CARBURANTI

Enciclopedia Italiana - I Appendice (1938)

CARBURANTI

Giorgio Roberti

. Carburante è ogni sostanza solida, liquida o gassosa che combinandosi con l'ossigeno dell'aria fornisce l'energia trasformata in lavoro da un motore a combustione interna.

Tratteremo separatamente i carburanti a seconda che debbano essere bruciati nei due motori a combustione interna tipici, cioè nei motori a scintilla e nei motori Diesel.

Carburanti per motori a scintilla.

Per azionare i motori a scintilla sono usati direttamente carburanti liquidi e gassosi; l'impiego di combustibili solidi è indiretto, in quanto viene preceduto dalla gassificazione e sono i prodotti di questa che bruciano nei cilindri.

Carburanti liquidi. - Proprietà. Poteri calorifici. - Di primaria importanza è la quantità d'energia che un dato peso, o un dato volume, di carburante può fornire combinandosi con l'ossigeno; questa quantità è misurata dal potere calorifico utile, cioè dal potere calorifico inferiore a volume costante, aumentato del calore latente d'evaporazione riferito rispettivamente all'unità di peso (potere calorifico propriamente detto) o all'unità di volume; l'una o l'altra di queste grandezze assumerà importanza predominante a seconda che interessi maggiormente ridurre il peso, o l'ingombro nella macchina il cui motore è alimentato dal carburante in questione. Economicamente interessa di più il potere calorifico dell'unità di volume, in quanto i prezzi di vendita dei carburanti sono riferiti all'unità di volume.

La scelta del potere calorifico inferiore a volume costante è giustificata in quanto che l'acqua abbandona la camera di scoppio allo stato di vapore e durante la combustione il volume a disposizione della miscela che brucia è pressoché costante, mentre la pressione aumenta rapidamente. Si aggiunge poi il calore latente di evaporazione perché l'evaporazione del carburante avviene a spese di calore che altrimenti andrebbe disperso. Riportiamo nella seguente tabella per alcuni carburanti i valori in grandi calorie del potere calorifico utile:

La potenza raggiungibile con un dato carburante non è direttamente in relazione con le cifre delle prime due colonne della tabella, bensì con il numero di calorie che può fornire bruciando nella camera di scoppio la miscela del carburante allo stato di vapore con l'aria. Questo numero di calorie a parità di pressione e di diluizione della miscela dipende dalla temperatura di questa e dal suo potenziale termico inferiore o potere calorifico della cilindrata, cioè dal potere calorifico inferiore a volume costante di un metro cubo di miscela in proporzioni teoriche per la combustione totale (miscela stechiometrica), in condizioni normali di temperatura e di pressione. I potenziali termici espressi in grandi calorie figurano nella colonna 3 della tabella su riportata. Come si vede, i valori differiscono assai poco fra loro, a differenza di quelli delle prime due colonne. Le sostanze che hanno un potere calorifico minore, richiedono infatti per bruciare un minore volume di aria, è quindi maggiore il rapporto carburante-aria nella miscela in proporzioni stechiometriche.

La dipendenza della potenza dalla temperatura della miscela, che viene aspirata nel cilindro, è evidente, poiché quanto maggiore sarà la temperatura, tanto minore sarà il peso di miscela e quindi tanto minore sarà l'energia sviluppata a ogni scoppio. Così, per es., il potenziale termico scende nel caso della benzina da 900 (a 0°) a 664 (a 100°).

La temperatura della miscela alla fine della fase di aspirazione in un dato motore è tanto più bassa quanto maggiore è la quantità di calore assorbito dalla miscela e quindi quanto più alto è il calore latente di evaporazione del carburante usato (v. colonna quarta della tabella).

Il raffreddamento della miscela dovuto all'evaporazione del carburante è una delle cause delle maggiori potenze che si ottengono con miscele che hanno un contenuto in carburante maggiore di quello che compete alla miscela stechiometrica; l'eccesso di carburante che dà la miscela a potenza massima è di 20% nel caso del benzolo e delle benzine, maggiore per gli alcoli.

Rendimento. - Le considerazioni sovra esposte, e particolarmente quelle che affermano la dipendenza dei consumi dai poteri calorifici, hanno valore in quanto si supponga costante il rendimento del carburante nel motore a scoppio. In verità, non tutti i carburanti permettono di ottenere lo stesso rendimento.

L'influenza che esercita la scelta del carburante sul rendimento di un motore a scoppio può essere posta in relazione con diverse proprietà dei carburanti. Un calore latente di evaporazione elevato e una bassa temperatura di fiamma innalzano il rendimento termico, in quanto conducono a un funzionamento a temperatura più bassa; risulta quindi minore il numero di calorie che viene evacuato dal sistema di raffreddamento, e quindi maggiore il rapporto tra le calorie trasformate in lavoro e le calorie prodotte dalla combustione.

Molto interessante è l'influenza che il carburante può esercitare per la sua "resistenza alla detonazione" sul rendimento del ciclo.

Il rendimento di un ciclo compiuto da un gas ideale a volume costante, ciclo al quale si può assimilare, in prima approssimazione, quello che si svolge nei cilindri di un motore a scoppio, è dato dalla formula

dove ρ è il rapporto di compressione, cioè

indicando con V il volume del cilindro e con v il volume della camera di scoppio, e γ è il rapporto tra calore specifico a pressione costante e calore specifico a volume costante dei gas che vengono a trovarsi nella camera di scoppio dopo la combustione. Essendo γ − 1 positivo, ηt aumenta con l'aumentare di ρ. Nella seguente tabella si dànno i valori teorici del rendimento (colonna 2ª) in funzione del rapporto di compressione (colonna 1ª), e i valori calcolati dando a γ i valori che risultano dalle misure più recenti dei calori specifici dei gas a temperatura elevata (colonna 3ª) e i valori praticamente determinati (colonna 4ª).

I vantaggi dell'aumento di compressione non si esauriscono in queste cifre; si ha infatti una temperatura media del cilindro più bassa, e quindi minori perdite di energia per conduzione e irraggiamento e infine una temperatura finale più bassa, il che comporta che la valvola di scarico, che è l'organo delicato del motore, lavori in condizioni più favorevoli. Le temperature teoriche in alcuni punti del ciclo in funzione del rapporto di compressione figurano nelle colonne 5ª-6ª-7ª.

Sennonché a limitare l'aumento utile del rapporto di compressione concorrono due cause di natura diversa, costruttiva la prima, in relazione con il carburante la seconda. La prima è dovuta alla pressione massima alla fine della combustione che aumenta più rapidamente del rendimento in funzione di ρ (colonna 8ª). Ciò porta a un appesantimento di alcune parti del motore, per cui al di là di un certo limite del rapporto di compressione, praticamente l'aumento del rendimento è neutralizzato ad usura dalle maggiori resistenze passive. Questo limite dipende dal rapporto tra la potenza assorbita da queste resistenze passive e quella generata dal motore. Il valore di questo rapporto dipende essenzialmente dal diametro del cilindro (alesaggio) e dal fattore medio di carico (cioè il rapporto tra la potenza media erogata dal motore e la massima per cui il motore è stato costruito). Ponendo questo, con Ricardo, circa eguale a 1/3 nei comuni motori, il rapporto massimo utile in funzione dell'alesaggio sarà:

Solo in motori in cui il carico medio supera 1/3, come i motori da corsa e d'aeroplano, si potrebbero utilmente superare questi valori.

Nella pratica però è la seconda causa, che limita i valori utili di compressione a cifre anche inferiori a quelle sopra riportate.

Infatti se facciamo funzionare un motore sperimentale a compressione variabile con un carburante dato, e ferme restando tutte le altre condizioni di funzionamento facciamo variare la compressione, la potenza andrà aumentando e il consumo specifico diminuendo fino a un certo valore a cui osserveremo un peggioramento di queste caratteristiche; contemporaneamente si manifesterà nell'interno del cilindro un rumore metallico particolare. Sono questi gl'indizî che al regime normale di funzionamento si è sostituito il regime detto di detonazione, che consiste in una combustione più rapida, per cui il pistone, anziché una spinta regolare, riceve come un colpo di martello, e una parte dell'energia che si sviluppa nella combustione è assorbita dai movimenti vibratorî delle strutture metalliche. Inoltre, siccome nei motori moderni l'accensione si provoca sempre prima che il pistone abbia raggiunto il punto morto superiore, la combustione più rapida, propria del regime detonante, fa sì che il pistone riceva la spinta prima di aver raggiunto il punto morto superiore. Comunque, il regime detonante porta a una rapida usura delle parti in moto.

