Colombia

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Stato dell’America Meridionale. Confina a NO con il Panama, a SO con l’Ecuador, a S con il Perù, a SE con il Brasile, a E e NE con il Venezuela; ha in tutto 5240 km di frontiere terrestri e 2900 km di costa (1600 km sul Mar Caribico, a N, e 1300 km sul Pacifico, a O).

Caratteristiche fisiche

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La C. è montuosa a O, per oltre un quarto della sua superficie, e bassa e pianeggiante a E. La regione montuosa corrisponde alla sezione settentrionale del sistema andino e si articola in tre catene subparallele: la Cordigliera Occidentale (alt. max 3900 m), tra le valli dell’Atrato e del San Juan verso l’Oceano Pacifico (dal quale le separano i più modesti rilievi del Chocó) e la valle del Cauca verso l’entroterra; la Cordigliera Centrale, tra le valli del Cauca e del Magdalena, comprendente vulcani di oltre 5000 m, come il Nevado Huila (5365 m) e il Nevado del Ruiz, responsabile, quest’ultimo, di una disastrosa eruzione nel novembre 1985; infine, la Cordigliera Orientale, che raggiunge quasi i 5500 m nella Sierra Nevada del Cocuy e include vasti altopiani sui 2000-3000 m. A N della Cordigliera Orientale si sviluppano ancora la Sierra de Perija (3750 m) e più oltre la Sierra Nevada de Santa Marta, che comporta la massima elevazione del paese (5775 m) e raggiunge il Mar Caribico, nel quale si spinge la penisola di Guajira. La costa è per gran parte bassa e acquitrinosa, rivestita da savane (llanos) nella sezione caribica, da foreste in quella pacifica. Una serie di vastissimi bassopiani (Oriente) occupa oltre la metà della superficie del paese, ma è quasi priva di abitanti: la parte settentrionale rientra nei llanos dell’Orinoco, mentre la sezione meridionale, dove prevalgono le foreste pluviali, ricade nel bacino amazzonico. All’estremità meridionale, una propaggine territoriale (corridoio di Leticia) teoricamente consente alla C. di accedere alla navigazione sul Rio delle Amazzoni. La C. è soggetta a terremoti, anche violenti, come quelli del 1868 (30.000 vittime) e del 1983, e a eruzioni vulcaniche.

Il clima è equatoriale lungo la costa pacifica e nel tratto amazzonico, subequatoriale nei llanos; nella regione andina le condizioni variano secondo l’altitudine: come in altre regioni dell’America Latina, si usa distinguere tierras calientes (sotto i 1000 m, con temperature medie annue anche oltre i 30 °C), tierras templadas (1000-2000 m) e tierras frías (oltre 3000 m), dove si registra un clima con modesta escursione annua e temperature che calano all’aumentare dell’altitudine. Le precipitazioni sono relativamente modeste lungo il Mar Caribico (media 1000 mm) e nelle fasce propriamente montane delle cordigliere; abbondanti nel resto del paese, superano i 7000 mm (massima piovosità dell’America Meridionale) nel Chocó.

Il più imponente dei molti corsi d’acqua che drenano il territorio colombiano è il Magdalena (1480 km di lunghezza, circa 250.000 km2 di bacino): vi converge un gran numero di affluenti, primo fra tutti il Cauca (di circa 100 km più breve), così che la sua portata media alla foce si aggira sui 6000 m3/s; sempre nel Mar Caribico si scarica l’Atrato (560 km), la cui portata (5000 m3/s) deriva non dalla vastità del bacino, ma dall’intensa piovosità del Chocó da cui proviene. La C. orientale scola all’Atlantico tramite vari grandi affluenti dell’Orinoco (come Meta e Guaviare, che superano i 1000 km) e del Rio delle Amazzoni (Caquetá-Japurá, 2200 km; Putumayo, 1850). Più modesti i fiumi del versante pacifico.

La vegetazione della regione costiera caribica e di gran parte dell’entroterra (specie nel bacino dell’Orinoco) è caratteristicamente quella dei llanos; nell’area amazzonica prevale la foresta equatoriale, e così su parte della costa pacifica. La foresta tropicale domina nella zona montuosa andina fino ai 1500 m; tra i 1500 m e i 3300 crescono foreste di tipo subtropicale e temperato; oltre, fino al limite delle nevi permanenti, si sviluppano i pascoli d’alta montagna (páramos).

