SCHLÜTER, Andreas

Enciclopedia Italiana (1936)

SCHLÜTER, Andreas

Martin Weinberger

Scultore e architetto, nato nel 1664 ad Amburgo, morto nel 1714 a Pietroburgo. In gioventù si trasferì con suo padre Gerhard, scultore anch'egli, a Danzica dove si dice che abbia imparato l'arte da uno scultore altrimenti sconosciuto, David Sapovius. Le prime notizie sicure della sua attività sono del 1689, quando fu chiamato a Varsavia per aiuto nella decorazione plastica dei palazzi Villanuova e Krasinski. Nel 1694 fu nominato scultore di corte e professore all'Accademia di Berlino dall'Elettore di Brandeburgo. La sua prima opera in codesta attività ufficiale fu la statua dell'Elettore Federico III, oggi a Königsberg, fusa nel 1697, la quale dimostra nell'atteggiamente cerimoniosamente classicheggiante l'influsso delle numerose statue di Luigi XIV particolarmente del Coyzevox e del Desjardins. Non è quindi escluso un suo viaggio di studio a Parigi, più probabilmente prima del 1689. Nel 1696 lo Sch. fu mandato in Italia per acquistare dei calchi dall'antico. Tornato, attese subito ai suoi due capolavori più noti: la decorazione plastica dell'Arsenale di Berlino e il monumento del Grande Elettore Federico Guglielmo III. Le teste di Meduse e di guerrieri morenti sulle chiavi degli archi sopra le finestre dell'arsenale (circa 1698-1700) rivelano la grande attrazione che l'arte antica ellenistica doveva esercitare sullo scultore barocco: i suggerimenti antichi egli trasformò in uno stile ugualmente patetico, ma con masse traboccanti sconosciute agli antichi e molto lontano anche dall'eleganza riservata dei Francesi. Così nel monumento equestre del Grande Elettore, benché la composizione della statua dipenda nei contorni generali dal monumento a Luigi XIV del Girardon, già in Piazza Vendôme a Parigi, oggi distrutto, il tempestoso trattamento delle forme, la ponderosa dignità dell'Elettore sono assai diverse dall'arte francese. Le figure dei quattro prigionieri attorno alla base, alludono chiaramente all'arte berniniana, ma la precisione delle forme rammenta più l'Algardi. Il modello della statua fu compiuto nel 1698; quando nell'anno seguente gli fu affidata la costruzione del palazzo elettorale cercò di unire in questo edificio la maniera barocca olandese dominante a Berlino con elementi del barocco romano, presi particolarmente dal progetto berniniano per il Louvre. Nella decorazione interna delle sale con stucchi in altorilievo moderò il suo focoso temperamento pur con un'immaginazione inesauribile. Quando nel 1706 crollò una torre che faceva parte del palazzo, lo Sch. fu destituito quale architetto di corte. Le sue più importanti opere di scultura di questo periodo sono il pulpito della Marienkirche (1703, eseguito dai numerosi allievi), il busto di Federico II d'Assia nel castello di Homburg, e sarcofaghi per l'Elettore divenuto nel frattempo il primo re di Prussia e per la regina, e la Villa Kamecke a Berlino (1712), che fa già presentire nella pianta ottagonale l'arte del rococò, mentre gli stucchi della decorazione interna sono di una deliziosa invenzione anticipando simili effetti del Tiepolo. Dopo la morte del re, perduto anche l'ufficio di scultore di corte (1713), lo Sch. si recò a Pietroburgo, dove morì.

È il più grande rappresentante dell'arte barocca della Germania settentrionale: preparò la strada per gli architetti e decoratori del rococò nel periodo di Federico il Grande.

C. Gurlitt, A. Sch., Berlino 1891; H. Voss, A. Sch.'s Reiterdenkmal des Grossen Kurfürsten und die Beziehungen des Meisters zur italienischen und französischen Kunst, in Jahrb. d. preuss. Kunstsamml., XXIX (1908), p. 137 segg.; E. Beukard, Meinster der Plastik: A. Sch., Francoforte 1925; H. Rückwardt, Berliner Bauten des 17. und 18. Jahrhunderts, Berlino 1885; R. Dohme, Geschichte der deutschen Baukunst, ivi 1887, p. 428; A. E. Brinkmann, Barockskulptur, Postdam 1917-21, p. 369; M. Wackernagel, Baukunst des 17. u. 18. Jahrl. in den germ. Ländern, ivi 1915, passim; W. Boeck, Studien über Sch. als Bildhauer, in Jahrb. d. Preuss. Kunstsamml., LIV (1933), p. 38 segg.

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