ATTICA e GRECIA CENTRALE

Enciclopedia dell' Arte Medievale (1991)

ATTICA e GRECIA CENTRALE


L'A., la Megaride, la Beozia, l'Eubea, le isole di Egina, di Salamina e le Sporadi settentrionali (Skíathos, Skópelos, Alonisos), fin dal sec. 4° fecero parte della prefettura dell'Illirico orientale (praefectura Illyricum), la cui capitale fu dapprima Sirmio (od. Sremska Mitrovica, in Iugoslavia) e in seguito Tessalonica. Anche dopo l'avvento del cristianesimo, diffusosi particolarmente nelle campagne, e fino all'inizio del sec. 6°, Atene continuò a essere un centro di cultura pagana e la sede dell'Accademia platonica. In seguito alla fondazione di Costantinopoli, la città perse molte fra le sue opere d'arte più famose, tra cui l'Atena Prómachos e l'Atena Parthénos di Fidia, e all'inizio del 6° sec. il suo prestigio culturale subì un grave colpo con la chiusura definitiva delle scuole filosofiche, voluta dall'imperatore Giustiniano (529), una delle cause fondamentali della decadenza non solo di tali regioni, ma di tutta la Grecia. Già nel 395 i Goti, guidati da Alarico, dopo aver invaso l'A. e la Beozia, avevano incendiato Salamina e occupato il Pireo; in quell'occasione è probabile che Atene sia scesa a patti con gli invasori e abbia dovuto accogliere Alarico entro le sue mura, diroccate in seguito all'incendio del 267 causato dagli Eruli. Tra i secc. 7° e 8° l'invasione degli Slavi, la peste (746) e la minaccia araba distrussero l'economia della regione; la produzione artistica e l'attività edilizia cessarono quasi completamente, come sembra testimoniare la mancanza di reperti archeologici.Quando, a partire dalla metà del sec. 9°, il sistema amministrativo bizantino fu ristrutturato in temi, l'A. e la Grecia centrale entrarono a far parte del tema dell'Ellade, con sede governativa a Tebe. L'organizzazione ecclesiastica fu invece ordinata in metropolie e vescovadi, dipendenti dal patriarcato di Costantinopoli; le sedi episcopali in A. furono Atene, Megara, Tebe, Skíathos, Skópelos e Skíros. Il sistema economico rimase basato sul latifondo.I successi militari dei Bizantini, nella seconda metà del sec. 10° e all'inizio dell'11° - la liberazione di Creta dalla dominazione araba nel 961, l'annientamento dei Bulgari sullo Sperchèo nel 997, la distruzione dello stato bulgaro nel 1018 - contribuirono a creare condizioni particolarmente favorevoli per lo sviluppo della Grecia. La visita ad Atene di Basilio II nel 1019 è chiaro segno dell'interesse imperiale per l'intera regione.In seguito alla conquista di Costantinopoli, avvenuta durante la quarta crociata (1204), l'A. e la Beozia furono assegnate a Bonifacio di Monferrato e in un secondo momento cedute da costui a Ottone de la Roche, che assunse il titolo di 'gran signore' (megaskyr) di Atene. Nel 1210 la Beozia passò a Guy de la Roche, mentre tra il 1230 e il 1240 Tebe divenne feudo dei Saint-Omer. Nel 1388 il fiorentino Neri Acciaiuoli conquistò l'A., la Megaride e la Beozia. Seguì infine l'occupazione turca, verificatasi gradualmente: la Beozia fu saccheggiata nel 1392 e due anni dopo conquistata da Beyazit I; successivamente, nel 1456, i Turchi occuparono la Megaride e l'Attica.In A., tra i secc. 5° e 6°, i templi classici furono progressivamente trasformati in edifici di culto cristiano. Ad Atene (v.) il Partenone, sul cui lato ovest venne aggiunta una fontana, fu dedicato alla Divina Sapienza, o Theotókos Athiniótissa; l'Eretteo fu dedicato da prima alla Theotókos e in un secondo tempo, come testimonia un'iscrizione, alla SS. Trinità; la pinacoteca dei Propilei, invece, fu dedicata agli arcangeli. Due monumenti situati sulle pendici meridionali dell'Acropoli, il tempio di Asclepio e il monumento del coreuta Trasillo, furono trasformati in chiese, intitolate rispettivamente ai ss. Cosma e Damiano e alla Theotókos