Popolazione

Caratteristica saliente della popolazione della C., come di altri paesi andini, è la scarsa omogeneità: dal punto di vista etnico, le principali componenti sono costituite da meticci (47%), mulatti (23%), bianchi (20%), neri (6%), mentre gli amerindi sono ridotti all’1%; dal punto di vista distributivo, almeno i 3/4 degli abitanti vivono sulle cordigliere, nelle tierras templadas e nelle tierras frías, e su parte del litorale caribico; per ampie estensioni dei bassopiani orientali, invece, si raggiungono a malapena densità di 1 ab./km2. La popolazione è costantemente in crescita, sia pure a un ritmo che si è dimezzato in meno di 30 anni (1,6% annuo nel periodo 1999-2004, contro il 3% degli anni 1970), e tende a concentrarsi nelle città (75% della popolazione totale). La città di gran lunga più popolosa è la capitale, Bogotá, a 2640 m di quota sul margine di un vasto altopiano, che ormai si avvicina agli 8 milioni di abitanti (2007) nell’agglomerazione urbana. Essa ospita un rilevante comparto industriale, oltre che l’amministrazione pubblica e servizi di buon livello anche nei settori più avanzati, ma che insieme sconta una crescita sregolata e continua, che ha portato alla formazione di vaste aree ‘informali’ (barrios) che la circondano. Seguono, per abitanti, Medellín, sul versante ovest della Cordigliera Centrale (circa 3,3 milioni), rilevante città industriale e terziaria; Cali, nell’alta valle del Cauca (2,5 milioni), altro centro industriale di grande importanza; Barranquilla, alla foce del Magdalena (1,7), principale porto, soprattutto per le esportazioni di petrolio, del paese. Una delle ragioni della crescita della popolazione urbana, oltre quelle che tipicamente agiscono in tutti i paesi in via di modernizzazione, sta nelle condizioni di scarsa sicurezza di ampie regioni della C., teatro di scontri armati tra esercito e forze di polizia, gruppi paramilitari semiclandestini, organizzazioni rivoluzionarie guerrigliere, narcotrafficanti. La posta in gioco è sempre più chiaramente il controllo materiale del territorio: dai terreni agricoli (per la produzione di marijuana, papavero da oppio e coca o di colture da esportazione legali) alle prospezioni minerarie, dallo sfruttamento forestale alla predisposizione di infrastrutture, anche in vista della possibile realizzazione di un canale interoceanico (o di un’infrastruttura intermodale di passaggio dall’Atlantico al Pacifico) alternativo a quello di Panama, che dovrebbe sfruttare i corsi dell’Atrato (sul versante atlantico) e del Truandó (sul versante pacifico). A fare le spese della situazione è in primo luogo la popolazione civile rurale, la cui presenza limita la libertà di manovra degli attori in gioco, e che quindi viene intimidita o espulsa con la forza: secondo stime di agenzie internazionali, sarebbero addirittura 3 milioni i profughi interni (desplazados), prevalentemente rifugiatisi nelle città. Gli squilibri sociali si sommano a quelli demografici e vanno attenuandosi solo molto lentamente, come mostra il contrasto fra indicatori quali il discreto tasso di alfabetizzazione della popolazione adulta (94%) e la speranza di vita, intorno ai 72 anni, o la mortalità infantile, in calo ma ancora attestata sul 20‰.

Lingua ufficiale è lo spagnolo, ma sono diffusi idiomi chibcha e amazzonici. Per il 92% la popolazione è di fede cattolica; ma, soprattutto fra gli amerindi, sopravvivono culti tradizionali.

Condizioni economiche

Secondo un’espressione spesso usata da analisti colombiani e internazionali, il problema economico della C. non è la povertà, ma la ricchezza (potenziale). Uscito lentamente da un meccanismo produttivo di stampo coloniale, quando l’economia era quasi interamente fondata sull’esportazione del caffè, il paese sta mettendo a frutto un’ampia serie di risorse e migliorano, almeno in certe regioni, l’infrastruttura materiale e i servizi. Il recente processo di modernizzazione ha spinto la crescita della ricchezza a ritmi, in alcuni periodi, straordinari, con tassi ben superiori al 10% annuo; dall’inizio del 21° sec. la situazione appare un po’ meno dinamica, ma la tendenza all’aumento è sempre ben evidente (intorno al 5% annuo). L’interscambio commerciale è da anni praticamente in pareggio, dopo una lunga, quasi tradizionale dipendenza dalle importazioni. Lo sviluppo economico, tuttavia, non procede affatto in maniera equilibrata: non da un punto di vista geografico, per cui è quasi impossibile un confronto fra le condizioni di vita nelle aree urbane, spesso ben organizzate, relativamente ricche e simili a quelle dei paesi occidentali più avanzati, e nelle regioni rurali, in specie quelle meridionali e orientali; né da un punto di vista sociale, dato che alle varie spinte alla ristrutturazione economica e finanziaria hanno finora sempre fatto da corollario un’agguerrita resistenza e il rapido adeguamento dei ceti tradizionalmente privilegiati (in primo luogo i grandi proprietari terrieri e le società a capitale internazionale che controllano la produzione di materie prime e i servizi).

