BULGARIA

Enciclopedia Italiana - V Appendice (1991)

BULGARIA

Sergio Conti
Piero Benetazzo
S. Hadzikossev - Angel Davidov
Elisabetta Borgna
Lajos Németh
Nicola Balata
Angela Prudenzi

(VIII, p. 66; App. I, p. 325; II, I, p. 467; III, I, p. 270; IV, I, p. 321)

Nel 1988 è stata disposta una nuova divisione amministrativa, in base alla quale il paese comprende 9 distretti, divisi a loro volta in unità amministrative di secondo ordine.

Condizioni demografiche e sociali. − La popolazione residente, secondo il censimento del 1985, era di 8.948.649 abitanti con un incremento dell'8,2% rispetto al censimento del 1965, conseguenza dell'ulteriore diminuzione del coefficiente di natalità (passato dal 17,2‰ del 1974 al 13,0‰ del 1987) e dell'aumento di quello della mortalità (dal 9,8‰ al 12,0‰). La popolazione urbana è nel contempo cresciuta ulteriormente (dal 54,7% al 66,4% nello stesso periodo), senza peraltro modificare il tradizionale equilibrio demografico fra centri di dimensione relativamente modesta: a parte Sofia, che nel 1987 concentrava nel suo agglomerato 1.208.200 abitanti, soltanto Plovdiv, Burgas, Pleven, Ruse, Silven, Stara Zagora, Sumen, Tolbuhin e Varna superavano i 100.000 abitanti.

Condizioni economiche. − Se prima del 1970 la pianificazione era basata su principi rigidamente settoriali, da quella data l'accento è stato posto in misura sempre maggiore sulle proporzioni territoriali. A questo obiettivo ha risposto la creazione delle Commissioni regionali di pianificazione e il consolidamento, con l'8° piano quinquennale (1981-85), di una forma di pianificazione che prevedeva, accanto al livello nazionale e settoriale del piano, l'intervento degli organismi prognostici regionali.

Dal punto di vista dei grandi settori dell'economia, a partire dal 1977 l'agricoltura è stata profondamente riorganizzata: l'industrializzazione del settore ha poggiato sulla creazione di complessi agro-industriali, che hanno sostituito le precedenti cooperative e le imprese statali per inaugurare una spinta integrazione verticale del settore. Nella seconda metà degli anni Ottanta, i 296 complessi agroindustriali esistenti (al cui interno si realizzano sia la produzione agricola e l'allevamento che la trasformazione e la vendita dei prodotti) occupavano oltre l'85% dei 4.800.000 ha di terre arabili (600.000 ha riguardavano appezzamenti privati individuali), mentre la popolazione addetta al settore era scesa ulteriormente dal 42% del 1970 al 14% del 1986. Nello stesso periodo i cereali, coltivati soprattutto nella pianura del Danubio, hanno continuato a rappresentare il principale prodotto del paese, sebbene si siano rafforzate le produzioni rivolte all'esportazione, quali girasole, tabacco e, per quanto riguarda l'allevamento, i suini.

Di fronte a un potenziale minerario relativamente consistente (soprattutto carbone nel bacino della Marica e petrolio lungo le coste del Mar Nero), lo sviluppo dell'economia è stato sensibilmente frenato dalla crisi idrica ed energetica, resa più acuta dalle limitazioni imposte dall'URSS nelle forniture petrolifere. Per fronteggiare la situazione il paese ha ribadito un massiccio programma di produzione di energia nucleare (nel 1985 questa fonte copriva già il 30% del consumo) che dovrà fornire entro il 2000 il 60% del fabbisogno energetico. Rimasto pressoché immutato il potenziale di industria pesante (fra cui spiccano il complesso siderurgico Lenin di Pernik e i cantieri navali di Varna), gli sforzi sono stati indirizzati, coerentemente con i programmi d'industrializzazione rurale, a dirigere gli investimenti verso i piccoli e i medi centri urbani.

Commercio e comunicazioni. − Negli ultimi 15 anni la bilancia commerciale bulgara si è progressivamente deteriorata nei confronti sia degli altri paesi del Comecon sia dei paesi occidentali, con i quali nel 1983 realizzava il 23,1% degli scambi commerciali. Se in precedenza il disavanzo veniva coperto mediante il surplus ricavato dagli scambi con i paesi del Terzo Mondo, la crescente importazione di prodotti petroliferi ha ridotto drasticamente l'eccedenza commerciale anche nei confronti di questi ultimi.

Per le condizioni descritte, anche lo sviluppo delle vie di comunicazione è risultato modesto o addirittura negativo: la rete stradale è passata da 30.784 km nel 1972 a 36.908 nel 1987, inclusa la tratta autostradale che unisce Sofia con Plovdiv, Burgas e Varna. La rete ferroviaria è stata ridimensionata dai 6127 km del 1972 ai 4297 del 1987, di cui 2510 a trazione elettrica

Storia. - Quando il 10 novembre 1989 T. Živkov, segretario del Comitato centrale del Partito Comunista Bulgaro (PCB) nonché capo dello Stato, fu costretto alle dimissioni dalla guida del PCB, la sorpresa fu notevole nell'opinione pubblica sia interna che internazionale. Živkov era alla testa del paese dal 1954 (un primato di longevità al potere eguagliato, in Europa, solo da Franco in Spagna) e la sua personalità ha certamente condizionato e plasmato lo sviluppo della B. contemporanea.

Il paese prendeva la strada della democratizzazione secondo uno sviluppo inaspettato e in un certo senso sorprendente. Una settimana prima, guidati dagli ambientalisti del cosiddetto Eco-Glasnot, gruppi di dissidenti avevano manifestato nel centro di Sofia per chiedere libertà e democrazia. Ma si trattava di poche migliaia di persone (non più di 4000), un numero ben lontano da quelle folle tumultuose che, negli stessi giorni, contestavano e premevano sui regimi comunisti. Živkov sembrava dunque poter resistere ancora al vento di liberalizzazione che scuoteva i paesi dell'Est.

Molti osservatori stranieri, per spiegare i risultati sorprendenti della riunione del 10 novembre, parlano di un colpo di palazzo sollecitato da Mosca e organizzato frettolosamente sotto la pressione della caduta, il giorno prima, del muro di Berlino, che rendeva pericolosa e anacronistica per Gorbačëv la sopravvivenza di quell'epigono di ortodossia proprio nel paese più legato a Mosca.

Nel suo lungo discorso di commiato, una specie di autocritica, lo stesso Živkov offriva una chiave di comprensione per il suo brusco allontanamento: egli ammetteva, in sostanza, il suo fallimento nel tentativo di introdurre quelle riforme economiche e politiche che aveva promesso da tempo. Il decentramento e la liberalizzazione dell'economia erano bloccati − come era successo negli altri paesi dell'Est − dalle esigenze di potere dell'apparato e dal timore di sconvolgimenti sociali.

