GOUNOD, Charles-François

Enciclopedia Italiana (1933)

GOUNOD, Charles-François

Renzo BIANCHI
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Compositore, nato a Parigi il 17 giugno 1818 ed ivi morto il 17 ottobre 1893. Studiò al conservatorio di Parigi sotto la guida di A. Reicha, J. F. Lesueur, D. F. Halévy e F. Paër. Nel 1839 riportò, con la cantata Fernande, il Grand prix de Rome.

I primi saggi, composti sotto l'influenza della musica palestriniana in uso nelle chiese romane, sono composizioni sacre: nel 1841 fece eseguire a S. Luigi dei Francesi, in Roma, una messa a 3 voci con orchestra, e nel 1842, a Vienna, un Requiem.

Ritornato in Francia ebbe il posto di organista e di maestro di cappella alla chiesa parigina delle Missioni estere; posto ch'egli tenne per sei anni, mostrando anche inclinazioni mistiche e claustrali, tanto che per poco non indossò l'abito talare.

Da tale clima estetico egli fu tratto di colpo quando si accostò ai grandi lirici del teatro, nella cui orbita egli trovò la sua via. Nel 1851 esordì in teatro con Sapho, seguita nel 1854 da La Nonne sanglante. Entrambe queste opere ebbero però un esito mediocre. Migliore accoglienza ebbe la terza: Le médecin malgré lui (1858), ma la gloria doveva venire l'anno seguente col Faust (Théatre Lyrique, 15 gennaio 1859). Il trionfo fu completo per l'opera e per il suo autore. Alla Scala di Milano il capolavoro di Gounod fu riconsacrato nel 1862. La prima stesura dell'opera fu poi modificata e il recitativo parlato fu tramutato in recitativo musicale quando il Faust dalle scene del Lyrique passò a quelle dell'Opéra. In seguito G. diede al teatro molte altre opere: Philémon et Baucis (1860), La Reine de Saba (1862), Mireille (1864), Roméo et Juliette (1867) nella quale ultima si ebbe a notare un'evoluzione nell'armonia e nell'istrumentazione; poi, Cinq-Mars (1877), Polyeucte (1878), Le tribut de Zamora (1881).

Nelle sue opere migliori il G. si pone tra quegli artisti rari che sanno trovare nei proprî impulsi un contatto con la natura universale dei sentimenti umani. Ma anche in lui, come in altri, la gioia di espandersi degenerò qualche volta nel gusto, fondamentalmente antiartistico, della facile improvvisazione. In G. la spontaneità fu certo un dono; ma comportò anche, in un altro senso, una limitazione all'impiego delle sue possibilità tecniche. Le quali erano ricche, poiché, senza essere un pedante della scienza musicale, il G. fu certamente un conoscitore profondo e raffinato delle leggi armoniche e contrappuntistiche. Egli, pure essendo apparso e fiorito nel sensualismo romantico dell'Ottocento francese, buona semente ebbe dai sommi maestri del Settecento, e alle basi del suo abbandono lirico rimase la sostanza dei grandi compositori dalla pura e classica forma musicale. G. fu insomma un romantico senza ribellioni formali, di un romanticismo non certo paragonabile a quello di Verdi né a quello di Bizet.

Opere: Oltre le già citate, G. compose - tra l'altro - messe solenni, oratorî (importanti tra i quali Rédemption e Mors et vita) e numerose Mélodies per canto.

Pubblicò poi una raccolta di lettere berlioziane, studî critici sull'Ascanio di C. Saint-Saëns e sul Don Juan di W.-A. Mozart; i suoi Mémoires d'un artiste furono pubblicati nel 1896.

Bibl.: L. Pagnerre, Ch. G., sa vie et ses oeuvres, Parigi 1890; M.A. de Bovet, Ch. G., Londra 1891; G. Tebaldini, G. autore di musica sacra, in Rivista musicale italiana, 1894; C. Bellaigue, Ch. G., Parigi 1910; J.G. Prod'homme e A. Dandelot, G. (1818-1893), Parigi 1911.