ALVERNIA

Enciclopedia Italiana (1929)

ALVERNIA (Auvergne; A.T., 35-36)

E. d. M.
G. Bou.

L'Alvernia è una regione naturale del Massiccio Centrale francese; comprende i due dipartimenti del Puy de Dôme e del Cantal, che devono i loro nomi a due vette vulcaniche. L'individualità geografica dell'Alvernia dipende dal suo suolo molto accidentato e costituito in gran parte da massicci eruttivi. Per il geografo essa si estende più al sud che l'antica provincia (confinante a nord con il Borbonese, ad ovest con le Marche e il Limosino, a sud e ad est con la Linguadoca e il Lionese), e ne fanno parte i Monti del Velay e le Montagne d'Aubrac, i quali un tempo appartenevano alla Linguadoca ed ora fanno parte dei dipartimenti di Lozère e d' Ardèche.

Geologia e rilievo. - Lo sviluppo del vulcanismo è stato determinato da dislocazioni tettoniche avvenute nel Neogenico. Nell'Oligocene, l'Alvernia, come la maggior parte del Massiccio Centrale, era una regione di debole rilievo, poiché da lungo tempo erano state spianate le pieghe erciniche; la superficie del penepiano era costituita da terreni cristallini, gneiss e graniti. Vi si stendevano ampie distese lacustri, i cui depositi argillosi si vedono conservati sotto le colate vulcaniche o nel fondo delle fosse tettoniche. A cominciare dal Miocene, una rete di faglie meridiane, limitanti dei pilastri e delle fosse, ha dislocato il penepiano. Le fosse hanno determinato i corsi deila Loira e dell'Allier; e sovente ad essi corrispondono delle pianure (Limagne, Forez). Le eruzioni vulcaniche sono avvenute il più delle volte sul margine delle zolle affondate, cominciando dal Miocene e continuando fino al Quaternario; esse hanno prodotto i più svariati tipi di rocce effusive: trachiti, fonoliti, andesiti, basalti, insieme con prodotti di proiezione: brecce, cineriti, tufi; i quali in seguito si sono più o meno consolidati. Ben poco rimane degli antichi vulcani, quando le loro rovine non sono state ricoperte da materiali di eruzioni recenti; ma queste hanno conservato spesso forme d'una tale fresehezza, che fin dal sec. XVIII Poulet-Scrope ha potuto riconoscere i vulcani di Alvernia.

Al pari delle dislocazioni e delle accumulazioni eruttive, l'erosione ha contribuito al rilievo dell'Alvernia, operando diversamente, a seconda della grandissima diversità di durezza esistente tra lo zoccolo cristallino e le argille terziarie, tra le lave e i prodotti di pro. ezione; ed ha scavato nelle argille le pianure della Limagne e del Forez e il piccolo bacino del Puy en Velay, lasciando sporgenti i pilastri cristallini; spesso altresì ha liberato depositi di lave dalla loro ganga, foggiando arditi picchi. Nella demolizione dei grandi vulcani, come il Cantal, i fiumi sono stati aiutati dai ghiacciai, i quali nell'età quaternaria ricoprivano tutte le vette superanti i 1200 o 1300 metri.

Clima e vegetazione. - Si è originato così un rilievo molto complesso, che presenta le più alte vette del Massiccio Centrale (Puy de Sancy, 1886 metri, nel Mont Dore, Plomb du Cantal, 1858 metri), accanto a grandi altipiani di lave, come la Montagna d'Aubrac, e ad altipiani cristallini, come la Margeride, che giungono all'altezza di 1400 e 1500 metri, e a pianure, come la Limagne, al di sotto dei 400 metri. Se si tenga conto della latitudine, non può destar meraviglia il fatto che le pianure e le valli abbiano un clima e una vegetazione in aperto contrasto con quelli delle alture. Oltre i 1000 metri, la neve permane sul terreno parecchi mesi, e la si scorge sulle cime dall'ottobre fino al maggio. La foresta di conifere, cui sono frammezzati faggi, riveste i versanti dirupati del Cantal fino a 1500 metri. Al di sotto dei 1000 metri, scompaiono gli abeti, e i faggi sono mescolati alle querce. Nelle zone più asciutte (Velay), i terreni poveri sono rivestiti di pini. Il castagneto si sviluppa specialmente sul granito, al di sotto degli 800 metri; e press'a poco fino alla stessa altezza vengono coltivati i cereali, come pure la vite nei punti più soleggiati.