La riforma politica − a cui si era impegnato il Parlamento nell'estate del 1987 − si era limitata a produrre qualche candidato non comunista nelle elezioni municipali del marzo 1988. Un accenno di apertura prontamente bilanciato − in luglio − dall'allontanamento dal CC e dall'ufficio politico dei riformisti più convinti e incisivi e dalla concessione della massima onorificenza del paese ad alcune personalità da tempo radiate dal partito per stalinismo. L'iniziativa di Živkov tendeva dunque a un distacco da Mosca, in una discrepanza insolita e senza molti precedenti nei rapporti tra i due paesi.

La B. è infatti l'unico paese del blocco comunista che non abbia mai conosciuto una grave crisi nelle sue relazioni con il potente vicino, l'unico a non aver vissuto come un'alienazione, una ''ferita'' alle sue tradizioni, alla sua identità culturale, l'egemonia politico-ideologica che veniva da Mosca. Lo stesso Živkov amava dire che i due paesi "hanno un unico sistema circolatorio" e l'enfasi retorica non gli ha mai procurato quell'ostilità e quel sarcasmo che avrebbe suscitato nella popolazione degli altri paesi socialisti. Popoli entrambi slavi, entrambi di religione ortodossa, tra Bulgari e Russi esiste un indubbio rapporto di rispetto e di simpatia (nonostante la B. monarchica si fosse schierata dalla parte di Hitler). I Russi inoltre avevano liberato la B. dall'impero ottomano e dalla dominazione nazista. Rispetto agli altri regimi dell'Est che avevano sempre cercato un minimo di consenso sociale esplorando i limiti dell'autonomia e della diversità concessi da Mosca, Živkov aveva fatto dell'affinità e della lealtà verso i Russi la base del suo regime e della sua ''filosofia politica''. Ne riceveva, in cambio, una massiccia assistenza economica e tecnologica, in particolare un rifornimento energetico privilegiato e costante.

L'industria bulgara ha ricevuto un indubbio vantaggio dal rapporto privilegiato con Mosca: è questo uno dei fattori principali per spiegare il costante sviluppo dell'economia del paese, che ha registrato il periodo di crescita più lungo e consistente fra i paesi del COMECON (superando indenne, grazie ai rifornimenti sovietici, anche la crisi petrolifera dei primi anni Settanta). L'Unione Sovietica resta dunque il partner economico e commerciale più fedele e importante, con cui si svolge la grande maggioranza dell'export-import bulgaro.

Ma la lealtà a Mosca e la mancanza di quei sospetti reciproci che hanno reso spesso problematici i rapporti tra URSS e paesi ''satelliti'', hanno permesso a Živkov un riformismo prudente, ma continuo. Egli ha intensificato i rapporti economici e commerciali con l'Occidente; ha introdotto un livello di privatizzazione nell'agricoltura sconosciuto in URSS (i privati ''coprono'' il 13% dei terreni coltivati e producono un quarto di tutta la produzione agricola); ha potuto infine varare un piano di riforma economica, il NEM, che, fra ritirate e piccole avanzate, ha retto fino alla metà degli anni Ottanta, quando la ''rivoluzione tecnologica'' ha fatto saltare gli stentati equilibrismi produttivi, ponendo i regimi dell'Est di fronte al dilemma tra la loro sopravvivenza e la necessità di riforme economiche e politiche profonde, come unica via per uscire dalla crisi. Anche Živkov, come gli altri leaders dell'Est, preferì evitare decisioni drastiche e radicali e fu dunque costretto a drenare il mercato interno per comperare le nuove tecnologie occidentali e cercare di ridare ossigeno a una struttura economica che diventava sempre più obsoleta. La B., comunque, è riuscita, a scapito del mercato interno, a controllare il suo debito estero (8 miliardi di dollari), uno dei più bassi tra i paesi dell'Europa Orientale.

Il relativo riformismo di Živkov si espresse soprattutto in una certa tolleranza verso il dibattito culturale. Egli stesso amava incontrare gli intellettuali, a cui assegnò stipendi che i suoi critici definiscono "satrapeschi", dando loro uno status sociale che li divise dalla società. Il dissidente G. Markov (che fu ucciso a Londra dalla polizia segreta bulgara) usava dire con sarcasmo che poeti e scrittori "erano pagati non per scrivere, ma per non scrivere". Questa relativa tolleranza impedì comunque il formarsi di un fronte del dissenso ampio e ben organizzato e la protesta rimase, in B., un fenomeno sempre isolato e frammentato.

Per lungo tempo (dal 1972 al 1981) il settore culturale fu affidato da Živkov alla figlia Liudmila, una storica intelligente e preparata che aveva anche frequentato l'università di Oxford. L. Živkova incoraggiò sia un dibattito non convenzionale, sia i rapporti con l'Occidente. E soprattutto impegnò gli intellettuali nella riscoperta della storia e delle tradizioni nazionali, sacrificate all'invadenza dell'ideologia e dei legami con l'Unione Sovietica.

Si riscrisse dunque la storia, si rilegittimarono vecchi eroi del passato, si riabilitarono anche i partiti ''borghesi'' dell'anteguerra e i loro leaders bollati per decenni come ''fascisti e reazionari''. Piena riconciliazione vi fu anche con la Chiesa ortodossa a cui fu ufficialmente riconosciuto il merito di aver difeso i valori nazionali. E così, nelle feste nazionali, i ritratti dei santi Cirillo e Metodio marciavano insieme a quelli di Živkov e degli altri padri fondatori del regime e nel 1981 Chiesa e Stato celebrarono insieme, in modo sontuoso, i 1300 anni della fondazione dello stato bulgaro. Quando, nel 1981, L. Živkova morì improvvisamente (non aveva ancora 40 anni), il dibattito culturale si fece meno vivo e molti intellettuali liberali furono messi in disparte. Ma l'aspetto della rinascita culturale continuò a svilupparsi: serviva ora anche a un regime costretto ad affrontare le prime serie difficoltà economiche e bisognoso quindi di rinegoziare un minimo di consenso con una società inquieta e preoccupata.

L'annotazione può servire a comprendere perché − alla metà degli anni Ottanta − Živkov abbia esasperato l'elemento nazionalistico in una violenta polemica contro la minoranza turca. Quanti siano i Bulgari che si considerano di origine turca è di difficile accertamento, perché, ufficialmente, tale gruppo etnico non esiste: secondo calcoli del Consiglio d'Europa essi sarebbero almeno un milione, cioè il 10% della popolazione. Nel 1985 il regime ordinò ai Turchi di ''bulgarizzare'' i propri nomi, mentre le tradizioni della religione musulmana (circoncisioni, funerali e vestiti) venivano vietate e represse. Si voleva così cancellare ogni traccia della minoranza turca: un provvedimento che in un paese dominato a lungo dagli Ottomani godeva di una sua popolarità. Tanto più che la crescita demografica dell'elemento bulgaro si era fermata (0,1%) mentre quello turco cresceva a un ritmo del 2% e diventava sempre più difficile ignorarne esigenze e diritti.

