ANVERSA

Enciclopedia Italiana (1929)

ANVERSA (A. T., 44; fiamm. e ted. Antwerpen; fr. Anvers, sp. Amberes; ingl Antwerp)

Carlo ERRERA
Yvonne DUPONT
Auguste Vermeylen
Gino LUZZATTO
Adriano ALBERTI
Valeria BLAIS

Città del Belgio. La situazione della città in riva a un gran fiume navigabile appare già attestata dal nome, schiettamente fiammingo per origine (nei primi documenti, risalenti al sec. VIII, Andoverp, poi Andowerpum, Andwerpa, ecc.): fiamm. aen't werf (ted. an der Werft) "al cantiere" o "alla gettata". Giace in rasa pianura sulla riva destra della Schelda (Escaut), a 88 km. dal suo sbocco nel Mare del Nord.

Forma un comune esteso su una superficie di 28 kmq., dei quali soltanto 6,95 sono occupati da fabbricati; con l'area fabbricata cittadina però fa corpo, senza la minima soluzione di continuità, anche quella dei due comuni di Borgerhout e di Berchem, che possono dirsi parte integrale dell'abitato urbano. L'intero abitato (compresi Borgerhout e Berchem) è racchiuso entro un grande arco, il cui giro è segnato dalla moderna cinta fortificata e la corda dal corso quasi rettilineo del fiume. Di un'altra cerchia più interna di mura, che cingeva l'Anversa di Carlo V e di Filippo II (sec. XVI), grande poco più di un quarto della città attuale, è rimasta la traccia in una cintura di viali, che costituiscono oggi le arterie principali del centro cittadino. Tra questa cintura di avenues e il fiume, la vecchia città medievale conserva tutta l'irregolarità primitiva, con strade generalmente anguste e, specialmente verso il porto, tortuose ed oscure (ivi il Meir, centro vivacissimo della vita cittadina e dei traffici, la vicina popolarissima Piazza Verde, il Duomo, la Grande Place con l'Hôtel de Ville, ecc.); nell'altra parte della città abbondano invece grandi strade larghe e signorili, distribuite secondo una pianta generalmente lontana da ogni eccessiva regolarità geometrica. La città non si è mai estesa alla riva sinistra del fiume, alla quale è soltanto riunita da regolari traghetti, mettenti capo al cosiddetto Vlaamsche Hoofd (fr. Tête de Flandre) in faccia alla città; tuttavia una legge del 1926, la quale ha tolto alla Fiandra orientale e dato alla provincia di Anversa 3000 ettari, appunto nella zona della Tête de Flandre, prepara all'espansione urbana nuovi spazî anche su questa riva.

La popolazione della città, limitata nel 1830 a 70.000 ab. (piccolo numero in confronto dei 125.000 del periodo aureo del sec. XVI), riprendeva a crescere nella seconda metà del sec. XIX, tanto da raggiungere al 31 dicembre 1900 i 272.831 ab., al 31 dicembre 1922, dileguato ormai il turbine della guerra, i 300.321 (nel 1928 approssimativamente 305.000), ai quali sono da aggiungere i 53.000 di Borgerhout e i 33.000 di Berchem. Fuori della cinta fortificata, ma veri satelliti della città, sono inoltre parecchi grossi comuni suburbani: Hoboken a S. con 22.982 ab., Merxem a N. con 21.398, Deurne ad E. con 16.022, ecc.

Nel complesso la popolazione può dirsi completamente fiamminga: quattro quinti degli abitanti non parlano usualmente altra lingua che questa e solo una piccola minoranza, formata dalla classe colta, sa servirsi anche del francese. Anversa è quindi considerata come il capoluogo della parte fiamminga dello stato.

L'importanza della città, non mai declinata del tutto neppure nelle circostanze storiche più avverse, è dovuta soprattutto alla sua posiziooe geografica a comando del fortunatissimo estuario della Schelda. Questo fiume infatti, nel tratto che risale dalla foce fino alla città, ha l'aspetto e, sino a un certo punto, il carattere di un vero braccio di mare, largo fino a 7 o 8 km., profondo in taluni punti sin 30 m., regolarissimo per regime, raramente reso pericoloso dalle nebbie nella cattiva stagione, mantenuto a fondali costanti (mediante le draghe continuamente in azione) nei punti più variabili del letto. La marea, che risale ampiamente l'estuario gonfiando per diecine di km. i letti del fiume e dei suoi maggiori affluenti, raggiunge ad Anversa un'amplitudine media di m. 4,29; le navi maggiori possono contare, all'ingresso della città, su m. 8 di fondo a marea bassa, su m. 12,50 a marea alta; la larghezza del fiume, nel punto più stretto, di fronte al centro della città, misura m. 400. Fino al sec. XIX bastarono al porto d'Anversa le banchine fluviali, alle quali anche i grandi piroscafi d'oggi possono approdare direttamente; ma tra il 1807 e il 1813 Napoleone fece scavare, nelle alluvioni della sponda a N. della città, il Grand e il Petit Bassin; dal 1853 in poi si vennero, scavando, presso questi due, sempre in comunicazione con la Schelda, il bacino Kattendyk, molto maggiore, e altri sei vastissimi bacini, con ingressi a chiuse, per sottrarre le navi accoltevi alle oscillazioni spesso eccessive della marea. Non bastando lo spazio (155 ha.) al traffico di continuo crescente, si stanno oggi prolungando le banchine fluviali ancora di 2 km. a monte e si completa, a valle dei bacini attuali, un nuovo bacinocanale, lungo ben 5 km., largo da 3 a 400 m., con una doppia amplissima chiusa d'ingresso, con fondali di 10 m. a marea bassa, di 14 ad alta, capace quindi per le più gigantesche navi odierne: l'area portuale disponibile salirà quindi, col 1929, ad ha. 550, lo sviluppo delle banchine da 27 km. a 48.

Il movimento portuale di Anversa ha assunto una così grande imponenza soltanto in un tempo molto vicino a noi, ma ben può parlarsi di una sua importanza mondiale sin dai secc. XV e XVI (v. Storia). Dal 1870 al 1910 il tonnellaggio delle merci entrate si accresce di ben 14 volte, portando Anversa al secondo posto fra i porti continentali d'Europa (primo Amburgo). Depresso poi violentemente dalla guerra mondiale, il movimento del porto si è rapidamente ricostituito, raggiungendo nel 1922 cifre superiori a quelle del 1913 e tali da porre Anversa alla testa di tutti i porti del continente: nel 1925 navi entrate 10.143 (il 98%, piroscafi), aventi un tonnellaggio di 19.922.000 tonn., con una enorme prevalenza però del traffico di merci sul movimento, relativamente modesto, dei viaggiatori. Le linee regolari di navigazione che approdano ad Anversa sono in numero di 190; soltanto il 6% però di tutte le navi approdanti batte bandiera belga.

Questo cosi grandioso movimento di traffici (al quale la costruzione del nuovo bacino permetterà un ulteriore aumento del 150%) si spiega con la penetrazione profonda dell'estuario, la quale assicura un comodo approdo alle navi in un punto tanto addentrato del continente, con la situazione di Anversa nel cuore di una zona di popolamento assai fitto, facilmente penetrabile e riccamente produttiva, non servita da alcun altro porto paragonabile a questo (qui si concentrano quattro quinti del traffico marittimo di tutto lo stato belga), con la presenza di una ben distribuita rete di vie acquee interne e internazionali, che si dirama dal porto stesso di Anversa (Schelda e suoi affluenti e subafluenti, canali di navigazione col Reno-Waal e con la Mosa, canale di grande navigazione per Bruxelles), con la vicinanza della Gran Bretagna (estuario del Tamigi) e della Germania, ai cui commerci Anversa è in condizione di rendere larghissimi servigi. Si aggiungano l'ampiezza e la modernissima attrezzatura dei bacini portuali, la studiatissima sistemazione commerciale del porto, la ricchezza dei collegamenti ferroviarî, l'abbondanza dei moli, la copia dei capitali locali pronti ad ogni utile investimento. Il traffico portuale trae quindi la sua floridezza da tre fattori concomitanti: importazione di materie prime e derrate necessarie alla vita e al vigoroso fiorire del popolo belga, esportazione di prodotti manufatti del Belgio stesso, transito di merci destinate al retroterra o provenienti da esso. Del traffico di esportazione più di metà è rappresentata da merci in transito (la massima parte per via fluviale dalla Germania: nel 1927 barconi rimorchiati 4405 con 2.833.688 tonn. di carico); dell'importazione il Belgio assorbe due terzi, soprattutto cereali e coloniali, e spedisce il resto alla Francia e alla Germania (nel 1927, barconi per la Germania 2425 con 1.635.441 tonn. di carico).

