Øverland, Arnulf

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Poeta norvegese (Kristiansund 1889 - Oslo 1968), il maggiore della generazione tra le due guerre mondiali, formatosi in un'atmosfera di pessimismo e di disperato negativismo. Personale anche nelle prime liriche: Den ensomme fest "La festa solitaria", 1911; De hundrede violiner "I cento violini", 1912, offre nelle raccolte posteriori chiaro il dissidio tra il suo individualismo e il credo politico collettivistico che egli accetta: Brød og vin "Pane e vino", 1919, benché spiritualmente assai più vicino a Ibsen e a Nietzsche che a Marx, come ha dimostrato il suo ritiro dal comunismo militante nel 1938. Ha cantato, in fiera polemica contro ogni forma di dogmatismo politico e religioso, la figura dell'anarchico solitario (Hustavler "Le tavole della legge", 1929), che combatte per una verità e una giustizia del tutto immanenti. È stato fra i più attivi membri della Resistenza; e le esperienze della deportazione nei campi di Grini e di Sachsenhausen hanno dato alla sua poesia (Vi overlever alt "Sopravviviamo a tutto", 1945; Tilbake til livet "Ritorno alla vita", 1946) e alla sua polemica (I beundring ag forargelse "Con ammirazione e scandalo", 1954) un nuovo tono di nuda e severa interiorità.

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