La polemica con i Turchi si fece dura e violenta nell'estate del 1989, quando essi, incoraggiati dalle spinte democratiche che percorrevano gli altri paesi dell'Est, protestarono con grandi manifestazioni di piazza, violentemente represse. Oltre 2000 Turchi, considerati i leaders della protesta, furono espulsi e in una reazione di panico 310.000 persone abbandonarono in massa il paese, rifugiandosi in Turchia e creando notevoli problemi all'economia bulgara. Il governo ammise di aver perso, in poco più di tre mesi, il 5% della forza lavoro, e specie nelle campagne fu costretto alla mobilitazione civile. La repressione e l'esodo in massa portarono la B. alla ribalta internazionale in una posizione scomoda e criticabile, che, inoltre, non era in armonia con gli interessi di Mosca, timorosa che la crisi facesse da detonatore in una regione delicata come i Balcani, dai confini etnici incerti e dalle fragili emotività nazionalistiche.

La sostituzione di Živkov avvenne praticamente senza alcuna opposizione; gli è succeduto un uomo da anni ai vertici del potere ma dal profilo discreto e incerto: il ministro degli Esteri P. Mladenov. 53 anni, laureato a Mosca, da quasi 20 anni alla guida della diplomazia bulgara, da 12 nell'ufficio politico, Mladenov veniva considerato un tecnico, poco propenso alle esibizioni politico-ideologiche. Negli ultimi tempi si era defilato ancora di più dalla scena perché non condivideva la gestione, esasperatamente nazionalistica, della crisi con la Turchia.

Mladenov si era impegnato, nel suo discorso di investitura, a trasformare la B. "in una democrazia moderna, governata dal diritto" e a "smantellare una volta per sempre il regime". E le promesse sono state mantenute: la Costituzione è stata emendata (abolendo, fra l'altro, il ruolo guida del partito) e sono state sollecitamente varate le leggi sui diritti civili e politici dei cittadini. Mladenov fu in seguito eletto dal vecchio Parlamento presidente della Repubblica, ma fu poi coinvolto in uno scandalo del passato e costretto alle dimissioni.

Un cammino verso la democratizzazione impostato, dunque , ''dall'alto'', guidato dal Partito comunista al potere. E questa caratteristica, più di riforma che di rivoluzione, ha condizionato le prime elezioni libere, svoltesi in due turni il 10 e il 17 giugno 1990. Il Partito comunista, purgato e rinnovato (ha cambiato il nome in Partito socialista) ha giocato con successo la carta della sua nuova credibilità e ha sfruttato abilmente la possente rete di strutture ancora sotto il suo controllo. Ha ottenuto il 47% dei voti e la maggioranza assoluta (211) dei 400 seggi del Parlamento. L'opposizione, unita nell'Unione delle Forze Democratiche (in cui si sono collegati ben 15 partiti) è riuscita a ottenere il 36% e 144 seggi. Quindi è riemerso da un lungo oblio il vecchio partito contadino (Unione Agraria, con l'8% e 16 deputati), uno dei protagonisti del dibattito politico prima dell'avvento del regime comunista. In Parlamento, per la prima volta, sono entrati anche i rappresentanti della minoranza turca, presenti nel Movimento per i diritti e la libertà (6% dei voti e 23 deputati). Ma nell'autunno 1990 si sono manifestati i primi segni di una crisi politica legata al difficile passaggio all'economia di mercato. Il governo di A. Lukanov, in carica da due mesi, si dimetteva alla fine di novembre, sostituito da un gabinetto di coalizione presieduto da D. Popov e formato dal Partito socialista, dall'Unione delle forze democratiche e dall'Unione agraria. Nel febbraio 1991 ha avuto inizio il processo a Živkov, il primo dei leaders comunisti a essere messo in stato d'accusa.

Bibl.: J.D. Bell, The Bulgarian communist party from Blagoev to Zhivkov, Stanford 1985; J.R. Lampe, The Bulgarian economy in the twentieth century, Londra 1986; R. Crampton, The intelligentsia, the ecology and the opposition in Bulgaria, in Current history, 1989, pp. 23-26.

Letteratura. - Nello sviluppo della letteratura bulgara del dopoguerra possono essere indicati tre periodi: 1944-56; 1956-70; dopo il 1970. Tali periodi coincidono in linea generale con i corrispondenti processi di sviluppo della società socialista, ma nello stesso tempo hanno anche un valore autonomo nello sviluppo letterario.

La fioritura del romanzo epico viene spiegata con gli avvenimenti dell'anno rivoluzionario 1944. All'inizio degli anni Cinquanta sono stati pubblicati alcuni romanzi, destinati a conquistare la coscienza del lettore bulgaro. L'autore del romanzo Osădeni duši (1945 "Anime dannate"), lo scrittore D. Dimov, che aveva dichiarato inequivocabilmente i propri sforzi di ''europeizzare'' la narrativa bulgara, ha creato il romanzo sociale Tjutjum (1951, "Tabacco"), che ha suscitato a suo tempo polemiche burrascose per il contenuto innovatore. Un'altra opera notevole di quel periodo è il ciclo storico di D. Talev costituito da quattro romanzi: Železnijat svetilnik (1952, "Il candelabro di ferro"); Ilinden (1953, "Il giorno di S. Elia"); Prespanskite Kampani (1954, "Le campagne di Prespa") e Glasovete vi čuvam (1966, "Sento le vostre voci"). Si tratta di una saga storica imperniata sulle lotte dei Bulgari della Macedonia per conquistare l'indipendenza, che segue la vita di alcune generazioni dal 1830 al 1912. D. Talev è il continuatore della tradizione di I. Vazov, con specifici innesti ispirati al romanzo europeo ''familiare'' della prima metà del Novecento. G. Karaslavov, autore delle novelle Tatul (1938) e La nuora di Jurtalan (1942, trad. it. 1960), ha lavorato oltre vent'anni al romanzo-fiume Gente comune, la cui prima parte è stata pubblicata nel 1952 e la quinta nel 1973. Anche il romanzo di Karaslavov è la saga di una famiglia di contadini vissuta nel periodo tra la prima guerra mondiale e il fatidico 1944.

La variante bulgara di Terre dissodate di Šolochov è la trilogia di S. Z. Daskalov (1909-1985), La strada (1945-1954). È stato attirato dall'onda epica di questo periodo E. Stanev (1907-1979), autore delle novelle Kradecăt na paskovi (1948, "Il ladro di pesche") e Sred Gori i Blata (1960, trad. it. Attraverso boschi e paludi, 1966). Verso la fine degli anni Cinquanta viene pubblicata la prima parte del suo romanzo epico Ivan Kondarev (1958-64), che spicca come una delle più notevoli testimonianze dell'epica bulgara.

