MARTINOZZI, Anna Maria

Dizionario Biografico degli Italiani - Volume 71 (2008)

MARTINOZZI, Anna Maria

Benedetta Borello

– Nacque a Roma nel 1637, dal conte Girolamo e dalla sua seconda moglie, Margherita Mazzarino, sorella maggiore del futuro cardinale Giulio. Il nonno della M. era stato maggiordomo del cardinale Maffeo Barberini, dalla famiglia del quale anche Girolamo continuava a ricevere onori.

Giunse in Francia l’11 sett. 1648, chiamata dal cardinale Mazzarino insieme con tre cugini, figli di Geronima Mazzarino: Laura Vittoria, Paolo e Olimpia Mancini.

Mazzarino scelse con cura la governante per i nipoti: Marie-Catherine de La Rochefoucauld, marchesa di Senecey, che era stata la governante di Luigi XIV. Di lì a poco i giovani furono presentati a corte e presero a vivere al Palais-Royal dove la reggente Anna d’Austria aveva trasferito la sua corte. Le tre fanciulle dunque crebbero con il re e suo fratello Filippo e vicino alla regina madre, la quale ebbe una notevole influenza anche sulla loro educazione religiosa. Le ragazze infatti venivano spesso condotte al convento benedettino di Val-de-Grâce, edificato a partire dal 1645 a seguito del voto di Anna d’Austria, dopo che aveva finalmente potuto offrire l’agognato erede maschio alla Francia. Paolo, invece, fu mandato dai gesuiti al collegio di Clermont.

Durante la Fronda, mentre nella notte tra il 5 e il 6 genn. 1649 Anna d’Austria con i figli fuggiva a Saint-Germain-en-Laye e anche Mazzarino abbandonava Parigi, la M. e le cugine rimasero nella capitale, lasciate alle cure del convento di Val-de-Grâce.

Dopo la partenza della famiglia reale, Louis (II) de Bourbon, principe di Condé, bloccò la capitale con il suo esercito: per tre mesi Parigi fu posta sotto assedio e il potere regio tentò di dividere i frondisti, opponendo l’Hôtel de Ville al Parlamento, sostenuto da alcuni principi tra cui Armand de Bourbon Condé – principe di Conti, fratello di Louis e futuro sposo della M. –, e la sorella di Armand, Anne-Geneviève de Bourbon-Condé, duchessa di Longueville. Il 12 marzo 1649 la reggente e i frondisti giunsero a un accordo, siglato con la pace di Rueil. Ma forte delle sue vittorie militari a Rocroi e a Lens, il principe di Condé moltiplicò le pretese nei confronti della Corona e, nel gennaio 1650, Anna d’Austria e Mazzarino lo fecero arrestare insieme con Armand principe di Conti e il cognato Henri d’Orléans, duca di Longueville. I Condé, tuttavia, riuscirono a mobilitare la nobiltà e a ottenere truppe. Jean-François-Paul de Gondi, il futuro cardinale di Retz, contribuì nuovamente a trascinare Parigi e il Parlamento nella rivolta, alleandosi al partito dei Condé. Il Parlamento pretese la liberazione dei principi e la destituzione di Mazzarino: ancora una volta il potere regio cedette e i principi fecero la loro entrata trionfale a Parigi il 16 febbr. 1651.

Mazzarino lasciò la capitale e trovò asilo a Péronne, dove lo raggiunsero i nipoti, anch’essi esiliati dal Parlamento, e poi a Brühl, presso Colonia. All’inizio del 1652 le truppe regie, capeggiate da Henry de la Tour d’Auvergne visconte di Turenne, marciarono su Parigi; in quell’occasione il principe di Condé schierò un esercito di 9000 uomini. Durante i violenti scontri presso la porta St-Antoine, il 2 luglio, morì, quindicenne, Paolo Mancini.

Verso la fine di agosto la fortuna parve arridere alle truppe regie: saccheggi e insurrezioni indicavano che solo il potere regio era in grado di restaurare l’ordine. Il 13 ottobre Condé lasciò Parigi, per offrire i suoi servigi alla Spagna e il 21 ottobre Luigi XIV fece la sua entrata trionfale nella capitale.

La vittoria sui frondisti permise alla M. e a Olimpia di rientrare a Parigi, mentre si preparavano a raggiungerle la madre della M., Margherita, la sorella Laura Vittoria, la zia Geronima e i cugini Maria, Filippo Giuliano e Ortensia Mancini.

