BULGARIA

Enciclopedia del Cinema (2003)

Bulgaria


Cinematografia

L'avvento del cinema in B. fu più o meno contemporaneo al resto dell'Europa orientale, anche se il Paese, principato autonomo di B. dal 1878, non aveva ancora una ben defi- nita configurazione nazionale, compresso, nella spinosa questione balcanica, tra l'Impero ottomano, da cui era stato dominato per quattro secoli, l'Impero austro- ungarico e l'Impero russo. Malgrado la situazione così complessa, risalgono al 1897 le prime proiezioni cinematografiche pubbliche. Rispetto ad altri Paesi, con condizioni politiche più consolidate, risultò però impossibile un vero sviluppo e, infatti, fino al 1940 (anno della creazione di una sezione cinematografica nell'ambito della Direzione per la propaganda) la cinematografia bulgara restò a un livello puramente amatoriale. Mancavano strutture tecniche e industriali e soprattutto era assente ogni forma di sovvenzione da parte dello Stato, anche se sin dagli anni Venti e Trenta erano iniziati a circolare i film delle produzioni straniere. Nella fase pionieristica, si misero in luce pochissimi cineasti. Tra questi spicca Vasil Gendov, autore del primo film bulgaro, Bălgarin e galant (1914, Il bulgaro è galante), e di opere di vario genere come la commedia romantica Ljubovta e ludost (1917, L'amore è follia), il fantastico Djavolăt v Sofija (1921, Il diavolo a Sofia), lo spionistico Voenni dejstvija v mirno vreme (1922, Azioni di guerra in tempo di pace), Bai Ganiu (1922), tratto dall'opera satirica di A. Konstantinov e prima riduzione di un romanzo della letteratura bulgara, e i melodrammi sociali Ulični božestva (1929, Divinità di strada) e Burja na mladostta (1930, Tempesta della giovinezza). Sempre Gendov fu autore del primo film sonoro, Buntăt na robite (1933, La ribellione degli schiavi) sulla figura dell'eroe nazionale bulgaro Vasil Levski. Da segnalare, a un livello di maggiore professionalità, Boris Grežov, già assistente, nella Germania di Weimar, di Robert Wiene per Das Cabinet des dr. Caligari (1920; Dott. Calligari noto anche come Il gabinetto del dottor Caligari) e autore apprezzato per un'opera sulla Rivoluzione russa, Sled požara nad Rusija (1929, Dopo l'incendio in Russia), tra i pochi film del cinema muto bulgaro a non essere andato perduto. Tranne queste poche eccezioni, il cinema bulgaro continuò a presentarsi come un cinema senza personalità significative. Più che autori, emersero tendenze, soprattutto sulla scia della tradizione letteraria legata al processo di indipendenza nazionale. Negli anni Trenta, anche per le mutate condizioni politiche dopo il colpo di stato militare del 1934, vennero prevalentemente realizzati melodrammi patriottici e film storici, ispirati alla lotta contro i turchi, come Gramada (1935) di Aleksandar Vazov, tratto dal poema di I. Vazov, e primo vero successo commerciale del cinema bulgaro, Zemjata gori (1937, La terra brucia) e Strahil vojvoda (1937, Il vojvoda Strahil) di Josip Novak. Dalla fine degli anni Trenta, dopo la nascita della sezione cinematografica della Direzione per la propaganda, all'avvicinarsi dello scoppio della Seconda guerra mondiale venne incrementata, attraverso l'ente Bălgarsko Delo (1940), la produzione di cinegiornali e di documentari, furono costruite nuove sale cinematografiche e aumentarono sensibilmente i film stranieri distribuiti nel Paese. Sembrava che ci fossero tutti i presupposti per un risveglio produttivo, tanto che nel 1942 Christian Cankov realizzò Izpitanie (La prova), film selezionato per la Mostra del cinema di Venezia.