Trilogie e quadrilogie compongono anche altri scrittori come P. Slavinski (n. 1909), A. Gouliaski (n. 1914), E. Manov (1919-1984), I. Martinov (n. 1912) e altri. Spiccano inoltre tra i migliori narratori del dopoguerra P. Veginov (1914-1983) e K. Kalcev (1914-1988).

Dopo il 1956, il rinnovamento della vita culturale ha il suo influsso benefico anche nella letteratura. Prima a liberarsi dai dogmi e dai canoni obbligati è stata la lirica. Il quinquennio successivo al 1956 è stato fertile non solo per i giovani che muovevano i primi passi nella poesia, ma anche per scrittori di lunga esperienza.

Tra di loro merita menzione N. Furnadgiev (1903-1968), D. Gabe (1886-1983), E. Bagriana (n. 1893), una poetessa a livello europeo e mondiale; e inoltre D. Panteleev (n. 1901), uno dei poeti più vitali. A questa nuova ondata ha reagito in maniera particolare uno dei poeti moderni bulgari più noti, A. Dalcev (1904-1978), pubblicando una serie di frammenti aforistici, più tardi raccolti in volume (Stihotvorenija i fragmenti, 1974, "Versi e frammenti"). Assai attivo in questo periodo è Lamar (L. Marinov, 1898-1974), assieme al suo amico e maestro G. Milev, uno dei rinnovatori della poesia bulgara.

Dei poeti della generazione che ha preso parte alla resistenza, l'esponente di maggior rilievo è G. Giagarov (n. 1925), autore della raccolta Le mie canzoni (1954) che recupera e rinnova la tradizione della poesia rivoluzionaria bulgara da Botev fino a Vaptzarov. La lirica politicamente impegnata nello spirito di Majakovskij crea in quel periodo il poeta-partigiano D. Metodiev (n. 1924), che riordina la propria arte sulla scia di un'immagine non simbolica, nella quale principi etici e sociali s'intrecciano con esigenze d'ambito individuale. Emergono inoltre i poeti V. Petrov (n. 1920), V. Hancev (1919-1966), B. Dimitrova (n. 1922), R. Ralin (n. 1923), I. Radoev (n. 1928), I. Davidkov (n. 1926).

Della generazione di lirici fiorita dopo il 1956, quella che più tardi sarà denominata ''La generazione di Aprile'', P. Penev (1930-1959), è una delle figure più rappresentative. Le sue raccolte Dobro utro hora (1956, "Buongiorno gente") e Nie ot dvadesetija vek (1959, "Noi del ventesimo secolo") si propongono tra le opere più suggestive della produzione lirica contemporanea.

Nel corso degli anni Settanta notevole livello ha raggiunto la narrativa. In questo periodo si afferma il narratore J. Radičikov (n. 1929), che in maniera originale ha dato un nuovo contenuto al folclore fantastico della B. settentrionale, con le sue raccolte Vodolej (1966, "Acquario"); Baruten bukvar (1969, "Abbecedario-polveriera"); Skalni risunki (1970, "Disegni sulle rocce").

A Radičikov e I. Petrov, maestri della narrativa regionale, saranno doverosamente da aggiungere N. Hajtov (n. 1919), che ha riscosso enorme successo con Divi razkazi (1967, "Racconti selvaggi"), e D. Fucedgiev (n. 1929), autore di Il cielo di Veleka (1963), Il fiume (1974) e Allontamento freddo (1981).

Forte sviluppo nel ventennio 1960-80 trova anche la narrativa connessa alla vita nelle grandi città e ai suoi problemi: autori di spicco sono P. Veginov, A. Guliasciki, A. Nakovski e G. Stoev, e soprattutto B. Rainov, autore della novella Strade in nessuna direzione (1966), e di alcuni volumi di memorie, tra cui Questo strano mestiere, La terza via, Fanale magico.

Tra il 1960 e il 1980 continua a fiorire il romanzo storico. Spiccano Tempo di divisione (1964) di A. Doncev, che narra la conversione forzata dei Bulgari della zona delle montagne Rodopi da parte dei Turchi nel 16° secolo, Il prezzo dell'oro di G. Stoev (1965), Cronache dei tempi burrascosi (1964), Il caso Gem di V. Mutafcieva (1966). S. C. Karaslavov si mette in luce con la trilogia E allora si innalzarono Assenovtzi (1970-74). Di notevole popolarità gode anche la sua trilogia dedicata ai santi Cirillo e Metodio, I fratelli di Salonicco (1978-1980). Molto popolare e letto è anche K. Kalcev (n. 1914), tra le cui opere bisogna citare Due nella città nuova (1964), Racconti di Sofia (1967), i due romanzi dedicati alla rivolta antifascista del settembre 1923, Estate di fuoco (1973) e L'insurrezione (1975). Narratori di discreta levatura sono inoltre V. Popov (1930-1980), autore della raccolta di racconti Le radici (1967) e del romanzo Il tempo dell'eroe (1968); G. Misciev (n. 1935), che con la novella Matriarcato (1967) evidenzia i problemi della migrazione e dello spopolamento della campagna; G. Velicikov (n. 1938), D. Korugiev (n. 1941), L. Petkov (n. 1939).

La drammaturgia segue le idee della lirica e della narrativa bulgara, data anche la frequente coincidenza degli autori.

Bibl.: Antologia della lirica bulgara, a cura di L. Salvini, 2 voll., Roma 1960; L. Borriero Picchio, La letteratura bulgara, Milano-Firenze 1969; Conference on the twentieth century Bulgarian literature, a cura di Ch. A. Moser, Washington 1972; P. Zarev, Panorama na bûlgarskata literatura, 4 voll., Sofia 1973; T. Butler, Bulgarian literature, in AA. VV., Modern Slavic Literatures, New York 1976.

Archeologia. - Negli ultimi dieci anni la ricerca archeologica ha arrecato nuovi dati alla conoscenza storica della B. antica, portando in alcuni casi alla luce reperti di notevole valore artistico, soggetti a una vasta risonanza. Ma soprattutto l'attività degli studiosi si è rivolta alla raccolta e all'elaborazione dei risultati delle ricerche precedenti, svolte molto attivamente nel corso degli anni Settanta, con l'obiettivo di fornire schemi adeguati alla sistemazione cronologica e culturale dei dati archeologici. I maggiori sforzi dei ricercatori sono stati indirizzati, nel campo della preistoria e della protostoria, a far luce su alcuni momenti cruciali e fino a oggi poco noti, come il passaggio tra età della Pietra ed età del Bronzo, nell'ambito del problema tuttora vivo e dibattuto dell'etnogenesi delle popolazioni tracie (significativa la riedizione, nel 1980, dell'opera ormai classica di W. Tomaschek, che ha dato avvio alla ricerca in questo campo); per quanto riguarda l'età storica, si è incrementata soprattutto l'indagine delle fitte emergenze romane, testimoni del ruolo delicato e decisivo delle province di Mesia e di Tracia durante l'età imperiale.

