APOLLO del Belvedere

Enciclopedia dell' Arte Antica (1994)

Vedi APOLLO del Belvedere dell'anno: 1958 - 1994

APOLLO del Belvedere (v. vol. I p. 474)

G. Daltrop

Nel 1981 si è reso necessario il restauro della statua poiché il perno di ferro, inserito fra le sue scapole con funzione di supporto retrostante, si stava arrugginendo. L'intervento è stato intrapreso dopo una radioscopia: nei puntelli della statua e nella gamba destra sono stati inseriti in senso verticale dei perni di acciaio, assicurati nella parte inferiore a una lastra dello stesso metallo, posta sotto il plinto, e in quella superiore alla sommità del puntello giustapposto alla statua nell'angolo destro. In tal modo si è assicurata la posizione statica della scultura. Poiché i singoli frammenti sono stati risistemati correttamente l'uno contro l'altro, è stato possibile ripristinare la posizione originaria dell'A.: la testa non è più inclinata in avanti di quasi 5 cm come prima.

Un certo scetticismo sull'indicazione della provenienza della statua da Anzio, informazione che è stata attribuita a Pirro Ligorio, è ormai d'obbligo: infatti già nel XV sec. la statua era nota.

Fra le repliche, o varianti, solamente la c.d. testa Steinhäuser a Basilea merita seria considerazione. Tra i numerosi frammenti di calchi in gesso a Baia è stato trovato il frammento di un addome piatto col membro virile spezzato che coincide a tal punto con l'A. del Belvedere che persino i danni sembrano essere fatalmente gli stessi! Una mano sinistra che impugna un arco sembra troppo piccola per essere collegata alla statua; però fornisce una buona impressione di come essa poteva apparire.

Per quanto concerne l'iconografia possiamo osservare che il lungo mantello, che è stato spesso in precedenza considerato un'aggiunta dei copisti, e che è addirittura ridotto da R. Tölle a una corta clamide avvolta sul braccio, sembra essere invece elemento basilare dell'originale, poiché sembra perfettamente coerente con l'iconografia d'insieme e con gli effetti plastici dell'opera. E. B. Harrison ha osservato che l'A. è in atto di scoccare la freccia con l'arco e porterebbe il mantello raccolto sul braccio sinistro quasi come uno scudo. Secondo H. Kenner l'acconciatura dei capelli con nodo alla sommità della fronte sarebbe una cosciente rielaborazione, negli anni intorno al 330 a.C., di tipologie più antiche connotanti a livello nazionale il costume greco, e ripresa da Leochares come espressione specifica della moda contemporanea. La faretra aperta sul dorso induce a pensare che l'A. reggesse un arco nella mano sinistra distesa e una freccia nella mano destra abbassata.

Il sostegno aggiunto dai copisti nell'età imperiale romana decorato con foglie d'alloro, resti di bende di lana e d'un serpente, non fornisce alcun aiuto circa gli attributi presenti nell'originale. O. Deubner afferma che nella tarda età classica A. non poteva avere contemporaneamente l'arco e l'alloro. Per il «motivo» del braccio disteso B. Ashmole rinvia all'Apollo nel timpano occidentale del Tempio di Zeus a Olimpia; nell'A. del Belvedere tale gesto acquisterebbe una razionalità maggiore grazie all'attributo dell'arco. Secondo H. von Einem sia la posizione di profilo della testa rispetto alla semplice frontalità del corpo, sia il braccio disteso recano in sé il ricordo del modello di Olimpia.

Leochares continua a essere considerato comunemente come autore dell'originale. Tale ipotesi sarebbe rafforzata dal rimando al possibile prototipo frontonale di Olimpia, dove Leochares ha lavorato per Alessandro. Se è vera l'identificazione con la statua di Apollo opera di Leochares citata da Pausania (I, 3, 4), bisognerebbe pensare che l'A. del Belvedere sia la copia di un pendant all'Apollo Alexìkakos di Calamide.

