BAGOLARO

Enciclopedia Italiana (1930)

BAGOLARO (lat. scient. Celtis australis L.; fr. micocoulier de Provence, fabrecoulier; sp. almer, lodopo, aligonero; ted. Zürgelbaum; ingl. nettle tree)

Augusto Béguinot

Albero della famiglia delle Ulmacee, tribù Celtidee, alto 15-20 m. e del diametro di 1 m., con una bella chioma ovale; corteccia bruna, poco screpolata. Le foglie caduche sono ovato-lanceolate,. lungamente acuminate, per lo più due volte più lunghe che larghe, con base obliqua, rotondata o cuneata, triplinervi, acutamente seghettate, con picciolo più corto del lembo e con brevi stipole. I fiori sono piccoli, giallicci, ermafroditi o unisessuali per aborto, i maschili in piccole cime con perigonio di 5-6 pezzi e altrettanti stami, i femminili con stigma bifido e solitarî. Il frutto, che è una drupa globosa grande quanto un pisello o poco più, prima biancastra e poi nerastra, contiene ma scarsa polpa di sapore dolciastro.

Frequente nei boschi e nelle boscaglie della regione mediterianea e submontana dei paesi circummediterranei, dell'Asia temperata e delle Indie orientali. In Italia cresce anche nella regione padana e nelle valli più calde ai piedi delle Alpi nella zona delle querce caducifoglie e del castagno, ma, meno resistente, non penetra molto in profondità. Del resto è pianta rusticissima, che si adatta a qualunque terreno e posizione ed è spesso coltivata nelle alberate e nei parchi, come anchi per sostegno delle viti (p. es. in alcune parti del Trentino) e per le drupe dolciastre e un po' astringenti. Il legno, duro, resistente, flessibile, si presta bene per farne stanghe da carrozze e carri, manichi di fruste, forche a tre denti e svariati altri attrezzi: la corteccia ha proprietà concianti e tinge in giallo la seta.

Alcuni antichi bocitanici (Lobel, Mattioli, ecc.) hanno dato a questa specie il nome di Loto ritenendo, senza fondamento, che fosse la pianta il cui frutto era mangiato dai Lotofagi menzionati da Omero.

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