Le testimonianze più antiche risalgono attualmente alla fine del Paleolitico inferiore; tra i siti recentemente studiati, la grotta di Samuilica II con reperti inquadrabili dal Musteriano fino all'Epipaleolitico iniziale. Sono stati inoltre riportati alla luce nuovi siti neolitici (per es. Čavdar, nella regione di Sofia, con resti di strutture abitative; ultimamente molto indagata la valle del fiume Struma) e, dallo studio della ceramica dipinta del Neolitico antico, sono state riconosciute quattro facies culturali sincrone: Karanovo I, Kremnikovci, Kremenik-Anzabegovo, Gradešnica-Cîrcea. L'assetto culturale della B. in età neolitica è stato meglio definito sulla base degli aggiornamenti arrecati alla complessa stratigrafia del sito di Karanovo: posti in connessione con essa, i dati dello scavo del sito tumulare di Kazanlăk hanno permesso di riconoscere un importante centro d'irradiazione culturale durante il Neolitico medio nei bacini dei fiumi Tundža e Maritsa, nella B. centrale (tra i reperti più significativi un grande numero di falciole in corno di cervo testimoniano l'intensità del processo di ''neolitizzazione''). Per il Neolitico recente è stata ultimamente avanzata la proposta di definizione di una ''cultura bulgara occidentale a ceramica dipinta'' sulla base dei materiali del villaggio di Priboj (dip. di Pernet), che caratterizzerebbe, insieme a Gradešnica A1 e Gălăbnik, la prima fase di questa facies.

Recenti studi hanno contribuito alla classificazione dei tipi d'insediamento pre- e protostorici (tell, abitati fortificati, strutture di mercato e pastorali, siti ad assetto urbano), individuando in alcuni casi continuità di vita fra Neolitico ed età del Bronzo. Alle ultime fasi del Neolitico risale l'insediamento di Hlebozadov presso Stara Zagora, correlato alla facies Karanovo IV. Notevoli, per l'età eneolitica, le testimonianze delle miniere di rame nella regione di Stara Zagora, tra le più grandi e più antiche d'Europa, sfruttate dal 4° millennio. Fra i siti più notevoli dell'Eneolitico e dell'inizio dell'età del Bronzo si segnalano i villaggi lacustri di tipo palafitticolo e i tell, come Ovčarovo ed Ezerovo (pertinenti alla fase di passaggio tra Eneolitico e Bronzo Antico sono i reperti dello scavo presso Galatin, regione di Čukata). Continuano inoltre le ricerche nella necropoli eneolitica di Varna, nella quale sono state scavate fino a oggi circa 280 sepolture che hanno consentito l'avvio di studi sulla struttura della società locale di quell'epoca: i dati di questo ricchissimo sito sono stati utilizzati nel tentativo di chiarire i tratti culturali che caratterizzano la lunga e articolata fase di passaggio tra Eneolitico e Bronzo Antico, fase nella quale si tende oggi a ravvisare un nuovo apporto etnico responsabile dell'inizio del processo di etnogenesi delle popolazioni tracie. Dell'età del Bronzo, il cui inizio è oggi fatto risalire da alcuni a una data anteriore al 3200, sono oggi noti alcuni nuovi siti, mentre in altri si sono intensificate le ricerche (per il Bronzo Antico, presso Ezerovo e Djadovo; per la fase tarda, gli abitati di Razkopanica presso Manole, dip. di Plovdiv, e presso Kozlodij, i cui reperti ceramici hanno indotto alla proposta di definizione della cultura di Magoura-Kotzofeni nella B. nord-occidentale, che si può mettere in correlazione con quella di Kotzofeni in Romania e Iugoslavia).

Considerevoli le recenti acquisizioni sull'età del Ferro: per la prima fase (11°-6° sec.) tumuli, dolmen, circoli di pietre, rocce rituali e sacrificali con complesse disposizioni cultuali scoperte nella regione montuosa del Rhodope rappresentano nuove attestazioni della cultura megalitica. Per la fase successiva, lo studio approfondito dei manufatti artistici più tipici, quali armi, bardature di cavalli, oggetti di metallo a decorazione zoomorfa, e nuove scoperte monumentali hanno arrecato ulteriori apporti alla conoscenza della civiltà tracia a partire dal 6°-5° sec. a.C., momento in cui prendono avvio il processo di urbanizzazione e la fioritura della vita politica, sociale ed economica (fra gli abitati messi recentemente in luce, quello in località Bagačina, dip. di Mihajlovgrad, dal 6° sec. a.C. al 1° sec. d.C., e quello di Veliko Tărnovo, dal Bronzo finale al 3°-2° sec. a.C.). Sono inoltre note oggi circa 50 tombe architettoniche (a pianta rettangolare o quadrangolare o a tholos): tra le scoperte più notevoli si ricordano la necropoli di Kolokita presso Sozopol e la tomba principesca di Sveštari, del secondo quarto del 3° sec. a.C., a facciata architettonica con ante a pilastri con capitelli ionici, architrave e fregio a rosette e bucrani; i materiali di corredo dei tumuli, insieme a quello dei tesori che continuano a venire alla luce, come il ricchissimo tesoro di Rogozen (165 vasi preziosi di fine 5° e gran parte del 4° sec., opera di maestri della Tracia nord-occidentale) e quello di Borovo (385-359 a. C., rinvenuto nel 1974, ma pubblicato solo negli ultimi anni), contribuiscono a far luce sull'economia e sulla società delle tribù tracie; le iscrizioni apposte su alcuni esemplari di vasellame prezioso provano oggi che una siffatta produzione va attribuita a botteghe locali e non a officine greche. L'attenzione degli studiosi si è rivolta inoltre ai rapporti fra cultura tracia e mondo greco, soprattutto nell'intenzione di chiarire la fase pre-coloniale, tra 8° e 6° sec., sulla base della diffusione e della distribuzione di ceramica, bronzi e terrecotte nelle regioni della B. e della Grecia. Le indagini nelle colonie greche sono state incrementate da una parte dall'accentuato interesse per le regioni litoranee del Mar Nero (recenti e accurate ispezioni sottomarine hanno condotto al recupero e allo studio di un ingente numero di ancore e di manufatti connessi alla navigazione, che hanno notevolmente contribuito alla conoscenza dei porti, della navigazione e delle rotte antiche), dall'altra dalle indagini allargate al territorio, che hanno chiarito i processi di relazione e scambio polis-chora. Tra le nuove scoperte nelle colonie greche, si può citare il tesoro numismatico di tetradrammi greci e d'imitazione barbara rinvenuto a Mesambria, città che ha rivelato una preesistenza autoctona, fin dal 12° secolo.

