BIRMANIA

Enciclopedia Italiana - VI Appendice (2000)

Birmania

Claudio Cerreti
Luisa Azzolini
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(VII, p. 65; App. I, p. 280; II, i, p. 410; III, i, p. 240; IV, i, p. 297; V, i, p. 391)

Geografia umana ed economica

di Claudio Cerreti

Popolazione

In assenza di dati demografici recenti (l'ultimo censimento risale al 1983), organismi internazionali stimano in 44.497.000 ab. la popolazione della B. nel 1998. Il paese conserva ritmi di accrescimento piuttosto elevati (19‰ nel periodo 1991-96), prodotti da un tasso di natalità ancora molto forte (31‰), a fronte di una mortalità relativamente contenuta; nel corso degli ultimi decenni, tuttavia, si è assistito a una riduzione della natalità e dell'incremento complessivo.

La situazione etnica, che vede saldamente maggioritaria la componente birmana (69% del totale), è alquanto migliorata rispetto agli anni Ottanta. Il cambio del nome ufficiale in Unione di Myanmar, il cui intento era stato quello di confermare la pariteticità dei vari gruppi etnici presenti nel paese, ha trovato almeno parziale riscontro in una volontà politica, cosicché diversi gruppi etnici hanno raggiunto accordi con il governo centrale e negoziato la fine della guerriglia e della secessione di fatto (v. oltre: Storia).

Condizioni economiche

Il processo di pacificazione e ricongiungimento realizza, dunque, progressi lenti: il governo centrale non ha ancora l'effettivo controllo di tutto il territorio, il traffico di stupefacenti prosegue quasi come in precedenza e alcune minoranze particolarmente agguerrite (Karen, Kachin) proseguono la loro opposizione armata. In campo internazionale il governo ha riavviato, dopo un quarantennio circa di rigoroso isolamento, rapporti politici e specialmente economici con i paesi dell'area, fortemente promossi dalla Cina (che dal 1997 è il primo partner commerciale della B.) e, per bilanciare la crescente influenza cinese, anche dall'India e dai paesi della Penisola Indocinese. Anche in questa direzione la B. ha conseguito una serie di risultati importanti, culminati nel 1997 con l'ingresso nell'ASEAN (Association of South East Asian Nations), nonostante l'opposizione degli Stati Uniti; sotto il profilo geopolitico, d'altra parte, la posizione della B. nella regione è tale da risultare determinante nel processo di stabilizzazione politica e di crescita economica di tutta l'area: ben si comprende l'attenzione e la disponibilità con cui i paesi vicini hanno seguito la più recente evoluzione della B., mentre la dirigenza del paese può giocare favorevolmente la propria collocazione geopolitica per ottenere sostegno politico ed economico

Le mutate condizioni interne della B. vi hanno fatto affluire, dapprima timidamente poi in maniera crescente, investimenti esteri diretti sia allo sfruttamento delle risorse minerarie e forestali, sia all'avvio di nuove attività industriali (specie in campo tessile) che vanno affiancandosi alle poche già esistenti (alimentari, tessili, cemento). Va sottolineato che l'agricoltura birmana (che occupava poco meno del 70% degli attivi alla metà degli anni Novanta) da tempo ha realizzato condizioni di autosufficienza alimentare ed è in grado di esportare buone quantità di prodotto.

Fin dai primi anni Novanta il PIL ha preso a crescere a ritmi molto elevati (oltre il 6% nel 1993 e nel 1994, 7,2% nel 1995, 7% nel 1996), mentre miglioravano i conti pubblici e aumentavano le esportazioni. Anche il PIL per abitante, come è ovvio, ha registrato una crescita ragguardevole, raggiungendo i 1.790 dollari (1996). Tra 1996 e 1997, però, a dimostrazione del fatto che una crescita così vistosa e continua doveva quasi tutto a una volontà politica interna ed esterna, si è verificato il ritiro di parte dei capitali esteri, accompagnato da una brusca caduta della produzione e da una gravissima crisi finanziaria; causa prima di ciò sembra essere stata la crescente sfiducia degli ambienti politici internazionali nei confronti del governo birmano e dei suoi propositi di apertura democratica, sfiducia guidata dagli Stati Uniti che, nel 1997, hanno inserito la B. fra i paesi sotto embargo (per violazioni dei diritti umani e per scarso impegno nella lotta contro il traffico di droga). Per altro verso, la debolezza dell'apparato produttivo e finanziario della B. espone il paese ai contraccolpi di crisi esterne, come è stato il caso, nel 1997, per il tracollo della borsa di Bangkok, altra causa della recessione economica birmana.

bibliografia 

W. Dessaint, A. Dessaint, Opium and labor. Social structures and economic change in the Lisu highlands, in Peasant studies, 1992, 3-4, pp. 147-77.