Anversa è emporio principe anche per le lane, per i cotoni, per i legnami, primo del mondo per l'avorio, secondo per il caucciù ha anche il primato nell'industria della lavorazione dei diamanti esercitata da diecimila ditte, quasi monopolio di ebrei tedeschi e polacchi. Solo gravissimo inconveniente di Anversa la servitù che impone al porto la sovranità olandese nel tratto inferiore della Schelda, donde la possibilità che in tempo di guerra l'accesso ne possa essere completamente bloccato; anche la navigazione fluviale anversese con la Germania è costretta a passare per i canali Schelda-Reno attraverso acque olandesi.

Anversa è capoluogo di una delle provincie del Belgio (v. più sotto il paragrafo dedicato alla provincia).

Arte. - Anversa conserva numerosi ricordi, monumenti, sculture e pitture, che evocano il suo glorioso passato artistico e la personalità prodigiosa di Rubens.

La cattedrale (Notre-Dame) è la più grande chiesa gotica del Belgio, sorta nel luogo di una più antica chiesa romanica. Vastissimo è l'interno, con sette navate separate fra loro da 125 pilastri senza capitelli; il coro fu costruito dal 1352 al 1420; le navatelle settentrionali furono incominciate nel 1472; le campate adiacenti alla facciata ebbero le loro vòlte nel 1508; il resto dell'edificio fu coperto nel 1614; i portali sono del 1612 e del 1619. La chiesa, in stile gotico fiammeggiante, è di aspetto rigido e lineare. I primi architetti furono Jan Appelman e suo figlio Peter, ai quali succedettero nel 1434 Tack e Everaert che lavorarono fino al 1473 e costruirono le navate meridionali. L'unica torre terminata (alta 123 metri) è opera di Anton Keldermans e di Dominicus de Wagemaker (1521-1530); l'altra torre (1423?), di Jean Amel di Boulogne, non è stata terminata. Nella cattedrale si conservano numerose opere d'arte; indichiamo soltanto quelle che specialmente fanno testimonianza della grandezza e del fasto di Anversa nel '600 quali i tre capolavori di Rubens che si trovano nel transetto: l'Erezione della croce, dipinta fra il 1610 e il 1612 per la chiesa di santa Valburga di Anversa sotto l'influsso di Michelangelo e di Tintoretto; il trittico della Deposizione, ordinato al pittore dalla compagnia degli archibusieri di Anversa nel 1611, e la cui parte centrale fu messa a posto il 12 settembre 1612 e le ali, con la Visitazione e con la Presentazione al Tempio, solo nel 1614; l'Assunzione della Vergine (sull'altar maggiore) del 1626. Altro famoso quadro del Rubens è la Resurrezione (1612), eseguita per la tomba del tipografo Jean Moretus, suo amico. Sono poi degni di nota: il monumento. schiettamente secentesco, del vescovo Capello (morto nel 1670), eseguito da Artus Quellin il giovane (1625-1700); la figura giacente, in bronzo, di Isabella di Borbone, seconda moglie di Carlo il Temerario (morto nel 1465), collocata originariamente nell'abbazia di San Michele presso Anversa; il pittoresco pulpito (1713) dell'anversese Michele Vervoort (1667-1737). È accanto alla cattedrale il pozzo dalla ornata guarnizione di ferro battuto, attribuito dai ciceroni a Q. Metsys.

La chiesa di San Giacomo fu incominciata nel 1491 da Herman de Wagemaker, anch'essa in stile gotico fiammeggiante e continuata dal figlio di lui e da Rombout Keldermans nno al 1533; un nuovo coro vi fu costruito dal 1602 alla fine del sec. XVII. L'imponenza dell'interno è in contrasto con la semplicità dell'esterno. Il coro fu ornato di stalli secenteschi da A. Quellin il vecchio e da suo nipote Quellin il giovane; sull'altar maggiore, in marmo, si ammira un'Apoteosi di S. Giacomo, di quest'ultimo scultore (1685); Sebastian van den Eynde ne eseguì il recinto marmoreo e Willemsens scolpì il pulpito. Nella cappella dei Rubens, sopra la tomba del pittore, fu collocata, per espressa volontà di lui, una Madonnina circondata da santi, da lui stesso dipinta.

Fra le belle facciate delle case delle antiche corporazioni, sulla Piazza Grande, si notano quella della Vieille Arbalète (del 1560 e ricostruita nel 1582-84), sormontata da una statua dorata di san Giorgio, di Jef Lambeaux (sec. XIX); e quella della casa dei bottai (del 1579 e ricostruita nel 1628). Il Palazzo di città fu costruito nel 1561-65 da Cornelis de Vriendt nello stile del Rinascimento; distrutto dagli Spagnuoli, fu ricostruito nella forma attuale nel 1581. Il suo interno fu rimaneggiato completamente da M. J. Dens nel 1882-89. Il Palazzo reale, costruito nel 1745 per il patrizio van Susteren, sui progetti di Jan Pieter van Baurscheit (1699-1768), risente l'influsso dello stile francese del tempo di Luigi XV. La casa dei Rubens, costruita nel 1611, e dove il pittore morì nel 1640, ha di notevole un grazioso cortile interno, il portico, che separa il cortile dal giardino, e un padiglione disegnato dallo stesso Rubens: ma nell'insieme è profondamente alterata e guasta. La Borsa in stile gotico fiorito, fu ricostruita nel 1868, riproducendo l'antico edificio eretto da Dominicus de Wagemaker (1531), ma in proporzioni maggiori; e consta di una grande sala contornata di un loggiato a due piani con arcate e colonne decorative. Al n. 13 della via du Jardin esistono alcuni avanzi della prima Borsa, del 1515, pure del Wagemaker. La Casa idraulica, costruita verso il 1552 dall'ingegnere van Schoonbeke, ha conservato intatta la sua fisionomia interna e la curiosa macchina per elevare l'acqua, inventata dal sunnominato van Schoonbeke. La casa Plantin (museo), costruita (1576-1580) per il tipografo Christoph Plantin e abitata dalla sua famiglia fino al 1876, fu ingrandita da Balthazar Moretus (1620-1640), e un altro corpo di fabbrica vi fu aggiunto tra il 1761 e il 1763. Nel bel cortile a loggiati sono i busti di Christoph Plantin, di Giusto Lipsio e del Moretus. Fra le stanze, che hanno conservato intatti i mobili antichi, meritano menzione la bottega e la retrobottega, il salone, ornato di arazzi fiamminghi, e soprattutto la stamperia (1576) coi torchi e le macchine (due torchi a mano datano dai tempi di Plantin), la fonderia di caratteri con gli utensili religiosamente conservati che ricordano il nobile motto del Plantin "Labore et constantia". Si crede che la stanza tappezzata di cuoio sia stata abitata da Giusto Lipsio. Lo Steen (ora museo d'antichità) è l'antico castello di Anversa, resto della città primitiva. L'attuale fabbricato risale, però, per la maggior parte, al 1520, ed è opera di Rombout Keldermans e di Dominicus de Wagemaker. Nel castello si trovano raccolte di antichità e di mobili del Rinascimento e del '600; sono notevoli anche le tetre prigioni.

