SCHMITT, Carl

Enciclopedia Italiana - V Appendice (1994)

SCHMITT, Carl

Antonio Punzi

Filosofo del diritto tedesco, nato a Plettenberg (Westfalia) l'11 luglio 1888, morto ivi il 7 aprile 1985. Professore nelle università di Bonn, Colonia, Berlino, è stato testimone delle trasformazioni della vita politico-costituzionale tedesca dalla crisi della Repubblica di Weimar al Nazionalsocialismo fino alla nascita della Repubblica federale. Erede della tradizione del realismo politico, avversario del normativismo giuridico e delle teorie parlamentaristiche di matrice liberaldemocratica, durante il regime hitleriano fu presidente dell'Associazione dei giuristi nazionalsocialisti. Arrestato dopo la caduta del nazismo, fu poi assolto e si ritirò a vita privata.

Dopo lo studio Politische Romantik (1919), pubblicò il saggio Die Diktatur. Von den Anfängen des modernen Souveränitätsgedankens bis zum proletarischen Klassenkampf (1921, 1928; trad. it., 1975) nel quale elabora una distinzione concettuale tra la dittatura sovrana e quella commissaria, caratterizzando quest'ultima come dittatura che sospende la Costituzione in via temporanea, al solo fine di ripristinarla, e suggerisce, inoltre, un'interpretazione estensiva dell'art. 48 della Costituzione weimariana secondo la quale, in tempi eccezionali, il presidente della Repubblica non dovrebbe subire vincoli nell'esercizio del suo potere. In polemica con il tentativo di H. Kelsen di costruire in maniera puramente giuridica il concetto di sovranità, in Politische Theologie. Vier Kapitel zur Lehre der Souveränität (1922, 1934; trad. it., Le categorie del politico: saggi di teoria politica, 1972) S. ha definito il sovrano come "colui che decide sullo stato di eccezione", cioè colui che è in grado di riportare ordine, pace e stabilità in una situazione di caos, decidendo sulla sussistenza dello stato di emergenza e individuando i mezzi per superarlo. Per S., infatti, ogni ordinamento concretamente valido riposa non su una norma ma su una decisione, giacché ogni norma, per avere significato e operare in maniera efficace, presuppone un ordine stabilito, una situazione di normalità che dev'essere posta in essere mediante una decisione. La decisione assurge, così, a essenza dello stato. In Der Begriff des Politischen (1927; Text mit einem Vorwort und drei Corollarien, 1932; trad. it., in Le categorie del politico, cit.) S. identifica la specificità categoriale della sfera del ''politico'' nella distinzione Freund/Feind; in questo senso critica la teoria liberale dello stato che tenterebbe di neutralizzare la contrapposizione amico/nemico risolvendola nella competizione economica e nella discussione. S. giudica questo ideale di ''spoliticizzazione'' privo di senso, tanto più nell'epoca della democrazia di massa in cui le decisioni politiche vengono prese al di fuori del Parlamento. Altra finzione tipicamente liberale sarebbe quella dello stato di diritto ovvero dello stato legislativo parlamentare centrato sulla separazione tra Recht e Gesetz e di fatto operante come strumento di tutela dei privilegi dell'individualismo borghese (Legalität und Legitimität, 1932; trad. it. parziale, in Le categorie del politico, cit.). Il vero significato del principio del ''governo delle leggi'', in conseguenza dell'armonia aprioristicamente presunta tra giustizia e legalità su cui si basa, ovvero dello svuotamento dal concetto di legge di ogni riferimento contenutistico alla giustizia, è, secondo S., che ogni comando può essere impartito in modo del tutto legale e giuridico per mezzo di una delibera parlamentare: la neutralità liberale si trasformerebbe, così, nell'indifferenza tra diritto e non diritto. Convintosi dell'insufficienza di un modello esclusivamente decisionistico e tentando di dare alla Costituzione un fondamento ulteriore rispetto alla sola legittimità presidenziale (su cui Der Hüter der Verfassung, 1934; trad. it., 1981), in Über die drei Arten des rechtswissenschaftlichen Denkens (1934; trad. it. parziale, in Le categorie del politico, cit.) S. si avvicina alle concezioni istituzionalistiche del diritto, sostenendo che ogni ordinamento concreto sarebbe legato a concetti concreti di normalità intesi non come funzioni prevedibili di regolamentazioni normative ma come produttivi di tali norme in base al loro proprio ordine interno. Nella teoria degli ordinamenti, quindi, la norma è solo una componente dell'ordinamento istituzionale complessivo: in questo senso la famosa espressione Nomos basileus non è da identificare con la sovranità formale della legge abbracciando piuttosto il concetto totale di diritto comprendente un concreto ordinamento della comunità.

Altre opere: Verfassungslehre (1928, 1970; trad. it., 1984); Der Leviathan in der Staatslehre des Thomas Hobbes. Sinn und Fehlschlag eines politischen Symbols (1938, 1982; trad. it., in Scritti su Thomas Hobbes, 1986); Der Nomos der Erde im Völkerrecht des Jus Publicum Europaeum (1950; trad. it., 1991).

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