Il valore del rapporto di compressione, al di sopra del quale si stabilisce il regime di detonazione, dipende dalla natura del carburante, dalla costruzione e dalle condizioni di funzionamento del motore. I carburanti, tra quelli usuali, che sopportano le maggiori compressioni sono gli alcoli; vengono in seguito gl'idrocarburi naftenici non saturi, gli aromatici, i naftenici saturi, gli olefinici e i saturi a catena aperta e diritta.

Questa successione vale solo per un confronto tra idrocarburi aventi lo stesso numero di atomi di carbonio e la stessa forma d'anello o di catena. La resistenza alla detonazione varia infatti molto in ogni serie con il numero degli atomi di carbonio e la forma della molecola: tanto più piccola e tanto più compatta è questa e tanto meno facilmente dà luogo alla detonazione. Così, p. es., mentre l'allungamento d'una catena normale esalta la tendenza a detonare, questa viene depressa dall'inserirsi di catene laterali. Anche la posizione del doppio legame negl'idrocarburi olefinici ha influenza in quanto il numero di ottano è tanto più elevato quanto più centrale è il doppio legame.

La resistenza alla detonazione di un carburante si può innalzare mescolandolo con un altro carburante più resistente come benzolo o alcool, ovvero aggiungendo in piccole quantità delle sostanze dette antidetonanti. Ecco un elenco e i pesi di ognuno di essi che bisogna aggiungere a una benzina perché assuma un potere antidetonante uguale a quello ottenuto aggiungendo un grammo d'anilina:

Tra queste le sostanze più usate sono il piombo tetraetile, di impiego generale, e il ferro carbonile impiegato in Germania. Al piombo tetraetile si rimprovera però la tossicità sua e dei prodotti di combustione e questa ragione ne ha ritardato l'impiego generale. Queste due sostanze, poi, potrebbero dar luogo a depositi nocivi all'interno del cilindro, a causa dei prodotti solidi che si formano nella loro combustione. Nel caso del piombo tetraetile, per evitare questa eventualità, si aggiunge una sostanza, il dibromuro di etile, capace di formare con il piombo un composto volatile, che viene espulso dal cilindro. Tuttavia l'impiego di piombo tetraetile non è privo di inconvenienti per i fenomeni di corrosione chimica cui dànno luogo a caldo i composti di piombo, a freddo l'acido bromidrico, formatosi a spese del bromuro di etilene. Il ferrocarbonile, velenoso anch'esso, dà origine a ossido di ferro, che alla temperatura elevata che regna nei cilindri dei motori di aeroplano si trasforma in ossido magnetico; questo depositandosi sull'isolante delle candele ne pregiudica l'efficacia.

Le cifre della tabella di cui sopra hanno solo un valore indicativo, in quanto l'efficacia dei varî antidetonanti varia con la qualità della benzina. Per esempio nel caso del piombo tetraetile si trova che una benzina di distillazione è più suscettibile a essere migliorata che non una benzina di cracking. Inoltre l'entità del miglioramento provocato dal piombo tetraetile va diminuendo coll'aumentare del tenore in piombo tetraetile. In generale a causa della velenosità del piombo tetraetile non si supera il tenore di 0,8 cc. per litro di carburante.

La maggiore o minore tendenza a dar luogo al regime detonante dei varî carburanti è, secondo alcuni, in relazione con la facilità più o meno grande a dare per ossidazione dei perossidi instabili. Si nota infatti che gl'idrocarburi in miscela con aria o con ossigeno formano a temperatura compresa tra 200-350° dei perossidi dovuti all'interposizione d'una molecola di ossigeno tra un atomo di carbonio e uno d'idrogeno o tra due atomi di carbonio.

La formazione di questi perossidi nel cilindro del motore, nel periodo che precede la combustione, ha come effetto di accelerare la propagazione di questa, essendo i perossidi delle sostanze instabili che si decompongono con sviluppo di calore. In condizioni favorevoli alla loro formazione, possono raggiungere una concentrazione sufficiente per determinare l'autoaccensione della miscela.

Gli antidetonanti agiscono da antiossigeni, riducendo i perossidi di mano in mano che si formano.

Le caratteristiche del motore e le condizioni del funzionamento di esso che favoriscono la formazione dei perossidi, facilitano lo stabilirsi del regime di detonazione. Così, in primo luogo, l'effetto della compressione elevata è di riscaldare la miscela per compressione adiabatica, alla temperatura alla quale i perossidi possono formarsi; in egual senso agisce un eccessivo riscaldamento dell'interno del cilindro della camera di scoppio, il quale può essere dovuto a cause costruttive (ampiezza del cilindro) o accidentali (per es., all'accumularsi sulle pareti di residui carboniosi che funzionano da coibenti termici); un alesaggio grande e la posizione poco opportuna delle candele possono anche prolungare il tempo in cui la miscela viene a trovarsi in condizioni favorevoli alla formazione dei perossidi. L'impiego di materiali buoni conduttori come l'alluminio, nella costruzione delle testate e dei pistoni, permette invece d'aumentare la compressione senza che si verifichi la detonazione.

Quanto alle condizioni di funzionamento, si è trovato che la miscela che darebbe la maggiore potenza ha una composizione vicina a quella più favorevole alla detonazione. Il numero dei giri del motore può avere due effetti tra loro contrastanti: mentre da una parte il funzionamento a regime elevato aumenta la temperatura che regna nella camera di scoppio prima dello scoccare della scintilla, esso riduce la durata di riscaldamento della miscela. Questi effetti contrastanti determinano un regime critico al quale la detonazione è più intensa; regime che varia con il motore e con il carburante ed è situato di solito verso le basse velocità.

L'influenza delle condizioni di funzionamento va messa in particolare rilievo in quanto da essa deriva l'importanza pratica dell'impiego di benzine ad elevata resistenza alla detonazione.

Potrebbe sembrare infatti che in un motore a scoppio, nel quale la compressione non si può variare, l'impiego d'una benzina più antidetonante non arrechi alcun vantaggio. Bisogna invece considerare che nei motori d'automobile moderni, nei quali il rapporto di compressione è relativamente elevato, vi sono dei regimi ai quali la detonazione si può verificare con le benzine comuni; per quanto si è detto, le condizioni più favorevoli alla detonazione sono il funzionamento a piena ammissione di miscela accoppiato a un basso numero di giri; sono le condizioni che si verificano per es. lungo una salita, quando il veicolo si trova in presa diretta. Per far cessare allora il regime detonante si suole passare a una marcia inferiore: il motore infatti aumenta allora il numero dei giri e con ciò diminuisce il coefficente di riempimento dei cilindri, e quindi la pressione d'ammissione e quella finale; si supera così il regime critico più adatto alla detonazione, ma si ha un consumo maggiore. Con una benzina più resistente alla detonazione, il cambiamento di marcia si potrà fare più tardi o evitare del tutto, con risparmio di carburante. Inoltre il motore non risentirà i dannosi effetti del regime detonante. Queste considerazioni giustificano l'esistenza sul mercato di benzine antidetonanti a prezzo più elevato di quelle comuni.

Comunemente la resistenza alla detonazione anziché con il rapporto massimo utile che può sopportare un carburante in un determinato motore, si designa con il numero di ottano: il numero di ottano è la percentuale in volume di iso-ottano (e precisamente il 2-2-4 trimetil-pentano, idrocarburo cui le catene laterali conferiscono un'elevata resistenza alla detonazione) che si deve aggiungere all'eptano normale per avere un miscuglio che, in un motore determinato e in condizioni di funzionamento ben determinate, dà la stessa intensità di detonazione del carburante in esame.

Per la determinazione del numero di ottano si adopera un motore monocilindrico a compressione variabile, denominato C.F.R. dal Committee for Fuel Research (S. U. A.) che ne ha curato l'allestimento. La misura dell'intensità della detonazione viene fatta comunemente con un apparecchio detto "spillo saltellante", costituito essenzialmente da una membrana che al manifestarsi della detonazione, per l'elevato valore che raggiunge la pressione istantanea, subisce una deformazione tale da spingere un gambo metallico fino a stabilire un contatto elettrico; dalla quantità di corrente che passa in seguito ai successivi contatti si risale all'intensità della detonazione.

Ecco i numeri di ottano delle comuni benzine che vengono usate negli Stati Uniti (1937): benzina speciale, 77; comune, 70; di 3ª qualità, 54; per aeroplani 87-100.

Le benzine avio a numero di ottano 100 il cui impiego è recente permettono di realizzare delle economie di consumo dell'ordine del 10% e degli aumenti di potenza dell'ordine del 30%.

