ATENE

Enciclopedia dell' Arte Antica (1973)

Vedi ATENE dell'anno: 1958 - 1973 - 1994

ATENE (v. vol. i, pp. 767-863)

L. Beschi

In seguito agli sviluppi dello studio storico-urbanistico di A., i più recenti rinvenimenti si descrivono ormai più facilinente in una trama storica che non nell'ambito topografico dei diversi settori della città. A seguire questo criterio induce anche il fatto che sono mancati negli ultimi anni scavi organizzati topograficamente su vaste aree; le scoperte, tranne poche eccezioni, o sono dovute a revisioni di vecchi problemi e riesame di strutture e monumenti noti o prendono l'avvio da rinvenimenti occasionali.

A. dalla Preistoria a Solone (3500-600 a. C.). - L'area della città doveva essere occupata già in periodo neolitico. Materiali di tipo Sesklo I, come quelli trovati nel 1922 in un fondo di capanna lungo le pendici meridionali dell'Acropoli, provengono da un'area sempre più vasta, da saggi nel santuario di Dioniso Eleutherèus, da pozzi a NO dei Propilei e ad O dell'Asklepièion, e dall'Agorà: prova che la prima popolazione di A. sfruttava le pendici dell'Acropoli e, in caso di pericolo, si arroccava sulla sommità di essa. Sono i documenti della prima popolazione, forse discesa dalla Tessaglia, tramite stazioni vicine, fino ad oggi molto più significative, distribuite lungo le coste dell'Attica (Nea Makri presso Maratona, Rafina, Glyphàda). Anche durante il Protoelladico e il Medio Elladico, A. almeno fino ad oggi, appare in secondo piano rispetto ai centri più importanti della costa (Rafina, Brauron, Askitariò, Haghios Kosmàs). Tuttavia la distribuzione dei reperti è su un'area assai vasta, che va dalle pendici meridionali dell'Acropoli (area ad O dell'Asklepièion, via Kallisperi, santuario di Dioniso) alle sponde dell'Ilisso (area circostante all'Olympièion), alle pendici settentrionali dell'Acropoli presso la Klepsỳdra, giù, fino all'Agorà ed oltre fino al sobborgo antico dell'Accademia. Qui sono state scoperte anche strutture murarie del Protoelladico: una casa in mattoni crudi su fondazioni di pietre fluviali, di m 8,50 × 4,50, a pianta rettangolare con angoli stondati, articolata in 3 ambienti. Non è sicura l'identificazione in essa della cosiddetta Casa di Akàdemos, anche se accanto è un bòthros per offerte e presso di essa si svilupperà in periodo geometrico (IX sec. a. C.) una ἱερὰ οἰκία che è probabilmente elemento dello heròon di Akàdemos. Mancando infatti una documentazione continua di materiali, è ardito un collegamento tra il mondo preindo-europeo del Protoelladico e quello ellenico del periodo geometrico. Anche sull'Acropoli, assieme a sepolture, sono conservati i resti di una abitazione, forse del Medio Elladico: certo il più antico resto strutturale sul pianoro della collina. Ma, fino al 1500 circa a. C., A. non si doveva distinguere, né doveva prevalere sugli altri centri attici. Fu solo durante il Tardo Elladico che, con il favore della sua posizione, essa assume l'importanza e l'aspetto dei grandi centri dell'Argolide, emergendo per importanza sui numerosi nuclei della regione come Eleusi, Maratona, Menidi, Thòrikos, Peràti, Spata, Brauron, ecc. Non si potrà ancora parlare di città organizzata né di capitale di un distretto, ma tuttavia di un palazzo e di una fortezza tra le più significative del mondo miceneo. Nel Tardo Elladico III b, nell'area del successivo Eretteo e del tempio arcaico di Atena Poliàs fu costruito un palazzo. Di esso si credeva di avere conservati alcuni muri, nonché due basi di colonne del mègaron. Ma queste si sono dimostrate ora di periodo geometrico, e quelli non sono resti delle pareti del palazzo, ma semplici muri di terrazzamento, necessari per creare, sull'area accidentata della collina, una spianata per l'edificio, di cui si sono conservati scarsi resti e non in situ. L'accesso all'Acropoli doveva essere ad O, ma una rampa più ripida saliva anche da N, mentre una terza scendeva sul pianoro antistante alle grotte, nell'angolo NO della collina. Agli inizî del Tardo Elladico III c, l'Acropoli viene fortificata con una poderosa cinta muraria (cosiddetto Pelasgikòn), superiore in estensione a quelle contemporanee di Micene e Tirinto. Essa blocca allora l'accesso da N, e sul sentiero abbandonato sorge un modesto quartiere di casupole. L'unico ingresso resta ad O, protetto dal poderoso bastione che si conserva entro il paramento classico del pỳrgos di Atena Nike. La roccaforte, almeno per qualche decennio, ebbe assicurata la fornitura di acqua potabile dalla fonte situata nel cuore della collina, tra la casa delle Arrhephòroi e la grotta di Aglauro, sulle pendici N. È la fonte che, per un crollo del sistema di scale che vi adduceva, va in disuso nella prima metà del XII secolo. Non è che in seguito la rocca di A. restasse priva di un elemento così fondamentale come l'acqua. Sotto l'Acropoli, con ogni probabilità sulle pendici occidentali e su circa metà delle pendici meridionali e settentrionali, doveva correre già in questo periodo una linea bassa di fortificazioni a comprendere pozzi e fonti importanti, come quelle dell'Empedò-Klepsỳdra e dell'Asklepièion. Di queste mura basse, interessate da un complesso di ingressi noto col nome di Enneàpylon, si hanno varî ricordi nelle fonti (Kleidem., in Bekk., Anecd., i, 419, 27 ss.; Schol. Soph., Oed. Col., 489; Herod., viii, 52), ma non si esce ancora da ipotesi o soluzioni analogiche per quanto riguarda il loro aspetto, non essendosi individuato alcun resto di esse. E neppure delle abitazioni di età micenea si è ancora trovata traccia sostanziale (ad eccezione di pochi resti nell'angolo SE della cinta alta). Sempre più ricco è invece il quadro delle necropoli di età micenea, con tombe a camera e a fossa distribuite nell'Agorà, lungo le pendici dell'Areopago, ma anche lungo là valle dell'Ilisso e al Dìpylon, sotto al Pompèion. Queste ultime sono di particolare interesse perché segnano il passaggio ininterrotto dal submiceneo al protogeometrico, in una città che non conobbe, secondo il mito, la discesa dei Dori.