Per condizioni ambientali e dotazione di risorse, la C. presenta innegabili potenzialità: il settore primario può contare su produzioni di caffè (4° produttore mondiale), cacao, canna da zucchero, olio di palma (5° produttore), cotone, frutta, cui si aggiungono le colture destinate al consumo interno (riso, tuberi, mais). Notevoli sono anche l’estrazione di legname e l’allevamento bovino. Un discorso a parte richiedono le colture illegali destinate al mercato internazionale degli stupefacenti; queste sono teoricamente rilevantissime nell’insieme dell’economia colombiana. Se è vero che gli introiti del commercio di stupefacenti ammontano a circa due terzi (circa 50 miliardi di dollari) del PIL legale, gli effetti propulsivi, e insieme distorsivi, dell’eventuale reinvestimento di questa massa di capitali sarebbero straordinari. Ma risulta che la quasi totalità di questi proventi sia riciclata e collocata all’estero, mentre in C. rimarrebbe circa un decimo del totale, investito in forme sostanzialmente improduttive (immobili e strumenti finanziari); la raffinazione e la commercializzazione degli stupefacenti viene gestita dalle organizzazioni di trafficanti, in forme relativamente accentrate, sofisticate e con scarso coinvolgimento di manodopera; mentre la produzione, garantita da un gran numero di piccolissimi coltivatori, frutta introiti molto modesti, benché spesso vitali per i contadini. Anche l’economia illegale, in sostanza, attua una scarsissima redistribuzione. L’incidenza complessiva dei prodotti del settore primario legale, sull’insieme della produzione nazionale e delle esportazioni, è andata calando rapidamente negli ultimi decenni: il caffè da tempo non è più la voce portante delle esportazioni, superato non solo dal petrolio greggio, ma anche dal carbone e dai prodotti chimici derivati dalle rispettive lavorazioni, e quasi pareggiato dai prodotti dell’industria siderurgica e di quella tessile. In un paese, tuttavia, in cui il 21% degli attivi ancora vive di agricoltura, le condizioni del settore primario non sono un argomento solo economico, ma pure sociale: da questo punto di vista, va segnalato il sostanziale fallimento dei tentativi di riforma fondiaria, tanto che il 4% dei proprietari possiede oltre i 2/3 delle terre coltivate e il processo di concentrazione sembra non arrestarsi; la perdurante onnipotenza dei latifondisti e del grande capitale internazionale continua a schiacciare i piccolissimi proprietari e i braccianti in condizioni di vita troppo spesso molto lontane da un livello accettabile. Gli investimenti pubblici in settori come l’istruzione e la sanità non possono essere rapidamente risolutivi, mentre gli elementi di sperequazione aumentano e la redistribuzione della ricchezza non si estende al di là dei ceti urbani meglio integrati; di fatto, oltre metà della popolazione ha redditi al di sotto della soglia di povertà.

A maggior ragione, questi problemi risaltano nel settore delle materie prime minerarie, dove è indispensabile una buona dotazione di capitali (forniti dall’estero e in misura crescente) e di capacità gestionali; anche in questo caso, i proventi tendono a concentrarsi e le ricadute sulla popolazione rimangono modeste. Ha fatto e fa eccezione, in qualche misura, la produzione di petrolio (26,5 milioni di t nel 2006), controllata dallo Stato, che anni addietro consentì investimenti infrastrutturali e piani di sviluppo ambiziosi, benché troppo vulnerabili all’andamento sia dell’estrazione, che ebbe una fase di riduzione fra gli anni 1970 e 1980, per poi riprendersi, sia del prezzo internazionale del greggio e quindi molto discontinui nel tempo. Il petrolio, estratto soprattutto nella valle del Magdalena e nell’Oriente, è in gran parte destinato alla esportazione dopo raffinazione (sulla costa, come a Cartagena o a Barrancabermeja, grazie a una vasta rete di condotte, ma anche nelle aree di estrazione). Altri prodotti minerari importanti sono carbone (65,6 milioni di t), gas naturale, ferro, nichel, oro, platino, smeraldi (1° produttore). Il carbone e il ferro, insieme con l’imponente sviluppo della produzione idroelettrica (quasi l’80% dell’energia elettrica prodotta), hanno sostenuto alcune specializzazioni industriali: quella siderurgica, in primo luogo, e poi quella chimica, mentre anche le tradizionali produzioni tessili (basate su cotone e lana) hanno preso notevole sviluppo e così la metalmeccanica, la produzione di beni di consumo e il comparto dell’edilizia. Il settore secondario assorbe meno manodopera di quello primario (meno del 20%), ma garantisce oltre il 30% del PIL.