Oltre alla detonazione, che è un fenomeno che segue lo scoccare della scintilla, un altro fenomeno, che precede lo scoccare della scintilla, può limitare le compressioni che si possono raggiungere in un motore: è questo l'autoaccensione, fenomeno il cui meccanismo chimico non ha ricevuto in molti casi interpretazione soddisfacente, ed è spesso dovuto alla presenza di un punto caldo (asperità metalliche o incrostazioni carboniose, candele a basso coefficiente termico). Poiché tanto l'autoaccensione che la detonazione fanno subire al pistone una spinta prematura o troppo rapida, i loro effetti spesso si confondono.

Alterazione dei carburanti. - Alcune benzine e benzoli col tempo subiscono un'alterazione caratterizzata da ingiallimento, deposito di prodotti gommosi e diminuzione del numero di ottano.

Quest'alterazione è dovuta essenzialmente a fenomeni d'ossidazione e di polimerizzazione che dànno alcuni idrocarburi non saturi, specialmente quelli contenenti due doppi legami. Una benzina che contiene questi prodotti può dare dei depositi nelle canalizzazioni del sistema di alimentazione dei motori a scoppio, pregiudicando il regolare funzionamento di questi.

Per la determinazione delle gomme esistenti nei carburanti, si esegue una prova di evaporazione in capsula di vetro: un contenuto inferiore a 10 mg. per 100 cmc. di benzina è considerato non eccessivo. Per rendersi conto dell'attitudine di un carburante a formare questi prodotti durante l'immagazzinamento o, come si suol dire, del contenuto in gomme potenziali, sono state proposte delle prove di ossidazione accelerate sia mediante riscaldamento, sia ricorrendo a ossigeno sotto pressione, sia mediante radiazioni ultraviolette.

Per ritardare questi fenomeni di ossidazione, sono efficacemente adoperate delle sostanze dette antiossigeni che aggiunte nella proporzione di qualche decimillesimo, prolungano il periodo d'incubazione che precede la formazione di gomme; le più efficaci sono sostanze aromatiche contenenti gruppi OH e gruppi NH2 o CH3 (ad es., cresolo, paraammino fenolo); anche la posizione relativa di questi gruppi ha influenza.

Impurezze. - Una benzina non dovrà per ragioni evidenti contenere prodotti acidi, né acqua in sospensione, per non dar luogo a improvvisi impoverimenti della miscela carburante, con pericolo di ritorni di fiamma. Un contenuto elevato di prodotti solforati è anch'esso nocivo.

L'acqua non si trova uniformemente distribuita nella benzina; quando una porzione di benzina che contiene acqua in sospensione viene vaporizzata, si ha una miscela povera. Nelle miscele povere la combustione si propaga più lentamente e quindi potrà succedere che all'interno del cilindro sia talmente lenta, da non essere ancora terminata, quando si riapre la valvola di ammissione; la miscela fresca prende allora fuoco, e la combustione si propaga attraverso la canalizzazione di ammissione, verso il carburatore.

I prodotti solforati possono essere nocivi per tre cause diverse; alcuni come i mercaptani possono esercitare direttamente azioni corrosive; altri composti possono reagire con sostanze che vengono aggiunte alla benzina per migliorarne le proprietà, come il piombo tetraetile e gli antiossigeni; infine tutti bruciando dànno anidride solforosa. Questa può solo dare inconvenienti se arriva a sciogliersi in acqua di condensa. Nella stagione fredda e a motore freddo, il vapore d'acqua formato nella combustione e sfuggito tra le fasce elastiche e le pareti del cilindro può condensarsi nella coppa dell'olio, sciogliendo l'anidride solforosa eventualmente presente; l'acido solforoso può quindi ossidarsi e originare acido solforico.

Il limite della percentuale in zolfo che non si deve superare è difficile a fissarsi: mentre sperimentatori hanno trovato effetti nocivi con benzine contenenti 0,15% di zolfo, altri citano l'impiego senza inconvenienti di benzine a 0,4% di zolfo.

Volatilità. - La volatilità di una benzina deve essere sufficiente per permettere la facile partenza e la pronta ripresa dei motori, e non dare residui che vadano a diluire il lubrificante; non deve invece essere tanto elevata da dare luogo nelle canalizzazioni a formazione di bolle di vapore che interrompono il regolare passaggio della benzina, fenomeno particolarmente da temersi nel caso di benzine avio.

Un saggio che viene posto in relazione con la volatilità della benzina, è la distillazione frazionata, nell'apparecchio di Engler (v. fig. 1); in verità il fenomeno della vaporizzazione di una benzina nella tubatura di alimentazione dei cilindri avviene in condizioni diverse da quelle che si hanno in un apparecchio per la distillazione frazionata. Tuttavia sono state date le seguenti regole che collegano i dati delle distillazioni in un apparecchio di Engler con il comportamento di un carburante nel pratico impiego. 1. Perché con una benzina si possa far partire facilmente un motore, occorre che la temperatura a cui il 10% della benzina è stato vaporizzato (t10) nell'apparecchio Engler sia legata alla temperatura ambiente (ta) dalla relazione seguente:

2. t10, che corrisponde alla temperatura a cui in seno alla benzina si formano bolle di vapore, deve essere superiore alla temperatura massima raggiunta dalla benzina nelle canalizzazioni; 3. se il carburante si trova completamente allo stato di vapore, la miscela ricca che i carburatori moderni dànno durante il periodo dell'accelerazione, causa una perdita di potenza e un funzionamento irregolare proprio quando si accelera. Quindi la temperatura a cui passa alla distillazione il 90% non deve essere troppo bassa. D'altra parte se è troppo alta si ha facilmente una combustione incompleta e i residui passano a inquinare il lubrificante.

Praticamente si ritiene opportuno che una benzina di automobile abbia la temperatura a cui passa il 90% tra 200° e 235° nei climi caldi e tra 160° e 205° nei climi freddi. Per i motori di aviazione occorrono invece benzine più volatili che vengano completamente vaporizzate.

Un altro saggio in relazione con la volatilità di una benzina è la pressione Reid, che si determina nella bomba di Reid, e che è la pressione di vapore di una benzina a 37°,77 (100° F) per un valore del rapporto

compreso fra 3,8 e 4,2. La temperatura t a cui una benzina si vaporizza nei tubi di alimentazione del carburatore sarebbe in relazione con la pressione Reid pr e con la pressione atmosferica p secondo la formula

La pressione Reid nelle benzine commerciali varia tra 0,4 e 0,8 atmosfere ed è in generale non superiore a 0,7 atmosfere nelle benzine avio. Queste regole valgono per la benzina di petrolio e non per le miscele in cui predomina un costituente, come benzolo o alcool; in quest'ultimo caso l'elevato calore latente di evaporazione costituisce una proprietà sfavorevole dal punto di vista della facilità di avviamento.

Densità. - La densità dei carburanti, contrariamente a quanto si supponeva, non ha alcuna influenza sul loro comportamento; occorre solo, passando da un carburante a un altro di densità diversa, cambiare il peso del galleggiante del carburatore.

Caratteristiche principali dei varî carburanti liquidi. - 1. Benzina. - Le benzine di petrolio si distinguono in benzine ottenute per distillazione, benzine ottenute per pirogenazione, benzine estratte dai gas naturali (gasoline naturali) e benzine ottenute per polimerizzazione di idrocarburi non saturi.

Le benzine ottenute per semplice distillazione non sono soggette ad alterarsi e quelle paraffiniche hanno i poteri calorifici più elevati; hanno però, all'infuori di quelle ottenute per distillazione di taluni petrolî greggi, per esempio quelli a base aromatica che si trovano nell'isola del Borneo, numero di ottano basso, quasi sempre inferiore a 60 e qualche volta anche inferiore a 40.

Le benzine ottenute per cracking contengono da 20 a 30% di idrocarburi non saturi e anche una certa proporzione di idrocarburi aromatici, specialmente se preparate con processo di cracking in fase di vapore. Hanno buon numero di ottano spesso intorno a 70, ma di converso dànno luogo facilmente alla formazione di gomme, se non vengono opportunamente raffinate. Tra i processi di pirogenazione, quello accompagnato da idrogenazione dà invece benzine perfettamente stabili; per di più conducendo opportunamente l'operazione si arriva a prodotti a numero di ottano elevato (~ 75).