Per il periodo geometrico le conoscenze topografiche sono legate ancora esclusivamente alle fonti letterarie. Tuttavia alla costruzione ovale dell'VIII sec. sul lato meridionale dell'Agorà si aggiungono ora scarsi, ma significativi documenti lungo le pendici meridionali dell'Acropoli, nell'area di scavi eseguiti per la creazione di un nuovo accesso all'Odèion di Erode Attico. Qui, immediatamente sotto il terrazzamento romano, un muro degli inizî del VI sec. a. C. si sovrappone alle strutture semplici di una casa, che è ancora del VII. Più a S, ad una cinquantina di metri, sono i resti di un santuario ipetrale che ci è giunto nell'aspetto del V sec. a. C. ma che, a giudicare dalla ricchissima stipe, inizia la sua vita già nel VII secolo. Non pare ricordato chiaramente dalle fonti, né convincono le ipotesi che vedono in esso il santuario di Aglauro, costantemente ricordato dagli autori sulle pendici settentrionali, e ancor meno quello di Orizia ricordato sulle sponde dell'Ilisso. ῾Ιερὸν τῆς Νύμϕης lo dichiara un hòros della fine del V sec. trovato nelle vicinanze. Dagli ex voto numerosissimi la dea si qualifica come patrona del mondo femminile, dei matrimoni e della fertilità (offerta caratteristica: le loutrophòroi). Il santuario dura fino al tardo ellenismo, probabilmente fino alla distruzione sillana. Anche l'Acropoli ha ora le sue reliquie monumentali di periodo geometrico. Le due basi di colonne a S dell'Eretteo, su citate, sono i resti di un tempio tardo geometrico, del tipo dei templi cretesi di Dreros e Prinias; è in esso che Cilone trovò rifugio nel 632 a. C., ed è esso che rappresenta, con alcuni gruppi di materiali architettonici e votivi, il primo capitolo della storia dell'Acropoli come spazio riservato esclusivamente a scopo religioso. I ritrovamenti sempre più frequenti di tombe isolate in vari quartieri della città o a gruppi, come nell'angolo SO dell'Agorà o sotto i livelli classici del Pompèion, guidano ormai il topografo nella definizione del percorso delle strade di A., portando alla importante constatazione che, come ossatura urbanistica della città greca e romana, esse sono antichissime. Rispecchiano inoltre il carattere della città primitiva, composta di semplici quartieri isolati, in un paesaggio naturale particolarmente articolato. Fino all'età di Solone il centro politico di A. era collocato in prossimità dell'Acropoli, nell'area nota come Agorà di Teseo. I santuarî e gli edifici pubblici che sono da porre in rapporto ad essa (santuario di Afrodite Pàndemos, Kylòneion, Boukolèion, Prytanèion, Areopago, Thesmothètion, Anàkeion, Bouzỳgion, ecc.) sono ancora nomi slegati da una realtà archeologica. Tuttavia, per rapporti di confine con complessi ora noti (Eleusìnion, Aglàurion), essi dovevano occupare l'area ancora inesplorata sulle pendici O e NO dell'Acropoli, forse nell'ambito del Pelasgikòn basso. Poco sappiamo ancora dell'aspetto della città bassa e della sua estensione. Tucidide (xi, 3-6) ricorda, a riprova della vastità dei confini della città più antica, la presenza di culti antichissimi presso l'Ilisso. La topografia di quest'area si va chiarendo in questi ultimi tempi, ma finora, per il periodo miceneo e geometrico, nulla va al di là di semplici tombe e di qualche muro nell'area immediatamente a S del peribolo adrianeo dell'Olympèion. Per trovare qualcosa di organico dobbiamo ancora una voltà allontanarci dall'area cittadina per trovare nella zona dell'Accademia di Platone e in ambito di necropoli la già citata ἱερὰ οἰκία del IX sec., in mattoni crudi, su un'area di m 15,30 × 14,60, con l'interno articolato in sette vani di varie dimensioni.

A. da Solone alla distruzione persiana (600-479 a. C.). - Tra i più importanti fenomeni dell'urbanistica di A. antica, assieme al cambiamento di funzionalità dell'Acropoli in periodo geometrico, è lo spostamento, o meglio l'estensione dell'Agorà dalle pendici dell'Acropoli alla piana situata ai piedi del Kolonòs Agoràios, già usata come campo di necropoli. I termini cronologici di questo spostamento e il progressivo sviluppo di monumenti su quest'area nel VI secolo sono già noti; il personaggio che operò con lungimiranza tale spostamento è probabilmente Solone. Nel fervore di opere edilizie, che segue a questa nuova concezione della città e al completamento del sinecismo con la sottomissione di Eleusi alla fine del VII sec., l'Acropoli dovette tenere un posto molto importante, anche se estremamente problematico ne resta l'aspetto per quel periodo, data la radicalità dei lavori pisistratei prima e pendei poi, che ne turbarono ogni traccia topografica. Ciononostante parrebbe assai probabile l'esistenza, nella prima metà del VI sec., di un primo tempio monumentale di Atena a sostituzione di quello di periodo geometrico, nell'area del successivo tempio pisistrateo, tra il Partenone e l'Eretteo. È ad esso che, a prescindere dalla discussa pertinenza delle fondazioni interne del tempio pisistrateo di Atena Poliàs, va riferito il gruppo di materiali architettonici noti come Gruppo H, le sime marmoree con l'acroterio della Gorgone e i frontoni in pòros con Eracle e Tifone e con il sỳmplegma del leone e toro. Il tempio doveva avere all'incirca le dimensioni della successiva costruzione pisistratea. Sempre aperta a discussioni resta la distribuzione topografica di altre costruzioni minori (οἰκήματα e ναΐσκοι), testimoniate da gruppi di decorazioni frontonali e da elementi architettonici varî. Nell'area del Partenone si dubita ancora che dovesse esistere, prima del "vecchio Partenone", un "Urparthenon" o primitivo Hekatòmpedon: un tempio gemello, cioè, in onore di una Atena sotto epiclesi diversa da quella di Poliàs. Qui, solo dopo il 490 si dovettero iniziare grandi lavori per un tempio destinato, come thesauròs, piuttosto a custodire un àgalma prezioso, che non a luogo di culto per una nuova Atena, di cui le fonti non testimonierebbero del resto l'esistenza in tale periodo. Le imprese edilizie del dominio pisistrateo già da tempo sono state illustrate e sono abbastanza chiare e note nei loro termini. Va ricordato, tuttavia, che il frontone marmoreo del nuovo tempio di Atena Poliàs, con il tema della Gigantomachia, si è arricchito di nuovi dati per cui il suo fulcro centrale, già rappresentato, nella nota ricostruzione, dalla figura di Atena, si sdoppia e si apre ora nelle due figure dominanti di Atena e Zeus. Non sarà inoltre mai sufficientemente sottolineata la portata più vasta delle opere dei Pisistratidi nello sviluppo della città, analogamente a quanto fecero contemporanee tirannidi: templi, santuarî e opere pubbliche di cui ancora ci sfuggono i particolari. Sempre vivo e forse avviato a soluzione il problema dell'Enneàkrounos. Scavi recenti nella valle tra l'Areopago e la Pnice hanno definitivamente smentito la candidatura proposta dal Dörpfeld per l'impianto idrico qui trovato. D'altra parte la fontana pisistratea nell'angolo SE dell'Agorà, candidata al nome e certo così chiamata in età romana, non si accorda con la totalità delle fonti, soprattutto con quelle che stabiliscono l'identità Kallirrhòe-Enneàkrounos. È perciò assai probabile che il termine composto ci riveli (analogamente a quello di Enneàpylon), non un unico monumento, ma un sistema, una catena, per così dire, di nove fontane, lungo il percorso di un acquedotto che attingeva a monte dell'Ilisso e, attraversando la città con diramazioni, giungeva a conclusione, sull'Agorà, nella fontana citata. Un complesso particolarmente importante dell'architettura pisistratea doveva trovarsi presso l'Ilisso, dove recenti scavi avevano dato larghe speranze anche per la soluzione di problemi topografici di antichi santuarî della città. Mentre per l'Olympièion si è arricchita la conoscenza del suo alzato pisistrateo, essendosi rinvenuti, in reimpiego temistocleo, i potenti rocchi delle sue colonne in pòros, mancano ancora elementi decisivi per la soluzione del problema del Pỳthion. Nel 1893, un centinaio di metri ad O del ponte di via Anapàfseos, era stata rinvenuta, tra varie basi di tripodi, un'ara con dedica di Pisistrato il giovane ad Apollo Pizio, già vista e descritta da Tucidide (vi, 54, 6). Nel 1939 si pensava di aver rinvenuto qui vicino i resti delle strutture murarie del santuario, nelle fondazioni di un edificio a tre vani dell'ultimo decennio del VI secolo. In realtà l'ipotesi non sembra avere più alcun fondamento, soprattutto ora che l'area antica a S dell'Olympèion e stata messa allo scoperto. Qui, immediatamente ad E dell'edificio arcaico, sotto uno strato di rovine d'un quartiere industriale tardoantico e bizantino, si trovano: un tempio della metà del V sec. a. C., un altro del II sec. d. C., e buona parte di un grande recinto aperistilio pure del II sec. d. C. Nessuno di questi monumenti è finora identificabile in base a precisa documentazione epigrafica. Si è proceduto pertanto a nomenclature ipotetiche sulla base dell'itinerario di Pausania (i, 28, 1) e di altre fonti (Arist., Ath. Pol., 57, 3), per cui il tempio classico potrebbe essere quello di Apollo Delfinio, l'edificio arcaico ad esso adiacente ad O, con una pianta alquanto strana per un edificio di culto, la corte del Delfinio, per processi di reati giustificati. Sub iudice sono ancora le identificazioni del tempio romano (tempio di Chronos e Rhea?) e del grande peristilio. Il Pythion va quindi ricercato più ad O, forse subito al di là di via Anapàfseos. Ancora oltre è l'area inesplorata di altri antichi santuari dell'Ilisso (Afrodite ἐν κήποις, Codro, Dioniso ἐν Λίμναις): ma di essi si dirà più avanti. Subito al di là dell'Ilisso, già in questo periodo, doveva essere fiorente, nel quartiere di Agrai, il Metròon che veniva identificato nel tempio ionico della seconda metà del V sec., ora più propriamente riferito ad Artemide Agrotèra. A causa di questa incertezza topografica il problema del Pỳthion è stato vivacemente dibattuto in questi ultimi tempi, sulla base delle fonti letterarie. Pare comunque probabile che un secondo Pythion dovesse esistere in prossimità della Klepsỳdra nell'ambito di duplicati, in forma più modesta, di alcuni santuarî dell'Ilisso, lungo le pendici settentrionali dell'Acropoli.