Cruciale è la disponibilità di capitali, e per attirare gli investimenti esteri è stata varata la creazione di zone franche in corrispondenza dei principali centri industriali, mentre una particolare attenzione è stata data, sia dallo Stato sia dagli investitori privati, tanto all’infrastrutturazione del paese, quanto all’espansione del sistema creditizio e finanziario, particolarmente vivace nei primi anni del 21° secolo. La rete stradale (circa 110.000 km, per meno di un quarto asfaltati) e i collegamenti aerei (aeroporti principali a Bogotá, Medellín, Cali, Barranquilla e Cartagena) hanno registrato un certo sviluppo, e così la tradizionale navigazione fluviale, essenziale soprattutto nelle regioni orientali. Poco rilevanti sono invece i traffici marittimi, cui darebbe impulso la ventilata realizzazione di un collegamento interoceanico. Gli Stati Uniti assorbono oltre 1/3 dell’intero movimento commerciale, ma stanno crescendo le quote della Cina (per le importazioni) e di vari paesi sudamericani (sia per l’import sia per l’export). Poco rilevante il turismo, disincentivato dalle condizioni di insicurezza del paese.

Storia

In età precolombiana la C., a esclusione dei bassopiani orientale e atlantico, era abitata da gruppi della famiglia linguistica chibcha, in possesso di culture di livello piuttosto alto. La costa settentrionale della C. fu scoperta prima dalla spedizione di A. Vespucci e A. de Hojeda (1499), poi da R. de Bastidas (1502). Hojeda nel 1508 e D. de Nicuesa nel 1509 tentavano invano di colonizzare la costa; ma solo nel 1536-38 G. Jiménez de Quesada giunse all’altopiano di Cundinamarca, dove nel 1538 fondò Santa Fe de Bogotá, sconfiggendo i Chibcha e fondando la provincia di Nueva Granada. Le esplorazioni e fondazioni continuarono nei tempi coloniali, mentre la regione costituiva una audiencia dipendente dal vicereame del Perù, fino alla costituzione (1739) del vicereame di Nueva Granada, con giurisdizione all’incirca sulle attuali Colombia, Panama, Venezuela, Ecuador. La lotta contro la dominazione spagnola sfociò nella proclamazione dell’indipendenza di tale territorio (1819) con il nome di República de la Gran C., la cui costituzione fu promulgata nel 1821 e della quale fu eletto presidente S. Bolívar. I contrasti insorti tra le diverse regioni che facevano parte della Gran C. portarono però ben presto al suo frazionamento: morto Bolívar nel 1830, nel 1831 fu sancita la separazione fra il Venezuela, l’Ecuador e la C. (comprendente allora anche Panama), che assunse il nome di República de la Nueva Granada.

Anche il nuovo Stato colombiano continuò a essere caratterizzato dai conflitti interni: contrasti fra liberali e conservatori, che degeneravano spesso in vere e proprie guerre civili. L’egemonia dei liberali tra il 1850 e il 1880 fu accompagnata da una serie di riforme (come l’abolizione della schiavitù nel 1850) da una riduzione dei privilegi della Chiesa cattolica e da una netta prevalenza delle tendenze federaliste. Il ritorno al potere dei conservatori nel 1880 fu seguito da una decisa svolta in senso centralizzatore; le violenze e i conflitti fra conservatori e liberali proseguirono anche negli anni successivi, culminando nella grande guerra civile del 1899-1902 (circa 100.000 morti), la più cruenta dall’indipendenza del paese. Nel 1903 la secessione dalla C. della provincia di Panama, appoggiata dagli USA, provocò un grave deterioramento dei rapporti fra Washington e Bogotá. L’egemonia conservatrice si protrasse fino al 1930, mentre il paese era interessato da fenomeni di modernizzazione, di prima industrializzazione e di relativo sviluppo economico. I liberali, di nuovo al potere dal 1930, avviarono una politica di riforme, ma le resistenze opposte dall’ala destra del partito provocarono contrasti e divisioni al loro interno, fino alla sconfitta elettorale del 1946 che consentì l’ascesa alla presidenza della Repubblica del conservatore M. Ospina Pérez. La crescita delle tensioni sociali favoriva una ripresa del conflitto tra i due partiti aggravatosi anche a causa della politica repressiva condotta da Ospina Pérez.