Chrysospiliótissa. Il Theséion nell'agorá fu ristrutturato e divenne la chiesa di S. Giorgio, mentre l'altare della dea Demetra d'Agra (distrutto), nei pressi dell'Illisso, fu dedicato alla Theotókos; anche il tetraconco della biblioteca di Adriano venne adattato al nuovo uso: l'abside orientale fu trasformata in presbiterio e quella occidentale in ingresso. Sempre ad Atene sorsero comunque anche nuove chiese, tra le quali la più importante fu la basilica dell'Illisso, situata all'esterno della cinta muraria della città, in prossimità del tempio di Giove. L'edificio era a tre navate, con transetto e nartece; nella parte settentrionale del transetto si apriva una cripta con la tomba del vescovo Leonida; la presenza dei resti di quattro grossi pilastri fa ritenere che davanti al bema si innalzasse una cupola. La ricca decorazione è documentata dai mosaici pavimentali, dai rivestimenti marmorei e dagli elementi di scultura architettonica (attualmente conservati ad Atene, Byzantine Mus.). Va inoltre ricordato il restauro delle mura ateniesi a opera di Giustiniano.Nella regione sono stati scoperti e scavati i resti di numerosi edifici paleocristiani: a Vrauron, Glyphada, Alimos, Eleusi, Liopesi (sulle pendici del Lavrio), a Dafni (v.), a Mygdaleza e a Eleutheres; si tratta per lo più di basiliche che presentano un impianto con ampia navata centrale e strette navate laterali.Dopo un lungo periodo di decadenza dovuto alle invasioni slave, alle scorrerie arabe e alla crisi iconoclasta, a partire dal sec. 9° si verificò una ripresa dell'edilizia civile e religiosa; sorsero numerose chiese a croce greca inscritta con cupola, mentre più rare divennero quelle a pianta basilicale. L'elemento di spicco di questo nuovo impianto architettonico è la presenza della cupola all'incrocio di due bracci voltati a botte entro un perimetro quadrangolare; nei quattro angoli dell'edificio vi sono altrettanti vani con tetto a spiovente di altezza minore rispetto a quelli dei bracci della croce. Le soluzioni architettoniche adottate nelle volte a botte e nella cupola, il tipo di copertura dei vani laterali e i diversi rapporti planimetrici individuano quattro varianti principali: a) tipo composito a quattro colonne; b) tipo semicomposito a quattro colonne; c) tipo semplice a quattro colonne; d) tipo a due colonne.Ad Atene le chiese che furono costruite tra il sec. 9° e il 10° presentano ancora tutte un impianto basilicale: S. Giovanni Mancuti (871, oggi distrutta); S. Filippo presso il Theséion; S. Dionigi Areopagita; la Pantanassa, nota anche come Monastiraki, e la chiesa dell'Ipapanti. La chiesa dei Ss. Apostoli di Solaki (1000-1025), nell'antica agorá, appartiene invece alla tipologia a croce inscritta ed esattamente al tipo composito a quattro colonne; piuttosto inconsuete sono le terminazioni ad absidi poligonali, che sembrerebbero comunque esemplate su un edificio come la chiesa della Theotókos nel monastero di Hosios Lukas (v.) nella Focide, dalla quale deriverebbero anche il particolare paramento murario a corsi alternati di pietra e mattoni, nonché le decorazioni in laterizio a caratteri pseudocufici e a denti di sega. Le stesse caratteristiche ritornano nella chiesa dei Ss. Teodori (1049 ca.), di tipo semicomposito a quattro colonne. La Kapnikarea (metà sec. 11°), con un nartece sul lato occidentale, in sostituzione di un preesistente portico, è tra le chiese del tipo composito a quattro colonne; le chiese di S. Caterina, del Salvatore di Kottaki, il katholikón del monastero di Petraki, la chiesa dei Ss. Incorporei presso il Theséion, S. Nicola di Rangava, la chiesa della Trasfigurazione, sono tutte a pianta a quattro colonne, mentre le chiese di S. Eleuterio e della Panaghia Gorgoepikoos, la c.d. piccola metropoli, sono del tipo semicomposito a quattro colonne. Quest'ultima