Quale fosse l'aspetto delle fortificazioni della città, alla vigilia dell'invasione persiana, è noto solo parzialmente. Mentre l'Acropoli conservava ancora in buono stato la cinta "pelasgica", modificata solo nel suo ingresso con il propileo monumentale premnesicleo (ancora oscillante per datazione, come il più antico sekòs di Atena Nike, tra Pisistrato e il decennio 490-480, e discusso nei suoi termini architettonici), non ci è noto in quale stato fossero le difese della città bassa. Nonostante le fonti ricordino, prima del tracciato temistocleo, forse di periodo soloniano, un anello murario di circa 8oo m di diametro che doveva proteggere il nucleo principale della città, finora nessun elemento di esso è stato portato alla luce. Certo doveva avere più un valore sacrale che difensivo se l'assedio persiano si strinse subito sotto le difese dell'Acropoli.

I Persiani trovarono la città in grande sviluppo. Sul lato occidentale dell'Agorà si ergevano numerosi templi e altari (Zeus, Apollo, Magna Mater, dodici Dei), e già tutti gli indispensabili edifici civili (Bouleutèrion, edificio F come Pritanikòn); sull'Acropoli la nuova democrazia stava erigendo da circa un decennio il primo Partenone tutto in marmo pentelico, mentre sulle pendici meridionali di essa, nell'ambito del pisistrateo santuario di Dioniso Eleutherèus, era già stata trasferita dall'Agorà l'area teatrale, destinata a grandi sviluppi secondo le successive vicende della vita teatrale ateniese.