Dopo la guerra, durante la quale la B. si era schierata con le potenze dell'Asse, avvenne la trasformazione istituzionale del Paese da monarchia in repubblica; si costituì quindi la Repubblica popolare bulgara. Il partito comunista, vincitore delle elezioni del 1946, formò il governo presieduto da G. Dimitrov, sulla base di un vasto programma di nazionalizzazioni. Dal 5 aprile del 1948 fu il cinema, ormai considerato un potente strumento di propaganda per il partito, a essere sottoposto a un processo di nazionalizzazione. Da quel momento in poi venne infatti deciso, in sede politica, un severo vaglio di censura sulle opere cinematografiche. Dalla fine degli anni Cinquanta, dopo il XX Congresso del PCUS (1956) in cui N. Chruščëv aveva avviato il processo di destalinizzazione dei Paesi 'sovietici', iniziarono timidamente a comparire anche in B. le prime opere 'dissidenti'. La sorte di due di questi film fu drammatica: Životăt si teče ticho (1957, La vita scorre lentamente) di Binka Željazkova entrò nel circuito della distribuzione in sala soltanto nel 1988; Na malkija ostrov (1958, Su una piccola isola) di Rangel Vălčanov venne ritirato dalle sale dopo i primi giorni e cadde nell'oblio. Qualche momento di vitalità si cominciò comunque a intravedere all'inizio degli anni Sessanta con gli echi delle nouvelle vagues europee. Il cinema bulgaro abbandonò momentaneamente le produzioni storiche per affrontare il presente con la rappresentazione della quotidianità del cittadino medio e il suo difficile rapporto con la società, tentando anch'esso una 'nuova ondata'. Le opere che si misero in luce maggiormente furono Kradecăt na praskovi (1964, Il ladro di pesche) di Vălo Radev, presentato alla Mostra del cinema di Venezia dello stesso anno, Tjutjun (1963, Tabacco) e Vula (1965, Nullaosta matrimoniale) di Nikola Korabov e Măže (1966, Uomini) di Vasil Mirčev, trasposizione del romanzo di G. Markov. Comparvero comunque altri film politici che ebbero numerosi problemi con il governo. Il mondo operaio è infatti al centro di Smărt njama (1963, La morte non c'è) e Ponedelnik sutrin (1966, Lunedì mattina), entrambi diretti da Christo Piskov e Irina Aktaseva. Tematiche sociali furono anche affrontate da Privărzanjat balon (1968, Il pallone frenato) di B. Zeljakova, Ako ne ide vlak (1967, Se non arriva il treno) di Eduard Zachariev (uno dei più rappresentativi registi del periodo) e soprattutto Ikonostasăt (1969, L'iconostasi) di Christo Christov e Todor Dinov (tratto da un romanzo di D. Talev), incentrato sulla figura di un intagliatore che, attraverso la sua arte, fa emergere dalle icone dell'altare la sensibilità più profonda del popolo bulgaro, scontrandosi subito con un arcaico e accentrato sistema di potere. Verso la fine degli anni Sessanta il governo, che aveva avuto un atteggiamento meno drastico nei confronti del cinema più impegnato, iniziò nuovamente a esercitare una maggiore pressione, soprattutto dopo l'invasione sovietica della Cecoslovacchia nell'agosto 1968. Tuttavia, negli anni Settanta, il cinema bulgaro visse probabilmente la stagione di maggiore vitalità. Ciò fu dovuto in parte ai poeti (B. Dimitrova, V. Petrov, K. Pavlov, V. Chančev, B. Christov) e agli scrittori (N. Chajtov, J. Radičkov, G. Misev) che collaborarono con il cinema come sceneggiatori. Ma soprattutto vi furono registi in grado di portare un profondo rinnovamento: Metodi Andonov (Kozijat rog, 1972, Il corno di capra, il film bulgaro più noto nel suo Paese e all'estero, sempre ambientato durante la ribellione contro il dominio turco); Eduard Zachariev (Prebrojavane na divite zajci, 1971, Il censimento delle lepri selvatiche; Vilna zona, 1975, La zona di Vilna; Măžki vremena, 1977, Tempi da uomini); Ljudmil Kirkov (Momčeto si otiva, 1972, Il bambino se ne va; Seljaninăt s koleloto, 1975, Il contadino con la bicicletta); Ivan Terziev (Măže bez rabota, 1973, Uomini senza lavoro; Silna voda, 1975, L'acqua potente); Georgi Djulgerov (Avantaž, 1977, A sbafo; Trampa, 1978, Baratto). Una gran parte di queste opere era accomunata da un sincero sentimento politico e da uno stile che combinava elementi di realismo diretto e una libertà formale vicina alle nouvelles vagues europee. Tali opere tuttavia non varcarono quasi mai i confini nazionali, se non per essere presentate nei festival, e rimasero quindi poco note alla critica internazionale. I primi segnali di una rinascita furono però bruscamente interrotti negli anni Ottanta. Quasi tutti i film vennero infatti sottoposti a un 'controllo ideologico' più serrato, anche a causa degli echi della situazione politica in Polonia e dell'ingente deficit economico. In occasione del settantatreesimo compleanno del capo dello Stato T. Živkov (alla guida del Paese dal 1954 al 1989), il governo commissionò una serie di film storici che appaiono il risultato più evidente dell'asservimento del cinema al regime. L'esempio eclatante di queste megaproduzioni è costituito da Chan Asparuch (1981) di Ljudmil Stojanov, che utilizzò un budget elevatissimo e si servì di circa ventimila comparse.