Nel 1948 l’uccisione del leader liberale progressista J. Eliecer Gaitán provocò una rivolta popolare (bogotazo), sanguinosamente repressa, seguita da una nuova fase di acuta violenza politica (la Violencia), durata circa un decennio (oltre 200.0000 morti). Nel conflitto fra liberali e conservatori si innestavano fattori diversi, come la protesta contro l’oligarchia dominante e un’insurrezione contadina nelle campagne cui i latifondisti rispondevano con l’impiego di milizie private, che contribuivano ad accrescerne la dimensione di massa e l’impatto sociale, mentre i successivi governi dittatoriali del conservatore L. Gómez Castro (1949) e del gen. G. Rojas Pinilla (salito al potere con un colpo di Stato nel 1953) alimentavano con il loro carattere dispotico il malcontento popolare. Dopo l’estromissione di Rojas Pinilla da parte di una giunta militare (1957) liberali e conservatori giunsero a un accordo che restò in vigore dal 1958 al 1974, per la durata di quattro mandati presidenziali, nei quali ai liberali A. Lleras Camargo (1958-62) e C. Lleras Restrepo (1966-70) si alternarono i conservatori G. León Valencia (1962-66) e M. Pastrana Borrero (1970-74). L’accordo consentì una graduale normalizzazione dei rapporti fra liberali e conservatori, ma non fu in grado di allargare in modo significativo le basi sociali del sistema politico colombiano. Di qui lo sviluppo negli anni 1960 di movimenti di guerriglia come le FARC (Fuerzas Armadas Revolucionarias de Colombia), vicine al partito comunista, ai quali si aggiunse, negli anni 1970, l’M-19 (Movimiento 19 de Abril). Dopo la scadenza dell’accordo (1974) e il ritorno a normali elezioni legislative e presidenziali, la compartecipazione di liberali e conservatori agli incarichi ministeriali fu mantenuta; alla presidenza della Repubblica si successero i liberali A. López Michelsen (1974-78) e J.C. Turbay Ayala (1978-82).

La crisi economica degli anni 1980 favorì un aumento della violenza sociale e politica, anche in relazione allo sviluppo dell’industria illegale della cocaina (raffinazione e commercio), la cui importanza tendeva a crescere nell’economia colombiana, colpita dalla discesa dei corsi internazionali del caffè e dall’aumento della disoccupazione; numerose vittime furono provocate, soprattutto dopo il 1985, dal conflitto tra le forze di sicurezza e le organizzazioni dei narcotrafficanti. Il programma di pacificazione con la guerriglia, avviato dal presidente B. Betancur Cuartas (1982-86), conservatore, restò a lungo paralizzato. Solo nel 1989 il presidente liberale V. Barco Vargas riuscì a ristabilire il dialogo con le principali organizzazioni guerrigliere e nel marzo 1990 l’M-19 pose termine alla lotta armata, seguito nel 1991 da tre gruppi minori. La vittoria dei liberali nelle elezioni del 1990 portò alla presidenza della Repubblica C. Gaviría Trujillo, che costituì un governo di unità nazionale (con la partecipazione dello stesso M-19) e proseguì i negoziati di pace con le formazioni guerrigliere ancora attive (in primo luogo le FARC), ma nel biennio 1992-93 si assistette a una ripresa dell’attività terroristica. La linea dura adottata dal governo fu premiata dall’elettorato nel 1994: nelle legislative furono confermati i liberali, il cui candidato E. Samper Pizano fu eletto alla presidenza della Repubblica. Il suo mandato fu tuttavia turbato dall’accusa di essersi finanziato la campagna elettorale con contributi da parte dei narcotrafficanti e dalla massiccia attività dei guerriglieri di sinistra. Nel 1998 divenne presidente il conservatore A. Pastrana Arango, che diede segnali di disponibilità alle FARC, senza però ottenere l’abbandono delle violente dimostrazioni di forza militare (attentati, massacri, rapimenti). Nella lotta ai narcotrafficanti la C. riceveva intanto un sostanzioso aiuto in dollari da parte degli Stati Uniti.