L'autonomia della cultura tracia non viene meno in età romana, come si riscontra nella persistente tradizione sepolcrale dei tumuli e nella scarsa influenza romana su corredi funerari anche di età tarda (presso la necropoli di Višegrad, dip. di Kărdzăli, e le tombe sotto tumulo presso Malko Tirnovo, risalenti al 2°-3° sec. d.C.); inoltre diversi insediamenti romani dovettero essere eredi di fiorenti centri urbani autoctoni: oggi si sta portando alla luce l'impianto di un grande insediamento presso Isperih, probabilmente la Dausdava dei Geti.

È nello studio del fenomeno della romanizzazione che l'archeologia bulgara, con l'ausilio delle missioni estere, ha impegnato le maggiori energie e ha ottenuto i più vistosi risultati di questi ultimi anni. Presso Ivailovgrad è apparsa una villa con singolari mosaici (v. Tav. f.t.). Sono stati esaminati in particolare i modelli d'insediamento e la topografia del territorio, con la distinzione di campi per legionari, fortezze lungo il limes danubiano, impianti rurali e diverse tipologie urbane con strutture complementari, come centri emporici e termali: particolarmente accurato in questo ambito lo studio di Nicopolis, di cui si segnala l'agorà porticata di età adrianea, con basilica, buleuterion, tabernae, odeon, e altri edifici; ad Abritus l'individuazione di una villa urbana e soprattutto di una struttura di granaio nel centro urbano, insieme all'assenza di strutture di tipo amministrativo in età tarda, dalla metà del 3° sec. circa, hanno fatto pensare a un cambiamento funzionale generalizzato, con declino della vita urbana e con prevalenza di impianti utilitari per il sostentamento dei militari. Tra gli impianti rurali sono state studiate e classificate in base alla planimetria le ville distribuite sul territorio, particolarmente numerose dal 1° alla metà del 5° sec. d.C. Proseguono inoltre gli scavi nei principali centri già noti, mentre altri sono stati recentemente identificati: si segnalano gli scavi attualmente in corso a Ratiaria (Arčar), frutto di una cooperazione tra l'Accademia delle Scienze di Sofia e l'università italiana di Bologna, che hanno fatto luce sulla vita della colonia Ulpia Traiana Ratiaria individuandone l'impianto ortogonale con asse centrale Est-Ovest e rilevanti emergenze (cinta muraria, domus suburbana mosaicata di 2°-3° sec., cospicui resti dell'attività edilizia di 4° sec., tesoro di 4°-5° sec., ricco materiale epigrafico); tra gli altri siti indagati lungo il Danubio, Oescus (Gigen), con la completa riesumazione del complesso del foro, con portico, peristilio, tempio della Fortuna e altri edifici templari; Novae (Svistor), con valetudinarium e principia; Jatrus (Krivina), Bononia (Vidin), Almus (Lom), Sexaginta Prista (Ruse), Appiana (Rjahovo), Durostorum (Silistra), con notevole tomba a camera con pareti affrescate di fine 4° secolo.

Fra i centri all'interno, Montana (Mihajlovgrad), che ha rivelato resti delle mura, di un santuario e tracce di frequentazione sin dall'età del Bronzo; nel territorio, inoltre, l'individuazione di ricchi giacimenti auriferi ha permesso di riconoscere nella stessa Montana il maggior centro estrattivo della penisola balcanica in epoca romana; a Serdica (Sofia) gli scavi nella parte centrale e occidentale della città moderna hanno portato all'identificazione di edifici pubblici, praetorium, latrina, rilevanti sculture; Pautalia (Kjustendil), Augusta Traiana (Stara Zagora), considerata oggi erede della città tracia di Beroe (scavati l'acquedotto, la necropoli, il foro con auditorium e terme); Diocletianopolis (Hissar Banja), con anfiteatro, terme, ninfeo, horreum, caserme; a Philippopolis è stato indagato l'acquedotto di età tarda (5°-6° sec.) ed è stata individuata l'aedes thensaurorum, la tesoreria, menzionata da un'iscrizione onoraria di L. Cassius Severus. Scavi sono ancora in corso a Debelt, presso la costa, dove è stata identificata la colonia di Deultum. Altre emergenze sono state riconosciute come stazioni romane lungo i sistemi viari: a Kostinbrod è stata ravvisata la mutatio Scretisca (complesso architettonico mosaicato di 3°-4° sec.), in località Stenicile (dip. di Plovdiv) la mansio di Viamata, sulla via Philippopolis-Oescus (edificio a pianta rettangolare e corte centrale), mentre a Sandonski, nella B. sud-occidentale, è stato scavato un santuario del cavaliere trace, Theos Salenos.

Importanti si rivelano anche le emergenze di fortezze tardoantiche (nel 6° sec. si registra l'impianto di diversi nuovi siti fortificati); attualmente inoltre si rivisitano le testimonianze paleocristiane e protobizantine e s'indagano nuovi monumenti (per es. la basilica paleocristiana di Novae), mentre si assiste a un incremento delle ricerche nel campo dell'archeologia medievale con l'obiettivo di chiarire l'origine della cultura bulgara medievale (9°-10° sec.), sulla base della continuità dei vari elementi traco-romani e traco-bizantini. Vedi tav. f. t.