Un'interessante caratteristica presentano inoltre alcune benzine ottenute per idrogenazione. Mentre nelle altre benzine il numero di ottano delle diverse frazioni decresce con l'aumentare della temperatura di distillazione, in queste rimane pressoché costante, o mostra addirittura una tendenza contraria. Ciò ha permesso di preparare benzine per aviazione pesanti (distillano tra 150° e 200°) che hanno una temperatura d'infiammabilità superiore a 40° e costituiscono dei preziosi carburanti di sicurezza. Naturalmente il loro impiego richiede uno speciale sistema di carburazione (carburatore riscaldato o iniettore al posto del carburatore).

Le gasoline naturali hanno elevato numero di ottano e buona stabilità chimica, ma sono troppo volatili per essere usate da sole. Servono invece per aumentare la tensione di vapore di benzine troppo poco volatili.

Carburanti di pregio per il loro elevato potere antidetonante si ottengono poi per polimerizzazione termica o catalitica dei primi termini degli idrocarburi non saturi (v. p. 367).

Mentre la polimerizzazione di miscele porta a miscugli di idrocarburi prevalentemente non saturi che vengono aggiunte tal quale a benzine auto per migliorarne il potere antidetonante, la polimerizzazione catalitica selettiva dell'isobutilene, seguita dall'idrogenazione, porta con buoni rendimenti all'iso-ottano, che serve per preparare benzine avio a 100 di ottano. Una composizione tipica di un carburante a 100 ottano è la seguente:

L'isopentano, costituente delle gasoline naturali, serve per aumentare la volatilità, che sarebbe troppo depressa dall'elevata percentuale di isoottano.

Non molto diverse dalle benzine ottenute per idrogenazione del petrolio sono quelle che derivano per idrogenazione dei carboni, che hanno in genere un buon numero di ottano (71-73 per benzine a punto finale 170°). Invece le benzine preparate con il metodo Fischer-Tropsch (sintesi con miscele di idrogeno e ossido di carbonio su catalizzatori a pressione ordinaria e 200°) hanno una buona stabilità, ma basso numero di ottano (49 per una benzina a punto finale 177) ed è opportuno far loro subire un trattamento termico per migliorare questa caratteristica.

2. Petrolio. - Benché il petrolio lampante non venga comunemente usato negli autoveicoli per la bassa volatilità che è causa di inquinamento dei lubrificanti e per il basso numero di ottano, vi sono motori azionati con il petrolio: così in Italia per usi agricoli si usa il cosiddetto petrolio agricolo (oltre 80 mila tonnellate). È interessante notare che un petrolio che, per l'elevato contenuto di aromatici, sarebbe di cattiva qualità per l'illuminazione, è da preferirsi come carburante a uno esclusivamente paraffinico, avendo un numero di ottano più elevato.

3. Benzolo. - Per benzolo s'intende qui il miscuglio di benzolo e omologhi superiori, che viene ottenuto per lavaggio o assorbimento dal gas illuminante e dal gas dei forni a coke. Il benzolo presenta il pregio di un elevato numero di ottano e di un elevato potere calorifico, riferito all'unità di volume; ha spesso tendenza a dare gomme, ma si sono trovati antiossigeni che impediscono il fenomeno, come per es., il tricresolo. Viene soprattutto impiegato per innalzare il numero di ottano delle benzine, e per conferire maggiore stabilità ai carburanti contenenti alcoli.

Le miscele contenenti benzolo sono poco suscettibili ad essere migliorate con piombotetraetile, come dimostra la seguente tabella:

Impiegato da solo il benzolo può dare alcuni inconvenienti: incrostazioni carboniose, otturamento dei getti, dovuto alla temperatura di congelamento relativamente alta (intorno a −7°). Questi due inconvenienti, che si verificherebbero in misura maggiore impiegando benzolo puro, sono sufficientemente attenuati nelle miscele di benzolo e benzina a meno di 40% di benzolo.

4. Alcool etilico. - Per impiegare l'alcool puro, ed anche l'alcool acquoso nei motori a scoppio, occorre un sistema di alimentazione diverso da quello oggi in uso nelle automobili, che marciano a benzina; infatti il maggior calore latente di evaporazione dell'alcool, la sua minore volatilità e l'elevato limite inferiore d'infiammabilità, non consentirebbero, né la partenza del motore, né una pronta ripresa. Le soluzioni che si possono adottare sono molteplici: si può iniettare il carburante direttamente nei cilindri, come si fa nel caso dei motori Diesel e del motore Hesselmann; si può riscaldare il carburatore e i tubi di alimentazione (durante la marcia, con i gas di scappamento); ovvero si può costruire il carburatore in modo che il carburante entri in gran parte allo stato liquido nei cilindri, cosicché l'evaporazione eccessiva non raffreddi troppo la miscela. Per assicurare la partenza anche nei climi freddi si potrà ricorrere a un carburante ausiliario più volatile, o al riscaldamento dell'alcool: infatti l'alcool etilico dà con l'aria una miscela infiammabile, solo al di sopra di 10-15°.

Durante il funzionamento del motore a velocità uniforme, l'alcool si comporta assai bene, purché, come si è detto, il sistema di alimentazione dei cilindri risulti sufficientemente riscaldato. Il consumo di alcool è maggiore che non quello di benzina, dato il minor potere calorifico; ma il consumo in calorie è minore, perché il calore latente di evaporazione più elevato dell'alcool, tende a mantenere più bassa la temperatura media del ciclo e diminuisce quindi il numero di calorie asportate dall'acqua di raffreddamento e dai gas di scappamento.

Il consumo specifico di alcool si può poi notevolmente abbassare sfruttando la resistenza alla compressione dell'alcool, e cioè aumentando il rapporto di compressione dei motori. Nei motori raffreddati ad aria il comportamento dell'alcool sotto questo aspetto è meno buono.

Poiché all'alcool usato da solo manca la caratteristica della sostituibilità con la benzina, fino ad oggi esso ha trovato impiego prevalentemente in miscele, per l'uso delle quali non occorre apportare modifiche sostanziali all'alimentazione e che perciò si possono adoperare indifferentemente in luogo della benzina.

L'elevata resistenza alla detonazione di queste miscele e il rendimento termico, dovuto a una temperatura più bassa del ciclo, permettono di non superare, nei motori moderni a elevato rapporto di compressione, i consumi specifici che si hanno con le benzine; inoltre l'elevato calore latente di evaporazione permette l'ottenimento di potenze elevate.

Siccome l'alcool etilico a 95°, che si ottiene distillando liquidi provenienti dalle fermentazioni, non si mescola alla benzina nelle proporzioni più convenienti per le miscele carburanti, occorre impiegare un terzo solvente come benzolo, etere, o alcoli superiori.

Tra le miscele ternarie di questo tipo ricorderemo quella impiegata dal R. Esercito nel 1917, costituita da alcool a 95° 70%, benzina 20%, etere etilico 10%; una miscela sperimentata in Inghilterra composta di alcool a 95° 84%, benzina 12,75%, etere etilico 3%, olio lubrificante 0,25%; l'alcool-gas usato in America, costituito da 40% di alcool etilico, 35% di benzina, 17% di benzolo e 8% di etere; infine nell'Unione Sudafricana si impiegò per un certo tempo una miscela nella quale era esclusa la benzina, la Natalite, costituita da 54% di alcool a 95°, 45% di etere etilico e 1% trimetilamina, quest'ultima con lo scopo di neutralizzare l'acidità che può eventualmente formarsi. Una miscela simile, a minor tenore di etere (30%), è stata usata in Italia sotto il nome di Etal.

Delle miscele ternarie benzina-alcool-benzolo in Germania si è usata la Monopolina, contenente 40-50% di alcool a 95°, 30-40% di benzina e 20% di benzolo.

Tali miscele sono tutte ricche di alcool e richiedono una regolazione del carburatore diversa da quella per il funzionamento a benzina, e cioè una maggiorazione del getto e un appesantimento del galleggiante.

Si è cercato, perciò, di preparare miscele sostituibili alla benzina senza mutare la regolazione del carburatore, e quindi miscele a basso tenore in alcool, tra il 10 e il 25% (miscele binarie benzina-alcool e ternarie benzina-alcool-benzolo). Siccome in queste proporzioni l'alcool si mescola alla benzina solo se anidro, si è dovuto preparare industrialmente alcool a una gradazione superiore a 99°0 (v. alcool, App.).

In favore di queste miscele militano anche i risultati di prove che hanno dimostrato che la curva del rendimento di un motore in funzione del tenore in alcool della miscela passa per un massimo per miscele intorno al 20%.

Ecco i risultati ottenuti con un motore Ricardo (monocilindro a compressione variabile) che mostrano i vantaggi che si hanno impiegando benzina con una piccola percentuale di alcool.