Le elezioni presidenziali della primavera 2002, svolte in un clima di violenza diffusa e precedute dall’uccisione dell’arcivescovo di Cali (che aveva denunciato il finanziamento delle campagne elettorali da parte dei trafficanti di droga), furono vinte da Álvaro Uribe Vélez, candidato indipendente, presentatosi con un programma di lotta senza quartiere a tutte le forze che destabilizzavano la nazione: i cartelli del narcotraffico, la guerriglia rivoluzionaria, le formazioni paramilitari di destra. Dopo due anni di scontri, il permanere di un quadro caotico convinse Uribe della necessità di tornare al tavolo delle trattative, alternando la minaccia della forza e le proposte di intesa. Questa nuova linea più moderata produsse un accordo fra il governo e i paramilitari di destra, a cui fu promessa l’impunità se avessero deposto le armi. Uribe si impose anche nelle consultazioni del 2006, ma ormai intere zone del paese sfuggivano al controllo del governo centrale, in un quadro complesso di corruzione e violenze diffuse contro la popolazione, legami tra esponenti politici, forze dell’ordine e gruppi paramilitari, radicamento di una guerriglia che si finanziava con il narcotraffico. Alle elezioni del 2010 è stato eletto presidente l'ex ministro della Difesa J. M. Santos Calderón, il quale alle consultazioni legislative tenutesi nel marzo 2014 ha conservato la maggioranza relativa in Parlamento ottenendo 45 dei 102 seggi del Senato, mentre al primo turno delle presidenziali svoltosi nel maggio successivo ha ricevuto il 25,6% dei consensi contro il 29,2% dell'avversario Ó.I. Zuluaga del Centro Democrático, che ha sconfitto al ballottaggio tenutosi nel mese successivo, ricevendo  il 45% dei consensi ed essendo riconfermato nella carica presidenziale. Sostenitore della necessità di concludere il già avviato processo di pace con le FARC, a Cuba nel giugno 2016 il presidente Santos è stato il firmatario, insieme al comandante dell’organizzazione guerrigliera R. Londono, di uno storico accordo per il cessate il fuoco bilaterale e il disarmo dei ribelli, mettendo fine a un conflitto che ha visto governo e combattenti contrapposti dal 1964. L'accordo definitivo, ufficializzato nell'agosto 2016 e firmato il mese successivo, è stato sottoposto all'approvazione del Paese attraverso un referendum nazionale tenutosi il 2 ottobre, al quale l'intesa è però stata respinta con il 51,3% dei voti contrari; a novembre il governo del Paese e le FARC hanno concluso a Cuba un nuovo accordo di pace, firmato pochi giorni dopo a Bogotà, contenente alcune delle modifiche richieste dal fronte che ha bocciato la prima intesa, e nel settembre dell'anno successivo la formazione si è ufficialmente costituita come partito politico sotto il nome di Fuerza alternativa revolucionaria del común mantenendo il precedente acronimo. Alle consultazioni legislative svoltesi nel marzo 2018 si è registrata una netta affermazione delle destre, con il Centro democrático che si è imposto come la principale forza politica (17%), seguito dal Partido liberal (13%) e dal Partido social de unidad nacional del presidente Santos (12%) mentre le FARC hanno riportato solo il 0,4% dei voti. Nel maggio 2018 si è svolto il primo turno delle elezioni presidenziali, vinto dal conservatore I. Duque, che ha ottenuto il 39,1% dei consensi contro il 25% riportato dal candidato della sinistra G. Petro, affermandosi anche al ballottaggio con il 54% dei suffragi e subentrando al presidente uscente Santos. In un Paese agitato da forti tensioni sociali sfociate in manifestazioni di piazza contro le forze al potere, la sinistra ha ottenut0 una netta affermazione alle consultazioni legislative del marzo 2022, alle quali il leader della sinistra Petro si è aggiudicato con lo schieramento Pacto histórico 17 senatori e 25 deputati, mentre le formazioni di centro hanno registrato un accentuato decremento dei consensi; candidatosi alle presidenziali tenutesi nel mese di maggio, l'uomo politico ha ottenuto oltre il 40% delle preferenze, contro il 28% circa dei consensi andato al candidato indipendente R. Hernández, che ha sconfitto al ballottaggio con oltre il 50% dei consensi, primo leader della sinistra a ricoprire la carica di presidente del Paese subentrando al presidente uscente Duque.

Letteratura

In C., come in altri paesi dell’America Latina, la storia letteraria si apre con le cronache della conquista e le descrizioni della vita nella nuova colonia. Massimo esempio ne è El carnero (1636) di J. Rodríguez Freile, narrazione a metà strada tra il documento storico e il romanzo picaresco. Tra il 18° e il 19° sec., la lotta per l’indipendenza spinge la produzione letteraria verso scritti destinati a sostenere le nuove tendenze politiche e spirituali della nazione, quali le opere di A. Nariño, C.A. Torres e F.A. Zea. La trattazione di temi patriottici è spesso accompagnata dalla descrizione della vita e del paesaggio americani, nonché dall’assimilazione dei moduli romantici.

Nel 19° sec. l’opera di poeti come J.E. Caro, G. Gutiérrez González e R. Pombo, pur senza oltrepassare i limiti di un descrittivismo locale, rispecchia il tentativo di affiancare una resa espressiva innovativa ai temi nuovi e originali forniti dall’esperienza storica e dalla realtà americana. Affine agli ideali romantici è ancora la produzione poetica e narrativa di J. Isaacs, sensibile pittore di una natura idillica, non priva di una profonda vena di malinconia.

