Arbitrato nel commercio e negli investimenti internazionali

Libro dell'anno del Diritto 2015

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Arbitrato nel commercio e negli investimenti internazionali

Fabrizio Marrella

Nel periodo in esame, oggetto della presente rassegna (giugno 2013-settembre 2014) si registrano numerosi lodi arbitrali. È ben noto che i lodi arbitrali ICSID, a differenza di quelli commerciali internazionali, vengono sistematicamente pubblicati (anche se non tutti quei lodi sono pubblicati) rendendo conoscibile l’attività di quei collegi. Tra le materie oggetto di controversia nel periodo di riferimento, si focalizzerà l’attenzione su quei lodi in materia di investimenti diretti esteri risultanti da controversie all’interno dell’UE.

La ricognizione

Il 1° novembre 2013, il Canada ha depositato il proprio strumento di ratifica della Convenzione di Washington del 18.3.1965, per la soluzione delle controversie relative ad investimenti fra Stati e soggetti di altri Stati1. Pertanto, in base all’art. 68, par. 2, di detta Convenzione, la stessa è in vigore per il Canada dal 1° dicembre 2013. Dei 159 Stati che hanno firmato la Convenzione di Washington, ad oggi sono dunque 150 gli Stati che hanno depositato lo strumento di ratifica.

I dati disponibili indicano che, al 30.6.2014, l’ICSID ha registrato ben 473 procedimenti arbitrali, inclusi quelli basati sul meccanismo supplementare2.

Gli arbitrati ICSID in cui sono parte gli Stati Membri dell’UE ammontano a 55, di cui 11 nei confronti dell’Ungheria ed uno contro l’Italia.

La focalizzazione. Gli accordi sugli investimenti intra-UE ed extra-UE

Il Trattato sul funzionamento dell’Unione europea (d’ora in avanti TFUE) ha attribuito all’UE la competenza espressa ed esclusiva in materia di investimenti diretti esteri3. A tale proposito, va rilevato subito che l’esercizio della nuova competenza dell’Unione in materia di investimenti diretti esteri comporta la soluzione di delicati problemi di diritto internazionale e di diritto UE, non potendosi prescindere da altri accordi internazionali già in vigore e comprendenti almeno: a) 130 accordi bilaterali sugli investimenti (d’ora in avanti BITs) conclusi tra Stati membri, inter se, prima dell’adesione di uno di essi alla UE; b) circa 1200 BITs tra Stati membri e Stati terzi4; c) gli accordi già conclusi prima dalla CEE, poi dalla CE e infine dalla UE, anteriormente e successivamente all’entrata in vigore del Trattato di Lisbona nel quadro della politica commerciale comune e nell’esercizio di competenze sia esclusive che miste, compresi gli accordi GATS e TRIMs in ambito OMC e, in particolare, il Trattato sulla Carta dell’energia. I recenti negoziati con gli Stati Uniti relativi al TTIP (Transatlantic Trade and Investment Partnership) o ancora quelli con la Cina costituiscono un’importante evidenza di quanto detto.

Contemporaneamente ed in parallelo, la UE si trova ora ad affrontare una difficile fase transitoria così come disciplinata dal reg. n. 1219/20125. Pertanto, premesse alcune considerazioni sulla necessaria ricerca di un equilibrio interistituzionale nella messa in opera delle competenze in materia di IDE, resta irrisolta la sorte degli accordi bilaterali sugli investimenti (BITs) già in vigore, sia tra Stati Membri UE (cd. BITs intra-UE) sia tra singoli StatiMembri e Stati terzi (cd. BITs extra-UE) alla luce del nuovo strumento normativo e della prassi recente.

In relazione a quanto detto sopra, sono stati attivati i primi procedimenti arbitrali basati su BITs intra-UE, procedimenti iniziati da imprenditori domiciliati in Europa occidentale nei confronti di Stati dell’Europa orientale.

Recentemente, si sono contati almeno tredici procedimenti arbitrali e di essi non è certo possibile trattare inmodo esaustivo in questa sede6. Gli arbitri che hanno deciso controversie relative a BITs intra-UE li hanno applicati in quanto trattati appartenenti all’ordinamento internazionale e non a quello dell’Unione.

Il che equivale a dire che la mera appartenenza alla UE di entrambi gli Stati contraenti del BIT non è stata di per sé idonea ad infirmare la validità o l’efficacia di quel medesimo BIT o a sostituire ad esso il diritto UE; salvo beninteso il possibile verificarsi nel tempo di una situazione di acquiescenza. È significativo che, la Commissione abbia promosso la tesi dell’estinzione ipso iure dei BITs intra-UE invocando l’applicazione del principio del primato del diritto UE e manifestando non poche perplessità circa la stessa procedibilità dei predetti arbitrati. Infatti, secondo la Commissione, ammettendo la sopravvivenza dei BITs intra-UE, si finirebbe per operare al di fuori dell’ordinamento UE, perpetrando una discriminazione tra investitori di diversi Stati membri UE, a seconda della vigenza o meno di speciali BITs intracomunitari a loro favore.