Le valli e le pianure hanno quasi in ogni parte rappresentanti della flora meridionale, ma c'è una diversità notevole tra quelle che sono esposte ad ovest e quelle che gli alti massicci riparano dai venti oceanici. Le prime sono soggette a piogge più copiose (Aurillac riceve più di un metro d'acqua), ma hanno un clima più mite d'inverno e abbastanza caldo d'estate, tanto da consentire la coltivazione degli alberi da frutto più delicati (pesco, mandorlo); le altre hanno un clima continentale più asciutto e più aspro: la Limagne non riceve neppure 60 cm. di pioggia; per effetto d'alte pressioni, il freddo può essere assai pungente, e il fenomeno dell'inversione di temperatura è stato osservato spesso tra Clermont Ferrand e il Puy de Dôme (la differenza è giunta fino a 20° a vantaggio della vetta vulcanica); ma le estati sono abbastanza calde per permettere la coltura della vite e degli alberi da frutto. Il contrasto generale è dunque fra le zone elevate delle nevi, delle foreste e dei pascoli, e le pianure e le valli, che sono relativamente calde e che sono la sede delle grandi colture, della vite e dei frutteti. I rapporti di questi due tipi geografici variano secondo l'intensità delle dislocazioni, la natura delle eruzioni vulcaniche e l'opera dell'erosione, e dànno origine a un gran numero di piccole regioni naturali, che si possono raggruppare in regioni cristalline, regioni vulcaniche e regioni di pianura.

Regioni cristalline. - A questo primo tipo appartengono i Monti del Forez e la Margeride. Si tratta d'altipiani di un'altezza media di 1000 metri, i quali giungono fino a 1400 metri e più (Margeride 1544 metri), e sono limitati da dirupi corrispondenti a faglie occupate da gole selvagge. Le alture sono deserte, ricoperte di foreste o di lande, con ammassi di blocchi granitici, e animate soltanto nei mesi estivi dalla presenza delle greggi. I villaggi e le piccole città si arrestano al margine del Forez.

Massicci vulcanici. - Tra i massicci, la catena dei Puy ha ma spiccata originalità. È una fila di piccoli crateri o coni allineati parallelamente al margine della Limagne; essi sono mirabilmente conservati; il più importante, il Puy de Dôme (1465 metri), cui si giunge da Clermont Ferrand mercé una ferrovia di montagna, ha un osservatorio meteorologico, e non è che un rigonfiamento di lave acide; mentre il tipo dominante è quello dei crateri, semplici o accoppiati, che sono costituiti da prodotti di proiezione e hanno dato origine a grandi spandimenti di lave basiche. Le colate di basalti, che scendono verso l'est e verso l'ovest, spesso sono ancora rugose e coperte appena di semplici cespugli, e in tal caso vengono chiamate chèyres. Alcune di esse, sbarrando le valli, hanno formato laghi, come, ad esempio, il lago d'Aydat. Le colate che sono abbastanza antiche per dissolversi dànno un terreno fertile, coltivato fino a 800 metri d'altezza e cosparso di piccoli villaggi. I crateri, quando non sono boscosi, olfrono buoni pascoli.

Ai piccoli vulcani sono contrapposti i grandi edifici vulcanici, il cui tipo è rappresentato dal Cantal, il quale è un gran cono del diametro di 60 km., che ricopre i terreni cristallini all'est e le argille terziarie all'ovest, su una superficie di oltre 300 kmq. Dalla disposizione a raggi delle valli, si può ancora riconoscere l'antico centro, ma la forma del cratere è scomparsa; esso doveva essere simile a quello dell'Etna, e giungeva forse all'altezza di 3000 metri. Durante il Quaternario, poderosi ghiacciai, scendendo dalla vetta, hanno foggiato dei circhi, hanno contribuito all'allargamento delle valli ed hanno depositato morene fino ad Aurillac e a Neussargues Moissac.

Tra le valli profonde si estendono altipiani, che sono stati formati dalla superficie stessa delle colate basaltiche e che vengono chiamati planèzes. La loro parte inferiore, asciutta ma fertile, è cosparsa di villaggi, ed è coltivata a grano, a lenticchie e a piante da foraggio; al di sopra degli 800 o 900 metri, non vi sono più che burons (ovili), dove l'estate si fa il formaggio detto del Cantal, ch'è famoso in tutto il mezzodì della Francia. La foresta riveste soltanto i versanti più dirupati, e l'altipiano, ricoperto di un'erba saporita, nei mesi estivi nutre numerose greggi. Il Cantal è cinto tutto attorno da mercati, che sono spesso vecchie e singolari città, tra cui le più importanti sono: Mauriac al nord, Saint-Flour al sud-est, Aurillac al sud-ovest.