L'Antica Macelleria (ora Museo d'arte applicata all'industria), costruita in stile gotico, di pietra bianca e mattoni, da Herman de Wagemaker (fra il 1501 e il 1503), era sede della corporazione dei macellai. Il salone gotico è imponente; la cucina, pittoresca. Fra gli oggetti delle collezioni medievali e del Rinascimento (mobili, sculture, ecc.) citiamo la bella statua equestre, in legno, di San Giorgio (sec. XV), un letto fiammingo (1640), un quadro in ceramica con la Conversione di san Paolo (1547), attribuito a Jacob Floris. Le raccolte del Museo reale di belle arti sono collocate in un fabbricato, costruito dal 1878 al 1890, nello stile del Rinascimento italiano, da J. J. Winders e Fr. Van Dyck; le quadrighe della facciata sono opera di Th. Vinçotte, le statue e i medaglioni dell'attico, di Dupuis e Ducajeute. La galleria della scultura, senza avere l'importanza delle collezioni di pittura, vanta pure qualche capolavoro: il busto di Filippo V, re di Spagna, di J. P. Baurscheit il Vecchio (1669-1728); il busto di Massimiliano Emanuele, governatore dei Paesi Bassi, di G. Kerrickx (1657-1719); e molte opere dell'Ottocento: Il Bacio, di Jef Lambeaux (bronzo, 1882); un Prigioniero, di A. Rodin; lo Scaricatore, di C. Meunier; il Nido, di Is. de Rudder; il Bambino, di V. Rousseau; la Vergine folle, di Rik Wouters (sec. XX). La galleria della pittura è una delle più notevoli del Belgio e possiede la più importante raccolta di opere di Rubens, e alcuni dei più notevoli capolavori della primitiva scuola fiamminga, quali: la Santa Barbara di Jan van Eyck (1437), dipinto soltanto preparato, che permette di studiare la tecnica del maestro; la Madonna della fontana, dello stesso (1439); il polittico dei Sette sacramenti, dipinto da Roger Van der Weyden prima del 1450; l'Annunciazione ed il ritratto di Philippe de Croy, dello stesso; Cristo e gli angeli musicanti (tre sportelli d'organo provenienti da Nájera di Castiglia), di H. Memling (1480); il ritratto di un medaglista (supposto Niccolò Spinelli), dello stesso; la Natività, di Albert Bouts; San Giovanni e le Pie donne, giudici ebrei e soldati romani, laterali di un trittico (il cui centro, con la Crocifissione, si trova a Londra), di Gérard David, sulla fine del '400; il Martirio di Santa Caterina, di Jean Provost (morto nel 1529); Deipara virgo, di Ambroise Benson, pittore di Bruges proveniente dalla Lombardia, del principio del '500; la Sepoltura di Cristo, Salomè con la testa del Battista e il Martirio di S. Giovanni Evangelista, trittico dipinto da Quentin Metsys (1508-1511) per la corporazione dei legnaiuoli di Anversa e per la chiesa di Notre-Dame, nel quale si fondono armoniosamente lo stile patetico di Roger van der Weyden e l'influsso italiano. Sono ancora degni di attenzione: una Maddalena e un S. Cristoforo di Quentin Metsys; la Fuga in Egitto del paesista Joachim Patenier; Cristo alla colonna, di Jan Gossaert, detto Mabuse; il Giudizio finale e le Opere di misericordia (1525), trittico ordinato a Bernard van Orley per la cappella degli elemosinieri ad Anversa e che risente l'influsso della Disputa del Sacramento di Raffaello; l'Adorazione dei Re Magi, del Van Orley; la Caduta degli angeli ribelli, quadro dipinto da Frans Floris per l'altare di San Michele a Notre-Dame di Anversa; il trittico dell'Incredulità di San Tomaso, di M. de Vos. Vengon poi le opere del Rubens: l'Ultima comunione di S. Francesco (1619), quadro di austerità commovente, che sembra ispirato al Domenichino; l'Adorazione dei Magi, destinato all'altar maggiore di San Michele ad Anversa; la Vergine col pappagallo (1614); l'Educazione della Vergine (1625), dipinta per i carmelitani scalzi di Anversa (è un ritratto di Elena Fourment, dal 1630 seconda moglie di Rubens); il drammatico Colpo di lancia (1620), ordinato a Rubens dal borgomastro Nicolas Rockox per la chiesa dei francescani; il Battesimo di Cristo, opera della prima gioventù (fra il 1604 e il 1608); Santa Teresa che libera Bernardino di Mendoza; l'Incredulità di san Tomaso (1613), con i ritratti dei donatori Nicolas Rockox e la moglie, la Trinità; il ritratto di Gaspard Gevartins. I più celebri quadri di Van Dyck qui esposti sono il Cristo in croce, dipinto per il convento degli agostiniani di Anversa, e una Pietà donata ai francescani dall'abate Cesare Saglia; il ritratto dello stesso Saglia. Vi si notano inoltre: la Vergine e santi, di Gaspare De Crayer; il ritratto di Abraham Grapheus (1620), di Cornelis de Vos; il Concerto di Jacob Jordaens, che illustra il proverbio fiammingo: "come cantano i vecchi, così pigolano i giovani", e riunisce in un gruppo tutta la famiglia del pittore; l'Adoramone dei pastori dello stesso; il Pasto delle aquile, di Jan Fyt; ìl Duetto di David Teniers. Nella raccolta delle opere delle scuole straniere, importantissime: l'Annunciazione, la Crocifissione e la Deposizione, tavolette a fondo d'oro di Simone Martini; la Crocifissione di Antonello da Messina; Giacomo Pesaro presentato a San Pietro, una delle prime opere di Tiziano (1502); la Vergine e il bambino Gesù, attribuita a Jean Fouquet, e che formava un dittico insieme col ritratto di Ètienne Chevalier (a Berlino); il Delfino Francesco II, di F. Clouet.

In altre sale, accanto alle pitture minuziose e preziose dei maestri olandesi del sec. XVII (van Ostade, Steen, Terborch), emergono il Signore olandese e il Pescatore di Harlem, di Frans Hals; Eleazar Swalmius di Rembrandt; il Molino ad acqua, di Hobbema (1638-1709); Mare calmo di Ruysdael (1682).

Nella Galleria d'arte moderna sono rappresentati con opere caratteristiche i maestri della scuola belga del XIX e del XX secolo, quali: N. de Keyzer con Carlo V che libera i Cristiani; H. de Braekeleer con lo Stampatore; A. Stevens con Disperata; Courtens con Drève illuminata dal sole; A. Verwée con Puledro nel prato; E. Laermans con Gli emigranti; H. Evenepoel con Domenica nei Bois de Boulogne; J. Stobbaerts con Uscita dalla stalla; J. Ensor con La donna dal fazzoletto azzurro e Studî di Ostenda, Rik Wouters con La stiratrice; C. Permeke con Paesaggio d'inverno.

Nel Museo Mayer-van der Bergh, nell'ambiente pittoresco con vecchie pareti in legno e mobili antichi risplendono alcune meraviglie: una Vergine della scuola di Roger van der Weyden, un dittichetto della scuola di Digione (fine del sec. XIV); due ottime opere di Pieter Brueghel il vecchio: I dodici proverbi fiamminghi (1558, il più antico dipinto firmato dal maestro) e la Dulle Griet (Margherita l'arrabbiata); e finalmente un Calvario attribuito al Metsys. Nella Casa dello sperone d'oro è collocata una interessante raccolta folkloristica, appartenente al signor F. Claes.

Fra i numerosi monumenti che ornano le piazze di Anversa, è da ricordare in Piazza Grande, il Brabo, bronzo di Jef Lambeaux (1887) che ricorda la leggenda di Sylvius Brabo, re di Tongres, vincitore del tiranno di Anversa, Droun Antigon. Girando per Anversa si trovano molti angoli pittoreschi ed edifici singolari che conferiscono carattere alla città, quali la Casa del Jordaens dalle sculture truculente, il palazzo di Jan van Immerseel ciambellano di Carlo V, di D. de Wagemaker (1498), e gli avanzi di quello Drake. Inoltre l'atrio ogivale dell'Ospizio di S. Giuliano fondato nel 1303, la graziosa Cappella di S. Nicola (del sec. XV), e il Béguinage fondato nel 1542.