A. dalle guerre persiane ad Alessandro Magno (479-338 a. C.). - Dopo la distruzione persiana, che aveva risparmiato solo uno scarso numero di costruzioni per le necessità degli invasori, la città avrebbe potuto risorgere secondo nuovi piani. Ma, se da un lato il giuramento di Platea (479 a. C.), proibendo l'erezione dei santuarî abbattuti e inceneriti, poteva lasciare agli Ateniesi la libertà e il tempo di riorganizzare l'urbanistica secondo criteri nuovi, più adatti alla nuova grande estensione di A., dall'altro grandi necessità pubbliche, come la costruzione delle mura della città e dell'Acropoli, dovette assorbirli completamente. E fu proprio la costruzione delle mura (479 a. C.) che, rispettando, nella fretta dell'impianto, lo statu quo della viabilità della città e della regione (per esempio le porte sulla linea delle antichissime strade che si diramavano a raggera nell'Attica), venne a riaffermare lo schema prepersiano, arcaico, dell'urbanistica spontanea radicata, per sua ossatura, nei periodi più antichi della vita cittadina. Di tali mura sono stati recentemente messi allo scoperto nuovi tratti, rettificando ipotesi precedenti sul loro percorso e aspetto e sulla collocazione e nomenclatura delle porte, in rapporto alle quali sono varî problemi di topografia di Atene. Di due porte si è recuperato l'aspetto. La porta del Dìpylon racchiude, infatti, nelle strutture del IV sec. e del primo ellenismo considerevoli resti della muratura temistoclea sufficienti per testimoniare, già in questa prima fase, una pianta molto simile a quella posteriore conservata. Fin d'allora una fontana doveva occupare l'angolo SE della fronte interna, sostituita da Conone con una nuova, nella seconda fase della storia edilizia della porta. Un terzo rifacimento più radicale, cade nei primi decenni del III secolo. In occasione dell'assedio di Silla una cortina muraria con due porte viene stesa tra le due torri della fronte esterna. Dopo l'invasione eruliana (267 d. C.), la porta, distrutta, verrà abbandonata. Durante le recenti indagini si è precisata anche la cronologia delle diverse fasi delle mura ateniesi nel tratto ad occidente della Porta Sacra. La struttura temistoclea viene rinnovata agli inizî del IV sec. da Conone con un nuovo lithològhema in ortostati di calcare dell'Acropoli e con sovrastruttura in mattoni crudi. Nell'anno di Cheronea (338 a. C.), per opera di Demostene, si provvede ad un rapido rafforzo e rinnovo delle cortine murarie; si pone un nuovo lithològhema, spogliando monumenti funerarî della vicina via Sacra, mantenendo come èmplekton il nucleo in mattoni crudi della cinta cononiana, e si sopraeleva la struttura, ancora in mattoni crudi. In questa occasione o, secondo altri, agli inizi del III sec. a. C., in rapporto all'introduzione di macchine litoboliche nella tecnica poliorcetica, viene steso davanti alle mura un protèichisma e all'esterno di esso viene scavato un fossato o tàphros. Tale sistemazione è stata verificata in altri punti della città, ad esclusione di aree dove tali accorgimenti sarebbero stati ingiustificati e superflui. Della stessa fase è la protezione del cammino di ronda con katastegàsmata e ìkria. In periodo tardo (già agli inizi del V sec. d. C.) il muro fu sopraelevato in opus concretum. Le mura del Ceramico compendiano tutte le fasi principali delle mura antiche di A.; di altre si dirà più avanti. In alcuni punti della città sono stati recuperati larghi tratti delle mura temistoclee. Il più esteso e meglio conservato è quello uscito durante lavori edilizi in via Eretteo. Misura circa m 20 di lunghezza ed è conservato per un'altezza dim 2,30 in struttura pseudoisodomica: anche qui, la parte superiore doveva continuare in mattoni crudi. Vicino ad esso, ma più esterno rispetto al suo allineamento, un tratto di mura del IV sec. (cononiano o demostenico) si dovrebbe congiungere con una porta dello stesso periodo, trovata qualche anno fa in via Eretteo e identificabile come Porta del Falero. Pure del IV secolo sono lunghi tratti di mura in struttura isodomica scoperti a N di Piazza della Costituzione (vie Dragatsaniou-Mitropoleos e Aristidou-Pestmanzoglou). Questi tratti più recenti servono molto spesso a supplire il corso delle mura temistoclee nelle aree dove di esse non si è ancora trovata traccia. Sicuramente temistoclea è invece una porta ricostruita con il reimpiego di rocchi in pòros del tempio di Zeus, situata immediatamente ad O del pròpylon adrianeo dell'Olympièion. Resta problematica ancora la sua denominazione, e il peribolo adrianeo del grande santuario vicino ne ha parzialmente sconvolto le fondazioni. All'esterno di essa è particolarmente ben visibile il tàphros ellenistico. Tra questa porta e il tratto di mura di via Eretteo manca purtroppo ancora una continua documentazione della cinta; è qui che si dovevano trovare le porte Diomèie o di Egeo e le porte Itonie, ricordate spesso nella topografia dei dialoghi platonici (Axiochos, 364 A). Nel profilo della storia urbanistica di A., le mura di Temistocle si rivelano come un fatto di fondamentale importanza: all'esterno di esse erano distribuite ricche necropoli ai lati delle grandi strade dell'Attica. Una di queste è stata scavata presso Piazza della Costituzione (fine del V sec. a. C.); un'altra, presso via Lenormant. E alla linea di quelle mura tornerà periodicamente il limite della cinta difensiva della città, nei diversi periodi della sua storia.

Nell'area del demo di Melite, presso il Kolonòs Agoràios, Temistocle fonda, subito dopo Salamina, un santuario di Artemide Aristoboùle (Plut., Them., 22; De magn. Herod., 37), nelle vicinanze della sua abitazione. Il santuario è stato ritrovato e rappresenta un nuovo punto fermo nella topografia della città: è costituito da un tempietto in antis (cella m 3,60 × 3,60; ante senza frapposte colonne) orientato ad O, con l'ara addossata al peribolo, lungo una diramazione dalla via del Pireo. Esso segue le sorti delle fortune e sfortune di Temistocle. Dopo un periodo di abbandono, in seguito al suo ostracismo, viene restaurato con pareti nuove e pavimento musivo, circa nel 330 a. C. Nel III sec. d. C. la costruzione presenta una terza e ultima fase con la chiusura del prònaos, entro cui viene operato un bòthros per offerte. Ai tempi di Plutarco nella cella era ancora conservata una statuetta del grande personaggio.

Note sono le vicende edilizie e monumentali della città per il periodo classico, il più conosciuto ancor oggi tra tutti gli altri. Non sono mancate tuttavia recenti precisazioni, talvolta di fondamentale importanza, come quelle relative alla collocazione della Stoà delle Erme e della Stoà Poikìle, di età cimoniana. Allo stesso periodo è ora riferito il grande recinto quadrangolare sul lato meridionale dell'Agorà, già noto come Heliàia, e ultimamente identificato con l'heròon elevato da Cimone sulle spoglie dell'eroe cittadino Teseo, trasportate nel 475 a. C. da Sciro. Dell'Hephaistèion, che segna l'avvio della grande attività edilizia pubblica nella seconda metà del V secolo, sono stati chiariti problemi di carattere architettonico e di stile, per cui l'opera rappresenta il punto di partenza dell'attività di un maestro che sarebbe anche l'autore del tempio di Posidone del Sunio, del tempio di Ares dell'Agorà e del tempio della Nemesi di Ramnunte. Forse la sua erezione, iniziata nel 449 a. C., rientra ancora in un piano prepericleo, cimoniano, per cui va collocato come progetto, anche per certe parentele stilistiche, con la Stoà Poikìle. Ma la lunga vicenda della sua costruzione, fino a quasi la fine del secolo, è rispecchiata dal carattere dei suoi elementi architettonici e della sua decorazione scultorea che, assieme al gruppo delle statue di culto, è stata ora chiarita in rapporto ai cicli decorativi partenonici e agli altri dello stesso periodo. Di un altro tempio dorico, purtroppo quasi completamente scomparso, si è venuti a conoscenza durante recenti scavi presso l'Olympièion. Di esso si conservano le fondazioni del krepìdoma e della cella in parallelepipedi di pòros, con un perimetro (m 33,27 × 15,90) superiore a quello del contemporaneo Hephaistèion. Dell'alzato, distrutto e reimpiegato in periodo tardoantico, si conservano rari frammenti. A S del tempio, un muro di sostegno reimpiega elementi architettonici non finiti e si appoggia alla struttura arcaica, già nota col nome di Pỳthion. Forse il tempio è quello di Apollo Delphìnios.