Al tipo del Cantal appartengono il Mont Dore e i Monts du Cézallier, il primo dei quali è più alto e più complesso, ed ha piccoli laghi e sorgenti termali, che hanno dato origine alle località ben note della Bourboule e del Mont Dore; i secondi sono un semplice cumulo di lave. La Montagne d'Aubrac è pure un altipiano di lave, anche più esteso ed uniforme, a 1200-1300 metri, interamente diboscato e dato ai pascoli.

Il Velay è una bizzarra regione, dove l'attività vulcanica, invece di crateri, ha prodotto arditi coni, la cui esistenza ha la sua spiegazione nello spandimento di lave assai viscose e forse in un meccanismo analogo a quello del "dito" della Montagne Pelée. Questi suc, come vengono chiamati, formano l'alto Velay, che culmina nel Mezenc (1754 metri). Il basso Velay è un altipiano basaltico, nel quale s'apre la piccola pianura del Puy, resa ineguale da picchi aguzzi, che sono depositi di lave disgregati dall'erosione.

La Limagne. - È il tipo delle pianure e il centro della vita dell'Alvernia. Terminante all'est e all'ovest con delle balze per faglia, non è essa stessa una pianura tutta uniforme; le collinette, che aumentano di numero verso il sud, dalla parte d'Issoire, rappresentano tavolieri, avanzi di antiche colate, o sono picchi originati da coni attaccati dall'erosione. La popolazione è concentrata specialmente attorno a questi luoghi più elevati o al margine dei massicci circostanti, poiché ivi trova sorgenti, terreni di vario genere, esposizioni favorevoli alla vite e ai frutteti, e, infine, posti facili a difendersi, come attestano le rovine d'antiche fortezze. Il terreno pesante delle argille dà piante foraggere o cereali, e su di esso sono ben rari i villaggi, mentre, ai confini della pianura, è un succedersi ininterrotto di stabilimenti, con una densità che supera i 100 abitanti per kmq.

Le città e la popolazione. - Ivi sorgono altresì le città principali dell'Alvernia, che sono spesso centri industriali. Riom è nota per i suoi tessuti; Thiers è da gran tempo famosa per la sua fabbrica di coltelli; Clermont-Ferrand ha aggiunto alle paste alimentari, ai frutti canditi, alla cioccolata e ai cuoi, la grande industria del caucciù (Michelin) e delle automobili. Issoire, più al sud, come St. Flour ed Aurillac, all'estremità del Cantal, sono rimaste soprattutto mercati agricoli.

La popolazione dell'Alvernia va diminuendo lentamente. L'emigrazione continua da molti anni, nonostante il minor numero delle nascite e il progresso dell'economia rurale. Essa è sempre diretta alla volta di Parigi, dove gli Alverniati sono conosciuti da lungo tempo, quali mercanti di legna, facchini e piccoli commercianti; ed ora è meno attiva verso la Spagna, dove anticamente preferivano recarsi gli abitanti del Cantal.

Storia. - invalso l'uso di applicare il nome Alvernia alla quasi totahtà del territorio occupato dal Massiccio centrale. Ma in realtà solo la Limagne, con i monti adiacenti, costituì il territorio popolato dagli Arverni (v.), che opposero una tenace resistenza alla conquista romana, per poi romanizzarsi completamente, con il resto dell'Aquitania. Se Gergovia non poté essere presa da Cesare, ancora nel sec. V Clermont fu il centro intellettuale e morale della regione, reso celebre dal suo vescovo-poeta, Sidonio Apollinare. Questi diresse con Ecdicio, figlio dell'imperatore Avito, la difesa di Clermont contro i Visigoti che non riuscirono a prendere la città da loro assediata; ma la pace del 475, tra l'imperatore d'Occidente Giulio Nepote e il re visigoto Enrico, cedeva a quest'ultimo l'Alvernia. Essa non rimase tuttavia a lungo nelle mani dei Visigoti: con la battaglia di Vouillé (Campus Vocladensis) del 807, vinta da Clodoveo su Alarico, divenne possesso dei Franchi. Ed era ancora abbastanza ricca e desiderabile, perché le ambizioni contrastanti dei Clodovingi, nelle varie spartizioni, la smembrassero. Ma le loro frequenti guerre assicurano ai paesi a sud della Loira una specie d'autonomia; e così, a partire dalla seconda metà del sec. VII, troviamo un ducato d'Aquitania, divenuto regno sotto Pipino, e che riprende vita nuovamente sotto Ludovico il Pio e Carlo il Calvo. A questa formazione storica continuò ad appartenere l'Alvernia, profondamente trasformata, del resto, da quattro secoli di spoliazioni che l'avevano terribilmente impoverita e dal cristianizzarsi - non senza difficoltà - delle popolazioni.