Anche del '600 Anversa conserva monumenti caratteristici: il palazzo Delbeke, costruito nel 1647, la casa di Nicola Rockoy con la facciata suggerita da Rubens, quella secentesca in rue de l'Empereur 9, la casa "le Lys" col caratteristico frontone, e la "Porte d'eau" (o della Schelda), riproducente un arco di trionfo eretto a Filippo IV nel 1624 su disegni di Rubens.

Interessantissimo anche il Giardino Zoologico, che è uno dei maggiori e più importanti d'Europa.

Teatri. - Anversa possiede tre grandi teatri sussidiati dalla città. Il più antico è il francese Théâtre Royal, costruito nel 1834 e rinnovato nel 1863, che ha goduto per lungo tempo di una posizione privilegiata, essendo largamente sovvenzionato dall'autorità comunale. Ma la sua importanza è andata declinando, specialmente in questi ultimi trent'anni, man mano che Anversa è divenuta la capitale del Belgio fiammingo. In questo teatro oggi si rappresentano soltanto opere popolari di repertorio corrente. Anversa ebbe per qualche anno anche un teatro francese di prosa, scomparso nel 1914.

I due teatri che contano oggi sono fiamminghi: la Koninklijke Vlaamsche Opera (Reale teatro d'opera fiammingo) e il Koninklijke Vlaamsche Schouwburg (Reale teatro drammatico fiammingo). Quest'ultimo fu creato nel 1853 dal celebre attore Victor Driessens, e illuztrato dalla grande tragica Catharina Beersmans. L'edificio dove si trova oggi è del 1874. Però esso si è sviluppato specialmente dopo il 1900, diventando dopo la guerra il primo teatro drammatico fiammingo, il solo che nel Belgio rappresenti regolarmente le opere classiche e moderne dei Paesi Bassi (fiamminghe e olandesi), della Francia, dell'Inghilterra, della Germania, dell'Italia e della Russia. Verso il 1890 vi sono stati dati anche dei drammi lirici, poi, dopo il 1893, ospitò in certi giorni la compagnia speciale del teatro lirico olandese (Nederlandsch Lyrisch Tooneel). Ma nel 1907 fu costruito l'imponente teatro d'opera fiammingo, sopra ricordato; e questo, pur lasciando un gran posto a Wagner, dette anche impulso a una ricca produzione di opere fiamminghe (Wambach, Block, De Boeck, Gilson, ecc.). Dopo la guerra esso ha esteso il suo programma alla musica francese e alla musica russa, diventando, dal punto di vista artistico, la prima scena lirica del Belgio, superiore anche al Théâtre de la Monnaie di Bruxelles. i (V. tavole CXXXI e CXXXII).

Merita di essere particolarmente ricordato il pittoresco e famoso teatro popolare delle marionette, che agiva in una cantina, nel quartiere del porto, ma che da qualche anno non dà più rappresentazioni pubhliche.

Storia. - Anversa deve la sua grande fortuna presente, come quella che aveva già raggiunto nel Cinquecento, alla facilità e all. abbondanza delle comunicazioni naturali che la collegano con le regioni più popolate e industriali del Belgio, delle provincie renane e della Francia, e alla sua vicinanza alla foce del Tamigi, per cui fin dal sec. XV essa è diventata il centro della maggior parte dei traffici fra Londra e l'Europa centrale.

Le origini del grande emporio sono relativamente recenti ed assai modeste. La prima notizia veramente sicura non risale che al 640, quando S. Amando predicò il Vangelo e costruì una chiesa nella località su cui più tardi doveva sorgere Anversa. Si sa poi che tra la fine del sec. VII e l'VIII, fu costruita una fortezza sopra un'isola che è ora congiunta alla riva della Schelda; e che nelle sue immediate vicinanze alcuni monaci benedettini stabilirono delle colture. Attorno al castello doveva essere sorto un modesto villaggio di pescatori, che fu distrutto dai Normanni nell'836. Ricostruiti, castello e villaggio dovettero acquistare una certa importanza, se intorno al 1000 essi diedero il nome ad un marchesato di Anversa, che per circa due secoli fece parte del ducato della Bassa Lotaringia.

Ma la storia commerciale di Anversa non comincia che nel sec. XIII, quando le furono riconosciuti titolo e diritti di città, quando essa cominciò ad essere visitata dai mercanti italiani e diventò un centro di qualche importanza, soprattutto per il traffico dei grani. Passata a far parte del ducato di Brabante, in seguito alla vittoria di Worringen (1288), essa ottenne nello stesso tempo il titolo di città libera imperiale, e poté reggersi a comune autonomo, con propri magistrati e consigli.

Fin dal principio del sec. XIV Anversa diventa il centro di una gran parte del commercio di transito fra i Paesi Bassi e la Germania; le sue fiere cominciano ad essere frequentate da mercanti valloni, tedeschi e veneziani, sebbene il grande mercato delle Fiandre seguiti sempre a tenersi a Bruges, dov'esso raggiunge anzi in quel secolo la massima floridezza. Soltanto nei primi decennî del sec. XV il centro di gravità comincia a spostarsi da Bruges verso Anversa. L'Inghilterra, da semplice esportatrice di lana greggia trasformatasi in produttrice di panni in misura superiore al consumo interno, cerca la via per farli penetrare nel continente; e poiché non può valersi a questo scopo del mercato di Bruges, massimo centro dell'industria laniera fiamminga, si rivolge ad Anversa. I merchants adventurers fanno perciò scalo nel porto della Schelda creandovi un grande deposito dei loro panni per rispedirli di là attraverso tutta l'Europa. Ciò che era stata Bruges per le lane gregge inglesi, divenne Anversa per i panni: durante il regno di Enrico VIII l'Inghilterra esportò fino a 120.000 pezze di stoffe all'anno, che transitarono in massima parte per Anversa. Secondo un'inchiesta del 1550, circa 20.000 persone vivevano ad Anversa, direttamente o indirettamente, del commercio con l'Inghilterra.

Ma forse anche più del profondo mutamento manifestatosi 'nel sec. XV nella situazione e nella politica economica inglese, giovò ad Anversa l'insabbiamento progressivo della Zwin che ostacolò dapprima e poi rese quasi del tutto impossibili le comunicazioni dirette fra Bruges e il mare. Favorita invece dalle ottime condizioni di navigabilità del corso inferiore della Schelda, Anversa fin dagli ultimi decennî del Quattrocento non solo attira le navi che devono abbandonare il vecchio emporio fiammingo, ma sottrae rapidamente a Bruges anche le funzioni di grande mercato mondiale, in modo che entro le sue mura si fanno sempre più numerose le colonie di mercanti stranieri d'ogni parte d'Europa, dall'Italia, Spagna e Portogallo, fino alle città tedesche del Baltico. A consolidare infine la rapida e grande fortuna di Anversa concorre la scoperta della via marittima per le Indie, che fa di essa il porto sussidiario di Lisbona per la distribuzione delle spezie in tutta l'Europa centrale e settentrionale. Nel 1503 si videro pela prima volta sulle rive dalla Schelda alcune navi portoghesi, cariche dei prodotti preziosi dell'Oriente, che finora i Veneziani avevano, quasi soli, portato sul mercato di Bruges. In conseguenza soprattutto di questo nuovo orientamento anche i mercanti tedeschi finiscono col trasferirsi da Bruges ad Anversa, dove si accentra prima della metà del sec. XVI tutto il commercio d'esportazione del Baltico (principalmente cereali, legname e lino) verso i paesi di Occidente, e dove nel 1564 viene costruita, sulle rive del fiume, la celebre casa anseatica. A giudizio degli stessi Veneziani che osservano il grande emporio con occhio sperimentato, Anversa è diventata a quell'epoca il più grande porto ed il più ricco mercato del mondo, dove l'intenso movimento commerciale e la presenza contemporanea di mercanti dei più varî paesi hanno fatto sorgere una vera borsa delle merci. "Anversa, riferiva l'ambasciatore Marino Cavalli nel 1551, fa tante faccende di cambî e di ogni altra specie di mercanzie, che in vero mi sono stupito di veder ciò, pensando che superi questa città. In ogni luogo corre tanto il danaro e lo spaccio di ogni cosa, che non v'è uomo, per basso e inerte che sia, che per il suo grado non sia ricco, e non possa far contratti nei mercati di Anversa. Di Spagna vi vengono uve secche, aranci, olive, vino, guadi, sete per più di 50 mila ducati, lane per più di 350.000; di Portogallo spezie, zuccheri e gioie per 500 mila ducati; d'Inghilterra stagni, lane e panni per 300 mila e più ducati; di Germania e Francia vini e rami per più di 80 mila; d'Osterland (paesi del Baltico) legnami, lini e grani per 150 mila ducati; d'Italia velluti, panni di seta e d'oro, ciambellotti, qualche spezie, berretti, fustagni e tele per somma di denari grandissima, che passa un milione di ducati d'oro". Nell'epoca in cui il Cavalli scriveva, Anversa aveva raggiunto il culmine della sua floridezza: più di 1000 case commerciali straniere vi avevano le loro filiali, ed un numero assai maggiore di mercanti e di commessi d'ogni parte del mondo civile frequentavano le sue due fiere annuali. La popolazione superava i 100 mila abitanti.

