CAETANI, Benedetto

Dizionario Biografico degli Italiani - Volume 16 (1973)

CAETANI, Benedetto

Daniel Waley

Figlio primogenito del conte Bonifacio e di Maria de' Conti, nacque probabilmente intorno al 1320. Era certamente ancora in tenera età quando nel 1329 morì il padre: in base al testamento paterno il C. era affidato alla tutela della madre e alla speciale protezione di Roberto d'Angiò e del duca di Calabria. Dal padre ereditò il titolo di conte palatino e vasti possedimenti (che teneva sotto la tutela della madre), tra i quali un feudo a Ninfa: per quest'ultimo Giovanni XXII, con lettera del 28 febbr. 1330, ordinò al rettore di Campagna e Marittima di farsi prestare dal C. il giuramento di fedeltà. Qualche anno più tardi, sebbene ancora giovanissimo, cominciò ad occuparsi del governo dei feudi familiari, che in quel tempo i Caetani difendevano costantemente e tenacemente contro i Colonna e altre famiglie baronali della Campagna. Così nel gennaio del 1333 il C. e sua madre vennero coinvolti in una lite concernente i servizi feudali dovuti per Sgurgola; nello stesso mese egli ricevette una porzione dei beni del prozio Francesco (II) Caetani (morto negli anni 1330-1332) comprendente un terzo di Trevi e Pofi, una piccola quota a San Felice e altre proprietà ad Anagni e in altre località. Nel febbraio del 1333 giudicò, insieme con la madre, una vertenza a Sgurgola e l'anno successivo, nel mese di dicembre, ricevette il giuramento feudale da Rinaldo di Supino, signore di Morolo.

Qualche anno dopo, sempre in giovane età, il C. si trovò impegnato nelle lotte divampate in Campagna tra famiglie feudali. Quale capo di un ramo della famiglia spettò a lui il compito di difendere Anagni e le terre circostanti. Nel 1337 egli e altri Caetani strinsero a Velletri un'alleanza con i Savelli. Nell'aprile del 1338 una lettera pontificia lo accusò di aver preso parte all'assalto portato da vari signori feudali, tra cui due Orsini, alla chiesa romana di S. Angelo in Foropiscium. In Campagna i suoi principali alleati erano Paolo Conti, i signori di Ceccano, il signore e il Comune di Supino, mentre i suoi principali avversari erano il conte di Fondi (e altri membri di quel ramo dei Caetani) e il conte di Montefortino, appartenente alla famiglia dei Conti. Prima dell'ottobre 1339 il rettore di Campagna e Marittima era riuscito a imporre a questi due partiti una tregua che nelle sue intenzioni doveva durare tre anni: il rettore aveva l'ambizioso progetto di dominare i signori feudali mediante un esercito mercenario e rafforzando varie fortezze, assicurando nel contempo l'elezione del papa come podestà titolare di Anagni.

Sembra che il B. rifiutasse al rettore la sua collaborazione, così che la tregua venne infranta: nel 1340 la lotta riprendeva più aspra di prima. Nel marzo il C. occupò Sezze, ma fu costretto ad abbandonarla poco dopo. Varie città, tra cui Anagni, Terracina e Ferentino erano sotto la minaccia di un suo attacco. Nel maggio o nel giugno egli attaccò di notte Anagni, muovendo dalla sua base di Sgurgola: conquistò prima il castello, cioè la residenza del rettore pontificio, poi la cattedrale, infine l'intera città. I cittadini lo acclamarono al grido di "Viva ilconte palatino" e i suoi sostenitori lo elessero signore di Anagni. Il rettore fuggì a Frosinone, ove il 1ºluglio condannò a morte il C. in contumacia e inflisse alla città una pesante multa. Nel gennaio del 1341 il C., con l'aiuto di Anagni e di alcuni cittadini di Ferentino, cercò di conquistare Ferentino, ma senza successo. L'8 febbraio successivo il vicario generale di Campagna e Marittima lo condannò, per questa azione, al pagamento di una multa di 1.000 marchi; nella sentenza il C. è indicato come ex conte palatino.

Il 13 ag. 1341, ancora in età minore (e sotto la tutela della madre), il C. è parte in un contratto di compravendita di terre stipulato ad Anagni. Questa sembra essere l'ultima notizia su di lui: il C. morì, infatti, nel corso dell'inverno 1341-1342, lasciando alla cura della madre i suoi quattro figli illegittimi (due maschi e due femmine). Non conosciamo la causa della morte, che non dovette essere violenta. Come conte palatino gli successe il fratello minore Giovanni.

Fonti e Bibl.: Codex diplomaticus dominii temporalis S. Sedis, a cura di A. Theiner, II, Romae 1862, n. 84, pp. 61 s.; Benoît XII, Lettres communes, a cura di J.-M. Vidal, Paris 1902-1911, nn. 5071, 6281, 7475, 8296, 8357, 9181; Regesta chartarum, a cura di G. Caetani, II, San Casciano Val di Pesa 1926, pp. 67, 70 s., 80-84, 96, 120, 126; G. Caetani, Domus Caietana, I, 1, San Casciano Val di Pesa 1927, pp. 246-249, 274; G. Falco, IComuni della Campagna e della Marittima nel Medio Evo, in Archivio d. R. Società romana di storia patria, XLIX (1926), pp. 181-190.

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