Delle grandi architetture dell'Acropoli classica, mentre il Partenone va richiamando l'attenzione su problemi di carattere storico-religioso o su dettagli decorativi, e la ricerca archeologica progressivamente riconquista brani del testo dei suoi complessi decorativi scultorei, proponendo nuove ipotesi di ricostruzione dei frontoni, i Propilei, il tempietto di Atena Nike e l'Eretteo vengono sempre più considerati nei valori stilistici fondamentali della costruzione architettonica e nei caratteri dei loro maestri, Mnesikles e Kallikrates. Ma l'A. classica si va arricchendo anche di nuovi dati topografici. Dalla combinazione di varî elementi epigrafici e letterari pare ormai certa la collocazione del santuario di Codro, Neleo e Basile, a S dell'area del teatro di Dioniso, verso il corso dell'Ilisso. Nel 420-19 il santuario si arricchisce di un grande κῆπος di olivi (I.G., i2, 94). Molto probabilmente, altri famosi κῆποι dovevano essere attigui ad esso, con un santuario di Afrodite, celebre per la statua di Alkamenes. Nella stessa area si pensa ormai vada collocato anche il santuario di Dioniso ἐν Λίμναις, nonché il bagno Isthmonico. L'area tra le porte di Egeo e le porte del Falero era quindi affollata di santuarî ed evidenzia la già citata affermazione tucididea (ii, 15, 3) relativa alla presenza dei più antichi santuari della città sulla linea più avanzata della sua estensione a S. Al contrario la valletta tra l'Areopago e la Pnice, già candidata all'identificazione di importanti monumenti pubblici, si va rivelando un semplice quartiere cittadino e ci offre interessanti esempî di architettura privata dal periodo classico fino al tardoantico. Qualche identificazione è stata avanzata ipoteticamente anche nel settore dei tribunali, così importanti e numerosi nella vita democratica della città. Nei resti di una stoà della fine del V sec. a. C. ancora medita, situata tra l'Olympièion e il santuario di Codro, si vuole vedere la sede della corte del Pallàdion, mentre i quattro gradoni ai piedi del Kolonòs Agoràios sotto l'Hephaistèion si identificherebbero con la sede della corte del Philokleon. Ad una più precisa definizione dell'area degli antichi Ginnasi contribuisce lo studio degli hòroi e delle fonti, per cui il Lykèion con il κῆπος delle Muse avrebbe occupato l'area dell'odierna piazza della Costituzione, mentre il ginnasio di Cinosarge sarebbe a S di Agrai nell'area della chiesa di Haghios Panteleìmon. Ancora incerto resta il problema della ubicazione dei santuarî di Afrodite Pàndemos, Demetra Chlòe e Gea Kourotròphos situati sotto l'Acropoli, anche se un santuario di Afrodite viene dai reperti collocato nello spiazzo immediatamente sotto la parete meridionale del pỳrgos. Recenti scavi nell'area che poteva essere interessata da questi monumenti hanno portato alla luce istallazioni artigianali (fonderia e forno ceramico) di età romana e pozzi preistorici. Nel santuario di Dioniso, saggi in profondità distinguono per il tempio più recente due fasi, una del IV sec. per la cella ed una romana per il pronao; contemporaneamente recuperano nuovi elementi per una più precisa ricostruzione del tempio arcaico.

A. da Alessandro Magno a Silla (338-86 a. C.). - Nel periodo ellenistico, dopo un primo momento in cui si attende alle fortificazioni della città in occasione delle lotte dei diadochi, A. ha un ampio sviluppo, soprattutto nell'Agorà e sulle pendici meridionali dell'Acropoli per opera dei dinasti di Pergamo e di Alessandria. Un'ipotesi recente rivede la nomenclatura e la funzionalità della vasta area di stoài che chiude, nella seconda metà del II sec. a. C., il lato meridionale dell'Agorà. L'edificio quadrato, già identificato con il tribunale dell'Heliàia, sarebbe l'heròon di Teseo; e poiché strettamente connesso gli era il ginnasio di Tolemeo, uno dei più famosi centri di cultura e di paidèia di A., il complesso di stoài che si pensava componessero l'Agorà commerciale è ora riferito ad esso e sarebbe dovuto a Tolemeo VI (185-145 a. C.). Le prove addotte sono molteplici: l'edificio E doveva contenere biblioteche, esedre, bagni; le lunghe stoài sono prive di botteghe e quindi potevano valere come xỳstoi; non mancherebbe neppure l'elemento fondamentale dei ginnasî, la vasca da bagno, ottenuta, con modifiche, dalla fontana di SO. Non dovrebbe stupire l'inserzione in questo piano esteso di un heròon come il Thesèion, così importante nella vita religiosa e politica della città, dal momento che la tomba di un eroe rappresenta molto spesso un nucleo in istallazioni di questo genere. A riprova dell'ipotesi si adducono le vicende dell'area nei secoli posteriori: Agrippa collega il suo Odèion al complesso, arricchendolo così di un organismo particolarmente adatto alle funzioni di un ginnasio; Pantainos fonda, di fronte all'edificio E, una biblioteca che, se non nelle intenzioni, certo nella realtà sarebbe complementare a quella antistante del ginnasio; sull'area del complesso, definitivamente distrutto nel III sec. d. C. dagli Eruli, si sviluppò in periodo tardoantico il più grande e articolato ginnasio della città, che cesserà di funzionare con la chiusura delle scuole di A. ad opera di Giustiniano (529 d. C.). Tutti argomenti che invitano a tenere in considerazione una ipotesi che, se non ha a suo favore il fatto di una pianta tipica e caratteristica o di una epigrafe, è fondata tuttavia su concordanze cronologiche oltre che sulla convergenza di fonti letterarie e di considerazioni di carattere topografico. La rinnovata esplorazione di quest'area ha portato anche alla luce, tra la stoà di mezzo e l'Agrippèion, una semplice struttura a recinto di transenne, databile al primo ellenismo, sorta probabilmente come heròon sui resti mortali di una delle numerosissime tombe dell'Agorà di età geometrica o del periodo miceneo, come quella che, nella stessa area, è stata recentemente scoperta.