Un periodo di così rapido e fiorente sviluppo fu bruscamente interrotto dalle guerre di religione, dall'insurrezione delle provincie protestanti e dall'aspra lotta fra la Spagna e l'Inghilterra. Saccheggiata nel 1376 dai soldati spagnuoli, che vi uccisero 10.000 persone; sottoposta, sotto il duca d'Alba, agli orrori dell'Inquisizione, che determinò l'esodo di altre migliaia di cittadini, definitivamente conquistata nel 1586 da Alessandro Farnese, Anversa è gravemente e irreparabilmente danneggiata dall'allontanamento dei mercanti inglesi, tedeschi e olandesi; ma riceve il colpo mortale dalla pace del 1609, la quale, con l'indipendenza delle Sette Provincie Unite, sancisce il suo definitivo distacco dal mare. Il nuovo stato infatti, avendo il dominio della foce della Schelda a valle di Anversa, può valersene per deviare il traffico di questa verso Amsterdam; e dopo avere effettivamente ostacolato con ogni mezzo il passaggio delle navi dirette dal Mare del Nord ad Anversa, ottiene che nella pace di Vestfalia (1648) sia sancita la definitiva chiusura della Schelda alla navigazione marittima. La fortuna commerciale di Anversa è ormai del tutto caduta, la sua popolazione si riduce dei due terzi, e più di 3000 case rimaste disabitate vi cadono in rovina.

Passata nel 1714 dal dominio spagnuolo a quello dell'Austria, non migliora per questo la sua situazione, finché l'annessione alla Francia rivoluzionaria, dopo i danni e i saccheggi dei primi mesi dell'occupazione, non provoca finalmente la rinascita della sua antica fortuna con la proclamazione, fatta nel 1795, della riapertura della foce della Schelda al traffico internazionale. Napoleone I rivolge la sua attenzione e le sue cure ad Anversa, indotto a ciò da ragioni militari e commerciali, per farne cioè un poderoso strumento nella sua lotta contro l'Inghilterra; per il quale scopo costruisce le poderose opere di fortificazione, che in parte ancora sussistono, e che resistettero due volte, nel 1809 e nel 1814, all'assedio degl'Inglesi. Nello stesso tempo aumenta la potenzialità del porto, facendovi scavare alcuni nuovi bacini, e avvia verso di esso il traffico dei ricchi dipartimenti industriali della Francia del nord, attraversati da una fitta rete di fiumi e di canali, che immettono tutti nella Schelda.

Caduto Napoleone e annessa Anversa all'Olanda, il suo commercio seguita a fiorire, finché la proclamazione del regno indipendente del Belgio, a cui Anversa viene definitivamente riunita nel 1832, non riproduce, in forma un po' più attenuata, la situazione che si era mantenuta fra il 1609 e il 1792. L'Olanda non può proclamare nuovamente la chiusura della Schelda, ma ottiene press'a poco lo stesso risultato imponendo un pedaggio di fiorini 1½ per tonnellata su tutte le navi che, risalendo la Schelda, oltrepassino il confine olandese. Il nuovo e gravissimo ostacolo alle comunicazioni fra Anversa e il mare non fu soppresso che nel 1863, quando la completa e definitiva libertà della navigazione della Schelda inferiore fu riconosciuta dall'Olanda, dietro un compenso di 36 milioni di franchi, e garantita da una convenzione internazionale.

Da quell'anno ricomincia l'ascesa della città, che si accelera dopo il 1880 e soprattutto dopo il principio del secolo per il rapido e grandioso sviluppo industriale del Belgio e delle province renane. Interrotto tra il 1915 ed il 1918 dall'occupazione tedesca e dal blocco del Mare del Nord, lo sviluppo di Anversa riprende rapidamente subito dopo la fine della guerra, e raggiunge proporzioni tali da farne, per movimento marittimo e commerciale, il primo fra i porti del continente europeo ed uno dei primi del mondo.

L'assedio di Anversa durante la guerra mondiale. - Anversa rappresenta il ridotto della difesa del Belgio, base per operazioni di difesa attiva dell'esercito campale, e testa di sbarco per un eventuale corpo di spedizione inglese sul continente. L'intervento inglese, ogni qual volta Anversa sia minacciata da una grande potenza continentale, è da calcolare come sicuro: già Napoleone aveva detto che Anversa è una pistola puntata al cuore dell'Inghilterra. L'esperienza della guerra mondiale ha confermato pienamente questa affermazione.

Nel 1914, allo scoppio della guerra mondiale, la difesa di Anversa constava di una cinta del nucleo abitato e di due linee di cintura, concentriche, di forti.

La cinta interna era stata costituita, tra il 1860 e il 1870 dal Brialmont, mediante una linea di forti staccati, lontani 6-7 km. dal centro della città, su un perimetro di una quarantina di chilometri. Dieci forti stavano sulla riva destra della Schelda; una testa di ponte di otto forti sulla riva sinistra; un sistema di inondazioni completava la difesa. Il Brialmont credeva che tal piazza non potesse neppure essere assediata, perché, a suo parere, l'avversario avrebbe dovuto stabilire i suoi accampamenti a distanza di 5 km. dai forti, cioè disseminarsi su di una linea lunga una settantina di chilometri, talché il difensore avrebbe potuto facilmente fare massa e distruggere uno per volta i corpi d'armata dell'avversario. L'assedio di Port Arthur aveva convinto che forti in calcestruzzo potevano resistere lungamente alle artiglierie, obbligando l'avversario a procedere a lenti lavori di zappa e di mina. Si credeva in sostanza che l'assedio di una piazza dovesse avere lunga durata.

Quando, per l'aumento della gittata delle artiglierie, la prima cerchia di forti di Anversa risultò troppo vicina alla città, il Brialmont stesso, a partire dal 1890, iniziò la costruzione di un'altra linea di forti staccati (linea di cintura esterna), lontani da 12 a 19 chilometri dalla città, davanti alla linea Rupel-Nethe e più a sinistra, secondo l'arco compreso fra i villaggi di Lierre e di Berendrecht, con un circuito di 110 km., nella sicurezza che l'esercito belga, forte di oltre centomila uomini, vi avrebbe trovato un rifugio sicuro e duraturo, tale da permettere l'intervento di potenze interessate a garantire l'indipendenza del Belgio. La nuova sistemazione allo scoppio della guerra non era del tutto ultimata ed in alcuni forti il calcestruzzo non aveva fatto sufficiente presa.