è tra l'altro caratterizzata da una decorazione esterna con numerosi elementi di spoglio. Le chiese dei Ss. Taxiarchi, di S. Giovanni Teologo e probabilmente quella dedicata a s. Giorgio d'Alessandria sono invece del tipo semplice a due colonne. Tra i katholiká dei monasteri che sorsero fuori dalla città di Atene, i più importanti sono senz'altro quelli della Trasfigurazione a Koropi (sec. 10°), di Kaisariani, del tipo semplice a quattro colonne (metà sec. 11°), della Omorfi Ekklesia a Galatsi, del tipo a due colonne (sec. 12°), con parekklésion coperto a volta (sec. 13°-14°), di S. Giovanni Prodromo di Kynegos (sec. 13°-14°) e di Asteri sull'Imetto (sec. 12°).Ad Atene le chiese dei secc. 11° e 12° presentano comuni caratteristiche architettoniche: la cupola c.d. ateniese, poggiante su un alto tamburo, con finestre a bifora su ogni lato dell'ottagono e spigoli decorati da snelle colonnine di marmo che sorreggono mensole e archetti o gocciolatoi; la muratura c.d. cloisonnée, caratterizzata da conci di pietra intercalati a sottili corsi di laterizi, con fregi ornamentali a caratteri pseudocufici o a denti di sega.A partire dal sec. 11° si diffuse lo schema a pianta ottagonale, caratterizzato da una grande cupola poggiante su otto pilastri, con trombe angolari o pennacchi. Appartiene a questo tipo la chiesa della Theotokos di Lykodemos (ora di S. Nicodemo) ad Atene (secondo quarto del sec. 11°) e il katholikón di Dafni (fine sec. 11°).Durante l'occupazione franca, il Partenone venne officiato dal clero latino e il monastero di Dafni venne affidato ai Cistercensi, i quali restaurarono la facciata del nartece con archi gotici e il porticato sul lato ovest del chiostro. La distrutta chiesa dell'Ipapanti, quella di S. Giovanni Prodromo di Kynegos e la Omorfi Ekklesia a Galatsi vennero restaurate e fu fondata la chiesa della Trasfigurazione presso l'Acropoli. Sebbene i Franchi avessero abolito la metropolia ortodossa di Atene, la liturgia greca continuò a essere officiata nelle campagne, come testimonia il gran numero di chiese superstiti fondate in questo periodo; tra queste S. Pietro a Kalyvia (1231-1232), S. Giorgio a Kuvara (prima metà sec. 13°), due piccole chiese rupestri sulle pendici del monte Pentelico (1233-1234), S. Giorgio a Oropos (prima metà sec. 13°), la Theotokos a Merenta (metà del sec. 13°), S. Nicola a Kálamos (fine sec. 13°), Ss. Taxiarchi a Markopoulo e S. Ciriaca a Keratéa (fine sec. 13°). Tutti questi edifici sono di piccole dimensioni e per lo più a pianta basilicale o a pianta a croce inscritta.Non si conservano altri resti di decorazioni pittoriche prima dello splendido ciclo musivo del katholikón del monastero di Dafni (fine sec. 11°). Questi mosaici, che riflettono una viva tradizione classica, si ricollegano alle contemporanee correnti auliche di Costantinopoli. Le altre testimonianze sono comunque più tarde: al sec. 13° sono stati datati gli affreschi delle chiese di S. Giorgio a Oropos, di S. Nicola a Kálamos, della Omorfi Ekklesia a Galatsi, peraltro priva di sostanziali rapporti con le correnti contemporanee dell'arte dei grandi centri, mentre quelli di alcune chiese riprendono lo stile comneno nella versione 'popolare' che, sul volgere del secolo, appare ancor più evidente negli affreschi delle chiese dei Ss. Taxiarchi a Markopulo e di S. Ciriaca a Keratéa. In quest'ultimo ciclo, nonché a S. Giorgio a Kuvara, si avvertono influssi latini di ascendenza romanica, apprezzabili soprattutto a livello iconografico.Nella Megaride, se si eccettua la grande basilica paleocristiana a cinque navate i cui resti sono stati scoperti a Egosthena (od. Porto Germano), le altre testimonianze monumentali riguardano prevalentemente il periodo medio e tardo bizantino. A partire dal sec. 11°, la Megaride sembra aver avuto una fiorente comunità