Il superamento dell’esperienza romantica si ha con il rinnovamento delle forme poetiche e del linguaggio letterario promosso dal modernismo, di cui fu uno dei massimi esponenti il poeta J.A. Silva. In seguito all’influsso delle avanguardie europee, negli anni 1920 si sviluppano nuove tendenze di ricerca in direzione simbolista e postmodernista, evidenti nelle raccolte Tergiversaciones de Leo Gris di L. de Greiff (1925) e El árbol que canta di E. Castillo (1928), e successivamente nell’opera Piedra y cielo di E. Carranza (1939). Nella narrativa, a partire dalla fine del 19° sec., prevale il romanzo regionalista caratterizzato dalla pittura del mondo popolare, in opere di costume che costituiscono uno dei filoni più fecondi della letteratura colombiana; ne è massimo esponente, capace di superare il didatticismo e il moralismo insiti nel genere, T. Carrasquilla. Nei primi anni del 20° sec. la narrativa continua questo orientamento nell’ambito del colombia costumbrismo (➔), riscontrabile, in parte, anche nell’opera di J.E. Rivera, che, con il suo realismo modernista, diede vita con La vorágine (1924) a uno dei romanzi fondamentali della letteratura ispano-americana.

Nella seconda metà del 20° sec., la poesia continua il suo cammino di ricerca volgendo l’attenzione ai problemi umani o caratterizzandosi per il ricorso a forti cenni di denuncia e ribellione. Nella narrativa, accanto a una corrente che privilegia i toni del romanzo realista, attenta alle problematiche contadine e indigene (M. Zapata Olivella, J. Botero Restrepo), risulta sorprendente l’apparizione di un tipo di romanzo che rompe le strutture tradizionali avvicinandosi agli esperimenti formali, all’uso del linguaggio e al dispiegarsi dell’immaginazione tipici del cosiddetto realismo magico e delle più recenti tendenze della narrativa ispano-americana. In quest’ambito, accanto all’opera di G. García Márquez, premio Nobel nel 1982, si segnala quella di A. Cepeda Zamudio e R. Cárdenas.

Nella situazione di violenza e di caos che caratterizza la storia della C. negli ultimi anni del 20° sec., la poesia si assume ripetutamente il compito di voce vitale di speranza e di ribellione. Sin dagli anni 1970, piccole case editrici e riviste di poesia (Puesto de combate e Golpe de dados, entrambe fondate nel 1973; e poi Ulrika, apparsa nel 1981, e Gradiva, del 1987) hanno assicurato ai poeti la possibilità di farsi conoscere al di fuori dei circuiti universitari di provenienza. Il panorama appare estremamente variegato e più generazioni di poeti convivono una accanto all’altra, integrandosi proficuamente. Mentre raggiungono la piena maturità poeti come E. Restrepo, E. Perry, J.M. Roca, D. Jaramillo, J.G. Cobo Borda, sono ancora attivi i poeti del gruppo sorto negli anni 1960 attorno alla rivista Mito (1955-62), come F. Charry Lara, Á. Mutis e F. Arbeláez, quelli che negli anni 1960-1970 avevano dato vita al movimento d’avanguardia nadaísta (da nada «nulla»), come J. Jaramillo Escobar, e quelli che negli anni 1970 furono definiti la generazione del disincanto, come J.M. Arango e G. Quessep. Rivolta al mondo quotidiano e intimo di una dolorosa vecchiaia è la produzione di M. Rivero. Il ripiegamento lirico continua a convivere con una poesia che oppone resistenza alla rovina fisica e psichica, come in M. Ordóñez e di M.M. Carranza. Non manca tuttavia chi, come H. Alvarado Tenorio o H. Socarrás, ha abbandonato il linguaggio profetico della ribellione e del rifiuto per una poesia ironica, in cui l’umorismo relativizza la realtà e la ricolloca nei suoi giusti confini. Da ricordare anche Á. Rodríguez, artefice di giochi intertestuali che coinvolgono la poesia ma anche il mondo del cinema.

Per quanto riguarda la narrativa, i due scrittori di gran lunga più noti sono il sempre attivo García Márquez e Á. Mutis, oltre che poeta, autore di romanzi in cui regna l’elemento introspettivo e in cui il tratto gotico si mescola con generi classici in un linguaggio fortemente poetico. Accanto a loro, autori ancora operosi negli anni 1980 e 1990 sono M. Mejía Vallejo e F. Vallejo, le cui opere si incentrano sul tema della violenza urbana. Lo stesso tema ritorna anche in narratori d’impronta realista come A. Caicedo e L. Fayad, e soprattutto G. Álvarez Gardeazábal; mentre assorti nella ricerca linguistica e nella riflessione metaletteraria sono due scrittori che hanno segnato un decisivo rinnovamento nel panorama colombiano: G. Espinosa e R.H. Moreno-Durán, il cui gioco linguistico, raffinato e ironico, percorre spesso zone sconvolgenti e trasgressive della realtà. Sperimentazioni tra neobarocco e intimismo caratterizzano anche la scrittura di D. Ruiz Gómez. P.A. Mendoza è noto anche in Europa, più che per il romanzo Años de fuga (1979), ambientato nel variopinto mondo dei rivoluzionari latino-americani esuli a Parigi, per essere una sorta di biografo del suo amico García Márquez, in testi in cui il ritratto del celebre scrittore si delinea sullo sfondo della riflessione attorno al ruolo degli intellettuali latino-americani e sulle loro posizioni politiche, in particolare rispetto alla questione cubana. M. Moreno e L. Restrepo sono narratrici ironiche, sensuali, attente al mondo interiore anche nelle sue valenze magiche e oniriche.