The Economist Intelligence Unit, Country report: Vietnam, Laos, Cambodia, Burma, London 1993.

Demand for food in Myanmar, in Agricultural economics, 1994, 2-3, pp. 207-17.

A. de Sacy, L'économie de la Birmanie, Paris 1997.

Storia

di Luisa Azzolini

Nel corso degli anni Novanta il regime militare mantenne saldamente il potere, vanificando il successo della Lega per la democrazia nelle elezioni del maggio 1990. La formazione di una Convenzione nazionale, nominata dai generali, non avviò il processo di transizione alla democrazia, e l'esistenza dell'opposizione fu costantemente minacciata dalla politica repressiva del governo. La B. continuò, inoltre, a soffrire di una situazione di guerra intestina fra le forze armate governative (forti di 400.000 uomini) e le milizie delle diverse minoranze etniche aspiranti all'autonomia, un conflitto la cui soluzione non era disgiunta dal controllo della produzione di oppio (diffusa in particolare nello stato di Shan).

Le elezioni politiche del maggio 1990 erano state vinte dalle forze dell'opposizione, riunite nella Lega per la democrazia (National League for Democracy, NLD), che ottennero 392 seggi contro i 91 del governativo Partito di unità nazionale (National Unity Party, NUP, ex Partito del programma socialista birmano). A fronte della sconfitta, il Consiglio di stato per la restaurazione dell'ordine e della legge (State Law and Order Restoration Council, SLORC), presieduto dal generale Saw Maung, impedì la convocazione dell'Assemblea costituente che avrebbe dovuto formare un governo civile, e ribadì il suo carattere di governo effettivo fino all'approvazione di una nuova Costituzione da parte di tutte le etnie presenti in B. (il cui nome, dal 18 giugno 1989, era stato cambiato in Unione di Myanmar). Nei mesi successivi il governo procedette all'arresto dei maggiori leader dell'opposizione, alla chiusura delle università e all'imposizione del coprifuoco. Nell'aprile 1991 lo SLORC ottenne un rimpasto dei vertici della NLD, da cui vennero estromessi il presidente Tin Oo e il segretario generale signora Aung San Suu Kyi (v. in questa Appendice), già agli arresti domiciliari dal 1989, e sostituiti con elementi favorevoli al regime. Il premio Nobel per la pace ad Aung San Suu Kyi, nell'ottobre 1991, provocò la mobilitazione dell'opinione pubblica internazionale e accrebbe l'isolamento della B. che, per controbilanciare la sospensione degli aiuti da parte dei paesi occidentali, intensificò i rapporti con la Repubblica popolare di Cina e con i paesi appartenenti all'ASEAN.

Nell'aprile 1992 il Consiglio annunciò le dimissioni di Saw Maung e designò come successore il generale Than Shwe, che sembrò avviare una politica di cauta apertura verso le opposizioni: convocò infatti una Convenzione nazionale con il compito di redigere una nuova Costituzione e concesse l'amnistia a più di 500 prigionieri politici. La Convenzione, tuttavia, che fu inaugurata nel gennaio 1993, era costituita per l'80% da delegati nominati dallo SLORC, mentre solo il 20% (successivamente sceso al 10%) era attribuito ai deputati dell'opposizione eletti nel 1990. Nel corso dei lavori della Convenzione, che procedettero con numerose sospensioni, i rappresentanti delle opposizioni contestarono, senza sortire effetto alcuno, l'intenzione di definire nel testo costituzionale il ruolo centrale dell'esercito come 'rappresentante permanente del popolo', e di includere elementi militari sia nel parlamento bicamerale, sia nelle istituzioni amministrative locali. Dal novembre 1995, quindi, la NLD si ritirò dalla Convenzione ritenendola antidemocratica, mentre la revoca degli arresti domiciliari ad Aung San Suu Kyi (luglio 1995) comportò solo una tenue ripresa delle attività del partito, nuovamente decimato dagli arresti avvenuti nella prima metà del 1996.

