbe poi potuto porre ancora in discussione l'autorità del papa e neppure c'era interesse a rafforzare Carlo V, che, per quanto alleato, il papato considerava un concorrente. Solo nel 1545 papa Paolo III si risolse a convocare il concilio, che si riunì a Trento.

La rivalità tra papa e imperatore caratterizzò il concilio che si svolse in tre fasi: 1545-47; 1551-52 e 1562-63. La Chiesa di Roma rifiutò subito ogni ipotesi di accordo con i protestanti e l'assemblea prese ferma posizione in materia di dottrina cattolica (Controriforma). Ribadì la validità dei sacramenti e definì il corpo di Sacre Scritture cui ci si doveva riferire. Meno rigore si ebbe sotto il profilo disciplinare, ma il risultato conciliare più importante fu il ruolo centrale riconosciuto al papa nel governo della Chiesa.

Gli atti del Concilio di Trento furono pubblicati solo dopo più di trecento anni. Durante tutto questo tempo, custoditi nell'archivio del papa, potevano essere consultati esclusivamente dai membri di una speciale congregazione. Ciò a sottolineare la funzione primaria del papa e della Curia nella conduzione della Chiesa.

I concili Vaticano I e Vaticano II

Dopo quello di Trento bisogna aspettare gli anni 1869-70 per vedere un nuovo concilio, il Vaticano I. Qui Pio IX fece imporre il dogma dell'infallibilità papale. L'ultimo dei concili ecumenici è il Vaticano II, 1962-65, voluto da Giovanni XXIII e terminato da Paolo VI. L'assise promosse un radicale rinnovamento della Chiesa, che si doveva adeguare ai tempi mutati.

Il cattolicesimo si apriva al mondo, si proponevano nuovi modelli pastorali: per esempio, in un rito essenziale come la messa si potevano utilizzare le lingue locali e non più il latino e si accettava il confronto con altre Chiese cristiane e confessioni religiose.

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