Architettura e arte

Nel primo periodo coloniale particolare importanza ha l’architettura militare con le roccaforti di Cartagena e Santa Marta. Il barocco di derivazione andaluso-castigliana è caratterizzato in C. dalla fastosa decorazione degli interni; verso la fine del 18° sec. subentra, soprattutto a opera del cappuccino Fra Domingo de Pedres, il gusto neoclassico; nell’Ottocento prevale lo stile neogotico. L’architettura del 20° sec. ha uno dei suoi più significativi rappresentanti in R. Salmona, autore, tra l’altro, a Bogotá del quartiere Marulandia e del Residence El Parque.

La pittura e la scultura sono, dalla fine dell’Ottocento, legate alla tradizione accademica, dalla quale tuttavia emergono i pittori F.A. Gonzáles Camargo e A. de Santa María e lo scultore M. Tobón Mejía. Dopo il 1930 particolare rilevanza ha la cosiddetta generazione Bachué (la grande Madre della mitologia degli indios) che si riaggancia al passato precolombiano e alle tradizioni popolari: A. Acuña, P.N. Gómez, I. Gómez Jaramillo e lo scultore R. Rozo. L’arte astratta comincia a manifestarsi intorno al 1950 a opera del pittore M. Ospina e del pittore e scultore E. Ramírez Villamizar con un astrattismo geometrico, mentre nelle sculture di E. Negret il linguaggio puramente plastico ripropone una problematica di matrice mitica. A un astrattismo lirico appartengono le opere di A. Villegas e di L. Jaramillo; un’emozione contenuta informa la produzione di A. Obregon; elaborate ricerche essenziali sono condotte da S. Montealegre. Nella corrente figurativa s’impone la personalità di F. Botero. Autenticamente naïf è N. León. Ricerche di una «nuova figurazione» si trovano nelle opere di A. Barrios, S. Cardenas e B. Gonzales. Sperimentazioni concettuali caratterizzano l’opera di A. Caro. Tra le manifestazioni periodiche: il Salon (istituito nel 1931; dal 1974, Salon nacional de artes visuales) e la Bienal Americana de artes graficas, organizzata dal 1971 dal Museo La Tertulia di Cali.

Musica

Come per la maggior parte della musica sudamericana, la musica colombiana ha risentito l’effetto colonizzatore spagnolo, associato a elementi di origine amerindia e africana. Di origine spagnola sono gli strumenti più diffusi: oltre alla chitarra, altri cordofoni come la bondola, il tiple, più piccolo della chitarra classica, e il requinto. Nelle zone costiere sono diffusi le gaitas, flauti diritti suonati in coppia, il cuatro a corde e l’arpa, sulla costa pacifica un complesso formato da una grande marimba, 2 cununos (tamburi conici) e un bombo.

La musica colta ebbe nella cattedrale di Bogotá il primo centro di diffusione importante e i suoi archivi ospitano ancor oggi il più importante nucleo di composizioni rinascimentali e barocche del Nuovo Mondo. Il primo importante maestro di cappella fu G. Fernandez Hidalgo (ca. 1553-1620). Nel 1783 si aprì il primo teatro d’opera e nel 1846 E. Price (1819-1863) fondò la Società Filarmonica, cui seguì l’anno successivo l’istituzione di una scuola musicale. Le più rilevanti personalità del 19° sec. furono J.C. Osorio, J. Quevedo Arvelo, J.M. Ponce de León, autore delle prime opere liriche composte nel paese, Ester e Florinda, J.W. Price, fondatore dell’Accademia Nazionale di Musica (1882), A. Martínez e S. Cifuentes. Tra le figure più eminenti del 20° sec.: G. Uribe-Holguín, primo direttore dal 1910 al 1933 del Conservatorio Nazionale di Bogotá, J. Bermúdez Silva, E. Murillo, J. Rozo Contreras, C. Posada Amadór, A. Mejía e G. Espinosa, fondatore (1936) e direttore dell’Orchestra Sinfonica Nazionale.

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