L'organizzazione del consenso da parte del regime ruotò attorno a tre linee direttrici: la costituzione dell'Unione per la solidarietà e associazione per lo sviluppo (Union Solidarity and Development Association, USDA), il sostegno al monachesimo buddhista tradizionale e una maggiore attenzione ai rapporti interetnici in sede istituzionale. L'Unione fu costituita nel settembre 1993 come movimento di massa in sostituzione del NUP (naufragato con le elezioni del 1990), allo scopo di allineare la popolazione studentesca e impiegatizia sulle posizioni espresse dallo SLORC, di cui era a tutti gli effetti un'emanazione. In relazione agli ordini monastici, dopo aver messo fuorilegge quelli che nel 1990 avevano sostenuto la Lega per la democrazia, la giunta militare cercò di guadagnarsi il favore delle gerarchie buddhiste (nonché la fama di difensore della fede), attraverso una politica di finanziamenti indirizzati al restauro e alla costruzione di edifici religiosi, e all'assistenza sociale dei monaci (che erano più dell'1% della popolazione). Infine il governo, attraverso la Convenzione nazionale, si impegnò a riconoscere l'autonomia amministrativa di sei 'zone nazionali' popolate da minoranze etniche, negando tuttavia un analogo riconoscimento ad altri gruppi minoritari.

Paese multietnico e poco coeso da sempre, la B. continuò anche negli anni Novanta a essere teatro di scontri sanguinosi fra l'esercito regolare e le milizie ribelli all'autorità di Rangoon, situate in prevalenza lungo il confine con la Thailandia, negli stati Shan, Karen e Kachin. Fra il 1993 e il 1994, lo SLORC concluse dei cessate il fuoco separati con alcuni gruppi armati di Kachin, Kayinni e Shan, mentre continuarono le ostilità con l'Unione nazionale Karen che provocarono, fra il 1996 e il 1997, l'esodo di centinaia di migliaia di profughi in Thailandia. La giunta condusse numerose offensive contro l'esercito di Khun Sa'a, il maggiore produttore di oppio della B., il quale nel maggio 1994 aveva proclamato la nascita di uno stato Shan indipendente: fra il 1995 e il 1996 le forze governative riuscirono a occupare quasi integralmente lo Shan, senza che ne derivasse una reale riduzione delle coltivazioni di papaveri da oppio e delle raffinerie di eroina.

In politica estera il regime militare registrò un successo notevole con l'ingresso della B. nell'ASEAN nel luglio 1997, che comportò l'integrazione del paese nell'economia regionale del Sud-Est asiatico, nonché una legittimazione del regime stesso. Viceversa diminuirono ulteriormente gli scambi con i paesi occidentali, che mantennero un atteggiamento di condanna verso le continue violazioni dei diritti umani, l'utilizzo del lavoro coatto e la politica permissiva nei confronti del narcotraffico da parte della giunta militare. Lo scioglimento di quest'ultima, nel novembre 1997, non sembrò preludere a cambiamenti di indirizzo. Il nuovo organo di governo, infatti, denominato Consiglio di stato per la pace e lo sviluppo (State Peace and Development Council, SPDC), non soppresse la legge marziale né ripristinò le istituzioni democratiche previste dalla Costituzione del 1974, e continuò a essere a tutti gli effetti una giunta militare composta da ufficiali più giovani, ma sempre diretta dal generale Than Shwe. Rimase immutato anche l'atteggiamento nei confronti dell'opposizione che continuò ad essere sottoposta ad arresti indiscriminati. In particolare la repressione si accanì contro i membri del NLD (Aung San Suu Ky sebbene formalmente libera, fu ripetutamente soggetta a pesanti restrizioni delle libertà personali) e contro i membri del movimento studentesco, che avevano intensificato nel corso del 1998 le manifestazioni di protesta.

bibliografia

Aung San Suu Kyi, Freedom from fear. And other writings, ed. M. Aris, London-New York 1991 (trad. it. Milano 1996).

A. Clements, Dossier noir Birmanie, Paris 1994.

B. Lintner, Burma in revolt. Opium and insurgency since 1948, Boulder (Colo.) 1994.

M. Smith, Ethnic groups in Burma. Development, democracy and human rights, London 1994.

Aung San Suu Kyi, La voix du défi. Conversations avec Alan Clements, Paris 1996.

M. Maung, The Burma road to capitalism. Economic growth versus capitalism, Westport (Conn.) 1998.

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