Maturavano nel frattempo le trattative per accasare la M., nell’ambito della strategia di politica matrimoniale di Mazzarino, le cui pedine erano appunto le nipoti. Già nel 1651 Laura Vittoria Mancini aveva sposato Louis de Bourbon duca di Mercoeur. Il partito prescelto per la M. fu Armand de Bourbon (1629-66), secondo figlio maschio di Henri (II) de Bourbon Condé e di Charlotte-Marguerite de Montmorency, già preso in considerazione come possibile marito di Olimpia Mancini. Il fidanzamento ebbe luogo il 21 febbr. 1654 a Compiègne e il matrimonio fu celebrato il giorno seguente al Louvre, residenza dei sovrani.

Armand, di salute malferma e con una lieve gibbosità, era stato destinato dai genitori alla carriera ecclesiastica ed educato nel collegio dei gesuiti di Clermont. Nel dicembre 1641 aveva ricevuto la commenda dell’abbazia di Saint-Denis e l’anno successivo quella di Cluny; queste furono soltanto il preludio ad altre sette commende e cinque priorati che ottenne negli anni seguenti. Attivo durante la Fronda, si era poi rifugiato nella Linguadoca e nel 1653 fece atto di sottomissione al re e si riconciliò con Mazzarino. Il matrimonio con la M. sancì pertanto la ritrovata concordia. Le nozze furono percepite dai contemporanei come profondamente diseguali. Nei suoi Mémoires… sur Anne d’Autriche et sa cour madame de Motteville, per esempio, accostava, con un riuscito espediente retorico, la grandezza dei natali del principe e la bassezza della provenienza del cardinale, la cui fortuna era tuttavia particolarmente splendente. La M. era dipinta come una fanciulla dolce, dotata di spirito e ragione, e soprattutto di pietà, che l’avrebbe condotta sul cammino severo della devozione. Nel ritratto che ne fece il cardinale di Retz, Armand appariva uomo debole e cattivo. Le gazzette di quegli anni, inoltre, non tacevano del suo libertinaggio; di lì a poco sarebbe giunta anche alle orecchie di Mazzarino la notizia del suo contagio da sifilide, tanto che in una lettera il cardinale avrebbe auspicato una sana lontananza dalla nipote.

A fronte della restituzione di un più che consistente patrimonio in benefici ecclesiastici, il principe di Conti ottenne 600.000 lire di dote, una parte delle quali, secondo alcune voci, era costituita da beni confiscati. Le illazioni trovarono una conferma indiretta nel settembre successivo quando il Conti ottenne l’hôtel di Condé, il castello di Saint-Maur e il baronato di Châteaubriand.

Le nozze non trovarono neanche l’approvazione di Louis de Condé, che non fu consultato nella trattativa e non provò alcuna soddisfazione per la sua conclusione. Non era forse estraneo il dubbio che il principe di Conti volesse approfittare dell’assenza del fratello per entrare in possesso di tutta la sua fortuna. Il matrimonio con la M. rispondeva dunque a logiche politiche immediate e veniva, almeno in una certa misura, a interrompere la lunga catena di fedeltà, consolidata attraverso le parentele fra famiglie dell’alta nobiltà francese.

Nonostante gli auspici non eccellenti sotto cui venne conclusa, l’unione si dimostrò vantaggiosa per entrambi gli sposi.

Nel 1654 Armand assunse il comando dell’armata che invase la Catalogna; tre anni dopo condusse nuovamente l’esercito francese in Spagna, quindi, posto al comando dell’Armata d’Italia, nel maggio 1657 cinse d’assedio Alessandria, appartenente allo Stato di Milano. Dal marzo di quell’anno, inoltre, era succeduto al fratello come gran maestro di Francia e, di lì a poco, il re gli avrebbe concesso una ragguardevole pensione. La M. invece ebbe una carica di rilievo a corte, divenendo prima dama del seguito della regina madre con un beneficio annuo di 200.000 lire.

La coppia ebbe tre figli, ma soltanto Louis Armand (1661-85) e François Louis (1664-1709) raggiunsero l’età adulta e divennero rispettivamente il secondo e il terzo principe di Conti.

Mazzarino aveva concesso al Conti il governo della Guienna nel 1655, ma nel 1659 egli vi rinunciò per il governo della Linguadoca e nel 1660 la coppia si stabilì a Pézenas, adottando uno stile di vita rigoroso e devoto. Il principe spiccò agli occhi dei contemporanei per la vita da penitente che condusse. La devozione del Conti s’inseriva nella frequentazione della Compagnia del Ss. Sacramento, di cui facevano parte tra gli altri Guillaume de Lamoignon e Jacques-Bénigne Bossuet, e di circoli ristretti che assistevano i poveri, difendevano il buon costume e manifestavano una chiara avversione contro protestanti ed ebrei, ma anche contro la politica di Mazzarino, soprattutto dopo la sua alleanza con O. Cromwell. Questi gruppi entrarono in contatto con cenacoli giansenisti e presero parte a diverse forme di fronda. Dell’impegno religioso dei principi di Conti resta traccia nella corrispondenza che la M. e il marito intrattennero con la duchessa di Longueville. Anch’ella, dimenticata la politica e gli intrighi della Fronda, si dedicava alla carità e al raccoglimento religioso.