monastica irradiatasi dal monastero di Hosios Meletios sul monte Citerone, cui si deve la fondazione del monastero di S. Geroteo, del quale resta il katholikón, decorato nel sec. 12° con affreschi di altissima qualità. Affreschi del sec. 13° sono conservati nelle chiese del Salvatore di Eleona, caratterizzati da un accentuato linearismo, e del Salvatore di Alepochori, la cui decorazione è datata al 1260-1280.Nella Beozia sono state scoperte tre basiliche risalenti ai secc. 4°-6°: una, di grandi dimensioni con transetto, in località Dafnussa; altre due, di dimensioni minori, a Malandrino e Anthidona. Del sec. 9° rimangono le chiese di S. Gregorio Teologo, dell'872, a Tebe - a navata unica, cupola e abside poligonale - e della Dormizione a Skripu, costruita nell'873-874 dal protospatario Leone, con impianto a croce libera del tipo composito. La ricca decorazione scultorea è opera di botteghe locali.Nella chiesa della Theotokos del monastero di Hosios Lukas nella Focide, della seconda metà del sec. 10°, compare per la prima volta la pianta composita a quattro colonne: la cupola, su alto tamburo ottagonale con finestre a bifora su ogni lato, è rivestita esternamente da lastre marmoree con decorazioni d'ispirazione islamica. La cortina muraria è a conci di pietra racchiusi da sottili filari di mattoni e presenta la consueta decorazione in laterizio a caratteri pseudocufici e a denti di sega. Il nartece è a due piani e due colonne sorreggono sei crociere. La chiesa attigua (primo quarto del sec. 11°), che venne costruita per accogliere la salma del santo e non come katholikón, è sormontata da una cupola ottagonale e internamente presenta una ricca decorazione scultorea e un pavimento marmoreo. La tomba del santo era ubicata in uno spazio appositamente costruito tra le due chiese facilmente accessibile ai pellegrini e con ingresso separato posto nel lato est della chiesa, presso l'abside della protesi. L'edificio è infine dotato di una cripta voltata a crociera. Degne di nota sono anche la chiesa di S. Fotina a Tebe, a croce libera con cupola (seconda metà sec. 10°), quella di S. Giorgio di Lukision, chiesa tetraconca a navata unica (seconda metà del sec. 11°), i monasteri di Hosios Meletios sul monte Citerone e di Sagmata (sec. 12°), del tipo composito a quattro colonne. Sempre del sec. 12° vanno ricordate le chiese di S. Nicola a Kambia, copia di Hosios Lukas, e di S. Sozone a Skripu, a navata unica triabsidata.Nella chiesa di Hosios Lukas è conservata la più antica e ricca decorazione musiva dell'epoca macedone: il nartece e il naós sono ricoperti da mosaici, mentre tre parekklésia, il matroneo e la cripta sono decorati da affreschi coevi, eseguiti subito dopo l'ornamentazione musiva. La stretta affinità stilistica tra mosaici e affreschi testimonia non solo la collaborazione tra mosaicisti e pittori, ma anche la loro comune provenienza. Lo stile, linearistico con tendenze espressionistiche, è caratterizzato da figure tozze, immobili, con grandi teste e grandi occhi, senza collo, mentre i corpi sono resi da un fitto panneggio dalle pieghe lineari e dai colori brillanti. Questo stile anticlassico - solitamente considerato di provenienza orientale e definito 'popolare' o 'monastico' - proviene in realtà da Costantinopoli, così come lo stile aulico dei mosaici di Dafni. Ciò viene confermato dalla stretta parentela che lega i mosaici di Hosios Lukas a quelli della Santa Sofia di Kiev (sec. 11°) e di S. Maria dei Calderai (1028) a Salonicco (v.), monumenti entrambi sicuramente collegati alla capitale. Gli affreschi della chiesa della Theotokos di Hosios Lukas non sono anteriori al sec. 13°; quelli di S. Nicola a Kambia sembrebbero databili tra la fine del sec. 13° e i primi anni del 14° e in ogni caso rientrano ancora negli indirizzi stilistici del periodo comneno.

