AGOSTINO da Treviso

Dizionario Biografico degli Italiani - Volume 1 (1960)

AGOSTINO da Treviso (Augustinus Tarvisinus, Augustinus Museus, forse di Musi)

Mario Rosa

Nacque a Treviso intorno al 1490. Entrato fra gli eremitani di S. Agostino, nel 1515 era studente nello Studio di Padova, nel 1521 "in sacra theologia cursor", nel 1522 "magister studentium" nello Studio senese e l'anno seguente lettore di teologia a S. Giacomo di Bologna.

Per l'insegnamento bolognese due operette scolastiche, un Tractatus de formalibus et modalibus distinctionibus, tum realibus, tum Rationis: et utrarumque graduali Latitudine, ad aures fundatissime Doctoris D. Egidii Romani Eremite Augustiniani Bituricensis Archiepiscopi, per Fratrem Augustinum Museum Tarvisinum Sacre Theologie Lectorem in Gymnasio S. Iacobi Bonon. eiusdem Ordinis nuper editum (ff. XXX), dedicato al generale dell'Ordine Gabriele Veneto, e una Questiuncula... de potentia Materie prorsus Egidiana, furono stampate a Bologna nel 1524 insieme con un trattato dello stesso Egidio Romano (attribuito dal Perini e prima dall'Ossinger e dal Joecher ad A.): Questio item specialis nusquam hactenus impressa, De medio potissime Demonstrationis a D. Egidio Romano, contra D. Thomam olim edita Que non minus procedit contra Scotum, suo Candori per prefatum fratrem Augustinum Museum integre restituta (sugli esemplari di questa rara edizione, di cui nessun biografo di A. dà con esattezza i titoli, v. A. Serena). Per il triennio 1524-25-26 A. fu priore del convento di S. Margherita in Treviso. Nominato maestro di sacra teologia nel capitolo generale dell'Ordine, tenuto a Treviso nel 1526, cui partecipò come definitore della provincia d'Abruzzo, il suo nome appare ancora nel capitolo generale di Verona (5 giugno 1538) e in quello di Napoli del 1539, dove fu presente quale definitore della provincia di Terra Santa. Dedicatosi contemporaneamente alla predicazione, tra i più noti e richiesti oratori del tempo, fu per tre quaresime consecutive a Genova, per due a Venezia (1529 e 1530) dove, per espresso invito del doge A. Gritti, predicò dinanzi al Senato.

Dal doge Gritti A. fu inviato, verso la metà del 1532, in Ungheria in qualità di precettore di Antonio e Pietro, figli di quell'Alvise Gritti, figlio illegittimo del doge, che era divenuto influente consigliere alla corte di Solimano il Magnifico. Poco più di due anni dopo, la tragica fine dei Gritti a Medias (29 sett. 1534) induceva bruscamente A. al ritorno in Italia. A Vienna, dove giunse con un compagno della casa Gritti, Zampiero da Crema, il 3 febbr. 1535, A., sospettato quale emissario del re Giovanni Zapolyai, veniva fermato e sottoposto a interrogatorio. L intervento dell'ambasciatore veneziano F. Contarini, cui A. riferì dell'inquisizione subita e indirizzò l'interessante relazione De expugnatione Megghes, e della Signoria di Venezia permise però presto la conclusione del viaggio.

A. predicò ancora la quaresima a Vicenza nel 1536,per invito dei cardinali Ridolfi e Grimani - di quest'anno è anche un'Epistola ad Hyeronimum Zanibon mantuanum De mysterio divinae praedestinationis, ricordata nell'Apologia (v. oltre) - e nel 1537 a Siena, inviatovi dai cardinali Grimani e Ghinucci, dietro invito della Signoria.

Contro A., che aveva preso a trattare sulla base della dottrina agostiniana il tema della predestinazione, il cappuccino Giovanni da Fano, che predicava contemporaneamente nella stessa città, lanciò l'accusa di eresia luterana, tra la vivace partecipazione degli uditori alla polemica.

Inesatto quanto afferma il Cantù, Gli eretici d'Italia, II, Torino 1866, p. 31, secondo il quale A. avrebbe lasciato Siena per prudenza, se in data 10 apr. 1537, conclusa la predicazione quaresimale, la Signoria ringraziava ufficialmente il cardinale Grimani per la concessione della predicazione di A., e per questo si avevano parole di alta lode (lettera riprodotta nell'Apologia, in fine).

