Anèllo di collisione

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fig. 1

anèllo di collisione Macchina acceleratrice (detta anche a. di accumulazione a fasci collidenti o collider) nella quale si realizza l’urto tra particelle che viaggiano con uguale quantità di moto in direzione opposte (fig. 1). Nell’interazione tra particelle, l’energia massima disponibile per creare nuove particelle è l’energia totale nel sistema di riferimento del centro di massa. Nelle macchine acceleratrici tradizionali il fascio di particelle accelerate, dotate di una quantità di moto p, viene fatto collidere contro un bersaglio fermo; se le masse a riposo, m, delle particelle che costituiscono il fascio e il bersaglio sono uguali (come avviene per es. nello studio dell’urto protone-protone, positrone-elettrone ecc.) il quadrato dell’energia totale nel sistema di riferimento del centro di massa delle due particelle è dato da

formula

e quindi per p mc si ha s ≃ 2 pmc3. Negli a. di collisione, poiché le due particelle che si urtano sono dotate di quantità di moto uguali e opposte, il sistema di riferimento del laboratorio e del centro di massa coincidono e il quadrato dell’energia totale disponibile è dato da s′=4(p2c2 + m2c4) e per pmc si ha s′ ≃ 4p2c2. Si ha pertanto, a parità di p, s′/s 2p/mc ≫ 1. In particolare, per ottenere con una macchina acceleratrice tradizionale la stessa energia totale nel sistema di riferimento del centro di massa di quella che si ottiene con un a. di collisione per protoni con p=270 GeV/c, si dovrebbero accelerare i protoni fino a p=160∙103 GeV/c, cioè a una quantità di moto circa mille volte maggiore; per gli elettroni, che hanno massa a riposo molto minore di quella dei protoni, il guadagno in energia nel centro di massa rispetto alle macchine tradizionali è ancora maggiore.

tab
fig. 2

Gli a. di collisione per particelle con carica elettrica opposta (per es. elettroni-positroni o protoni-antiprotoni), ideati intorno al 1960 da B. Touschek, sono strutturalmente simili a un sincrotrone, differenziandosi da questo per il fatto che in essi vengono accelerati contemporaneamente i due fasci di particelle circolanti in verso opposto. Per ottenere negli a. di collisione un numero di interazioni nell’unità di tempo confrontabile con quello ottenibile con le macchine tradizionali è necessario che le particelle circolanti siano estremamente addensate. Con il passare degli anni, a causa dei grandi risultati ottenuti nella sperimentazione con gli a. (studio delle particelle J e Υ, della struttura a jet, scoperta del leptone τ e di numerose nuove particelle ecc.), sono stati realizzati a. di collisione con energie sempre più elevate (v. tab.). In particolare, presso i laboratori del CERN intorno al 1980 è stato risolto il problema di accumulare un numero convenientemente elevato di antiprotoni, impiegando il superprotosincrotrone come a. di collisione per protoni e antiproto;ni; con questo sono stati scoperti i bosoni vettoriali intermedi, mediatori delle interazioni deboli. Sempre presso i laboratori del CERN, nel 1989 è entrato in funzione il LEP (large electron-positron collider), grande a. di collisione per elettroni e positroni, in grado di raggiungere l’energia di 100 GeV per fascio mediante l’impiego di un sistema di accelerazione superconduttivo (costituito da cavità risonanti): con questo a. è stata misurata con grande precisione la ‘larghezza’ della particella Z° e si è conseguentemente accertato che vi sono tre famiglie di particelle elementari. Il programma sperimentale del LEP si è concluso nel novembre 2000, quando nel tunnel lungo 27 km e situato a una profondità tra 51 e 143 m in cui era alloggiato è iniziato il montaggio del nuovo a. di collisione per protoni LHC (large hadron collider, fig. 2), completato nel 2008. LHC è in grado di raggiungere l’energia di 7 TeV per fascio grazie all’impiego di magneti superconduttori. Dal punto di vista tecnico una delle sfide principali di tale a. è rappresentata dal sistema magnetico di guida dei protoni interamente superconduttivo, costituito da oltre 1500 magneti fra curvanti e focheggianti, che operano alla temperatura dell’elio superfluido (1,8 K); gli oltre 1200 magneti curvanti, lunghi ciascuno 14 m, costruiti industrialmente, devono assicurare un campo magnetico di lavoro di 8,4 T, valore mai raggiunto in una produzione di serie di magneti di tali dimensioni. L’a. di collisione LHC dovrebbe consentire lo studio del bosone di Higgs, previsto dal Modello Standard delle particelle e delle interazioni fondamentali.

Una nuova classe di a. per elettroni è costituita dalle fabbriche di mesoni (meson factories). Si tratta di a. di energia opportunamente scelta per la produzione, con elevatissimo tasso e in condizioni di basso fondo, di particolari coppie mesone-antimesone. In Italia è stata realizzata la fabbrica di mesoni ϕ (e quindi di coppie di mesoni K e anti-K) DAFNE (o DAΦNE) presso i laboratori nazionali di Frascati dell’INFN, consistente di due distinti a. da 0,5 GeV ciascuno, uno per e+ e uno per e, che si intersecano in due punti nei quali avvengono le collisioni.