A. dall'incursione sillana fino al tardoantico (86 a. C. - V sec. d. C.). - L'entità della distruzione e del sacco sillano risulta sempre più chiara con il susseguirsi delle scoperte. Certi santuarî, come quello della Ninfa, cessano di vivere, altri, come l'Eretteo, subiscono serî danni. Monumenti pubblici, come l'Odèion di Pericle, la thòlos, il complesso del riconosciuto Ptolemàion e varî altri monumenti dell'Agorà restano per alcuni anni in rovina. Anche le mura, lungo la vecchia cinta temistoclea più volte rifatta e modificata, vengono, così come le mura del Pireo, smantellate e distrutte. Ne sono prova evidente i conci fatti crollare nel tàphros ellenistico in varî punti, recentemente controllati, come nel tratto presso l'Olympèion, dove giacciono sconvolti i rocchi di colonne del tempio pisistrateo, già reimpiegati da Temistocle nelle sue mura. La pax romana farà sì che A. resti senza difese per un lungo periodo, fino al momento in cui il pericolo incombente di invasioni costringerà la città ad una rapida ricostruzione di esse. Anche per l'età imperiale romana non sono mancate recenti precisazioni e novità, nonché il tentativo di inserire la cultura artistica di A. nella tradizione classicheggiante del suo passato e nel quadro più vasto dell'arte delle province orientali dell'Impero. Più che l'Acropoli, interessata solo dall'erezione di un tempio circolare a Roma e Augusto, dedicato dal demo di A. sul piazzale antistante la fronte orientale del Partenone, è l'Agorà che fin dalla prima età imperiale subisce mutamenti di dettaglio (pròpylon presso lo Strateghèion, pronao della thòlos, fontana del nuovo Bouleutèrion) e ben più radicali innovazioni con nuove importanti costruzioni. Oltre all'erezione dell'Odèion di Agrippa, si ebbe in età augustea il trasferimento sull'Agorà di tre templi classici: il tempio di Ares, periptero dorico del 440 circa a. C., dal demo di Acharne; il tempio di Demetra e Kore (o tempio di SE) parzialmente trasferito dal demo di Thorikòs; e il tempio di SO, dal santuario di Atena al Sunio. Quest'opera di trasferimento di monumenti era già stata annunciata alla metà del secolo dal trasporto dell'ara di Zeus Agoràios dalla Pnice allo spazio antistante il Metròon ellenistico. Ne derivò di conseguenza una riduzione dell'area libera nell'Agorà classica, ma era sorta nel frattempo, ad un centinaio di metri da essa, l'Agorà romana. Alle spalle della Stoà di Zeus vengono annessi due ambienti, già da tempo noti morfologicamente, ma ora qualificati come vani di culto imperiale. Forse ad un medesimo intento urbanistico, di chiara impronta romana, sono dovute, alla metà del I sec. d. C., la lastricatura della via delle Panatenaiche e la risistemazione degli accessi all'Acropoli e allo Hephaistèion con ampie scalinate. Dopo alcune imprese di minore impegno della fine del secolo (biblioteca di Pantainos, arco tra essa e la stoà di Attalo, stoà ionica di NE), il II sec. è il più ricco di monumenti, soprattutto ad opera di Adriano. Della sua città si è recuperato, con migliore attenzione di quanto si fosse fatto nel secolo scorso, l'aspetto di un monumento presso il propileo dell'Olympièion: una terma preziosa nel modulo ridotto delle sue dimensioni e nella articolazione e decorazione degli interni. La conclusione dell'Olympièion, a poca distanza dalla porta della sua città, doveva rappresentare il culmine del programma filellenico dell'imperatore: ne è prova il fenomeno recentemente studiato della presenza nel peribolo del santuario di numerosissime statue dedicate dalle varie province e città dell'Impero. Ma a sottolineare l'impronta data al resto della città dal filellenismo di Adriano e dei suoi successori basterà il ricordo di alcune opere già note: l'acquedotto adrianeo-antoniniano, con le sue tappe urbane dei prospetti monumentali del Licabetto e del Ninfeo sull'angolo SE dell'Agorà, la cloaca dell'Eridano, il ponte sull'Ilisso presso lo Stadio, la ricostruzione del Pompèion, la Biblioteca, il Ginnasio, il Pàntheon. Un capitolo a parte rappresenta la munificenza di Erode Attico, al quale A. deve la ricostruzione marmorea del vecchio stadio e l'erezione di un Odèion sulle pendici meridionali dell'Acropoli, forse a supplire la riduzione di spazio del restaurato Odèion di Agrippa. Nell'ambulacro retrostante la sua scena si è ora scoperto un tappeto musivo di m 38 × 5, a motivi geometrici, particolarmente prezioso per la rarità di mosaici conservati ad Atene. In periodo antoniniano continua la cura di opere pubbliche: oltre al cosiddetto edificio SE dell'Agorà parzialmente esplorato, ma non ancora identificato, si è recuperato l'aspetto di una terma presso la porta del Falero, forse lontana erede dello ᾿Ισϑμονικὸν Βαλανεῖον che qui sorgeva in età classica. Il III sec., con l'incombere delle incursioni barbariche, è interessato prevalentemente da opere difensive. La linea di mura che gira ai limiti esterni della città di Adriano e che fu ritenuta per lungo tempo adrianea, in seguito all'esplorazione fatta a S dell'Olympièion, che ne mise in luce un tratto fornito di una porta, è datata oggi al periodo immediatamente precedente l'invasione degli Eruli, durante l'impero di Valeriano. Fu allora che molti monumenti della città dovettero essere ad essa sacrificati: il monumento di Nicia viene così smontato e i suoi elementi reimpiegati nella porta Beulé, e un buon tratto del peribolo dell'Olympièion, assieme a monumenti a S di esso, costituisce materiale per il tratto di mura presso l'Ilisso. Dopo l'invasione eruliana, che risparmiò l'Acropoli forse per merito del rinforzo delle sue difese con l'avancorpo della porta Beulé, e dopo la rapida costruzione di uno stretto circuito di mura attorno ad una piccola parte della città a N dell'Acropoli, A. nel IV e nel V sec. ebbe un nuovo periodo di fioridezza e di sviluppo, fondato prevalentemente sul fascino culturale della città e sulla fama delle sue scuole filosofiche. Oltre al ginnasio e alle scuole dell'area dell'Agorà, già note da tempo, nuovi monumenti di questo periodo sono stati messi in luce presso l'Areopago e lungo le pendici meridionali dell'Acropoli. Uno di questi (inizî del V sec.) unisce forse all'interesse delle sue strutture (una grande aula absidata, una sala rettangolare con pavimenti musivi, un sacello, ecc.) anche quello storico-culturale della probabile identificazione in essa dell'abitazione del neoplatonico Proclo, ultimo rappresentante di cultura classica nella città, prima dei decreti di Teodosio I. Ma anche l'antica sede della scuola platonica, l'Accademia, ebbe in questo periodo un grande sviluppo con un restauro delle sue strutture, su un'area di 100 × 80 m, secondo schemi icnografici molto vicini a quelli del Ginnasio dell'Agorà. Non è escluso che ciò sia avvenuto ad opera di Erculio, l'ultimo benefattore della città antica, al cui interesse è dovuto anche un radicale restauro della Biblioteca di Adriano.

Anche il teatro di Dioniso ebbe allora un'ultima fase, successiva a quella della donazione del bèma di Fedro, con la creazione di una colimbetra, nell'area dell'orchestra, per esibizioni di spettacoli in acqua.

Il nuovo sviluppo della città al di fuori del limite ristretto della cinta post-eruliana farà sì che alla fine del IV sec., sotto il pericolo di Alarico, si ripari l'antica linea difensiva della città. Sulla sommità delle mura presso la Porta Sacra una sopraelevazione in opus concretum è appunto databile a questo periodo: un ultimo restauro prima di quello più radicale ad opera di Giustiniano nella prima metà del VI secolo. Forse in rapporto all'invasione di Alarico è da porre anche l'occultamento di un tesoretto di statuette bronzee d'età adrianea e un deposito di lucerne tardoantiche ritrovate in via Kyriakou ad Ambelokepoi.