Questi risultati sono confermati da numerose prove su strada. Bisogna da questo concludere che il minor potere calorifico è compensato da una migliore utilizzazione delle calorie svolte.

Queste miscele presentano inoltre un comportamento migliore nei motori che funzionano a elevata compressione in virtù del loro alto potere antidetonante.

Ecco come aumentano i numeri di ottano di due benzine per aggiunta di alcool:

Oggi si può affermare che in tutti i paesi dove si consumano grandi quantità di alcool come carburante, esso viene adoperato anidro, in miscela con benzina (ed eventualmente benzolo).

In Italia la legge 17 febbraio 1936, n. 342, stabilisce in via di massima l'aggiunta del 20% in volume di alcool assoluto alla benzina importata o prodotta (v. anche alcool, App.).

In Germania e in Francia si adoperano invece oggi miscele con solo 10-13% di alcool etilico.

5. Alcool metilico (metanolo). - Già da molti anni l'alcool metilico venne usato in carburanti speciali per corse automobilistiche, dove le possibilità di sviluppare maggiori potenze è un fattore di maggiore importanza che non il consumo e il costo del carburante. A tale scopo vennero anche usate miscele ad alto tenore di alcool metilico, talvolta superiori al 50%.

L'elevato calore di evaporazione dell'alcool metilico (v. la tabella a p. 360, 1ª col.) causa un fortissimo raffreddamento dell'aria nella carburazione, che ha l'effetto di aumentare il peso dell'aria carburata aspirata dal motore e quindi di aumentarne la potenza; rende necessarî però degli speciali dispositivi per la carburazione con carburanti ricchi in metanolo.

Per ciò che riguarda la resistenza a rapporti di compressione elevati, i risultati dei diversi sperimentatori si possono dividere in due categorie; alcuni, tra i quali Ricardo, trovano che l'alcool metilico non sopporta compressioni elevate perché dà luogo al fenomeno dell'autoaccensione; altri invece hanno potuto spingere il rapporto fino a 14. La spiegazione di questa divergenza sta nei diversi tipi di motori usati; l'impiego dell'alcool metilico richiede che i motori siano molto bene raffreddati, e che marcino a un elevato numero di giri, affinché la miscela non possa riscaldarsi fino alla temperatura di autoaccensione; queste condizioni si raggiungono più facilmente nei motori in cui i cilindri hanno piccola capacità, sia perché questi possono girare più velocemente, essendo minore l'inerzia delle masse in moto alterno, sia perché in essi è maggiore il rapporto fra superficie e volume del cilindro e quindi più rapida risulta l'evacuazione di calorie attraverso le pareti del cilindro, esternamente raffreddate. Qualora siano eliminate le cause, qualunque esse siano, dell'autoaccensione, l'alcool metilico si comporta come un carburante antidetonante, migliore sotto questo aspetto dell'alcool etilico. Infatti si è trovato che per portare a 80 il N. O. di una benzina a N. O. 66, occorreva il 10% di metanolo, ovvero il 26% di alcool etilico.

Il metanolo presenta però l'inconveniente di un basso potere calorifico. Il calore inferiore di combustione che sviluppa un litro di metanolo vaporizzato è, poco più della metà di quello della comune benzina. Ne deriva che, pur sviluppandosi nel motore potenze uguali o maggiori, il consumo di carburante per unità di potenza sviluppata è nel caso dell'alcool metilico puro, dal 50 al 90% superiore, a seconda del rapporto di compressione del motore, a quello della benzina. Il suo impiego da solo risulterebbe perciò proibitivo, a meno che il suo prezzo per sgravî fiscali non dovesse risultare notevolmente inferiore a quello degli altri carburanti.

Per tali ragioni l'uso dell'alcool metilico, eccettuato il caso di carburanti speciali da corsa, è limitato ora a carburanti misti che non ne contengano più del 20-30%. Con tali carburanti i consumi unitarî in volume risultano praticamente eguali a quelli con la benzina pura.

Per preparare questi carburanti, data la scarsa solubilità del metanolo nelle comuni benzine, è necessario aggiungere un terzo liquido che agisce da legante, ossia che per la sua grande solubilità, tanto nel metanolo che nella benzina, faciliti la miscela di questi ultimi due liquidi. Tra le sostanze che agiscono da legante le più attive sono gli alcoli amilici, esilici e butilici. In grado minore lo sono l'alcool etilico, l'acetale, l'acetone, il benzolo. Ecco una tabella da cui risulta l'efficacia di alcune sostanze come terzi solventi:

Anziché aggiungere un terzo solvente è stata proposta la trasformazione del metanolo in acetale, mediante una reazione di addizione con acetilene; l'acetale è miscibile in tutte le proporzioni alla benzina, ha un potere calorifico utile di 6130 cal./kg. e 5260 cal./litro, un calore latente di evaporazione di 127,5 cal./kg. e un discreto potere antidetonante.

Anche le miscele carburanti a base di alcool metilico si possono dividere in due categorie: le miscele ad alto tenore di alcool metilico, adatte per motori da corsa, in quelle prove in cui il consumo ponderale di carburante non ha importanza, e le miscele a basso tenore, sostituibili alla benzina. Le prime sono carburanti che permettono di raggiungere potenze molto elevate, purché si abbia cura di raffreddare energicamente i cilindri e le testate, per evitare che qualche punto caldo, all'interno della camera di scoppio, provochi delle autoaccensioni.

Tra le miscele di questo tipo, ricorderò la miscela usata dalle Rolls Royce in Inghilterra, costituita da metanolo 60°, benzolo 30% e acetone 10%; la miscela Dumanois, 70% di metanolo, 15% di etanolo e 15% di benzolo; la miscela metanolo 65%, benzolo 15%, etere, acetone e benzina 20%. Anche la miscela metanolo 30% benzolo 70% si può riguardare, malgrado il tenore più basso in alcool, come una miscela da corsa, ed è adoperata per le motociclette.

Le miscele in cui il metanolo entra in piccola proporzione, possono sostituire la benzina, senza dare luogo ad aumenti di consumo. Come con le miscele ad alcool etilico, si deve ritenere che il miglior rendimento termico compensi il potere calorifico minore. Carburanti di questo tipo sono ottenuti mescolando 15% di metanolo a benzina arricchita di benzolo: queste miscele sono simili a quelle a 20% di alcool etilico e 80% di benzina. In quest'ultima miscela poi si può sostituire il 10% dell'alcool etilico (cioè circa il 2% della miscela) con alcool metilico. Questa miscela è stata adoperata in Germania in sostituzione della binaria 80-20, e ora è prescritto un carburante costituito da 90% di benzina e 10% di una miscela di 2/3 di alcool e 1/3 di metanolo.

Una miscela che si presenta come intermedia tra i due tipi sopra ricordati, è la miscela Robur, usata per qualche tempo in Italia, costituita da 48% di benzina, 32% di alcool etilico e 20% d'alcool metilico, miscela adatta per i motori delle macchine da turismo, che dà luogo a consumi maggiori della benzina in relazione con il più basso potere calorifico, ma che, con una regolazione opportuna del carburatore, assicura un ottimo funzionamento del motore.

6. Altri carburanti liquidi. - Molte altre sostanze organiche si potrebbero bruciare nei motori a scoppio, ma il loro prezzo ne vieta l'uso. Tuttavia un piccolo numero di prodotti si può ritenere interessante per l'elevato potere antidetonante, in vista della preparazione di carburanti avio a numero di ottano 100. Tali sono l'etere isopropilico, che si prepara dal propilene contenuto nel gas di pirogenazione e che ha un potere antidetonante superiore all'isoottano, a cui si fa preferire anche per la maggiore volatilità, mentre invece gli è inferiore per il potere calorifico che è minore di circa il 10 per cento.

Anche i chetoni (acetone, metil etil chetone), che possono essere ottenuti dai gas di pirogenazione, o anche per fermentazione di prodotti agricoli, e per sintesi, possono essere usati per i carburanti a N. O. 100, per il loro potere antidetonante elevato e la buona suscettibilità al piombo tetraetile.

Ecco le caratteristiche antidetonanti di questi chetoni e delle loro miscele:

Anche per questi prodotti il potere calorifico è inferiore a quello degli idrocarburi.

Carburanti gassosi. - Mentre i succedanei liquidi della benzina si possono adoperare nei veicoli costruiti per il funzionamento a benzina, senza alcun adattamento o con modificazioni solo di dettaglio, l'impiego dei combustibili gassosi richiede una speciale attrezzatura, pur senza che si rendano necessarie modifiche del motore.