Non è stata ancora scritta fino a ora la storia della «ricezione» del modello in età moderna. Nel Quattrocento la statua si trovava nel giardino di S. Pietro in Vincoli; all'inizio del Cinquecento fu esposta nel Belvedere del Vaticano. Nel 1511 essa venne rinforzata con un perno in ferro; nel 1532 fu restaurata e completata da Giovanni Angelo Montorsoli. Nel 1773 entrò nel Museum Clementinum; fu trasferita a Parigi nel 1798 e vi restò fino al 1815. Nel 1924 Guido Galli la restaurò riportandola all'aspetto originale. Dopo il restauro del 1981 la statua ha costituito il fulcro di attrazione della mostra vaticana allestita a New York, Chicago e San Francisco tra il 1983 e il 1984.

Bibl.: Pubblicazioni dopo il restauro: The Vatican Collections. The Papacy and Art, New York (The Metropolitan Museum of Art) 1982, pp. 2, 62 (buone riproduzioni a colori successive al restauro); Bollettino Monumenti. Musei e Gallerie Pontificie, IV, 1983, pp. 62-73, figg. 15-39, tavv. I-II.

Sulla provenienza: G. Daltrop, Zur Überlieferung und Restaurierung des Apoll vom Belvedere, in RendPontAcc, XLVIII, 1975-76, pp. 127-140.

Repliche e calchi in gesso: C. von Hees-Landwehr, Griechische Meisterwerke in römischen Abgüssen, Liebieghaus Museum alter Plastik, Francoforte 1982, pp. 43-46, figg. 54-58 (fig. 58 dal calco in gesso a Strasburgo con ricostruzione non corretta dell'insieme); 0. Palagia, in LIMC, II, 1984, pp. 198-199, η. 79 b-f, s.v.; C. von Hees-Landwehr, Die antiken Gipsabgüsse aus Baiae, Berlino 1985, pp. 104-111, tavv. LXI-LXlV (tav. LXI c-d: con falsi restauri).

Iconografia: R. Tölle, Zum Apollon des Leochares, in Jdl, LXXXI, 1966, pp. 142-166; Β. Ashmole, Architect and Sculptor in Classical Greece, Londra 1972, pp. 46-47; H. Kenner, Der Apoll vom Belvedere, Vienna 1972; Α. Η. Borbein, Die griechische Statue des 4. Jahrhunderts v. Chr. Formanalytische Untersuchungen zur Kunst der Nachklassik, in Jdl, LXXXVIII, 1973, pp. 143-144, 150-153; G. Daltrop, in Acta of the XI International Congress of Classical Archaeology, London 1978, Londra 1979, pp. 224-225; O. R. Deubner, Der Gott mit dem Bogen. Das Problem des Apollo im Belvedere, in Jdl, XCIV, 1979, pp. 226-230; H. von Einem, Zum «Apoll» vom Westgiebel des Zeustempel in Olympia, in NachrAkGött, 1980, p. 6. - Opinione diversa: Β. Schmalz, Zum Apollon im Belvedere, in MarbWPr, 1983, pp. 3-19 (ritiene la faretra un'aggiunta da parte dei copisti); E. Simon, in LIMC, II, 1984, II, p. 381, n. 57, s.v.

Attribuzione: W. Fuchs, in W. H. Heibig, Führer durch die öffentlichen Sammlungen klassischer Altertümer in Rom, I, Tubinga 1964«, pp. 170-172, n. 226; Κ. Schefold, Die Griechen und ihre Nachbarn, in Propyläen Kunstgeschichte, I, Berlino 1967, p. 194, tav. CXVI; M. Robertson, A History of Greek Art, Cambridge 1975, p. 460; R. Lullies, Griechische Plastik, Monaco 19794, pp. 117-118, tav. CXVII; O. R. Deubner, art.cit., pp. 223-244.

Fortuna: A. Legner, Anticos Apollo vom Belvedere, in Städeljb, I, 1967, pp. 102-118; M. Winner, Zum Apoll vom Belvedere, in JbBerlMus, X, 1968, pp. 181199; H. H. Brummer, The Statue Court in the Vatican Belvedere, Stoccolma 1970, pp. 44-71; F. Haskell, N. Penny, Taste and the Antique, New Haven 1981, pp. 148-151, n. 8; A. Giuliano, Un Apollo del Belvedere a Savona, in Xenia, 6, 1983, pp. 83-85; P. P. Bober, R. Rubinstein, Renaissance Artists and Antique Sculpture, Oxford 1986, pp. 71-72, n. 28; G. Daltrop, Antike Götterstatuen im Vatikan, Basilea 1987, p. n ss.