ATTEONE

Enciclopedia dell' Arte Antica (1958)

ATTEONE (᾿Ακταίων, Actaeon)

G. Cressedi

Figlio di Aristeo e di Autonoe.

Fu allievo di Chirone, che ne fece un valentissimo cacciatore. Insuperbito da questa sua qualità, A. si vantò di superare nel tiro dell'arco anche Artemide, ma la dea lo fece dilaniare dai cani di lui, che non riconoscevano più il loro padrone, secondo la versione accolta da Eschilo e da Euripide. In Stesicoro era la dea stessa a gettare una pelle di cervo su A. dormiente. Questa punizione invece, secondo un'altra versione, sarebbe stata inflitta ad A. da Zeus, per aver egli aspirato alle nozze con Semele.

Polignoto nella Nekyia a Delfi l'aveva raffigurato con la madre seduto su una pelle di cervo, con un cerbiatto nelle mani, vicino un cane da caccia e Maira (Paus., x, 30, 3).

Alla prima tradizione, secondo cui, cioè, A. sarebbe stato punito di un peccato di superbia, si ispirano le più antiche raffigurazioni del mito, in cui Artemide, vestita di un lungo chitone, con l'arco in mano, è di fronte ad A. che tenta di difendersi dai cani, come nel cratere attico a figure rosse del Pittore di Pan, nel museo di Boston. Così in una metopa del tempio E di Selinunte la dea, forse senza arco, aizza i cani contro A. coperto di una spoglia di cervo. Simile scena si ritrova in un vaso a figure rosse (C. V. A., France, 422, 5; 423, 3, Louvre) ed in una lastra della Collezione Campana (tav. 58), in cui la dea, armata, assiste impassibile alla morte del cacciatore, che sul vaso è rappresentato barbuto e coperto di una pelle.

Una versione più tarda del mito, cara agli alessandrini, narra che A. sorprese Artemide mentre si bagnava con le sue ninfe nella fonte Partenia a Gargaphia e la dea, irritata, gli spruzzò in faccia dell'acqua mutandolo in cervo; i cani di A., non riconoscendo più il padrone, lo assalirono e lo dilaniarono. Un sarcofago al Louvre ha la raffigurazione più completa del mito: A. cacciatore con i suoi cani, A. che sorprende Artemide e che viene dilaniato dai cani, mentre gli spuntano le corna di cervo, unico segno della metamorfosi, ed in ultimo l'eroe morto, pianto da due donne.

I due tipi fondamentali, cioè Artemide vestita che aizza i cani e Artemide nuda che viene sorpresa dal cacciatore, si trovano in alcune pitture pompeiane di diversa derivazione e in rilievi, oppure i due elementi tentano di fondersi in una composizione più vasta di sapore idillico e paesistico: mentre le ninfe si bagnano, Artemide vestita aizza i cani ed A., più lontano, si difende da uno che lo ha raggiunto (W. Helbig, t. viii; G. Rodenwaldt, p. 49). In tutte le pitture pompeiane citate, ad A. assalito dai cani spuntano le corna di cervo, ma, talvolta, gli si attribuì addirittura una testa di cervo (statuetta bronzea ad Aekkern presso Neuss). La figura isolata di A. che si difende dai cani è in una statua al British Museum, su un cratere di Ruvo, ove l'eroe ha corna di cervo, su un candelabro neoattico, mentre su urnette etrusche la stessa figurazione ha significato funerario. In alcune urne A. appare con corna di cervo. Cfr. la statua pubblicata in Einz. Aufn., 3423-24 e lo specchio etrusco edito dal Gerhard (Etr. Spiegel, tav. 46).

Monumenti considerati. - Selinunte, tempio E: BrunnBruckmann, 290; Louvre, sarcofago: C. Robert, Sarkophagrel., iii, p. 1, tav. 1; pitture pompeiane: W. Helbig, Wandgemälde der vom Vesuv verschütteten Städte Campaniens, Lipsia 1868, tav. vii; G. Rodenwaldt, Die Komposition der Pompejanischen Wandgemälde, Berlino 1909, pp. 79, 213; Not. Scavi, 1908, p. 41; Boll. d'Arte, xxvii, 1934, p. 490; rilievi: Esperandieu, Basrel. de la Germanie, pp. 395, 696; S. Reinach, Rép. Rel., ii, p. 84; G. Pesce, Anfiteatro di Capua, tav. 21; statuetta di Aekkern: Bonner. Jahrb., vi, 1844, p. 413, t. x, 5; British Museum, statua di A.: Boll. d'Arte, xxvii, 1934, p. 489; Brunn-Bruckmann, 209; cratere di Ruvo: ibid., p. 496; candelabro: Einz. Aufn., 1757; urne etrusche: G. Körte, Urne etrusche, ii, pp. 11-13, tav. iii.

Bibl.: E. Vinet, in Dict. Ant., s. v.; H. W. Stoll, in Roscher, I, s. v. Aktaion, 1884-86; G. Wentzel, in Pauly-Wissowa, II, 1894, c. 1209-1212, s. v. Aktaion; F. Willemsen, in Jahrbuch 71, 1956, p. 29 ss.