La posizione di Anversa era naturalmente forte, dati gli ostacoli fluviali e la possibilità di inondare la zona di attacco, specialmente nel settore a sud della città. I forti in calcestruzzo erano armati di cannoni in cupole (calibri da 15, 12, e 7,5 cm.) per la lotta lontana e di torrette per cannoni da 7,5 cm. per la difesa vicina; i fossi acquei erano profondi m. 2,5 e larghi sino a 50 m. Dato il terreno piatto, le opere avevano però forte rilievo, di 8-9 m. sulla campagna circostante, ciò che li rendeva ben visibili. I Tedeschi avevano fin dal tempo di pace previsto la necessità di operazioni d'assedio ed avevano preparato artiglierie ben più potenti e mobili di quelle giapponesi a Port Arthur. Coi nuovi pezzi di 305, 420 mm. i forti, specialmente quelli che offrivano un visibile bersaglio, potevano in breve essere ridotti al silenzio: la Germania aveva così risolto il problema di poter distruggere l'azione dei forti, dopo di che la partita d'armi si riduceva a quella fra due avversarî in rasa campagna.

All'inizio della guerra l'esercito belga, dopo la caduta di Liegi, minacciato di avvolgimento nella sua sinistra, si ritirò su Anversa. Esso contava cinque divisioni (18 battaglioni e 18 batterie per divisione) più una divisione di cavalleria. La 3ª divisione però aveva subito rilevanti perdite a Liegi, e gli effettivi erano deficienti di circa un terzo, mancando gli ufficiali. Oltre all'esercito di campagna, in Anversa vi era il presidio della piazza, di circa 70 mila uomini, agli ordini del generale de Guise. A fronteggiare Anversa i Tedeschi lasciarono nell'agosto il III corpo d'armata di riserva comandato dal von Beseler, il quale prese posizione fra la capitale e la piazza per proteggere le linee di comunicazione della 1ª armata attraverso il Belgio. Il 25 agosto l'esercito belga attaccò i Tedeschi e sarebbe riuscito ad avvolgerne la destra ove non fossero intervenuti i primi riparti del IX corpo d'armata di riserva tedesco che veniva allora trasportato per ferrovia dal confine danese nel Belgio. L'esercito belga, respinto, dovette ripiegare con sensibili perdite; intanto ai Tedeschi giungevano notizie di sbarchi di forze inglesi a Zeebrugge e ad Ostenda ed il Comando supremo, il 31 agosto, ordinò di respingere la minaccia contro le retrovie che provenissero dalla costa e dal nord della Francia. Dopo l'azione del 25 e fino al 7 ottobre, le forze tedesche nel Belgio rimasero inattive, sebbene rinforzate dal IX corpo di riserva e dalla divisione di marina. Questa inazione permise che alla fine di agosto la 4ª divisione belga, sfuggita in parte ai Tedeschi a Namur, da Le Hâvre sbarcata ad Ostenda, potesse di qui raggiungere indisturbata Anversa, per ferrovia. I Tedeschi solo il 7 settembre eseguirono una ricognizione verso ovest con tre divisioni (IX corpo di riserva e 6ª divisione di riserva), lasciandone due di fronte ad Anversa, ma l'azione fu sospesa il giorno 8 perché, secondo la relazione tedesca, si comprese che si sarebbe dato un colpo nel vuoto, e perché il IX corpo d'armata di riserva fu chiamato verso sud presso l'esercito impegnato alla Marna.

L'esercito belga con tre divisioni attaccò il 9 settembre le due divisioni tedesche rimaste tra Bruxelles ed Anversa, riuscendo a minacciare la ferrovia Liegi-Bruxelles, ma intervennero in tempo la 6ª divisione e riparti del XV corpo d'armata che erano in corso di trasporto verso la Prussia orientale. I Belgi, contrattaccati, furono respinti con perdite.

Il 7 settembre fu deciso l'attacco, ma solo il 25 poterono essere date al Beseler la 4a divisione di Ersatz (riserva) e due brigate di Landwehr nonché l'artiglieria d'assedio: 40 cannoni da 100 e da 130 mm.; 72 obici da 149; 48 mortai da 210; 9 mortai da 305 e 4 mortai da 420. Il Beseler procedette all'attacco sulla destra della Schelda a cavallo della strada Bruxelles-Anversa, spiegando tutte 4 le divisioni su una fronte di 40 km. in linea d'aria. A protezione della destra furono posti, una decina di chilometri verso est, un reggimento di cavalleria con due pezzi e due compagnie ciclisti di marina, che con la loro attività indussero l'avversario a ritenere vi fossero da quelle parti forze ben più rilevanti. La sicurezza del fianco sinistro venne affidata alla 37a brigata di Landwehr, che si collocò sulla difensiva ad Alost con un battaglione verso Termonde. Il terreno sulla sinistra della Dender e della Schelda fu lasciato in balia dei Belgi, i quali tennero la 4ª divisione nella zona di Termonde e la divisione di cavalleria una ventina di chilometri più ad ovest. Nulla fu fatto per ricacciare queste forze e procurarsi, prima dell'attacco, una testa al ponte della Schelda per poter sboccare offensivamente ove l'esercito belga si ritirasse da quella parte. Eppure il Beseler aveva compreso l'importanza di precludere ai Belgi quella zona di comunicazione ed aveva invano chiesto una divisione per effettuare un attacco secondario da quella parte. L'avanzata su Anversa cominciò il 27: il 30 l'esercito belga era respinto sulla linea dei f0rti. I Tedeschi con lievi combattimenti erano avanzati in alcuni punti sino a 700 m. dai forti stessi, respingendo con la destra (26a brigata di Landwehr) i contrattacchi belgi.

L'attacco alla linea esterna dei forti fu effettuato sulla destra della Senne tra il forte Waelhem e il forte Lierre, su una fronte di 15 km. ll bombardamento venne iniziato tra il 28 ed il 29: ogni forte principale fu bombardato da due batterie di grande potenza, schierate tra i 7 e i 9 km. dai forti stessi; i mortai da 210 batterono le opere minori negl'intervalli. Contro i principali forti furono sparati da 320 a 550 colpi dei massimi calibri, dei quali un decimo colpì i forti in modo efficace: di 37 forti corazzate che armavano i 6 forti attaccati, 9 furono messe fuori di combattimento dal bombardamento. Delle torrette per la difesa vicina 12 su 18 rimasero utilizzabili. Ma le vòlte di calcestruzzo dei ricoveri furono forate e rese inabitabili dai colpi che scoppiavano; qualche forte fu poi gravemente danneggiato dall'esplosione dei magazzini di munizioni.

Nel pomeriggio del 1° ottobre le divisioni del III corpo d'armata di riserva e la divisione di marina mossero con grande decisione contro i forti; la 5ª divisione occupò subito il forte Wawre, che secondo la relazione belga era già stato sgomberato nel pomeriggio precedente; la ridotta Dorpveld fu conquistata, facendo saltare con una mina le vòlte dei ricoveri. Nel pomeriggio del 2 il forte Waelhem alzò bandiera bianca: gli altri forti, sui quali si concentrò il fuoco della grossa artiglieria, saltarono, oppure furono abbandonati, tra il 2 e la mattina del 4. Restava a passare la Nethe, ostacolo che a valle di Lierre i Belgi avevano allargato fino a 400 m. mediante inondazioni. Un reggimento tedesco della 6ª divisione riuscì la sera del 4 a penetrare in Lierre e ad attraversare su passerelle portatili due bracci del fiume, larghi una ventina di metri. Dato il bombardamento da parte dell'artiglieria belga, mentre quella tedesca non poteva sostenere le proprie truppe, i Tedeschi non riuscirono a sboccare dalla città. Solo nella notte poterono essere gettati ponti di equipaggio per far avanzare qualche sezione di artiglieria da campagna nell'abitato a sostegno della fanteria, togliendo quest'ultima da una situazione critica. Un altro reggimento riuscì il 5 ad attraversare la Nethe 800 m. a valle della città facendo indietreggiare alquanto i Belgi, ma neppure in tale giornata i Tedeschi riuscirono a sboccare da Lierre.