Bibl.: Ezero. Rannobronzovoto seliste, Sofia 1979; H. Todorova, The Eneolithic period in Bulgaria, Brit. Archaeol. Reports, Internat. Series 40, Oxford 1979; Actes du IIe Congrès international de Thracologie (Bucarest, 4-10 sept. 1976), Bucarest 1980; T. Ivanov, Abritus, Sofia 1980; Semaines philoppopolitaines de l'histoire et de la culture thrace, Pulpudeva 3, 1980; 4, 1983; 5, 1986; Ratiarensia. Studi e materiali mesici e danubiani, i-iv, Bologna 1980-87; Actes du IIIe Symposium international de Thracologie (Palma de Mallorca 1981), Roma 1982; G. I. Georgiev, Die Erforschung der Bronzezeit in Nordwestbulgarien, in Südosteuropa zwischen 1600 und 1000 v. Chr., Berlino 1982, pp. 187-202; La Mer Noire et le monde méditerranéen, Thracia Pontica I. Ier Symposium international, Sozopol, 9-12 oct. 1979, Sofia 1982; D. S. Ovčarov, Vizantijski i balgarski kreposti, 5. -10. vek - Fortresses byzantines et bulgares, 5-10 s., ivi 1982; The prehistory of the Balkans and the Middle East and the Aegean world, renth to Eighth century b.C., in Cambridge Ancient History, 3 i, Cambridge 19822; Ancient Bulgaria 1, 2. Papers presented to the International symposium on the ancient history and archaeology of Bulgaria, University of Nottingham 1981, Nottingham 1983; Contributions au IVe Congrès international de Thracologie (Rotterdam, 21-26 sept. 1984), Sofia 1984; Dritter internationaler thracologischer Kongress (Wien, 2.-6. Juni 1980), ivi 1984; M. Oppermann, Thraker zwischen Karpatenbogen und Ägäis, Lipsia 1984; Le littoral thrace et son rôle dans le monde ancien, Thracia Pontica IIe Symposium international, Sozopol, 4-7 oct. 1982, Jambol 1985; D. P. Dimitrov, M. Čičikova, Kasnoanticnata grobnica Kraj Silistra, Sofia 1986; A. Fol, N. Čičikova, T. Ivanov, T. Teofilov, The Thracian tomb near the village of Sveshtari, ivi 1986; S. Hiller, G. I. Georgiev, Tell Karanovo 1986. Vorbericht über die 3 Kampagne der österreichisch-bulgarischen Ausgrabungen am Tell von Karanovo, Salisburgo 1986; Iatrus-Krivina, Spätantike Befestigung und frühmittelalterliche Siedlung an der unteren Donau, Berlino 1986; Spätantike und frühbyzantinische Kultur Bulgariens zwischen Orient und Okzident, Vienna 1986; Les Thraces et les colonies grecques VII-V s. av. n. è., Thracia Pontica III. IIIe Symposium international, Sozopol 1-12 oct. 1985, Sofia 1986; D. Gergova, Früh- und altereisenzeitliche Fibeln in Bulgarien, Prähistorische Bronzefunde xiv 7, Monaco 1987; Montana 1, Sofia 1987; Recherches sur la culture en Mesie et en Thrace- Bulgarie, Ier - IVe siècle, ivi 1987; P. Stanev, Kulturverbindungen und Wechselbeziehungen. Herfunkt. Relative und absolute Chronologie der neolithischen Kulturen im zentralen Nordbulgarien, in God. Muzeite v. Centr. Sev. Balg. 1, 1985 (1987), pp. 15-30; M. Čohadžiev, Stand der Untersuchungen des frühen Neolithikums in Westbulgarien, in Studia Praehistorica, 9 (1988), pp. 54-67; V. Velkov, Geschichte und Kultur Thrakiens und Mösiens. Gesammelte Aufsätze, Amsterdam 1988; A. Fol,The Rogozen treasure, Sofia 1989; Traci. Arte e cultura nelle terre di Bulgaria dalle origini alla tarda romanità (Venezia, 13 maggio-30 novembre 1989), Piacenza 1989.

Arti figurative e Architettura. - La pittura bulgara è stata caratterizzata negli anni Sessanta dallo stile della scuola di Plovdiv, cioè dal tentativo di conciliare il formalismo internazionale del realismo socialista con la tradizione locale; negli ultimi decenni tuttavia si registrano alcune tendenze di rinnovamento. Si assiste a tale mutamento verso la metà degli anni Settanta, allorché si riscontrano elementi simbolici proprio nelle opere d'arte figurativa che rappresentano i momenti nodali della storia bulgara. In esse viene accentuata la decoratività e l'intenzione compositiva e costruttiva, che in parte si rifà alla tradizione cezanniana (N. Dabov, T. Varbanov), in parte al cubismo (N. Maistorov). Le pitture di H. Petrova e L. Poptoseva sono caratterizzate dall'esigenza di una forma contenuta e di monumentalismo. Le figure monumentali, del resto, spesso interpretano messaggi simbolici (come accade nelle opere di T. Sokerov e di S. Seferov). Nelle composizioni su tavola di R. Nedelcev e di L. Samergiev si ridestano reminiscenze dell'arte popolare e delle settecentesche incisioni in legno provinciali.

Un rappresentante delle tendenze più moderne è A. Sgalevski, le cui pitture rievocano un'atmosfera metafisica tramite la sovrapposizione di dimensioni temporali e spaziali. L'uso del collage e la libera costruzione dell'immagine caratterizzano le opere di uno dei più originali pittori bulgari, M. Grudis, il quale fra i primi si è rivolto anche alla pittura non figurativa. Quest'ultima corrente si è rafforzata negli anni Ottanta, soprattutto in seguito all'attività di J. Kirov e dei suoi discepoli A. Parnscev, G. Todorov, A. Doicinov. Dopo il 1985 numerosi esponenti della nuova generazione hanno fatto esperimenti di happening, performance e di arte installativa.

La scultura è diventata il settore d'avanguardia dell'arte figurativa. È in questo ambito che si sono sviluppate con maggiore intensità le tendenze creative, riuscendo a raggiungere un equilibrio fra antica tradizione plastica, tradizione provinciale-popolare e correnti moderne. Anche i contrassegni stilistici individuali sono più marcati in questo campo. I valori della nuova generazione di scultori, che negli ultimi anni riscuote successi anche in campo internazionale, sono esemplificati dalle opere degli espressionisti-simbolisti V. Starzev, B. V. Rusinov, I. J. Slavov, A. Kafedjuski, da K. Vascev, scultore molto sensibile alla problematica spaziale, e da I. Rusem, il quale reinterpreta in modo del tutto personale la tradizione arcaica della plastica greca.

Anche l'architettura va perdendo sempre più i caratteri uniformi dello stile del realismo socialista. Si è rafforzato di nuovo il funzionalismo, che era stato per qualche tempo all'avanguardia in B. negli anni Trenta, ma è forte anche l'influenza della tradizione locale. Verso la fine degli anni Settanta anche la teoria dell'architettura ha superato i principi volgarizzati del realismo socialista e si è prefissa lo scopo di armonizzare tra loro la tradizione architettonica locale e la mentalità razionale e funzionale. Un nuovo effetto di tale teoria è costituito anche dalla tendenza a inserire gli edifici nuovi in modo organico nel loro ambiente tradizionale, naturale o urbano. Un esempio delle nuove tendenze programmatiche è costituito dal Palazzo internazionale della Cultura di Sofia (A. Barov, A. Agura, V. Romenski, 1981) e dal monumento architettonico di Pleven.

Bibl.: T. Ladov, Architectura na Sofia, Sofia 1969; M. Kirov, Mladi balgarski hudoznizi, ivi 1974.

Musica. - Il processo di riorganizzazione della vita musicale bulgara, già avviato all'indomani della liberazione del paese dalla dominazione turca (1878) e rivolto a creare le condizioni per un significativo sviluppo della musica d'arte, fino ad allora praticamente inesistente, conobbe con la proclamazione della Repubblica democratica popolare (1946) un notevole incremento.

Momenti di rilievo di questa prima fase furono la creazione nel 1880 della prima orchestra bulgara, e nel 1904 della prima Scuola di musica (dal 1921 Accademia musicale di stato), a Sofia, e inoltre l'istituzione nel 1908 della Società dell'opera (dal 1921 Opera nazionale di Sofia), nel 1924 della Filarmonica nazionale bulgara e nel 1928 dell'Orchestra sinfonica accademica.

