Arte urbana - Parigi

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Forte di un particolare legame con le sue strade, la capitale francese ha più volte rivestito il ruolo di città guida dell’arte calata nello spazio pubblico: dalle prime azioni fuori dai contesti convenzionali degli anni Sessanta alla nascita della generazione dello stencil, dallo sbarco dei graffiti americani all’epoca del passaggio a nuove conformazioni di matrice figurativa. Una tradizione che continua ancora oggi attraverso rilevanti progetti, mostre ed iniziative che la rendono una città cardine dell’arte urbana internazionale.

Writing. I primi graffiti a essere documentati fotograficamente sono quelli incisi sulla superficie parietale da bambini e viandanti ed immortalati negli scatti di Brassaï a partire dagli anni Trenta. Poi le scritte e gli slogan politici degli anni Sessanta. Quando i graffiti americani, durante i primi anni Ottanta, fanno la loro comparsa sui muri, questi ultimi costituiscono una superficie di espressione già intensamente segnata dai parigini. Bando, conoscitore della scena americana grazie alle sue origini, è considerato la prima grande figura del writing parigino, con lui Boxer, Psyckoze, Ash2 e un’altra manciata di nomi che imprimono energia allo sviluppo del movimento, il quale sarà supportato in seguito dall’apporto di fondamentali figure come Mode2 da Londra e Jonone da New York. Molto interessante è notare come i graffiti a P., contrariamente a quanto avvenuto negli Stati Uniti, sono praticati prevalentemente in aree centrali della città da ragazzini di famiglie benestanti, medio- e altoborghesi, come quella da cui proviene lo stesso Bando; la penetrazione nelle banlieue di periferia e l’impronta sociale data a questa pratica saranno fasi solo successive all’approdo del fenomeno hip-hop, dopo la metà degli anni Ottanta. Nasty e Slice sono tra i primi ad avventurarsi e a dipingere la metro parigina nonostante il più classico dei generi di graffiti trovi nella capitale francese un terreno non facile a causa delle veloci pulizie che rendono difficoltoso vedere un proprio pezzo girare. Diverso il discorso per i cosiddetti truck graffiti, di cui P. è considerata l’indiscussa capitale mondiale. Le fiancate bianche delle migliaia di camion da lavoro che si muovono ogni giorno tra le sue strade sono spesso occupate, con o senza autorizzazione, dai pannelli dipinti da molti writer locali. La ricercatezza formale di molti lavori tradisce la legittimità dell’opera, richiesta dai commercianti ad artisti che in molti casi risultano specializzati in tale tipologia. La FD crew è una delle più attive in questo ambito; i suoi elaborati disegni, accompagnati spesso dall’inserimento di characters fumettistici, viaggiano in ogni direzione della città. Altre firme itineranti molto comuni sono quelle di Wean, Horfé, Gap e Mygalo 2000. A cavallo tra gli anni Ottanta e Novanta l’età d’oro del writing parigino coincide con la sua massima espansione: sicuri protagonisti di questa fase sono Click con Disney, poi Colorz e l’inesauribile O’Clock. I graffiti che dilagano sui muri della città iniziano a rappresentare per istituzioni e opinione pubblica una pericolosa minaccia da combattere, soprattutto in seguito all’evento occorso nel 1992, quando l’intera stazione di Louvre-Rivoli – comprese molte copie di statue in esposizione – viene vandalizzata da un gruppo di writer. In apparente contrapposizione a questo episodio il rapporto tra istituzioni culturali cittadine e mondo dei graffiti è uno dei più prolifici in assoluto, se non da primato: dal 2009 al 2015 almeno quattro grandi mostre dedicate al tema in altrettanti prestigiosi istituti di esposizione, tra cui il Grand Palais (Tag, 2010) e la Fondation Cartier (Born in the streets - Graffiti, 2009-10).

