Gramsci, Antonio

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Uomo politico e pensatore (Ales, Cagliari, 1891 - Roma 1937). Membro del PSI e fondatore de L'Ordine Nuovo (1919), fece parte dell'esecutivo dell'Internazionale comunista (1923). Divenuto segretario del Partito comunista d'Italia (PCd'I) e deputato (1924), affrontò la questione meridionale, indirizzando la politica dei comunisti verso l'unione con i socialisti massimalisti. Nel 1924 fondò il quotidiano politico l'Unità, organo del PCd'I. Per la sua attività e per le sue idee fu condannato a venti anni di carcere (1928). Il suo pensiero politico, espresso anche nei numerosi scritti, si articolò in una rilettura globale dei fenomeni sociali e politici internazionali dal Risorgimento in poi, che lo portò a criticare per la prima volta lo stalinismo, a teorizzare il passaggio dalla "guerra di movimento" alla "guerra di posizione", a formulare i concetti di "egemonia" e di "rivoluzione passiva". Per la statura del suo impegno intellettuale e politico è considerato una tra le maggiori figure della prima metà del Novecento italiano.

Vita e attività

Vicino in gioventù all'autonomismo sardo, frequentò l'univ. di Torino dal 1911, avvicinandosi alla milizia socialista e rivoluzionaria. Iscritto al PSI dal 1913, fu redattore del Grido del popolo e dell'Avanti!; dopo la sommossa popolare dell'ag. 1917 divenne segretario della sezione socialista torinese. Nel maggio 1919 fondò L'Ordine Nuovo, settimanale di cultura socialista diretto soprattutto alla classe operaia, che militava in favore dell'adesione del Partito socialista all'Internazionale comunista e a sostegno del movimento dei consigli di fabbrica; nel 1920 le posizioni de L'Ordine Nuovo ebbero l'approvazione di Lenin e nello scontro interno al PSI G. si avvicinò all'ala astensionista guidata da A. Bordiga, che auspicava la costituzione del Partito comunista d'Italia (PCd'I), sezione italiana dell'Internazionale comunista. Membro del comitato centrale del nuovo partito (genn. 1921), fu a Mosca dal giugno 1922 al nov. 1923 ed entrò nell'esecutivo dell'Internazionale. Dal 1923 G. maturò il distacco dalle posizioni di Bordiga (che si trovava in polemica con l'Internazionale), per cui, rientrato in Italia nel maggio 1924, divenuto segretario del partito (nel 1924 era stato anche eletto deputato) e avendo fondato già a gennaio dello stesso anno il quotidiano politico l'Unità come organo del PCd'I, indirizzò, sfidando la dura linea di repressione perseguita dal governo fascista, la politica comunista verso l'unità con i socialisti massimalisti e verso un radicamento nella società italiana che aveva come fine l'alleanza tra gli operai e le masse contadine del Mezzogiorno (la "questione meridionale"), linea che ebbe la definitiva sanzione nel III congresso del PCd'I (Lione, 1926). Arrestato nel nov. 1926 con altri dirigenti del partito, nel 1928 G. fu condannato dal Tribunale speciale a venti anni di reclusione per attività cospirativa, incitamento all'odio di classe, ecc., e trascorse il periodo detentivo prevalentemente nel carcere di Turi e, dal 1934, in una clinica di Formia. Le condizioni di salute, già incerte, si aggravarono durante la reclusione e G. morì poco dopo la scarcerazione, avvenuta per amnistia.

Opere e pensiero

Sia la pubblicazione degli scritti politici, sia le Lettere dal carcere (postumo, 1947; ed. ampliate 1965, 1988), sia, e soprattutto, i Quaderni del carcere (postumo, 1948-51; ed. critica 1975) hanno avuto grande rilevanza nella cultura italiana del dopoguerra. Sul terreno politico, risale infatti a G. una delle prime e più incisive critiche politiche allo stalinismo (1926), nonché l'abbozzo, nei Quaderni, di una strategia rivoluzionaria fondata su un'idea non repressiva del potere (egemonia), in grado di tener conto della complessità e delle articolazioni della moderna società industriale (passaggio dalla "guerra di movimento" alla "guerra di posizione"). Prevalentemente ispirati da esigenze ermeneutiche e dunque solo indirettamente militanti, i Quaderni iniziano un'indagine di ampio respiro critico su molti aspetti della società, della storia e della cultura moderna: attraverso il concetto di "rivoluzione passiva" G. tenta, per es., di unificare una serie di fenomeni attuali legati al coinvolgimento e al ruolo delle masse nella società moderna, quali l'"americanismo", la pianificazione sovietica e persino il fascismo; lo stesso concetto viene utilizzato anche su un piano storiografico, rispetto al quale hanno avuto particolare risonanza le considerazioni sui limiti democratici dello stato nazionale unitario, alla cui base vi è la lettura del risorgimento italiano come rivoluzione popolare mancata. Rilevanti gli approfondimenti su altri temi quali la storia degli intellettuali italiani, il pensiero politico di Machiavelli e il rapporto tra letteratura e società; sul terreno propriamente filosofico, il serrato confronto con B. Croce, la cui elaborazione viene complessivamente valutata come ritraduzione nel linguaggio speculativo idealistico del materialismo storico, si accompagna con un'interpretazione del marxismo in chiave storicistica e antideterministica ("filosofia della praxis"), lettura che pone al centro della riflessione l'attività umana come è storicamente determinata e l'insieme dei concreti rapporti (economici, sociali, ideologici, giuridici, ecc.) che legano gli uomini tra di loro.

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