Tuttavia, si può rilevare che i principi del primato del diritto UE7 e della leale cooperazione tra Stati membri possono incidere sull’effettiva applicazione di un BIT intra-UE limitatamente a quelle fattispecie ove si ravvisi un palese conflitto tra specifiche norme del medesimo BIT e del diritto dell’Unione. Diversamente, deve ritenersi che sopravvivano le altre norme dei BITs, diverse ma compatibili con il diritto UE, ivi comprese quelle che prevedono che le eventuali controversie tra investitori privati e Stati membri siano risolte tramite arbitrato transnazionale, con esclusione della cognizione del giudice statale. Pertanto, restando valida ed efficace la clausola arbitrale, ben hanno fatto gli arbitri a decidere le controversie nascenti da BIT intra-UE, anche alla luce dell’eventuale incompatibilità degli accordi bilaterali con il diritto UE, giacché è dovere dell’arbitro quello di pronunciare un lodo suscettibile di exequatur.

Questa impostazione, oltre a spiegare come mai i predetti arbitrati si siano celebrati o siano in corso, ha soprattutto l’ulteriore pregio di fare salve le aspettative più che legittime degli investitori privati intra-UE e di favorire, per questa via, gli ulteriori passi della costruzione comunitaria.

Così, l’11.12.2013, il lodo finale nel caso Ioan Micula ed alt. c. Romania (ICSID Case n. ARB/05/20) ha condannato la Romania ad un risarcimento di 250 milioni di euro a favore della parte attrice. In tale controversia, un collegio arbitrale basandosi sul BIT tra Svezia e Romania ha rigettato l’argomento dello Stato convenuto che giustificava il diverso trattamento dell’investitore straniero per adempiere ai nuovi obblighi nascenti dall’adesione alla UE. Secondo gli arbitri la Romania aveva violato lo standard del trattamento giusto ed equo anche omettendo di informare adeguatamente l’investitore circa lo smantellamento degli incentivi pattuiti.

In relazione alle considerazioni di cui sopra, è da accogliere positivamente la soluzione di cui al reg. n. 1219/2012 ove si precisa nel considerando n. 15 che «non dovrebbe applicarsi agli accordi in materia di investimenti conclusi tra gli Stati membri».

I profili problematici

I negoziati tra l’UE e gli Stati Uniti sul TTIP sono iniziati nell’estate 2013, e al momento in cui si scrive, sono tuttora in corso. Il consolidamento dei rapporti commerciali tra le due Parti in un unico mercato transatlantico dovrebbe costituire un potente volano per accelerare la crescita economica attraverso, inter alia, un forte aumento degli investimenti diretti esteri tra le due sponde dell’Atlantico.

Senonché, tra i possibili scenari, c’è anche quello del conflitto tra trattati in quanto, una volta concluso il trattato transatlantico con gli Stati Uniti, è prevedibile che i BITs tra singoli Stati membri e Stati Uniti non verranno denunciati nel brevissimo termine provocando ingenti contenziosi.

1 Resa esecutiva in Italia con l. 10.5.1970, n. 1093. La Convenzione è entrata in vigore per l’Italia il 28.4.1971. V. il testo in Riv. dir. intern., 1965, 359 ss. ed il commento a cura di A. Giardina, F. Toriello, Centro internazionale per la soluzione delle controversie tra Stati e nazionali di altri Stati in materia di investimenti (CIRDI), in Enc. giur. Treccani, Roma, 1988, 1 ss. V. anche Galgano, F.-Marrella, F., Diritto del commercio internazionale, III ed., Padova, 2011, 953 ss.

2 V. www.icsid.org.

3 In argomento v.Marrella, F., Unione europea ed investimenti diretti esteri, in L’Unione europea a vent’anni da Maastricht, a cura di S.M. Carbone, Napoli, 2013, 107 ss.

4 UNCTAD, World Investment Report 2012, al sito: www.unctad-docs.org.

5 Regolamento (UE) n. 1219/2012 del Parlamento europeo e del Consiglio del 12.12.2012, che stabilisce disposizioni transitorie per gli accordi bilaterali conclusi tra Statimembri e paesi terzi in materia di investimenti (v. www.eur-lex.europa.eu).

6 V. i riferimenti inMarrella, F.,Unione europea, cit., 107 ss.

7 Cfr. la Dichiarazione n. 17 allegata all’Atto finale della Conferenza intergovernativa che ha adottato il Trattato di Lisbona. Siamo comunque lontani, ci sembra, dal modello di primato di cui all’art.103 della Carta dell’ONU: qui nei rapporti tra Stati membri (anche se è meno pacifico nei rapporti tra Stati membri e Stati terzi) si ha che lex posterior specialis non derogat priori generali.

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