Il 3 si era recato ad Anversa il primo Lord dell'ammiragliato, W. Churchill, per accordarsi col governo belga circa i mezzi, atti a prolungare la resistenza: i Belgi avevano compreso la necessità di abbandonare la piazza per evitare la cattura dell'esercito; tuttavia, data la pressione inglese, promisero, in un consiglio di guerra tenuto il 5 alla presenza del re e di Churchill, che avrebbero continuato la resistenza per dieci giorni; da parte sua, l'Inghilterra entro tre giorni avrebbe comunicato quali misure avrebbe adottate per sostenere la piazza: in caso negativo essa avrebbe sostenuto la ritirata dei Belgi e sarebbero state mandate subito truppe di rinforzo. Già il 4 era entrata in Anversa una brigata di marina inglese che sostituì i Belgi nel settore di Lierre, dove ferveva la lotta. Nella notte sul 6, su notizie esagerate di progressi tedeschi a Lierre, venne ordinato per le 14 del giorno successivo un grande contrattacco contro i Tedeschi a Lierre, i quali erano in posizione critica, bombardati e col fiume alle spalle; ma gli ordini giunsero in ritardo, talché l'azione fu effettuata da soli due reggimenti belgi, che, sostenuti dall'artiglieria, misero a dura prova i due reggimenti tedeschi, scarsi di munizioni e di viveri. Ma nella notte altri battaglioni tedeschi e un gruppo d'artiglieria avevano passata la Nethe, talché il generale inglese Paris, che aveva assunto il comando su quella fronte, cominciò alle 11 del giorno 6 la ritirata in una posizione tra il fiume e la linea interna degli antichi forti. La 6ª divisione di riserva tedesca, con una tenace lotta di tre giorni, aveva così aperto il passaggio alle altre. Nell'impresa si era segnalato, oltre alla fanteria, anche il genio; efficace era stata l'azione morale delle grosse bombarde da esso impiegate.

La 37ª brigata di Landwehr (6 battaglioni, 2 squadroni, 3 batterie di campagna, mezzo battaglione di obici campali), rimasta a protezione del fianco sinistro, aveva tentato invano il 26 settembre d'impadronirsi di Termonde, ed a stento aveva potuto col grosso mantenersi ad Alost, molestata dalla divisione di cavalleria belga, posta a Wetteren (30 km. a NO. di Alost). Di fronte a Termonde, occupata dalla 4ª divisione belga, rimasero in osservazione due battaglioni. Il 4 ottobre il governatore generale di Bruxelles (maresciallo von der Goltz) mandò ad Alost la 1ª brigata di Ersatz a disposizione del generale Beseler: essa assunse il servizio di protezione e lo stesso giorno la 37ª brigata di Landwehr puntò verso nord per attraversare la Schelda a Schoonaerde, ma il tentativo di riattivare il ponte fallì di fronte alla resistenza dei Belgi, che non poté essere superata neppure il 5 né il 6. In tal modo le comunicazioni sulla sinistra della Schelda erano il 6 a sera interamente libere per i Belgi. Questi dal 29 settembre avevano incominciato lo sgombro della piazza (feriti, prigionieri, reclute, materiali). A maggior sicurezza mandarono a Termonde-Lokeren la 6ª divisione. Intanto altre due brigate inglesi erano entrate ad Anversa, ma era ormai certo che nessun altro aiuto diretto avrebbe potuto ricevere la fortezza, perché Joffre e French ritenevano necessario che la salvezza di Anversa fosse da attendersi dal tentativo, allora in corso, di avvolgere la destra tedesca (corsa al mare), per il quale occorrevano tutte le forze. La fortezza con i proprî mezzi e con le tre brigate inglesi doveva prolungare la resistenza. Il governo belga, ancora all'oscuro di tali intenzioni, aveva deciso, d'accordo con Churchill, di trasferirsi a Ostenda e che la difesa fosse assunta dal generale inglese Paris colle tre brigate, sostenute da una divisione belga, mentre il resto delle forze doveva trasferirsi sulla sinistra della Schelda per dare mano ai tentativi di liberazione ilella piazza. Ma il 7 il comandante della 7a divisione inglese, sbarcata a Zeebrugge, saputo che la linea della Nethe era stata forzata, non aderì alla richiesta belga e ordinò la ritirata dell'esercito da Anversa, lasciandovi la 2ª divisione. La 1ª divisione fu inviata a Ostenda per ferrovia.

Mentre l'esercito belga marciava così tra la Schelda e il confine olanuese per dirigersi a Ostenda, il 7 mattino la 37a brigata tedesca riusciva A passare il fiume, seguita dalla 1ª brigata bavarese di Landwehr, che dal 30 settembre era stata trasportata dai Vosgi a NE. di Bruxelles. Lo stesso giorno le due brigate si spinsero verso nord su Lokeren, inviando un distaccamento su Termonde, da dove i Belgi si ritirarono. Verso Lokeren le due brigate, ignare di avere vicino il grosso dell'avversario, urtarono in grossi distaccamenti di protezione che cedettero terreno, ma lentamente. Il giorno 9 la 37ª brigata di Landwehr occupò Lokeren, ormai sgombro, e la 1ª brigata bavarese di Landwehr raggiunse Moerbeke, 4 km. a sud del confine olandese, sbarrando così la ferrovia. Nello stesso giorno la 4ª divisione di Ersatz passava anch'essa la Schelda. Ma il grosso dell'esercito belga era già sfuggito verso O., protetto da due brigate della 7ª divisione inglese e da una brigata francese riunitesi a Gand e dalla 3ª brigata di cavalleria inglese dislocata ad Eecloo, a mezza strada fra Gand e Bruges, dove stava il resto della 7ª divisione inglese. Le forze tedesche (complessivamente due divisioni) che avevano oltrepassato la Schelda riuscirono, come ora si vedrà, a sbarrare la ritirata solo a parte delle forze rimaste il 7 a difesa della piazza.

Il 6 sera il comando supremo tedesco, per rendere disponibili le forze che assediavano Anversa, aveva ordinato d'iniziare subito il bombardamento della città, anche con una sola batteria, per richiederne la resa. Il Beseler stava spostando avanti le artiglierie d'assedio: il giorno 7 intimò la resa della piazza e poco dopo mezzanotte, non avendo ricevuto risposta, fece aprire il fuoco con alcune batterie da 150 e successivamente con altre da 130. L'impressione morale del bombardamento fu enorme. Forse per questo il generale Paris l'8 mattina telefonò a Bruges che non avrebbe potuto sostenersi a lungo; sembra che egli sia stato subito autorizzato ad abbandonare la città; alle 17 s'iniziò il ripiegamento della 2ª divisione belga e degl'Inglesi, dopo che i grandi depositi di petrolio erano stati incendiati. Anche queste truppe raggiunsero il 9 la ferrovia ed iniziarono il trasporto, che fu poi interrotto dal sopraggiungere dell'avanguardia della 1a brigata bavarese di Landwehr: ne seguì un combattimento, nel quale i Tedeschi ebbero il sopravvento. Le forze inglesi e belghe, tagliate fuori, esauste dalla fame e dalle fatiche, passarono il confine olandese e furono internate.

Il giorno 9 la 1ª brigata di Ersatz puntò da Alost su Gand, ma fu respinta con gravi perdite (22% degli ufficiali, 12% della truppa). Il generale Beseler intanto, ignaro della ritirata dell'avversario, aveva proseguito, oltre che nel bombardamento della città, anche nelle operazioni contro la linea interna dei forti: ma il 9 i forti stessi vennero trovati sgombri, ciò che sembrò da principio incredibile al comando. Fu allora nuovamente richiesta la capitolazione della piazza, che fu sottoscritta dalle autorità civili, poiché il comandante della piazza fu trovato solo il giorno 10 nel forte Sainte-Marie a NO. della città.

