Clemenza d'Angio regina di Francia

Enciclopedia Dantesca (1970)

Clemenza d'Angiò regina di Francia

Enzo Petrucci

Figlia di Carlo Martello e di Clemenza d'Asburgo, nacque a Napoli nel febbraio del 1293.

Morti i suoi genitori (1295), lo zio Roberto d'Angiò, divenuto re (1309), ne assunse la tutela come capo della famiglia. Vari furono per lei i progetti matrimoniali: con Ferdinando di Maiorca, con Matteo Csàk, uno dei più potenti oligarchi ungheresi, che il re di Ungheria Carlo Roberto, fratello di C., sperava mediante questo matrimonio legare alla corona, con lo stesso maturo Giacomo II d'Aragona. Finalmente, il 31 luglio 1315 sposò il re di Francia Luigi X: questi, mentre i suoi procuratori giungevano a Napoli per il contratto matrimoniale, fece sopprimere la prima moglie, Margherita di Borgogna, che si trovava in carcere per adulterio. Re Roberto annetteva grande importanza a questo matrimonio, concepito come uno strettissimo legame tra gli Angioini di Napoli e la casa di Francia; senonché re Luigi morì già nel giugno 1316, lasciando C. alle prese con le difficoltà di una grave crisi dinastica, che sconvolse la casa e il regno di Francia. Il 14 novembre di quello stesso anno C. dava alla luce un figlio, Giovanni, la cui nascita sembrò per un momento risolvere la crisi; ma il neonato non sopravvisse che pochi giorni, così la regina nelle discordie che seguirono all'ascesa al trono del cognato Filippo V, si schierò sostanzialmente sulle posizioni, non favorevoli, di Carlo di Valois. Ma, sollecitata dalle continue ammonizioni del papa Giovanni XXII, si accordò infine con il nuovo re. Dopo un lungo soggiorno in Provenza accanto allo zio re Roberto d'Angiò, durante il quale riuscì a far concludere positivamente le trattative matrimoniali del figlio di quest'ultimo, Carlo duca di Calabria con Maria, figlia di Carlo di Valois, onde si meritò le congratulazioni di Giovanni XXII (A. Coulon, n. 1762), passò gli ultimi anni della sua vita occupandosi prevalentemente degl'interessi politici del suo nipote Umberto, delfino di Vienne, che poi nel testamento istituì suo erede universale.

C. morì il 13 ottobre 1328; e Roberto d'Angiò compose in suo onore un epitaffio in versi, esaltato dal Petrarca (Familiares IV III), a cui era stato inviato. Era un omaggio del re angioino alla nipote che gli aveva dimostrato fino all'ultimo la sua devozione, rappresentando per quanto le fu possibile gl'interessi di Napoli alla corte di Francia.

Nonostante le lodi di poeti e cronisti francesi (Huffelmann, pp. 56-58) e di G. Villani (X 105), che sembrano per altro ‛ topoi ', C. fu una donna indubbiamente irrequieta, anche senza pensare a una sua vita privata di dubbia moralità, come farebbero supporre certe lettere a lei indirizzate da Giovanni XXII (A. Coulon, nn. 231, 293, 297) che riflettono forse l'eco di interessate esagerazioni di Filippo v. Tuttavia questo aspetto della sua personalità e soprattutto la sua posizione politica sempre favorevole a Roberto d'Angiò e a Carlo di Valois, il paciaro che favorì in Firenze il trionfo dei Neri e la cacciata dei Bianchi, escludono che D. possa aver indirizzato a lei l'apostrofe dei primi versi di Pd IX 1-3 Da poi che Carlo tuo, bella Clemenza, / m'ebbe chiarito, mi narrò li 'nganni / che ricever dovea la sua semenza. Non si può certamente prendere in considerazione quanto affermano gli storici C. Cipolla (p. 66) e M. Schipa (p. 150), secondo i quali nella bella Clemenza sarebbe da vedere la regina di Francia, che D. avrebbe incontrato nel suo soggiorno parigino degli anni 1316-1319. Ma essi ignoravano che dal 1318, probabilmente fino al 1324, C. fu in Provenza, e non tengono conto della sua posizione politica. Ciò che sorprende però è che l'interpretazione del Cipolla e dello Schipa sia stata ripresa dallo Huffelmann (p. 55), che quei dati invece ben conosceva (p. 77). Quanto all'ipotetico viaggio di D. a Parigi, che il Cipolla e lo Schipa credono di poter collocare negli anni 1316-1319, è noto che, secondo il Boccaccio (Trattatello in laude di D., ediz. Ricci Milano-Napoli 1965, 575-576), che con G. Villani (IX 136) dà la notizia, il poeta sarebbe già rientrato in Italia subito dopo la discesa di Enrico VII, e cioè alla fine del 1310, quando C. era ancora a Napoli. Il Boccaccio non sarebbe comunque - come pare sottintendano il Cipolla e lo Schipa - in contraddizione con quanto scriveva nel capitolo III (ibid. 9) e cioè che D. si sarebbe recato a Parigi " già vicino alla sua vecchiezza ", dacché alla fine del 1308, data probabile del viaggio (cfr. Chimenz, in Dizion. biogr. drgli Ital. II 413) il poeta con i suoi 43 anni era appunto vicino alla vecchiezza, che, come è noto, si faceva iniziare dal quarantacinquesimo anno di età (Cv IV XXIV 4).

