BARBABIETOLA o bietola

Enciclopedia Italiana (1930)

BARBABIETOLA o bietola (fr. betterave; sp. remolacha; ted. Futterrübe o Zuckerrübe; ingl. beet)

Ottavio Munerati

Tutte le molteplici razze e varietà di barbabietole coltivate si ammette che derivino dalla Beta vulgaris L., della famiglia Chenopodiacee: se, però, per diretta mutazione, o per incrocio con altre specie dello stesso genere, oppure anche, come si ritenne lungamente, per effetto della continuata coltivazione, è ancor oggi dubbio.

Per quanto riguarda la loro attuale utilizzazione le barbabietole vengono suddivise in quattro grandi gruppi: da zucchero, da distilleria, da foraggio, da orto. Tutte però indistintamente le barbabietole contengono zucchero, per cui la specifica loro destinazione, o per uso industriale o per alimentazione dell'uomo o per alimentazione degli animali, trae la sua ragione dalla quantità di zucchero che i varî tipi sono capaci di accumulare e da altre caratteristiche o attributi particolari di ciascuno di essi.

L'impiego della barbabietola nell'alimentazione e per la preparazione di medicinali risale ad epoca assai remota, mentre è conquista relativamente recente (inizio del sec. XIX) l'impiego della barbabietola nella fabbricazione dello zucchero e dell'alcool.

Il più antico accenno alla pianta si troverebbe in un catalogo babilonese, secondo cui la barbabietola sarebbe stata coltivata nel giardino del re Merodak-baladan (722-711 a. C.), ivi menzionata col termine di selqū che corrisponde al siriaco selqā. È molto dubbio che questo nome possa connettersi col greco σικελός, usato da Teofrasto, il quale indicherebbe la Sicilia quale probabile patria del tipo che vive allo stato spontaneo lungo tutte le coste del Mediterraneo.

Come pianta coltivata la barbabietola è biennale: il primo anno costituisce la propria radice più o meno carnosa e succulenta, mentre il secondo anno, dalla sommità o testa della pianta, si dipartono scapi fioriferi su cui maturano i semi. Talvolta accade però che un numero piu o meno cospicuo degli individui con coltura fruttifichi nel primo anno: le radici rimangono in tal caso piccole e acquistano consistenza legnosa, per cui il fenomeno, noto fra i pratici col nome di prefioritura, determina una certa diminuzione di raccolto, manifestamente tanto maggiore quanto più alta è la percentuale degli individui prefioriti.

Barbabietola da zucchero. - Nel 1600 l'agronomo francese Olivier de Serres metteva in evidenza che cuocendo la barbabietola si ottiene un sugo o sciroppo zuccherato; un chimico prussiano, Marggraf, estrasse per la prima volta nel 1747 zucchero cristallizzato dalle radici.

Un allievo di Marggraf, F. C. Achard, procedendo sulla strada segnata dal maestro, con l'appoggio finanziario di Federico il Grande e di Federico Guglielmo III, giungeva a escogitare un metodo di estrazione industriale, che gli permetteva di far sorgere nel 1801 a Kunern, nella Slesia, il primo zuccherificio del mondo. Subito dopo altre fabbriche venivano erette in Francia, in Austria, in Ungheria, in Boemia, in Russia.

Se non che gl'inizî furono quanto mai penosi e difficili. Nella stessa Francia (ove l'industria aveva trovato il più grande e inopinato appoggio in Napoleone I, che decretando nel 1806 il blocco continentale si era illuso di poter dare al popolo lo zucchero di barbabietola in sostituzione di quello di canna) le poche fabbriche sorte con gli alti premî concessi dallo stato dovevano chiudere i battenti alla caduta dell'Impero (1814). Solo verso il 1850 coltura e industria cominciarono ad affermarsi e a prendere sempre più vaste proporzioni nell'Europa centrale ove la barbabietola trovò condizioni sotto ogni riguardo propizie; nel frattempo attraverso un razionale processo selettivo la barbabietola poté essere migliorata, così da mettere l'industria in grado di lavorare una materia prima sempre più ricca e tener testa allo zucchero di canna nella competizione del mercato mondiale.