Dopo la morte del marito, avvenuta nel 1666, la M. tornò a risiedere a Parigi, prima in un hôtel sul quai Malaquais, una volta dimora del duca di Brienne, restaurato a spese di Mazzarino al momento delle nozze, quindi, dal 1669, nell’hôtel Guénégaud (che sorgeva al posto dell’attuale hôtel des Monnaies sul quai Conti). Continuò a condurre una vita devota spendendosi nell’assistenza a poveri e malati e nella beneficenza. Rimase sempre in stretto contatto con la duchessa di Longueville: la carità e la devozione delle due nobildonne fecero loro meritare l’epiteto di «mères de l’Église», coniato da madame de Sévigné.

Sin dal 1654 Anne-Geneviève di Bourbon-Condé era tornata a frequentare il convento del Carmelo dove era stata educata e che ospitava esponenti delle principali famiglie di Francia. Inoltre, dal 1660 si avvicinò all’ambiente del monastero di Port-Royal. Secondo l’opinione di un acuto osservatore contemporaneo, il gesuita René Rapin, il successo di Port-Royal tra i vertici della società doveva connettersi anche al gusto della novità e al desiderio di distinguersi: in Francia il giansenismo era diffuso soltanto a opera di persone altolocate, beaux esprits e dame.

L’adesione al giansenismo da parte della M. non è documentata, così come invece risulta essere quella delle aristocratiche a lei più vicine. Proprio in quegli anni anche la sorella della M., Laura, rimasta vedova di Alfonso IV d’Este, non soltanto manifestò un’intensa devozione per il culto della Vergine, ma patrocinò la fondazione di due monasteri dell’Ordine della Visitazione – uno a Modena e l’altro a Reggio Emilia –, per i quali fece giungere le monache dalla Francia. Questa rete di devozione si dipanò in modo autonomo rispetto alle scelte religiose della M., benché sia da notare il medesimo rigore di vita e l’austerità dell’ambiente che circondava le due Martinozzi.

La M. morì a Parigi il 4 febbr. 1672.

Nel testamento aveva lasciato alla duchessa di Longueville il compito di sovrintendere all’educazione dei propri figli e un legato importante ai poveri. Volle essere tumulata con semplicità nella sua parrocchia, St-André des Arcs, in una tomba dove un’intestazione ricordava un esempio della sua carità: il dono dei suoi gioielli ai poveri in occasione della carestia del 1662.

Fonti e Bibl.: J.-Fr.-P. de Gondi cardinal de Retz, Mémoires, Paris 1850, XLV, p. 312; Fr. de Motteville, Mémoires… sur Anne d’Autriche et sa court, t. IV, Paris 1855, pp. 39-41; Lettres de madame de Sévigné, de sa famille et de ses amis, a cura di M. Monmerqué, I, Paris 1862, pp. 12 s., 445; R. Rapin, Mémoires… sur l’Église et la société, la cour, la ville et le jansenisme, Paris-Lyon 1865, I, p. 36; II, p. 151; Apologia, ovvero le autentiche memorie di Maria Mancini connestabile Colonna scritte da lei stessa, in M. Mancini, I dispiaceri del cardinale, a cura di D. Galateria, Palermo 1991, pp. 15, 139; A. Renée, Les nièces de Mazarin. Études de moeurs et de caractères au dix-septième siècle, Paris 1856, pp. 38-100, 113-127; C. Dulong, La fortune de Mazarin, Paris 1990, p. 76; P. Goubert, Mazarin, Paris 1990, pp. 50, 271, 274, 290, 399-401, 425, 455 s.; C. Dulong, Marie Mancini. La première passion de Louis XIV, Paris 1993, pp. 17, 151; K. Béguin, Les princes de Condé. Rebelles, courtisans et mécènes dans la France du Grand Siècle, Seyssel 1999, pp. 66-68, 103 s., 139-141; B. Craveri, La civiltà della conversazione, Milano 2001, pp. 109-129; D. Julia, L’expansion de l’Ordre de la Visitation aux XVIIe et XVIIIe siècles, in Visitation et visitandines aux XVIIe et XVIIIe siècles. Actes du Colloque, Annecy… 1999, Saint-Etienne 2001, pp. 155-176; B. Craveri, Amanti e regine. Il potere delle donne, Milano 2005, p. 154; R. Tamalio, Martinozzi, Laura, duchessa di Modena, in Diz. biogr. degli Italiani, LXIV, Roma 2005, pp. 53-55; S. Tabacchi, Mancini, Laura Vittoria, ibid., LXVIII, ibid. 2007, pp. 518-520; Id., Mancini, Olimpia, ibid., pp. 530-533.

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