I carburanti gassosi furono adoperati prima del 1900 e poi di nuovo durante la guerra. I gas venivano immagazzinati in involucri di stoffa impermeabile, il che portava a un notevole ingombro e a una limitata autonomia. Attualmente il gas, che può provenire dalla distillazione del carbone o della lignite, o dalle manifestazioni gassose naturali, viene immagazzinato in bombole a pressione elevata, 150-200 atmosfere. Il peso di queste ha un'importanza decisiva sullo sviluppo dell'autotrazione a gas, per cui si è cercato di ridurlo ricorrendo ad acciai speciali e anche a speciali criterî costruttivi: i progressi compiuti in questo campo risultano dalla seguente tabella:

Il peso morto per unità termica sviluppata, varia naturalmente da gas a gas a seconda del potere calorifico. Ecco il peso carburante più serbatoio per 1000 calorie fornite dai diversi gas e, per confronto, dalla benzina e mediante gassogeno.

Il peso delle bombole limita naturalmente l'autonomia del veicolo e il suo carico utile.

Ecco, impiegando metano, il sovraccarico che si dovrebbe imporre ad un autocarro Fiat 635 R avente carico utile di 4 tonn., con varî tipi di bombole e per un'autonomia di 150 e di 300 km.

Il potere calorifico, che si suole riferire al mc., è in relazione con il consumo, e quindi, a parità di tipo di bombole, con il peso morto legato a una determinata prestazione.

Nella seguente tabella, oltre al potere calorifico di qualche gas, figurano i consumi e i pesi morti - combustibile più serbatoio - sia nel caso di gas sia nel caso della benzina, per HP/ora.

Il rendimento termico dei carburanti gassosi è migliore e ne è indizio il minor consumo di calorie in confronto a quello con carburanti liquidi. Le potenze sono invece inferiori a quelle ottenibili con benzina a parità di mezzi d'utilizzazione. E ciò perché, in primo luogo, il potenziale termico inferiore è più basso in confronto alle cifre date per la benzina. Infatti, il potenziale del metano è 808 quello del gas di città 810.

In secondo luogo l'assenza di evaporazione non causa il raffreddamento, che nel caso dei carburanti liquidi fa aumentare il peso di miscela introdotta nel cilindro; inoltre la combustione si propaga più lentamente. Tuttavia aumentando la turbolenza, dando una forma opportuna alla canalizzazione di ammissione e aumentando la compressione del motore è facile portare le potenze a uguagliare quelle ottenibili con benzina.

Le bombole vengono sistemate di solito tra i longheroni del telaio; in loro vicinanza si pone un collettore in ferro o d'acciaio con tante imboccature filettate quante sono le bombole. Ad una estremità del collettore si adatta un rubinetto e da questo si ricaricano le bombole, avendo l'esperienza dimostrato che è più pratico fare i rifornimenti ricaricando le bombole, anziché cambiando le bombole vuote con quelle piene; all'altra estremità del collettore è collegato il riduttore di pressione che serve a portare il gas dalla pressione a cui si trova nelle bombole, ad un valore vicino alla pressione atmosferica e costante, non dipendente cioè dalla pressione che regna nelle bombole. I riduttori sono essenzialmente di due tipi: a pressione, i quali erogano il gas a pressione leggermente superiore all'atmosferica, ed a depressione, che lasciano passare il gas solo in virtù della depressione causata dall'aspirazione del motore. Dal riduttore il gas passa al miscelatore, che sostituisce il carburatore, e assicura la miscela del gas carburante con l'aria nelle proporzioni volute.

Le modifiche al motore non sono indispensabili, ma servono ad eliminare la piccola perdita di potenza, che comporterebbe sia l'uso del gas, per il minore potenziale termico, sia il fatto che manca l'effetto termico del calore latente di evaporazione dei carburanti liquidi. È opportuno dunque aumentare il rapporto di compressione fino a 8, aumentare la sezione del collettore di aspirazione e sopprimere ogni eventuale dispositivo per il preriscaldamento delle miscele.

Benché la carburazione a gas sia generalmente più economica di quella con carburanti liquidi, essa è assai poco diffusa; la necessità dell'impiego di bombole, con i pericoli che si teme vi siano collegati e la limitazione del raggio di un veicolo dovuto al forte peso morto, sembrano le cause di questa situazione.

Il metano è certamente il gas che più si presta per il suo elevato potere calorifico; esso però presenta rispetto al gas illuminante l'inconveniente di dare con l'aria miscele infiammabili entro limiti di composizione più vicini, il che necessita l'impiego di un miscelatore appositamente studiato per una regolazione accurata. Si tratta però di una questione tecnica già superata.

Un carburante gassoso, che per la modalità dell'impiego si distingue dagli altri, è il gas Blau, così chiamato dal nome di chi ne propose l'impiego. Il gas Blau è un gas d'olio opportunamente frazionato, composto principalmente da etilene, e che ha la stessa densità dell'aria; è sfruttata questa proprietà, impiegandolo nelle aeronavi; appena i serbatoi si vuotano vengono riempiti d'aria in modo che l'equilibrio dell'aeronave non risulti turbato. Altro carburante gassoso che merita una menzione a parte è l'idrogeno per l'interesse speciale che presenta la sua preparazione, in relazione con lo sfruttamento dell'energia di supero delle centrali elettriche e per gli elevati rendimenti termici che esso permette di raggiungere nei motori; l'impiego dell'idrogeno è però ancora in fase sperimentale.

Carburanti solidi. - Anziché impiegare carburanti gassosi precedentemente preparati e compressi in bombole, si possono preparare i gas combustibili, di mano in mano che servono, a bordo dell'autoveicolo stesso. Ciò si fa bruciando in maniera incompleta un combustibile solido in un gassogeno, ottenendo un miscuglio composto principalmente di ossido di carbonio e azoto, noto con il nome di gas di gassogeno o gas povero. Il gas viene privato del pulviscolo e del catrame che contiene, raffreddato e infine mescolato ad aria e inviato nei cilindri del motore.

Come combustibile si adoperano legna, carbone di legna, antracite, semicoke di lignite, di torba e di carbone (v. gassogeno, App.).

Carburanti per motori Diesel.

Proprietà. - Nei motori Diesel si adoperano combustibili liquidi; ancora nella fase sperimentale è l'impiego di carbone polverizzato e di carburanti gassosi, quali l'idrogeno.

Diamo in calce alla pagina una classifica americana di olî Diesel, adatti per diversi tipi di motori, da quelli veloci a bassa compressione, usati negli autoveicoli, a quelli lenti a elevata compressione, usati negli impianti fissi.

Il punto di scorrimento deve essere sufficientemente elevato perché non si abbiano depositi nelle canalizzazioni.

Nei climi freddi si possono richiedere anche temperature di scorrimento più basse, ma quando si scende al di sotto di −12° non si possono pretendere i minimi di viscosità richiesti per gli olî 1 D e 3 D.

La viscosità è in relazione con il regolare funzionamento della pompa d'iniezione: una viscosità bassa può portare a perdita di combustibile, una viscosità troppo alta può provocare la carbonizzazione dell'olio sui fori d'uscita dell'iniettore.

La volatilità, che spesso non è specificata può variare fra limiti vasti: di solito il 10% distilla tra 150° e 300°; il 90% fra 250° e 400°; una volatilità più elevata comporta il pericolo d'infiammabilità; una maggior percentuale di residui pesanti, può portare facilmente a condensazioni sulle pareti del cilindro, con conseguente formazione di residui carboniosi.

Gli olî 1 D sono raccomandati per motori a iniezione meccanica e con numero di giri al minuto superiore a 1000; gli olî 3 D per motori a iniezione meccanica e numero di giri compreso tra 360 e 1000; gli olî 4 D per motori ad iniezione con aria e non più di 400 giri al minuto e per motori a iniezione meccanica e non più di 240 giri per minuto, e con dispositivo di riscaldamento; gli olî 5 D per motori a iniezione con aria e non più di 240 giri per minuto; infine gli olî 6 D non sono generalmente usati per motori Diesel, senza l'autorizzazione del fabbricante dei motori.

La tendenza a dare residui può derivare oltre che dalla percentuale di prodotti pesanti, dalla loro natura. Il saggio di Conradson, che è una carbonizzazione dell'olio in assenza d'aria e si esegue mediante l'apparecchio illustrato alla fig. 2, serve appunto a dare una misura dell'entità di residui carboniosi che dà un olio sottoposto al riscaldamento in condizioni determinate. La temperatura d'infiammabilità ha importanza per la sicurezza dei depositi.