Bibl.:

Attica:

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Beozia. - R.W. Schultz, S.H. Barnsley, The Monastery of Saint Luke of Stiris, Phokis, and the Dependent Monastery of Saint Nicolas in the Fields near Skripou in Boeotia, London 1901; O. Wulff, Das Katholikon von Hosios Lukas und verwandte byzantinische Kirchenbauten (Die Baukunst, s. II, 11), Berlin-Stuttgart 1903; G. Sotiriu, 'Ο ἐν ΘήβαιϚ βυζαντινὸϚ ναὸϚ τοῦ Γϱηγοϱίου τοῦ Θεολόγου [La chiesa bizantina di Gregorio Teologo a Tebe], AE, 1924, pp. 1-26; M. Sotiriu, ῾Ο ναὸϚ τῆϚ ΣϰϱιποῦϚ τῆϚ ΒοιωτίαϚ [La chiesa di Skripu in Beozia], AE, 1931, pp. 119-157; A. Bon, Forteresses médiévales de la Grèce centrale, Bulletin de Correspondance Hellénique 61, 1937, pp. 136-208; A.K. Orlandos, 'H βασιλιϰή τῆϚ 'ΑνθηδόνοϚ [La basilica di Anthidonos], ABME 3, 1937, pp. 172-174; E. Stikas, ᾽Ανασϰαϕὴ ᾽Ελευθεϱῶν (Πανάϰτου) [Scavi a Eleutherai, Panaktos], Praktika 93, 1938, pp. 41-49; A.K. Orlandos, 'H 'Aγία Φωτεινὴ τῶν Θηβῶν [La chiesa di S. Fotina a Tebe], ABME 5, 1939-1940, pp. 144-147; id., Tὸ παϱὰ τὸ ᾽Αλιβέϱι μετόχιου τοῦ ῾Οσίου Λουϰᾶ ΦωϰίδοϚ [La dipendenza del monastero di Hosios Lukas presso Aliveri in Focide], ivi, 7, 1951, pp. 131-145; N. Svoronos, Recherches sur le cadastre byzantin et la fiscalité au XIe et XIIe siècles: le cadastre de Thèbes, Bulletin de Correspondance Hellénique 83, 1959, pp. 1-145: 41ss.; P. Lazaridis, Chronika, AD 16, 1960, pp. 7-79; 21, 1966, p. 210; 23, 1968, p. 227; C. Buras, Συμπληϱωματιϰὰ στοιχεῖα γιὰ ἕνα ϰατεστϱαμμένο ναὸ τῆϚ ΒοιωτίαϚ [Ulteriori dati su una chiesa distrutta in Beozia], DChAE, s. IV, 4, 1964-1965, pp. 227-244; M. Chatzidakis, A propos de la date et du fondateur de Saint Luc, CahA 19, 1969, pp. 127-150; M. Panayotidis, Les monuments de Grèce depuis la fin de la crise Iconoclaste jusqu'à l'an Mil (tesi), Paris 1969; E. Stikas, Τό οἰϰοδομιϰὸν τῆϚ ΜονήϚ ῾Οσίου Λουϰᾶ ΦωϰίδοϚ [La cronistoria della costruzione del monastero di Hosios Lukas in Focide], Athinai 1970; L. Filippidu-Buras, ῾Ο ἐζωνάϱθηϰαϚ τοῦ Καθολιϰοῦ τοῦ ῾Οσίου Λουϰᾶ ΦωϰίδοϚ [L'esonartece del Katholikòn di Hosios Lukas in Focide], DChAE, s. IV, 6, 1970-1972, pp. 13-18; A. Xyngopulos, 'H τοιχογϱαϕία τοῦ ᾽Ιησοῦ τοῦ Ναυῆ εἰϚ τὴν Μονήν τοῦ ῾Οσίου Λουϰᾶ [L'affresco con Cristo di Navi nel monastero di Hosios Lukas], ivi, 7, 1973-1974, pp. 127-138; L. Buras, Architectural Sculptures of the Twelfth Century and the Early Thirteenth Centuries in Greece, ivi, 9, 1977-1979, pp. 63-75; id., ῾Ο γλυπτόϚ διάϰοσμοϚ τοῦ ναοῦ τῆϚ ΠαναγίαϚ Μοναστήϱι τοῦ ῾Οσίου Λουϰᾶ [Il decoro plastico della chiesa della Vergine nel monastero di Hosios Lukas], Athinai 1980; I. Sfikopulos, Μεσαιωνιϰὰ ϰάστϱα ϰαὶ πύϱγοι στὴ Πούμελη [Castelli e torri medievali di Rumeli], Athinai 1981; M. Panayotidis, Οἱ τοιχογϱαϕίεϚ τῆϚ ΚϱύπτηϚ τοῦ ῾Αγίου Νιϰολάου στᾶ Καμπιὰ τῆϚ ΒοιωτίαϚ [Gli affreschi della cripta di S. Nicola a Kambia in Beozia], "Actes du XVe Congrès International d'Etudes Byzantines, Athènes 1976", II, 1, Athinai 1981, pp. 597-622; T. Chatzidakis-Bacharas, Les peintures murales de Hosios Loucas. Les chapelles occidentales, Athinai 1982; I. Dimakopulos, 'H Παναγία τῆϚ ΛειβαδιᾶϚ. Μιὰ ἄγνωστη ἐϰϰλησία τοῦ 11ου αἰώνα [La Vergine di Livadia. Una chiesa sconosciuta del sec. 11°], DChAE, s. IV, 12, 1984, pp. 305-328.M. Aspra-Vardavaki

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