Tra le altre opere più importanti di questo genere vanno ricordate anche Boris I (1983) di Borislav Šaraliev e Konstantin Filosof (1983, Costantino il Filosofo) diretto da Georgi Stojanov. Soltanto Kirkov (Ravnovesie, 1983, Equilibrio) e Nikolaj Volev (Da običaš na inat, 1986, Amare nonostante tutto; Margarit i Margarita, 1988, Margarit e Margarita), si distaccarono da quella linea realizzando opere nelle quali, in maniera diversa, veniva attaccato il potere politico, e che per questo motivo furono trattenute dalla censura.Brevi segnali di risveglio si sono avuti, poco prima del crollo del blocco dei Paesi legati all'Unione sovietica, tra la fine degli anni Ottanta e l'inizio degli anni Novanta soprattutto con le opere di alcuni esordienti come Ivan Čerkelov (Parčeta ljubov, 1989, Frammenti d'amore), Krasimir Krumov (Ekzitus, 1989), Petăr Popzlatev (Az, grafinijata, 1989, Io, la contessa) film incentrato sulla dipendenza giovanile dalla droga, e Dimităr Petkov (Tišina, 1991, Silenzio). Con il 1992, dopo la svolta interna operata dallo stesso partito comunista verso la democratizzazione, è emersa un'altra crisi del cinema, causata dalla mancanza di fondi (con conseguente diminuzione del numero dei film prodotti) e dal disinteresse del pubblico verso i film bulgari. Pochi autori, come l'ormai veterano Zachariev (Zakăsnjalo pălnolunie, 1995, Plenilunio tardivo), Rumjana Petkova (Razgovor s ptici, 1997, Conversazione con gli uccelli) e Andrej Slabakov (Wagner, 1998), si sono distinti in un decennio sempre più povero di proposte. Il cinema bulgaro ha continuato a vivere in un isolamento progressivo che gli ha impedito di farsi conoscere a livello internazionale. Non è un caso che non esistano opere bulgare che abbiano avuto importanti riconoscimenti nei maggiori festival internazionali.   *

Bibliografia

J. Terziev, Cinema bulgaro, in Storia del cinema mondiale, a cura di G.P. Brunetta, 3° vol., L'Europa: Le cinematografie nazionali, t. 2, pp. 1225-49.

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