Un certo interesse hanno i poteri calorifici: il potere calorifico inferiore riferito all'unità di volume è in relazione, oltre al consumo in volume, anche alla potenza ottenibile con una data regolazione della pompa d'iniezione. I carburanti usuali hanno un potere calorifico inferiore di oltre 10.000 calorie. Sono soprattutto le differenze di densità (0,83-0,93) che influiscono sulle variazioni del potere calorifico riferito all'unità di volume, le quali possono essere dell'ordine del 10%. Si hanno anche olî di densità più elevata, ma essi non presentano buona qualità d'ignizione. Per "qualità di ignizione", che è misurata dal numero di cetano, o di cetene, s'intende la facilità ad accendersi nelle particolari condizioni in cui il combustibile viene a trovarsi nel cilindro di un motore Diesel. La qualità di ignizione è in relazione con la facilità di partenza e la regolarità di marcia.

Quando gli olî vengono iniettati nel cilindro, essi non si accendono subito, ma presentano un certo ritardo d'accensione; quanto maggiore è questo ritardo, tanto maggiore è la quantità di olio che viene a trovarsi nel cilindro al momento dell'inizio della combustione, e quindi tanto più brusco è l'aumento di pressione. Ciò porta a una marcia dura e a una maggiore usura del motore.

La qualità d'ignizione viene vagliata in un motore Diesel dal ritardo d'accensione, che si misura con un indicatore di ciclo, o dalla compressione minima necessaria per l'accensione del combustibile, e viene espressa in numeri di cetano. Per numero di cetano s'intende la percentuale in volume di cetano che con α-metil naftalina dà una miscela che ha la stessa qualità d'ignizione del carburante in esame.

Il numero di cetano di un olio è tanto più alto quanto più basso è il suo numero di ottano.

La sensibilità alla qualità d'ignizione è maggiore nei Diesel leggieri e veloci a bassa compressione, ed è anche funzione della forma della camera di scoppio.

Prodotti impiegati. - Gli olî impiegati nei motori Diesel provengono per lo più dal petrolio; sono in genere (olî 1 D e 3 D) distillati, ma possono servire, specialmente per Diesel pesanti, residui di distillazione. I greggi paraffinici forniscono i migliori olî per Diesel. I residui di cracking e gli olî di catrame hanno invece un basso numero di cetano. Buoni succedanei dei derivati del petrolio possono essere gli olî di scisto e gli olî vegetali, i quali ultimi dànno luogo però ad un consumo maggiore in relazione con il minor potere calorifico.

Industria dei carburanti.

Il prodigioso sviluppo dell'automobilismo negli ultimi 25 anni e l'affermarsi dell'aeronautica come strumento di civiltà in pace e arma potente in guerra hanno fatto assumere ai carburanti una grande importanza nella vita delle nazioni. Si è imposto quindi ben presto all'attenzione degli studiosi l'assillante problema della produzione di carburanti, in quantità sufficienti; a ciò finora si è giunti sia aumentando l'estrazione del petrolio sia ottenendo da quest'ultimo una maggiore percentuale di benzina con i processi di pirogenazione e di idrogenazione. Inoltre la necessità di rendere il rifornimento di carburanti indipendente dalle circostanze politiche ha indotto i paesi privi di adeguate risorse petrolifere a ricorrere ad altre materie prime, carbone, lignite, scisti o rocce bituminose, per ottenere benzine e ad impiegare come carburanti altre sostanze come il benzolo, l'alcool etilico e l'alcool metilico.

Questo lato della questione non ha mancato di interessare anche i paesi ricchi di petrolio, sia per la possibilità di un esaurimento dei giacimenti petroliferi che potrebbe essere non lontano, sia per altre ragioni di ordine interno (es., impiego dell'alcool per favorire le classi agricole).

Mentre fino a 40 anni fa la benzina veniva in gran parte distrutta nelle raffinerie di petrolio, intente solo a valorizzare i prodotti più pesanti, petrolio illuminante e lubrificanti, negli anni successivi ne crebbe la richiesta e divenne il prodotto principale del petrolio. Si cercò quindi di accrescerne la produzione e già nel 1914 la quantità di benzina prodotta dalle raffinerie americane superava quella di petrolio illuminante.

Oggi per aumentare la quantità di benzina ricavabile dai pozzi petroliferi si seguono principalmente due vie: 1. le frazioni pesanti del petrolio vengono trasformate in prodotti leggieri mediante l'azione della temperatura (processi di pirogenazione).

2. I vapori di idrocarburi contenuti nei gas naturali, sono captati mediante lavaggi con olî pesanti, o sfruttando il potere adsorbente dei carboni attivi, oppure condensandoli con l'azione della pressione e del raffreddamento.

L'aumento della percentuale di benzina così ottenuta dal petrolio risulta dalle seguenti cifre che si riferiscono agli Stati Uniti.

Nel 1936 la benzina ottenuta negli Stati Uniti risulta così suddivisa:

Nel 1937 si calcola che la produzione mondiale di petrolio sia stata di circa 285 milioni di tonnellate da cui si sarebbero ottenuti 88 milioni di tonn. di benzina di cui circa 40 milioni di benzina di cracking.

Accanto ai processi sopra ricordati si affacciano ora quelli che realizzano la trasformazione di idrocarburi gassosi in idrocarburi liquidi.

I processi sono termici o catalitici e portano ad una polimerizzazione degli idrocarburi non saturi. Questi sono contenuti nei gas provenienti dagl'impianti di pirogenazione e la loro percentuale può essere aumentata mediante una pirogenazione o una disidrogenazione catalitica. Con questi metodi si possono trasformare in miscele di idrocarburi non saturi, gli idrocarburi saturi che costituiscono i gas naturali.

Quantitativamente l'applicazione di questi sistemi è appena agli inizî, ma secondo una stima si potrebbero ottenere 40 milioni di tonnellate di benzina, cioè quasi il 50% della produzione attuale.

I processi termici possono essere in una o più fasi.

Nel processo unitario i gas vengono riscaldati tra 500° e 600° a una pressione compresa tra 70 e 210 kg./cmq.

Nel processo multiplo i gas vengono prima trattati tra 480° e 540° a una pressione che va da 40 a 60 kg./cmq. e dopo separazione dei prodotti liquidi formati, i gas vengono riscaldati al di sopra di 700° e poi polimerizzati tra 630° e 700° a una pressione di 3-4 kg./cmq.

Nel processo catalitico si impiegano argille imbevute di acido fosforico ed i gas non saturi vengono polimerizzati a 15 kg./cmq. circa e a 200-250°.

Particolarmente interessante è la polimerizzazione selettiva dell'isobutilene che si può ottenere con il processo catalitico sopra esposto, oppure a temperatura inferiore a 100° e pressione atmosferica, ricorrendo ad altri agenti catalitici (acido solforico, acido cloridrico più allumina). Si ottiene per questa via di-isobutilene, che per idrogenazione dà l'isoottano. Un'altra via per ottenere direttamente isootano è la unione diretta dell'isobutilene con l'isobutano, reazione che non viene ancora sfruttata industrialmente.

Mancando il petrolio, alcuni paesi applicarono i loro studî allo sfruttamento di altre materie prime: tra queste principalmente il carbone, le ligniti, gli scisti e le rocce bituminose.

Dal carbone e dalle ligniti si possono ottenere olî carburanti per idrogenazione, per gassificazione seguita da sintesi e per distillazioni a bassa e alta temperatura.

L'idrogenazione del carbone e della lignite si pratica su scala industriale in Germania e in Inghilterra dove la potenzialità degli impianti (1937) sarebbe la seguente:

Il processo che viene sfruttato è quello che, originato da Bergius (v. benzina, VI, 662), è stato poi sviluppato dalla Interessen Gemeinschaft für Farbenindustrie (Germania) e dalla Imperial Chemical Industries (Inghilterra).

Nel 1930 intervenne un accordo tra la I. G. Farbenindustrie, proprietaria dei brevetti Bergius, e la Standard Oil di New Jersey, cui poi si unirono la Imperial Chemical Industries e la Shell Royal Dutch, e recentemente (1936) la nostra Azienda Nazionale Idrogenazione Combustibili. Queste cinque società si scambiano le informazioni ottenute nello studio di processi di idrogenazione e possono sfruttare reciprocamente i brevetti presi in questo campo.

I processi di idrogenazione applicati ai carboni e agli olî pesanti per ottenere benzine, trovano la loro giustificazione nel tenore di idrogeno più elevato dei prodotti leggieri, rispetto a quelli pesanti.

La figura 3 ci dà un diagramma in cui figurano i rapporti

in funzione delle temperature di ebollizione.