Ma, oltre queste considerazioni di carattere storico, ci inducono a scartare l'identificazione della bella Clemenza con la figlia di Carlo Martello, anche la coerenza del discorso dantesco. Infatti il poeta non poteva dire alla figlia di Carlo Martello che pianto / giusto verrà di retro ai vostri danni, alludendo nell'oscuro vaticinio a qualche disgrazia che avrebbe colpito Roberto d'Angiò, ben sapendo che gravissimi lutti avrebbero colpito C. stessa, con la morte del marito e dell'unico figlioletto. Tutto ciò, è chiaro, se il canto fosse stato composto dopo il novembre del 1316, il che naturalmente non è sicuro. Tuttavia a parte ciò, e senza considerare che, rivolgendosi alla figlia di Carlo Martello, il poeta avrebbe detto quasi spontaneamente " padre tuo " invece di Carlo tuo, che ha un sapore troppo evidentemente coniugale, non si capisce perché D. si sarebbe dovuto indirizzare proprio alla minore dei tre figli di Carlo Martello e, prima di divenire regina di Francia, la meno nota. Sarebbe stato più logico, ci sembra, indirizzarsi al primogenito Carlo Roberto, il più direttamente danneggiato dalla successione fraudolenta di Roberto. Osserva giustamente il Roedel (p. 1518) che " a diritti della sorella di Carlo Roberto, a ‛ danni ' di lei, quando lui era ancor vivo, non c'era da pensare " e che " sottraendo il regno di Napoli a Carlo Roberto... si era procurato dolore, più che alla sorella dello spodestato, ai genitori ". Tutto considerato, dunque, ci sembra che nella bella Clemenza sia da vedere Clemenza d'Asburgo (v.), la cui presenza, accanto al marito Carlo Martello, nel clima di rimpianto delle lontane speranze del poeta, è ben altrimenti coerente alla situazione poetica e sentimentale dell'episodio, che quella della figlia che aveva preso, o stava per prendere, un'altra strada.

Bibl. - Oltre alla generale bibliografia relativa agli Angiò, si veda anche la voce Clemenza d'Asburgo, e inoltre C. Cipolla, Sigieri nella D. C., in " Giorn. stor. " IV (1886) 61-66, 69; Jean XXII. Lettres communes, a c. di J. Mollat, Parigi 1904-1947, ad indicem; Jean XXII. Lettres secrètes et curiales relatives à la France, a c. di A. Coulon, I nn. 3, 45, 58-63, 66, 68-69, 77-78, 81, 114, 118, 163 e passim; II n. 1763 e passim; H. Finke, Acta Aragonensia, Berlino-Lipsia 1908-1922, passim (recens. di F. Torraca, in " Bull. " XVIII [1910] 187-189); A.M. Huffelmann, Clemenza von Ungarn, Königin von Frankreich, Berlino-Lipsia 1911; R. Caggese, Roberto d'Angiò e i suoi tempi, Firenze 1921-1930, I 154, 224, 646, 674; II 47-48, 113, 168, 362; M. Schipa, Un principe napoletano amico di D. (Carlo Martello d'Angiò), Napoli 1926, passim; G. Tabacco, La casa di Francia nell'azione politica di papa Giovanni XXII, Roma 1953, 68-72, 144, 257; R. Roedel, Il c. IX del Paradiso, in Lett. dant. 1509-1511.