Abstract di approfondimento da Acceleratori circolari di particelle di Emilio Picasso e Walter Scandale (Enciclopedia della Scienza e della Tecnica)

LHC

acceleratore

L’anello di collisione per adroni Large hadron collider (LHC) è attualmente in fase di collaudo al CERN di Ginevra (http://lhc.web.cern.ch/lhc/), insieme a quattro apparati sperimentali (CMS, ATLAS, ALICE e LHCb) destinati allo studio delle reazioni che si produrranno nei quattro punti di incrocio. L’acceleratore è costituito da due anelli intersecantisi ed è installato all’interno della galleria circolare di 27 km che ha ospitato il LEP, prima che questo smettesse di funzionare, nel novembre del 2000. Il LHC ha un’energia di collisione di 14 TeV e una luminosità di 1034cm22s21 (venti volte quella di un precedente anello di accumulazione del CERN, l’ISR, Intersecting storage ring, http://public.web.cern.ch/public/en/About/History71-en.html). I dipoli e i quadrupoli sono magneti superconduttori raffreddati da elio superfluido a 1,9 K, con bobine di niobio e titanio a due strati; al momento delle collisioni il campo dipolare supera gli 8 Tesla. Per ridurre i costi, l’apertura delle bobine è di soli 56 mm di diametro e la struttura meccanica contiene entrambi i canali magnetici che costituiscono i due anelli di LHC. In condizioni operative, la forza elettromagnetica esercitata dalla bobina sulla struttura di contenimento di un dipolo lungo 15 m è di circa 100.000 t: i conduttori tendono a deformarsi e nel campo magnetico appaiono distorsioni non lineari, il cui valore relativo è di alcune parti su diecimila; anche la forza elettromagnetica tra i fasci e le correnti nel superconduttore producono forze non lineari, che rendono caotiche e instabili le orbite dei protoni. Per valutare questi effetti sono stati sviluppati sofisticati strumenti di analisi e di calcolo e, per mitigarne le conseguenze, sono stati posti in opera accurati sistemi di controllo per la qualità dei componenti critici, quali cavi superconduttori, bobine e collari di contenimento; per bilanciare gli effetti negativi delle componenti non lineari del campo sono stati installati correttori magnetici.

In un anello di collisione, la sezione d’urto di un evento è correlata all’inverso del quadrato della massa prodotta. Quanto maggiore è l’energia di collisione, tanto più elevata deve essere la luminosità. A questo riguardo, il principale limite fisico nasce proprio dall’interazione coulombiana tra fasci di protoni collidenti, le cui traiettorie hanno comportamento stocastico e risultano destabilizzate allorché la densità dei pacchetti supera un dato valore. L’interazione elettromagnetica tra il fascio di particelle e le pareti metalliche del contenitore toroidale pone un’ulteriore limitazione: allorché l’intensità di carica circolante supera un certo valore, la carica immagine nelle pareti induce un effetto destabilizzante. Limiti di natura tecnologica sorgono poi nel definire le caratteristiche di alcuni sistemi di importanza strategica: quello criogenico, per esempio, oltre a raffreddare i magneti, deve assorbire la potenza irradiata sotto forma di radiazione di sincrotrone e quella depositata quando avviene la perdita del fascio. Il sistema destinato ad assorbire i protoni ancora circolanti alla fine di una sessione sperimentale deve essere anche in grado di affrontare situazioni di emergenza, nel caso l’enorme quantità di energia immagazzinata nel fascio dovesse essere liberata in tempi brevissimi. Il sistema di collimazione deve avere un’elevatissima efficienza, per evitare perdite parassitiche nei magneti freddi, e d’altra parte in caso di emergenza deve poter assorbire senza danneggiarsi l’impatto di una considerevole parte del fascio. Infine, la camera a vuoto, di esigue dimensioni, è priva di pompe e sfrutta l’effetto di pompaggio criogenico diffuso tra superfici a temperature diverse.

Gli acceleratori hanno svolto un ruolo fondamentale nello sviluppo della fisica delle alte energie, poiché hanno messo a disposizione condizioni ideali e ben riproducibili per indagare le leggi del mondo microscopico. Il loro impiego si è esteso ad altre branche della scienza, tra cui la medicina e la biologia, e ad applicazioni industriali e tecnologiche di vario tipo. I primi acceleratori hanno permesso di studiare i costituenti fondamentali della materia: elettroni, protoni, neutroni, neutrini e le loro antiparticelle. Via via che l’energia è aumentata, si sono potute mettere in evidenza entità più nascoste, come i quark e una miriade di altre particelle con vita media brevissima e massa talora superiore a quella dei protoni stessi. Gli anelli di collisione hanno permesso recentemente di esplorare energie di oltre 100 GeV, talmente elevate da consentire la produzione di bosoni pesanti, come il W e lo Z, e rivelare l’esistenza di simmetrie interpretabili nell’ambito di teorie sempre più complete. Nei prossimi mesi si spera che l’anello di collisione LHC del CERN possa mettere in evidenza simmetrie ancora più nascoste, capaci di contribuire all’unificazione della nostra visione del mondo microscopico.

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