Street art. Di fatto, insieme a New York, P. conserva le radici di ciò che oggi viene trasversalmente inteso con l’espressione “Street art”, che qui nasce e si diffonde senza dover passar dall’esperienza diretta del graffiti-writing. Ai vari Richard Hambleton, Jenny Holzer e John Fekner, pionieri del genere nella Grande Mela tra la fine degli anni Sessanta e l’inizio degli Ottanta, fanno da contraltare europeo diversi artisti parigini, che, spesso con anticipo, sono impegnati nel tentativo di guadagnare lo spazio urbano alla propria riflessione artistica. Immediato sorge il parallelismo tra gli Shadow men (1980) di Richard Hambleton e gli Éphémerès (1970) di Gérard Zlotykamien, apparizioni spettrali delle vittime della bomba atomica di Hiroshima che fanno capolino sui muri in rovina dell’ex mercato di Les Halles. Stesso discorso per gli Homme en blanc (1983) di Jérome Mesnager, a cui peraltro si affiancano nei medesimi anni le enigmatiche silhouette nere con ombrello rosso dipinte da Nemo. Fondamentale nello sviluppo dell’arte urbana parigina l’apporto del pensiero situazionista, il cui concetto di détournement – ovvero deviazione del dato iniziale, figurativo e/o testuale, in funzione della creazione di nuovi significati – ha influenzato profondamente la determinazione dei codici della street art. Questo metodo di sovversione culturale è alla base delle azioni stradali di D. Buren, che nel 1968, con i suoi Affichages sauvages, incolla abusivamente sui manifesti pubblicitari delle vie di P. circa duecento poster a strisce, affiancando gli slogan sessantottini nella critica all’ordine precostituito dell’arte. Legato al situazionismo è anche Ernest-Pignon-Ernest, che lavora sulla caducità della carta collegata all’immagine, quale processo poetico, sin dai primi anni Settanta, guadagnandosi una posizione di primo piano tra gli affichistes francesi. Alta riproducibilità e velocità di installazione sono i segni distintivi della poster art, la cui lunga parabola nella capitale francese è tracciata negli anni Cinquanta dai décollages di Jacque Villegle e prosegue oggi con le sorprendenti e interattive creazioni del giovane Levalet. Tuttavia, il massimo attore della parabola parigina della street art è senza dubbio lo stencil, che trova nella capitale francese, nel corso degli anni Ottanta, le radici della sua fioritura artistica. Lo stencil, in francese pochoir, trova in questa temperie parigina la culla della sua generazione artistica e inizia a diffondersi con rapidità sui muri della capitale. Blek le Rat e Jef Aérosol sono tra i precursori assoluti di questa tecnica slegata da significati politici e da altri ambienti di impiego come quelli della cultura rock e punk. Il primo, fondendo vecchi ricordi di graffiti americani e stencil di propaganda fascista avuti durante due viaggi rispettivamente a New York e a Padova, sin dal 1981 diffonde per le strade parigine il suo primo e identificativo disegno, il ratto nero, di cui Banksy avrà successivamente confessata reminiscenza. La tecnica del pochoir conoscerà nella capitale francese uno straordinario successo durante gli anni Ottanta, con artisti quali Miss Tic, Jérome Mesnager, Epsylon Point, Jean Bombeur, Speedy Graphito e molti altri che insieme ai già citati Blek le Rat e Jef Areosol costituiranno la prima generazione dell’arte urbana francese, ancor prima di quella dei graffiti. La fortuna del genere si protrae sino ai nostri giorni con popolari interpreti quali C215, oggi uno degli street artist più prolifici e conosciuti in Francia, che apporta alla tecnica un grande contributo sul piano del realismo e della profondità. Il protagonismo di P. nel campo continua tra la fine degli anni Ottanta e il corso dei Novanta, dando luce a quell’intermezzo in cui si gettano le fondamenta per codici espressivi inediti nel mondo del writing, il cosiddetto passaggio ai “post-graffiti”. Writer come André, nel 1989, e più tardi Honet e Stak, abbandonano il lettering per ricercare qualcosa che possa emergere, in forza della sua immediata comunicabilità, dal coacervo incontrollato di segni sui muri. André, con la creazione del suo stilizzato ma riconoscibile personaggio Mr. A è uno dei primi a inaugurare il cambio di rotta in direzione delle forme del logo e dell’icona, facendo del suo character una sorta di tag figurato da ripetere con profusione in ogni luogo. Abile interprete di questa nuova modalità di interazione con il paesaggio urbano è Invader, il quale reiterando l’immagine a “pixel-mosaico” degli alieni del celebre videogioco Space invaders conquista lo sguardo e la riconoscibilità di milioni di persone in tutto il mondo.

Luoghi. Su tutti i luoghi d’azione privilegiati dalle prime generazioni di writer – tra questi i muri di contenimento della Senna, il centralissimo Pont Du Carrousel e il cantiere del Centre Pompidou allora in costruzione – assume un ruolo simbolico e per certi versi sacro, tanto da essere ribattezzato La cathédrale du tag, il vasto spazio desolato e recintato da muri accanto alla stazione della metro di Stalingrad, nel nord della città. Lo spazio dello Stalingrad resterà per oltre un decennio il tempio del mondo dei graffiti e dell’hip-hop parigino – qui viene organizzato il primo block party nel 1986 – contribuendo alla formazione di uno stile proprio, che privilegia la chiarezza e la leggibilità del block-letters, o di altre tipologie formali a lettere distanziate, alla complicatezza unificante del wildstyle. Oggi, altre aree di frontiera e strutture in disuso sono divenute colonie delle nuove generazioni di writer: Les Magasins Généraux di Pantin, alle porte di P., è una di queste; nei suoi ambienti fuori attività dal 2004 si dispiega oltre un decennio di attività artistica urbana. Anche la Petite Ceinture, una vecchia ferrovia abbandonata che attraversa ad anello la città, si presta a una grande esposizione di graffiti che corre sui muri dei lungolinea. Tra tutti i quartieri di P. quello che più significativamente testimonia episodi di arte urbana è certamente l’area di Belleville, protagonista sin dall’epoca d’oro dello stencil parigino. Nelle sue strade si respira un’aria di multiculturalità mista a fermento artistico. Rue Dénoyez è la più celebre delle sue vie, interamente ricoperta da strati di pittura parietale e dotata di una miriade di piccole installazioni artistiche spontanee. Non meno stimolante, a sud, dall’altro lato della Senna, il tredicesimo arrondissement, dove i preziosi stencil di Miss Tic, antesignana della street art al femminile, vivono all’ombra delle grandi facciate dipinte lungo i boulevards del Quartier de La Gare. Queste ultime, nate dalla collaborazione tra municipio locale e Galerie Itinerrance, rappresentano uno degli episodi di muralismo metropolitano più ricchi e interessanti, anche per le modalità di organizzazione del progetto, in direzione di una sensibilità pertinente all’arte pubblica. Nella medesima area, in Rue de Bellievre, verso il Pont de Bercy, nell’ottobre 2013 prende vita la “Tour Paris 13”, la più grande collettiva di street art mai realizzata, in una torre di otto piani e con più di cento artisti partecipanti. Merita una citazione anche il ricco ambiente visuale di Vitry-sur-Seine, piccolo comune alle porte di P. trasformato da Christian Guemy alias C215, attraverso il contributo di numerosi artisti da tutto il mondo, in un denso contenitore di muri e facciate dipinte.

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