Sotto Carlo il Calvo si diffuse per tutta la Gallia occidentale il feudalismo, che doveva trovare un terreno singolarmente propizio nelle regioni del centro, tradizionalmente sottratte alla soggezione al potere centrale, e di struttura geografica frammentaria. L'antico pagus Arvernorum si separò allora dal Velay e dal Bourbonnais, ove comparvero dinastie feudali proprie, e passò sotto il dominio di una famiglia di conti ereditarî, primo dei quali fu Guglielmo il Pio (886), più tardi duca d'Aquitania. Questo fatto dimostra come l'Alvernia sembrasse destinata a rimanere nella sfera d'influenza di quei signori feudali che, al sud della Loira, tendevano a costituire il loro potere indipendentemente dal re di Francia. Chi ricordi come l'Aquitania, in seguito al matrimonio di Eleonora con Enrico Plantageneto (1152), poi re d'Inghilterra (v. enrico 11), passasse in seguito agl'Inglesi, potrà compreridere con quanta difficoltà i Capetingi riuscissero ad assicurarsi il possesso di quella parte più resistente dei dominî aquitani, che fu la contea d'Alvernia. Essa fu sino al 979 amministrata direttamente dai duchi d'Aquitania delle case di Poitiers o di Tolosa; poi da visconti che ben presto s'intitolarono conti, ma sempre vassalli dei duchi. Alla metà del sec. XII, Guglielmo VIII, il Giovine, fu spogliato della maggior parte delle sue terre dallo zio Guglielmo il Vecchio, il quale, aiutato dal re di Francia Luigi VII, allora in guerra con Enrico Plantageneto (1169), non lasciò al nipote se non il Delfinato d'Alvernia. Questo territorio, così chiamato perché Guglielmo VIII possedeva, per eredità materna, parecchi dominî nel Delfinato propriamente detto, comprendeva l'Alvernia antica a destra dell'Allier, la metà di Clermont, qualche castello della Limagne; capitale Issoire. I discendenti del primo Delfino amministrarono il paese fino al 1428, quando Giovanna sposò un importante signore della regione del centro, di sangue reale, Luigi I di Borbone. Il pronipote di Luigi e Giovanna fu il connestabile di Borbone i cui beni vennero confiscati per opera del re di Francia Francesco I nel 1523. Ma nel 1560 le terres dauphines venivano restituite al nipote del connestabile e solo nel 1693, con la morte di mademoiselle di Montpensier, figlia di Maria di Borbone e del duca Gastone d'Orléans, furono definitivamente riunite ai dominî della corona.

Quanto alla contea d'Alvernia, doveva anch'essa subire delle amputazioni, a causa dell'ambizione di Filippo Augusto, in guerra con i re inglesi, duchi d'Aquitania, dei quali i conti erano vassalli. Un successore di Guglielmo il Vecchio, Guido II, fu costretto nel 1202 a cedere al fratello Roberto, vescovo di Clermont, la custodia della città. Cominciò così il dominio dei conti-vescovi, in continua lotta con i borghesi, finché il re non mise la mano sulla città nel 1269 (dipendenza confermata nel sec. XVI). D'altro canto, Filippo Augusto s'era impadronito di una parte della contea d'Alvernia, e le terres d'Auvergne, come si chiamò il territorio conquistato, fecero parte dell'appannaggio creato da Luigi VIII a favore di suo figlio Alfonso di Poitiers. Con la loro capitale, Riom, seguirono la sorte di tutto il dominio d'Alfonso, cioè furono riunite al regno di Francia nel 1271. Ma, nel 1360, entrarono nell'"appannaggio di Berry" creato da Giovanni il Buono per il suo terzo figlio Giovanni, duca di Berry. Poi passarono al genero di lui, Giovanni I di Borbone; e seguirono la sorte degli altri beni del connestabile di Borbone..