Tra i compositori bulgari attivi in quegli anni, tra i primi che avessero ricevuto nel loro paese un'educazione professionale, e che si rifacessero agli elementi folkloristici locali per l'elaborazione di un vero stile nazionale, figurano E. Manolov (1860-1902), G. Atanasov (1882-1931) e D. Khristov (1875-1941), e un gruppo di compositori più giovani,che furono attivi durante la prima metà del 20° secolo e ancora nel secondo dopoguerra, come A. P. Karastojanov (1893-1976), P. Wladigherov (1889-1978) e P. Stainov (n. 1896).

Durante il secondo dopoguerra e negli anni successivi il controllo esercitato dallo stato su ogni settore della vita bulgara impresse anche nel settore musicale cambiamenti decisivi. In generale la diffusione e l'insegnamento della musica in B. furono collocati su basi del tutto nuove e conobbero un grande impulso.

Molte delle più importanti istituzioni musicali sono sorte con gli anni Quaranta. Già nel 1944 venivano creati il Gruppo musicale dell'Arma popolare e il coro di stato Svetoslav Obretenov. Più tardi fu istituito il Teatro musicale di stato di Sofia (1947), l'Orchestra sinfonica della Radio-Televisione bulgara (1949) e il Gruppo di stato di musica popolare e danza (1951). Il Conservatorio di stato fu completamente ristrutturato, mentre scuole di musica di livello superiore venivano istituite anche nei centri urbani minori. A livello accademico, un notevole incremento ricevettero gli studi musicologici. Sempre a partire da questi anni sono nati numerosi festival musicali, molti dei quali hanno raggiunto una risonanza internazionale. Di particolare interesse è il Festival della nuova musica bulgara, istituito a Sofia nel 1974 con cadenza annuale.

La produzione musicale bulgara degli anni Sessanta rimase ancora sostanzialmente estranea alla sperimentazione di avanguardia, contrariamente a quanto avveniva in altri paesi socialisti; essa infatti mantenne un riferimento costante all'elemento folkloristico, anche in ragione del carattere spiccatamente popolare che i compositori bulgari intesero assicurare in quegli anni alle loro composizioni.

In questo senso la produzione di autori che si affermarono generalmente a partire dagli anni Trenta − come L. Pipkov (1904-1974), V. Stojanov (n. 1902), D. Nenov (1902-1953), M. Goleminov (n. 1908) e P. Hadzhiev (n. 1912) − non differisce di molto da quella dei compositori attivi a partire dagli anni Cinquanta, come D. Petkov (n. 1919), A. Rajčev (n. 1922), I. Marinov (n. 1928), e più tardi, N. Stoikov (n. 1936), A. Jossifow (n. 1940) e G. Mintschew (n. 1940).

I giovani compositori attivi soprattutto in questi ultimi anni si sono mostrati maggiormente disposti alla sperimentazione dei nuovi linguaggi europei, senza rinunciare comunque a una sintesi significativa con lo stile nazionale. Tra loro da ricordare in particolare S. Dragostinow (n. 1948) e B. Spassow (n. 1949).

Questi due giovani compositori sono stati presenti più volte, negli anni Settanta e Ottanta, al Festival della nuova musica bulgara di Sofia. In particolare, Dragostinow ha composto nel 1982 Cinque Strofe a Leonardo per coro e orchestra, e nel 1986 una Sinfonia per la pace per soli, coro e orchestra; Spassow è autore tra l'altro del concerto per orchestra da camera L'incantato (1978), di un Concertino per due pianoforti, fiati, timpani e batteria (1984), e di un Concerto per contralto e orchestra d'archi (1986).

Bibl.: E. Pantzscheff, Die Entwicklung der Oper in Bulgarien, Vienna 1962; V. Kr'stev, Ocerci po istorija na balgarskaja muzika ("Compendio storico della musica bulgara"), Sofia 1970; P. Derossi, s. v. Bulgaria, in Diz. Enc. Univ. Musica e Musicisti, Il Lessico, i, Torino 1983, pp. 418-20. Notizie utili intorno agli ultimi anni si trovano inoltre nella rivista Musik und Gesellschaft (1981-84, 1986-88), con resoconti di H. Böhm, G. Nanck, E. Lippold, Th. Reuter e R. Linke.

Cinema. - A pochi mesi dalla prima proiezione in B. del cinematografo Lumière (febbraio 1897), i due operatori H. Arnodov e V. Petkov giravano il paese in cerca di immagini. Anche se la nascita del cinema bulgaro è stata dunque quanto mai precoce, ma priva di uno sviluppo industriale, è rimasta a lungo a un livello amatoriale. Prima della seconda guerra mondiale e della nazionalizzazione della cinematografia (1948), la produzione fu priva di una qualsiasi identità, senza scuole ben definite e nell'assoluta assenza di adeguate strutture tecniche e industriali. Nonostante ciò furono prodotte alcune opere interessanti come Zemjata gori ("La terra brucia", 1937), di V. Zendov, Najvĕrnata duma (1929), di V. Pošev, e Strahil vojvoda ("Il voivoda Strahil", 1938), di I. Novak.

Con la legge sulla nazionalizzazione si avviò una profonda trasformazione del cinema bulgaro dal punto di vista sia economico e produttivo che creativo. In un primo momento venne privilegiata la produzione di documentari, senza tuttavia trascurare la realizzazione di lungometraggi di fiction: il primo a essere distribuito è Kalin orelat ("Kalin l'aquila"), girato da B. Borozanov nel 1950, nel quale, con una dogmatica esaltazione dell'eroismo nazionale, si ignora quasi del tutto l'introspezione psicologica.

Con la metà degli anni Sessanta la cinematografia bulgara dà i primi segni di rinnovamento, che si fanno più evidenti solamente durante gli anni Settanta, ma in ritardo anche rispetto agli altri paesi socialisti.

I primi segnali si possono comunque leggere nelle opere realizzate tra il 1964 e il 1970 da L. Šarlandžiev, Z. Heskia, V. Radev, T. Stojanov, G. Stojanov. Dopo il 1970 la produzione di film storici lascia gradatamente posto a opere fortemente ancorate al presente, che privilegiano la rappresentazione della vita quotidiana dei cittadini, la cui esistenza è segnata dal conflitto psicologico con la società. Vedono la luce film che affrontano argomenti sin'allora impensabili. Un film emblematico è Koziat Rog (1973), di M. Andonov, una sorta di tragedia classica imperniata sul dramma interiore di un uomo che vuole vendicarsi della violenza carnale subita dalla moglie. Oltre ad Andonov, morto giovanissimo nel 1975, altri registi contribuiscono a rinnovare il cinema bulgaro: L. Zahariev, G. Djulgerov, A. Chopov, V. Radev, L. Kirkov.

Gli anni Ottanta segnano il ritorno del film storico e un abbassamento qualitativo della produzione, nonostante si segnalino nuovi autori come D. Petrov, I. Grabtcheva, E. Zahariev che, coadiuvati da validi sceneggiatori, mostrano speciale attenzione per opere di ambientazione contemporanea ricche di problematiche individuali e sociali.

Bibl.: Esteuropa '80. Opacità e trasparenze, Venezia 1987.

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