Arancio

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Citrus aurantium

Albero della famiglia Rutacee (Citrus aurantium); è alto fino a 12 m, con getti giovani verdi, non rossastri, foglie ovate, con picciolo più o meno alato, petali bianchi anche all’esterno, frutto globoso a bacca (esperidio) con buccia e polpa di colore aranciato. Si distinguono due varietà (o specie secondo alcuni): l’a. dolce e l’a. amaro.

L’ a. dolce, o melarancio, o portogallo (Citrus aurantium varietà dulcis o Citrus sinensis), ha frutto con polpa agro-dolce ed è l’agrume più diffuso nel mondo. Originario della Cina, introdotto in Spagna e in Portogallo all’inizio del 14° sec. (però secondo alcuni era noto già ai Romani nel 1° sec. d.C.), è coltivato in tutte le regioni agrumicole in numerose varietà, distinte per forma e grandezza del frutto, per maggiore o minore dolcezza del succo, per colore della polpa (per es. nell’a. sanguigno è rossa, e spesso anche la buccia è sfumata di questo colore; le altre razze si dicono invece bionde), per precocità, per numero di semi. Delle circa 20 razze coltivate in Italia le più caratteristiche sono: belladonna, biondo, calabrese o ovale, moro, sanguigno, sanguinello, tarocco. L’a. dolce si consuma quasi esclusivamente come frutto fresco; dalla buccia del frutto, dalle foglie e dai fiori si estraggono essenze; si utilizzano anche il succo per bevande e i semi per estrarre olio. In Italia l’a. rappresenta più del 60% di tutta la produzione agrumicola: è coltivato soprattutto in Sicilia, Calabria, Campania, Sardegna, Basilicata, Puglia e Lazio. S’innesta sull’arancio amaro. La raccolta inizia in gennaio e va fino a maggio. Da una pianta in piena produzione si raccolgono in media 500 frutti.

L’ a. amaro, detto anche a. forte, cedrangolo, melangolo, è la varietà o sottospecie amara (Citrus aurantium varietà amara, Citrus bigaradia, Citrus vulgaris); si distingue dall’a. dolce per lunghe spine all’ascella delle foglie inferiori, per fogliame più scuro e più aromatico, piccioli più largamente alati, buccia del frutto più ruvida e più intensamente colorata, polpa acido-amara; presenta anche una varietà a frutto dolciastro. Originario probabilmente dell’Asia sud-orientale (Cocincina), coltivato in Arabia dalla fine del 9° sec., in Sicilia dall’anno 1002, si coltiva un po’ dappertutto nelle regioni agrumicole. Il frutto si usa per canditi; la buccia serve per preparare liquori amari (curaçao e altri); con la polpa si preparano marmellate e conserve. Per la sua maggiore resistenza al freddo e alla gommosi, l’a. amaro è usato quale portainnesto di quasi tutte le specie di agrumi.

L’ olio essenziale di a. si estrae dalla buccia dei frutti. Quello di a. amaro, detto anche essenza di bigarade, è un liquido oleoso di color giallo chiaro o arancione, di sapore amarognolo, non completamente solubile in alcol; è costituito da limonene e in minor quantità da antranilato di metile, citrale ecc. e ha proprietà eupeptiche, stomachiche; si sofistica a volte con terpeni d’arancio. L’olio essenziale di a. dolce, detto anche essenza d’a. o di portogallo, è un liquido di colore giallo arancio, di sapore aromatico e dolce, facilmente solubile in alcol, composto prevalentemente da limonene (oltre il 90%) e da linalolo, terpineolo, alcol nonilico, aldeide decilica ecc.; si usa in profumeria, nella preparazione dei liquori; si sofistica spesso con essenza di a. amaro, con terpeni d’a., con essenza di limone ecc. L’ essenza di fiori d’a. amaro, più nota col nome di essenza di neroli (dal nome di Anna Maria de la Trémoïlle de Noirmoutier moglie di Flavio Orsini, duca di Bracciano e principe di Nerola, che la introdusse in Francia verso il 1680), è molto pregiata in profumeria. Lo è meno l’ essenza di petitgrain, che si ricava per distillazione delle foglie e rametti dell’a. amaro.

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Petitgrain