Enorme fu l'influenza esercitata dalla barbabietola da zucchero nell'economia dei paesi dell'Europa centrale. Ben giustamente la barbabietola venne proclamata, da un grande agronomo tedesco, il "buon genio della Germania", mentre nelle cronache di Francia si narra che l'ingresso di Napoleone III in Valenciennes fu salutato da un arco di trionfo intrecciato di barbabietole che portava la scritta "Circondario di Valenciennes: prima dell'introduzipne della barbabietola 245 mila ettolitri di grano e 7000 capi di bestiame; dopo l'introduzione della barbabietola 408 mila ettolitri di grano e 11.500 capi di bestiame".

Quanto al nostro paese, dopo molteplici sfortunati sforzi, l'industria dello zucchero poteva prendere definitivo piede solo verso la fine del secolo scorso (1888, zuccherificio di Rieti) per opera di Emilio Maraini; nel 1895 erano però in attività ancora due sole fabbriche mentre ne sorsero 24 nel successivo quinquennio; 30 erano gli zuccherifici attivi nel 1910; 35 nel 1920; 53 nel 1927.

Quasi tutte le fabbriche di zucchero si trovano nella Valle Padana, le cui terre alluvionali meglio si prestano per la coltura. La superficie presentemente coltivata a barbabietole da zucchero si aggira sui 100 mila ettari, sufficiente alla produzione del contingente di zucchero necessario all'odierno consumo nazionale (circa 3.500.000 quintali).

La barbabietola deve coltivarsi su terreni profondi e profondamente lavorati (possibilmente prima dell'inverno). La semina si effettua a righe distanti 35-40 centimetri con 20-25 chilogrammi di seme per ettaro, dai primi di marzo a metà d'aprile; il periodo di raccolta va dai primi d'agosto ai primi d'ottobre.

Barbabietole da distilleria. - Caratterizzate dalla capacità di fornire più elevati raccolti in peso rispetto alla barbabietola zuccherina propriamente detta, furono tenute in grande pregio soprattutto negli ultimi lustri del secolo scorso; ma attualmente anche per l'industria della fabbricazione dell'alcool molti preferiscono il tipo da zucchero.

Barbabietola da foraggio. - Le numerose varietà coltivate per foraggio (gialla Eckendorf, Mammouth, gialla Vauriac, ecc.), hanno una netta tendenza ai più alti pesi unitarî a detrimento della ricchezza in zucchero. Le radici, previamente trinciate e opportunamente corrette con alimenti più concentrati, vengono impiegate per lo più nei mesi invernali per i bovini e specialmente per le razze lattifere.

Barbabietole da orto. - Vanno suddivise in due categorie: l'una, di cui si utilizzano le radici, e l'altra preminentemente coltivata per le foglie o i picciuoli (piatti e carnosi). Il primo gruppo comprende un grande numero di tipi o varietà, quali la tonda rossa di Bassano, la rossa piatta d'Egitto, la rossa lunga liscia, la rossa crapaudine, ecc. Le varietà che si coltivano per le foglie e i picciuoli, generalmente note col nome di bieta o di bietole, cardonetto, e tipiche perché presentano nello stesso tempo una radice di minimo peso, sicché tutte le energie della pianta sembra debbano tendere ad esaurirsi nella costituzione della parte aerea, deriverebbero da una varietà della B. vulgaris e precisamente dalla Beta cicla. Per altre notizie, v. zucchero.

Bibl.: L. Geschwind e E. Sellier, La betterave agricole et industrielle, Parigi 1902; O. Munerati, La coltivazione della bietola zuccherifera, Rovigo 1908; J. De Vilmorin, L'hérédité chez la betterave cultivée, Parigi 1923; J. Graftiau, La culture intensive de la betterave à sucre, Bruxelles 1925; Th. Römer, Handbuch des Zuckerrübenbaues, Berlino 1927; O. von E. Lippmann, Geschichte der beet Rübe (Beta) als Kulturpflanze, Berlino 1927; R. N. Dowling, Sugar beet and sugar, Londra 1928; E. C. Sedlmayr, Zuckerrübenbau, Vienna 1928.

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