Restava la contea d'Alvernia, ridotta al nord e al sud dell'antica Alvernia, con capitale Vic-le-Comte. Riunita temporaneamente alla corona, per il matrimonio di Giovanna con il re di Francia Giovanni il Buono (1350), finì per passare, al principio del sec. XV, alla casa di La Tour d'Auvergne (1422). Caterina de' Medici, nipote di Anna de la Tour, ne fu investita nel 1524; poi, nel 1606, Margherita di Valois, figlia di Caterina; morta questi, ultima nel 1615, la contea fu definitivamente unita al regno di Francia.

Delfinato, contea di Clermont, ducato o Terres, e contea d'Alvernia, non divennero dunque provincie regie se non al principio del sec. XVII. La guerra dei Cent'anni; quelle di religione, che divamparono violentissime tra il 1562 e il 1598, giacché la predicazione delle dottrine riformate aveva ottenuto largo successo, specialmente nella città di Issoire divenuta roccaforte dei calvinisti; l'insurrezione dei contadini (1631); il brigantaggio dei Grands Jours del 1665, le avevano straordinariamente impoverite. Riunite nella généralité di Riom, divise in bassa Alvernia, con Clermont-Ferrand, e alta Alvernia, con Aurillac, dovevano poi generare, con la rivoluzione, i dipartimenti del Puy-de-Dôme, del Cantal e, in parte, della Haute Loire.

La fecondità delle sue vallate e l'energia degli abitanti hanno saputo, nel eorso del sec. XIX, procurare la redenzione dell'Alvernia, che è presentemente una delle regioni più ricche e più intensamente attive della Francia centrale.

Bibl.: P. Glaugeaud, Les régions volcaniques du Puy de Dôme, in Bull. des services de la Carte géologique de France, n. 123 (1909) e 135 (1913); M. Boule e L. Farges le Cantal, Guide du touriste, du naturaliste et de l'archéologue, Parigi s. a.; M. Boule, La Haute Loire, guide du touriste, Parigi 1911; id., le Puy de Dôme, Parigi 1912; A. Luquet, Essai sur la géographie botanique de l'Auvergne, St. Dizier 1926; E. Locussol, Les régions naturelles du Velay, in Annales de géographie, 1908; E. Baluze, Histoire généalogiue de la maison d'Auvergne, Parigi 1708, voll. 2; J. B. Bouillet, Nobiliaire d'Auvergne, Clermont-Ferrand 1846-1853, voll. 7; A. Imberdis, Histoire générale de l'Auvergne, Clermont-Ferrand 1868; H. F. Rivière, Histoire des institutions de l'Auvergne, Parigi 1872, voll. 2; J. M. Bielawski, Histoire du comté d'Auvergne et de sa capitale, Clermont-Ferrand 1869, voll. 2; A. Imberdis, Histoire des guerres religieuses en Auvergne, Moulins 1870, voll. 2; G. Bonnefoy, Histoire de l'administration civile dans la province d'Auvergne, ecc., Parigi 1895-1902, voll. 4; J. B. Serres, Histoire de la Révolution en Auvergne, Parigi 1895-1899, voll. 10; L. de Ribier, Armorial des villes... d'Auvergne, Parigi 1904; E. Pyrent de la Prade, l'Auvergne et les grandes invasions, Parigi 1901; M. Boudet, Comtes d'Auvergne au Ve et VIe siècles, Parigi 1901; id., Le domaine des Dauphins de Viennois et des contes de Forez en Auvergne, 1303-1349, Parigi 1905; L. de Ribier, Preuves de la noblesse d'Auvergne, Parigi 1907-1911, voll. 4; A. Jacotin, Preuves de la maison de Polignac. Recueil de documents pour servir à l'histoire des anciennes provinces de Velay, Auvergne, ecc., Parigi 1899-1906, voll. 5; M. Boudet, Les baillis royaux et ducaux de la Haute-Auvergne, Riom 1906; id., La grande peur en Auvergne, Parigi 1909; [L. Brun], Le livre d'or de quelques 6000 familles du Velay, Auvergne, ecc., Lione 1910.

TAG

Giovanni, duca di berry

Imperatore d'occidente

Margherita di valois

Guerra dei cent'anni

Enrico plantageneto