Il processo di idrogenazione del carbone si realizza oggi nel modo seguente: il carbone, dopo essere stato lavato per ridurre il tenore di ceneri (fino a 2,5% nell'impianto inglese di Billighan) viene polverizzato e mescolato con un catalizzatore (un composto di stagno) e con un olio pesante e, dopo preriscaldamento, viene inviato in un primo convertitore, dove a 200-300 atmosfere e circa 450° avviene la liquefazione del carbone.

L'olio ottenuto, separato dai prodotti solidi, viene distillato in modo da ottenere tre frazioni, la benzina, l'olio medio e l'olio pesante; l'olio pesante viene alleggerito in un secondo convertitore dove l'idrogenazione avviene in condizioni sostanzialmente uguali a quelle del primo convertitore, in modo da avere ancora una frazione di benzina e una d'olio medio, che si uniscono a quelle precedentemente ottenute, mentre l'olio pesante, residuo di questa seconda operazione, serve per impastare del nuovo carbone.

L'olio medio viene inviato in un terzo convertitore, dove l'idrogenazione avviene in condizioni di temperatura e di pressione non molto dissimili, ma in fase di vapore, su catalizzatori fissi, spesso a base di solfuro di molibdeno; qui l'olio medio si trasforma in benzina. Si ha anche una certa produzione di idrocarburi gassosi da cui si può ripristinare l'idrogeno per reazione con vapore d'acqua.

Diamo un diagramma (fig. 5) da cui risultano le varie operazioni complete ed uno schema (fig. 4) che si riferisce all'idrogenazione in fase liquida del carbone.

Per l'idrogenazione di prodotti liquidi, si fa a meno della prima idrogenazione, come nel diagramma è indicato per l'olio di creosoto.

Per 1 tonn. di benzina occorrono circa 1,6 tonn. di carbone, e tenendo conto del carbone consumato per la produzione dell'idrogeno e dell'energia occorrente, 4-5 tonn. o 10-12 tonn. di lignite.

Anziché idrogenare direttamente il carbone, si possono idrogenare gli estratti che si ottengono sottoponendo il carbone all'azione di solventi (fenoli, derivati della naftalina) secondo il processo Pott e Brocke, a circa 400°; con questo processo si porta in soluzione fino all'80-90% del carbone. Per evaporazione del solvente si ottiene un residuo fusibile e privo di ceneri che si può idrogenare più facilmente del carbone.

Il processo per gassificazione e successiva sintesi della benzina da ossido di carbonio e idrogeno è dovuto a Fischer e Tropsch. La miscela di ossido di carbonio e idrogeno, accuratamente depurata dei composti solforati, viene inviata a pressione atmosferica e a 200° su catalizzatori a base di cobalto, nichel o ferro, in convertitori costituiti in maniera da dissipare facilmente il calore prodotto dalla reazione. Si formano miscele di idrocarburi saturi e olefinici dal metano alle paraffine. Si preferisce ora condurre la sintesi in due tempi, separando dopo la prima fase i prodotti formati e avviando il gas residuo alla seconda fase, in cui la pressione è più elevata (fino a 10 atmosfere). Si aumentano i rendimenti in prodotti condensabili che raggiungono, per mc. di gas, costituito di 2 parti di idrogeno e di 1 parte di ossido di carbonio, 130 gr. Di questi 1/3 è costituito da benzina, di basso numero di ottano, mentre l'olio Diesel, che costituisce anche circa 1/3, ha un elevato numero di cetano (superiore a 100). Alla fine del 1937 la potenzialità degli impianti di sintesi era in Germania di 250.000 tonn.

I processi di distillazione dei combustibili ad alta e bassa temperatura (v. combustibili, X, p. 917) portano alla produzione di catrame, da cui per cracking e idrogenazione si ottengono olî carburanti. La distillazione a bassa temperatura produce catrame primario, superiore, per lo scopo, a quello che si ottiene dalla distillazione ad alta temperatura. In Germania il processo a bassa temperatura è applicato alle ligniti; in Inghilterra ai carboni fossili. Dalla distillazione ad alta temperatura si ottiene il benzolo di cui abbiamo visto le caratteristiche come carburante.

Ecco il consumo del benzolo come carburante nei paesi europei:

Altri materiali che presentano un grande interesse come fonti di carburanti sono le rocce asfaltiche e gli scisti bituminosi. Questi minerali hanno generalmente un contenuto in sostanza organica combustibile che non supera un terzo del peso totale e molto spesso non arriva neppure al 10%. Per questa ragione non si possono impiegare convenientemente come combustibili diretti; e se si eccettuano le rocce asfaltiche che servono alla pavimentazione stradale, non hanno alcuna applicazione. Per distillazione dànno degli olî che servono egregiamente a sostituire il petrolio; e perciò a produrre benzina, petrolio illuminante, lubrificanti e paraffina (nel caso degli scisti). Giacimenti enormi di scisti esistono negli Stati Uniti (Colorado e Utah) e in molti altri paesi, in alcuni dei quali si è sviluppata tale industria: Scozia, Estonia, Manciuria. L'Italia ha vasti giacimenti a Ragusa, negli Abruzzi e presso Frosinone. A Ragusa esistono impianti di distillazione: nei forni impiegati viene trattata la roccia al 6% di bitume e si ricava circa il 4% di olio, mentre il resto brucia per fornire il calore necessario alla distillazione. Attualmente sono in costruzione nuovi moderni impianti.

Un altro succedaneo della benzina che si ottiene da materie prime minerali è l'alcool metilico (v. XXIII, 91, e App.).

Dal regno vegetale proviene invece l'alcool etilico (v. II, 256, e App.). Ecco le produzioni che si possono ottenere da varî prodotti vegetali.

A queste piante alcooligene occorre aggiungere le sostanze di natura cellulosica, in prima linea il legno, che, sottoposte ai processi di idrolisi e successiva fermentazione, possono produrre alcool: da una tonnellata di sostanze legnose si possono ottenere, mediante il processo Schoeller, le quantità d'alcool indicate dalla tabella in calce a questa colonna. La trasformazione avviene per azione di acido solforico diluito sulla cellulosa.

Un altro processo che porta a rendimenti più alti in quanto realizza la trasformazione integrale della cellulosa in zuccheri fermentabili è il processo Bergius secondo il quale si opera a freddo usando acido cloridrico concentrato.

L'uso dell'alcool etilico come carburante risale ai primordî dell'automobilismo, e già fin da allora, anzi, contese il passo alla benzina.

Nel 1901 e 1902 furono istituite in Francia corse per automobili azionate ad alcool e nella Parigi-Rouen e Parigi-Roubaix queste vetture, con modifiche secondarie al carburatore, raggiunsero i 70 km. all'ora, velocità notevole per quell'epoca. In Germania, tra il 1896 e il 1906 da esperienze di confronto, tra benzina e alcool, risultò che, innalzando il rapporto di compressione fino a 10, i motori si potevano azionare economicamente con alcool, malgrado il suo basso potere calorifico. In seguito l'uso dell'alcool decadde per ragioni economiche e anche di disponibilità, dato l'incremento prodigioso dell'automobilismo e solo durante la guerra mondiale ebbe una sensibile ripresa, per raggiungere di recente le cifre cospicue della tabella qui sotto.

Molte sono le sostanze vegetali che si prestano alla trasformazione in carburanti. Si possono ottenere prodotti simili alla benzina per distillazione o per cracking, accompagnato o no da idrogenazione, di olî ottenuti per spremitura da semi oleosi, o di prodotti resinosi varî, quali il caucciù e il lattice di euforbia. La convenienza di questi processi che sono rimasti allo stato di esperimento dipende dalla disponibilità e dai costi delle materie prime. In generale sembra che esse potranno avere un campo di applicazione nelle colonie africane.

Bibl.: H. R. Ricardo, The high speed internal combustion engine, 1931; L. Jacquet, Notions récentes sur l'application des carburants, in Chimie et Industrie, 1932, p. 524 segg.; E. Audibert, Les carburants, Parigi 1936; N. Parravano, L'alcool carburante, in Ricerca scientifica, 1931, p. 253; A. Pacchioni, Il problema degli autotrasporti, ibid., 1932, p. 133; Atti del I e II Congr. mond. del petrolio (Londra 1933, Parigi 1937); G. Egloff, The sources of mod. motor fuels, in Atti del II e III Congr. del carbonio carburante, Milano 1932 e Roma 1937; Ch. Berthelot, Carburants de synthèse et de remplacement, Parigi 1936; id., Tecn. et économies nouv. des carburants de synthèse, Parigi 1937; Nash e Howes, The principles of motor fuel preparation a. application, Londra 1938.

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