Anversa era stata in gran parte abbandonata dai 250 mila abitanti, tra i quali il bombardamento delle artiglierie e degli Zeppelin (notte del 25 settembre e del 2 ottobre) aveva fatto "poche centinaia di vittime", dice la relazione tedesca. Centoventi case erano distrutte, la cattedrale danneggiata, nonostante le disposizioni in contrario impartite. Fu catturato molto materiale: secondo la relazione tedesca 1300 pezzi, dei quali 500 moderni, ma "sorprendentemente piccolo il numero dei prigionieri". In Olanda furono internati 28 mila uomini, dei quali 2 mila Inglesi. I Belgi sfuggiti si riordinarono sull'Yser, dove il giorno 16 ottobre contavano 82 mila uomini con 48 mila fucili. La conquista di Anversa conferma anzitutto quanto gli avvenimenti di Liegi e di Namur avevano dimostrato e che cioè nella gara fra la corazza ed il cannone la vittoria, per quanto riguarda le fortificazioni belghe, era, allo scoppio della guerra, rimasta a quest'ultimo. Distrutti i forti, si iniziava la lotta contro posizioni senza fortificazioni permanenti: quindi l'appoggio che i Belgi trovarono in Anversa non poteva essere che breve e avrebbe potuto mettere l'esercito belga in condizioni pericolose, perché potevano essere intercettate le comunicazioni con l'esercito francese. Ma i Tedeschi nulla fecero per ottenere tale risultato. Il IX corpo d'armata di riserva, dall'inizio della guerra rimase disponibile fino all'8 di settembre. Esso fu trasportato nel Belgio e vi sarebbe stato il tempo, col III e IX corpo di riserva, la divisione di marina e con le altre forze di Landwehr disponibili, di ricacciare i Belgi sulla fortezza e di interrompere le comunicazioni con la costa. E poi da ricordare che due corpi d'armata furono tratti dalla fronte ovest per mandarli nella Prussia orientale, ritenendoli, in un primo tempo, colà neeessarî. Prima della loro partenza si riconobbe che tale necessità non sussisteva più, ma il Moltke mantenne l'ordine dato, pare per non avere l'aria di fare e disfare. Tutto consigliava ad impiegarli, in tutto o in parte, nel Belgio, dove c'era un risultato tangibile da ottenere. Anche se fosse stata concessa al Beseler soltanto una divisione di cavalleria tratta dalle armate che ormai erano passate alla lotta stabilizzata, egli, che disponeva già di altri 15 squadroni, avrebbe potuto sbarazzare il terreno sulla sinistra della Schelda dalla divisione di cavalleria belga. Ad ogni modo, anche con le sole forze disponibili, prima di procedere all'attacco sarebbe stato conveniente respingere le forze belghe sulla piazza: anche un colpo nel vuoto sarebbe stato utile per imporsi al nemico. Pur concentrando in seguito tutte le forze nel settore di destra della Schelda per l'attacco, si potevano distruggere radicalmente le comunicazioni ferroviarie, telefoniche, ecc., con la costa, e sistemare la 37a brigata di Landwehr in una testa di ponte.

Infine è da notare che 4 corpi d'armata tedeschi di nuova formazione il 17 ottobre erano già schierati per l'inizio della battaglia dell'Yser, e che un altro, il XXV C. R., combatté il 14 ottobre a Lyck contro i Russi: qualcuno di questi corpi avrebbe dunque potuto sostituire in qualche fronte una divisione di seconda linea da inviarsi ad Anversa. Del resto, trasportandole con alcuni giorni d'anticipo a Gand, le giovani truppe si sarebbero imposte con la loro massa. Insomma il problema di rinforzare il corpo d'assedio non pare fosse insolubile. Forse il comando supremo ritenne che si ripetesse quanto era avvenuto a Maubeuge, dove 40 mila Francesi si erano arresi, sebbene sulla fronte occidentale della fortezza non vi fossero, su un circuito di circa 20 km., che un reggimento di fanteria e 6 squadroni. Ma su tale fronte si era da principio schierato il IX corpo d'armata, mentre i Belgi sulla sinistra della Schelda erano rimasti padroni indisturbati delle ferrovie e del telefono e se ne andarono quando vollero.

Il Beseler fu sorpreso completamente dalla ritirata delle divisioni belghe. Lo sgombro preventivo della piazza e la ritirata del nemico non furono neppure sospettati. Anche dopo i combattimenti del 7, 8 e 9 sulla sinistra della Schelda, il generale era convinto che solo parte dell'esercito fosse sfuggita. La stupefacente riuscita della ritirata di un'armata scossa e in situazione, così pericolosa è la conseguenza logica dell'assoluta mancanza di ogni tentativo da parte dei Tedeschi per prevenire tale avvenimento così dannoso per essi. La maraviglia poi accennata dalla relazione tedesca perché l'esercito belga non abbia profittato il 7 e l'8 ottobre della propria superiorità, per infliggere uno scacco alle brigate tedesche isolate ed inconsce del pericolo, non sembra giustificata. Non conveniva ai Belgi, in quella situazione, un qualsiasi atto che avrebbe potuto ritardare la loro ritirata: ciò a prescindere dalla situazione morale del Belgi. Gli autori tedeschi anche i più obiettivi mettono in luce che la scarsa resistenza dell'esercito belga durante tutto l'assedio fu una delle cause del rapido successo. Indubbiamente un esercito agguerrito e col morale elevato, date le proporzioni di forza e la situazione tattica che permetteva colpi offensivi sul fianco del corpo d'assedio, avrebbe agito con diverso vigore. Questo fatto, riavvicinato alla resistenza eroica delle popolazioni che preclusero il passo attraverso gli abitati ad intere divisioni tedesche, dimostra quale errore sia per una nazione, anche animata di elevato spirito patriottico, il trascurare in pace non solo di fornire all'esercito i mezzi occorrenti, ma anche e, soprattutto, di tenerne sempre alto il morale.

La provincia. - La provincia di Anversa è una delle nove provincie in cui è diviso il Belgio e confina a N. col Brabante Settentrionale, ad O. con la Fiandra Orientale, dalla quale la separa la Schelda inferiore, a S. con il Brabante belga, a E. col Limburgo. Entro questi confini ha una superficie di 2832 kmq. e una popolazione di 1.038.000 ab. (1922), cioè 366 per kmq. La provincia è divisa nei tre distretti, di Anversa, Malines e Turnhout; 4 sono le città in essa comprese, e cioè le capitali dei distretti e Lierre.

Il territorio è costituito da una parte della pianura belga ed è solcato da varî fiumi di secondaria importanza e da canali. La sua importanza gli deriva dal fatto di essere la contrada della metropoli commerciale del Belgio. È attraversato da una fitta rete di ferrovie che si dipartono da Anversa.

La provincia di Anversa, prima del sec. VII, era conosciuta con il nome di Comitatus Ryensis; formò poi il margraviato di Anversa sotto il dominio dei duchi di Lorena, e successivamente dei conti di Lovanio. Per successive vicende fu eretta in provincia dei Paesi Bassi. Fu per breve tempo in potere della casa d'Austria e nel 1793 fu annessa alla Francia col nome di dipartimento di Dos-Nethes. Nel 1815 ebbe il nome di provincia d'Anversa.

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Per la parte storica: Mertens e Torfs, Geschiedenis von Antwerpen, Anversa 1845-1854; Génard, Anvers à travesr les âges, Bruxelles 1888-1892; Ehrenberg, Das Zeitalter der Fugger, 2ª ed., Jena 1912; H. Pirenne, Histoire de Belgique, Bruxelles 1900 segg.; Deiss, Anvers et la Belgique maritime, Parigi 1899; Goris, Les colonies marchandes méridionales à Anvers de 1488 à 1567, Lovanio 1925.

Per l'assedio di Anversa: De Ryekel, Mémoires, Bruxelles 1920; De Selliers de Moranville (Capo di Stato maggiore belga nel 1914), Le prélude et le début de la guerre en Belgique en 1914, Bruxelles 1920; La campagne de l'Armée belge d'après documents officiels, Parigi 1915; Rapport du commandement de l'Armée: la guerre de 1914: l'action de l'Armée belge pour la défense du pays et le respect de la neutralité, Parigi 1915; Antwerpen 1914, Berlino (pubblicazione ufficiale tedesca); E. Bujac, Anvers: le stucage, l'effort, l'agonie, Parigi 1919, p. 78; De Guise, La défense de la position fortifiée d'Anvers en 1914, Parigi 1921, pp. 191; Menzel, La verité sur l'évacuation d'Anvers en 1914, Bruges 1925.

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