Nessuna notevole struttura ateniese può essere riferita al sorgere e allo sviluppo del Cristianesimo prima della metà del V sec., nonostante che fin dalla metà del I sec. d. C. dovesse esistere una comunità cristiana numerosa. Fu solo in seguito ai decreti di Teodosio II (437 d. C.) che i varî templi e santuari classici vengono mutati in chiese cristiane (Partenone, Eretteo, Propilei, Hephaistèion, teatro di Dioniso, Asklepièion, Agoranòmion, Orologio di Andronico) e che inizia l'erezione di nuove chiese (S. Giovanni alla colonna, S. Leonida, S. Caterina). Recenti ricerche a N dell'Areopago, sotto le rovine della chiesa di S. Dionigi Areopagita del 1500, hanno chiarito le vicende monumentali di un'area spesso ricordata, ora in rapporto al luogo di culto delle Semmai e della corte dell'Areopago, ora ad una chiesa paleocristiana intitolata al protomartire della città. Ma sullo spiazzo indagato fino alla roccia si sono recuperati solo scarsi documenti di abitazioni del periodo ellenistico e romano e rarissimi elementi, sufficienti per affermare che qui dovette sorgere una chiesa, ma non prima del VII sec. d. C.

Grande sviluppo ha avuto ed ha lo studio delle vicende urbanistiche della città dalla fine del mondo antico fino ai nostri giorni. Esse esorbitano dai limiti cronologici del presente prospetto, ma non si può non sottolinearne la importanza anche per seguire nel tempo la storia di distruzioni, mutamenti, e sopravvivenze del patrimonio monumentale antico della città.

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Acropoli, pendici: Teatro di Dioniso: Th. Krauss, Bemerkungen zum Sessel des Dionysospriesters, in Jahrbuch, 69, 1954, p. 32 ss.; M. Bieber, The History of the Greek and Roman Theater, Princeton 1961, passim; G. Traversari, Gli spettacoli in acqua nel teatro tardo-antico, Roma 1960, p. 27 ss.; G. Dontas, in ᾿Αρχ. Δελτίον, 18, 1963, B, p. 12 ss. - Area del Santuario della Ninfa: J. Miliadis, in Praktikà, 1955-1960 (1961-65), passim; Bull. Corr. Hell., 82, 1958, p. 663 ss.; 84, 1960, p. 623 ss.; M. Ervin, The Sanctuary of Aglauros, in ᾿Αρχεῖον Πόντου, 22, 1958, p. 129 ss. - Casa di Proklos: Praktikà, 1955 (1960), p. 36 ss.; Bull. Corr. Hell., 80, 1956, p. 232 ss. - Asklepièion: N. Platon, in ᾿Αρχ. Δελτίον, 18, 1963, B, p. 18 ss.; 19, 1964, B, p. 22 ss.; 20, 1965, B, p. 30 ss. - Odèion di Erode Attico: Bull. Corr. Hell., 84, 1960, p. 622 ss.; M. Bieber, op. cit., p. 211 ss. - Portico di Eumene: N. Platon, in ᾿Αρχ. Δελτίον, 20, 1965, B, p. 22 ss. - Santuario di Afrodite sotto il pyrgos: G. Dontas, in Praktikà, 1960 (1966), p. i ss. - Odèion di Pericle: J. A. Davison, in Journ. Hell. Stud., 78, 1958, p. 33 ss.; R. Ross Holloway, in Archaeology, 1966, p. 117 ss. - Monumento di Lisicrate: S. Lydaki, in ᾿Αρχ. Δελτίον, 22, 1966, A, p. 163 ss. - Pendici settentrionali: J. Bousquet, Delphes et les Aglaurides d'Athènes, in Bull. Corr. Hell., 88, 1964, p. 655 ss.

Agorà: The Athenian Agorà, III, Literary and Epigraphical Testimonia (R. E. Wycherley, 1957); IV, Treek Lamps and their Survivals (R. H. Howland, 1958); V, Pottery of the Roman Period, Chronology (H. S. Robinson, 1959); VI, Terracottas and Plastic Lamps of the Roman Period (C. Grandjouan, 1961); VII, Lamps of the Roman Period (J. Perlzweig, 1962); VIII, Late Geometric and Protoattic Pottery (E. T. Brann, 1962); IX, The Islamic Coins (G. C. Miles, 1962); X, Weights, Measures and Tokens (M. Lang-M. Crosby, 1964); XI, Archaic and Archaistic Sculpture (E. Harrison, 1965). The Athenian Agorà, a Guide (II ediz.), 1962; A. Raubitschek, The Gates in the Agorà, in Am. Journ. Arch., 1956, p. 279 ss.; H. A. Thompson, Activities in the Athenian Agorà, in Hesperia, XXV, 1956, p. 46 ss.; XXVI, 1957, p. 96 ss.; XXVII, 1958, p. 145 ss.; XXVIII, 1959, p. 91 ss.; XXIX, 1960, p. 327 ss.; E. Vanderpool, Roads at the northwest Corner of the Athenian Agorà, ibid., XXVIII, 1959, p. 289 ss.; M. Holland McAllister, The temple of Ares at Athens, ibid., p. i ss.; Ch. Picard, Le sanctuaire de Thésée, in Revue Arch., 1960, I, p. 33 ss.; H. A. Thompson, Sanctuaire de Thésée ou Odèion de Agrippa?, in Revue Arch., 1961, p. i ss.; Ch. Picard, ibid., p. 5 ss.; E. Fiandra, La stoà di Attalo nell'agorà ateniese, in Palladio, VIII, 1958 p. 99 ss.; H. A. Thompson, in Am. Journ. Arch., 66, 1962, p. 200 ss.; B. Freyer, Kultbild und Skulpturenschmuck des Arestempels in Athen, in Jahrbuch, 77, 1962, p. 211 ss.; R. E. Wycherley, Pausanias at Athens II, in Greek Roman Byzantine Studies, 4, 1963, p. 157 ss.; J. Threpsiadis-E. Vanderpool, Πρὸς ταῖς ῾Ερμαῖς, in ᾿Αρχ. Δελτίον, 18, 1963, A, p. 99 ss.; A. N. Oikonomidis, The two Agoras in ancient Athens, Chicago 1964 (cfr. recens. di H. A. Thompson, in Archaeology, 18, 1965, p. 294 ss.); C. E. Edmonson, The Leokoreion in Athen, in Mnemosyne, 4, 17, 1964, p. 375 ss.; R. Ross Holloway, in Archaeology, 18, 1965, p. 294 ss.; id., in Hesperia, XXXV, 1966, p. 79 ss.; H. Thompson, Activity in the Athenian Agorà 1960-65, ibid., XXXV, 1966, p. 37 ss.; id., The Annex to the Stoà of Zeus in the Athenian Agorà, ibid., p. 171 ss.; A. L. Boegehold, Philokleon's Court, ibid., XXXVI, 1967, p. 111 ss.; C. W. Eliot, The Meaning of episema in Paus. I, 17, 1, ibid., p. 121 ss.

Mura: F. G. Maier, Griechische Mauerbauinschriften, Heidelberg 1959, I, p. 15 ss.; II, p. 125 ss.; F. Winter, Ikria and Katasteasmata in the Walls of Athens, in Phoenix, 13, 1959, p. 161 ss.; G. Gruben-K. Vierneisel, Die Ausgrabungen am Kerameikos, in Arch. Anz., 1964, p. 384 ss.; D. Ohly, Kerameikosgrabung, in Arch. Anz., 1965, p. 277 ss.; id., ᾿Αρχ. Δελτίον, 20, 1965, B, p. 84 ss.

Monumenti e scavi nei vari quartieri della città: Hephaisteion e tempio di Artemide Aristoboùle: M. R. La Lomia, Il giardino di Efesto, in La Parola del Passato, 13, 1958, p. 335 ss.; R. E. Wycherley, The Temple of Hephaistos, in Journ. Hell. Stud., 79, 1959, p. 153 ss.; H. Riemann, Die Plannung des Hephaisteions zu Athen, in Theoria (Festschr. Schuchhardt), Baden Baden 1960, p. 185 ss.; G. Purchiaroni, Considerazioni sull'Hephaisteion d'Atene, in Ann. Atene, XXXVII-XXXVIII, 1959-60, p. 289 ss.; H. A. Thompson, The sculptural Adornment of the Hephaisteion, in Am. Journ. Arch., 66, 1962, p. 339 ss.; Ch. Morgan, The Sculptures of the Hephaisteion I-II, in Hesperia, XXXI, 1962, p. 210 ss.; id., The Sculptures of the Hephaisteion III-IV, ibid., XXXII, 1963, p. 91 ss.; J. S. Boersma, On the Political Background of the Hephaisteion, in Bull. Ant. Besch., 39, 1964, p. 101 ss.; J. Threpsiadis-E. Vanderpool, Themistokles Sanctuary of Artemis Aristoboùle, in ᾿Αρχ. Δελτίον, 19, 1964, A, p. 26 ss.; N. Pharaklas, in ᾿Αρχ. Δελτίον, 1966 A, p. 122 ss. - Zona ad occidente dell'acropoli, ad Ovest e Nord dell'areopago: D. B. Thompson, The House of Simon the Shoemaker, in Archaeology, 13, 1960, p. 234 ss.; id., in Hesperia, XXVI, 1957, p. 135 ss.; XXVII, 1958, p. 147 ss.; XXVIII, 1959, p. 98 ss.; R. E. Wycherley, Lenaion, in Hesperia, XXXIV, 1965, p. 72 ss.; J. Frel, Διόνυσος Ληναῖος, in Arch. Anz., 1967, p. 28 ss. - Quartiere ad Ovest dell'Areopago: Journ. Hell. Stud., Annual Reports, 1964-65, p. 4 ss.; Hesperia, XXXV, 1966, p. 51 ss.; A. Giuliano, Urbanistica delle città greche, Milano 1966, p. 66 ss. - Pnice: L. Talcott, Small Objects from the Pnyx II, Suppl. X, Hesperia, 1956. - Zona ad Est dell'agorà (Agorà romana, Biblioteca di Adriano, etc.): A. Giuliano, La cultura artistica delle province della Grecia in età romana, Roma 1965, passim; A. Orlandos, in ᾿Εϕ. ᾿Αρχ., 1964 (1967), Παράρτημα, c. 6 ss.; G. Dontas, ibid., 1961, p. 89 ss. - Zona a Sud e ad Est dell'Acropoli: E. Vanderpool, The Museum and Garden of the Periphatetics, in ᾿Εϕ. ᾿Αρχ., 1953-54 (1958), p. 126 ss.; G. Dontas, in ᾿Αρχ. Δελτίον, 1962, A, p. 83 ss.; ᾿Αρχ. Δελτίον, 19, 1964, B, p. 47 ss. e 20, 1965, p. 67 ss. - Olympeion, Pythion città di Adriano: R. E. Wycherley, Two Athenian Shrines, in Am. Journ. Arch., 63, 1959, p. 67 ss.; Bull. Corr. Hell., 84, 1960, p. 631 ss.; O. Broneer, Notes on three Athenian Cultplaces, in ᾿Εϕ. ᾿Αρχ., 1960 (1965), p. 54 ss.; R. E. Wycherley, Pausanias at Athens II, in Greek Roman Byzantine Studies, 4, 1963, p. 157 ss.; id., The Pythion at Athens, in Am. Journ. Arch., 67, 1963, p. 75 ss.; id., The Olympieion at Athens, Synopsis, in Greek Roman Byzantine Studies, 5, 1964, p. 161 ss.; E. Mayer, Puthion, in Pauly-Wissowa, XXIV, 1963, p. 552 ss.; J. Threpsiadis-J. Travlos, in ᾿Αρχ. Δελτίον, 17, 1961-62 (1963), B, p. 9 ss.; A. S. Benjamin, The Altars of Hadrian in Athens and Hadrians panhellenic Program, in Hesperia, XXXII, 1963, p. 67 ss.

Necropoli: D. Ohly, in Neue deutsche Ausgrabungen, Berlino 1959, p. 249 ss.; E. Brann, Late geometric Grave Groups from the Athenian Agora, in Hesperia, XXIX, 1960, p. 402 ss.; S. Charitonidis, in ᾿Εϕ. ᾿Αρχ., 1958 (1961), p. i ss.; C. G. Boulter, Graves in Lenormant Street, in Hesperia, XXXII, 1963, p. 113 ss.; G. Gruben-K. Vierneisel, op. cit.; D. Ohly, in Arch. Anz., 1965, p. 277 ss.; K. Kübler, Kerameikos V (Die Nekropole des 10 bis 8 Jahrh.), Berlino 1954; id., Kerameikos VI (Die Nekropole des 8 bis 6 Jahrh.), Berlino 1959. - Sobborghi: Accademia: Ph. Stavropoullos, ᾿Ανασκαϕὴ ἀρχαῖας ᾿Ακαδημίας, in Praktikà, 1956, p. 53 ss.; 1958, p. 5 ss.; 1959, p. 8 ss; Ergon, 1955, p. 14 ss.; 1956, p. 10 ss.; 1958, p. 7 ss.; 1959, p. 5 ss.; 1960, p. 5 ss.; 1961, p. 5 ss.; 1962, p. 4 ss.; 1963, p. 3 ss.; Megali Helliniki Enkyklopedia, Suppl. I, p. 340 ss. - Ambelokepoi (tesoretto di statuette in bronzo): ᾿Αρχ. Δελτίον, 20, 1965 (1967), p. 103 ss. - Campi fortificati attorno ad Atene: J. Mc Credie, Fortified military Camps in Attica, Suppl. XI, Hesperia, 1966, passim. - A. in età tardoantica: K. M. Setton, The Archaeology of medieval Athens, in Essays Evans, 1955, p. 227 ss.; H. A. Thompson, Athenian Twilight AD 267-600, in Journ. Rom. Stud., 49, 1959, p. 61 ss.; J. Travlos, Athen, in Reall. Byz. Kunst, 3, 1964, p. 349 ss.; J. Travlos-A. Franz, The Church of St. Dionysios, in Hesperia, XXXIV, 1965, p. 157 ss.; A. Frantz, From Paganism to Christianity in the Temples of Athens, in Dumbarton Oaks Papers, XIX, 1965, p. 187 ss.; id., Honors to a Librarian, in Hesperia, XXXV, 1966, p. 377 ss.