Ma un breve di Paolo III del 18 apr. 1537 al nunzio di Venezia richiese l'arresto di Agostino. In carcere questi stese la sua Apologia indirizzata al pontefice.

Di questo raro opuscolo, oltre gli esemplari indicati dal Serena, si segnalano quelli della Biblioteca nazionale centrale di Roma (69. 5. A. 19 e 8.15.K.36). L'Apologia riguarda particolarmente il contenuto teologico della predicazione di A., desunto soprattutto dalle opere tarde di s. Agostino e dallo pseudo-agostiniano Hypomnesticon, rivolto contemporaneamente contro "novos pelagianos" e contro Lutero: servitù dell'uomo al peccato, predestinazione degli eletti ante previsa merita mediante il dono della fede, della grazia e della perseveranza, giusta condanna dei reprobi (ma anche dei bambini morti senza battesimo, secondo la dottrina di Gregorio di Rimini); salvezza degli uomini per Cristo, ma difesa del libero arbitrio nella cooperazione dell'uomo all'opera della grazia ("operatur Deus, cooperatur homo") e del valore delle buone opere nella giustificazione ("ex eiusmodi operibus homines Dei iustificati sunt, iustificantur, iustificabuntur in Christo").

La causa di A., sottratta alla giurisdizione del generale dell'Ordine, dopo l'istruttoria da parte dei competenti ordinari diocesani (il vescovo di Vicenza e l'arcivescovo di Siena), fu discussa a Roma dinanzi al cardinale G. Aleandro e al padre maestro del S. Palazzo, T. Badia. Il 26 febbr. 1538 l'arcivescovo di Siena F. Bandini riceveva la comunicazione che A., assolto dall'accusa di eresia, doveva su una formula praedicationis dichiarare in senso cattolico a Siena (come poi a Vicenza) le tesi da lui sostenute. La formula (cfr. B. Fontana) precisava alcune delle affermazioni più accentuate di A., ad esempio sulla perseveranza finale (art. 6) e sul libero arbitrio (art. 7).

La vicenda è importante per le ripercussioni nell'ambiente della riforma cattolica, nei circoli del Contarini, del Giberti e del Seripando, per lo scambio di scritti e di lettere sul problema della predestinazione tra il Contarini e T. Crispoldi, L. Tolomei, M. A. Flaminio, tra il Seripando e il Tolomei e il Flaminio (v. ampia notizia in Jedin). Anche un dialogo di G. Fracastoro fu occasionato dalla discussione.

Il 7 giugno 1538 A. fu inviato presso Paolo III insieme col Seripando e Agostino Pedemontano, "tres ex gravioribus Ordinis Patribus", dal capitolo generale degli agostiniani riunito a Verona, per ottenere la nomina di due cardinali protettori se qualche membro dell'Ordine fosse stato sospettato o accusato di eresia.

Il 14 giugno di quell'anno A. era di nuovo eletto priore del convento di S. Margherita e il 13 nov. 1539 interveniva al capitolo del convento di S. Agostino di Pavia. Il Seripando lo invitava ancora, nel 1539, a predicare a Napoli.

Già nel 1537 A. aveva trattato con Stefano Brodarich, vescovo di Vacz, ministro di Giovanni Zápolyai (v. lettera del Brodarich in Apologia, in fine), il ritorno in Ungheria. Tale ritorno sembrò possibile nel 1540, quando (7 giugno) A. ottenne dal Seripando il permesso di passare con un compagno al servizio del re. Ma il 1 ag. 1541, A. era ancora in Italia (probabilmente non era mai partito), se il Seripando imputava a sua colpa disordini verificatisi nel convento trevigiano. Ultimi dati certi su A., ormai tagliato fuori dalla vita dell'Ordine e dalla predicazione, sono il suo insegnamento di sacre lettere e filosofia a S. Spirito a Venezia nel novembre 1542 e, di poco posteriore, la storia non chiara di un tentato avvelenamento, cui A. sarebbe a stento sfuggito (Reg. Dd. 20, f. 29r e 109v in Arch. dell'Ordine, Roma).

In questi anni dovette godere dell'appoggio di G. Grimani, patriarca di Aquileia, cui le frequenti accuse di simpatie luterane impedirono l'ascesa al cardinalato. In una lettera di Dionisio Zanettini (detto il Grechetto), vescovo di Mylopotamos e Chiron, al cardinale A. Farnese, da Bologna 26 apr. 1547 (edita in G. Buschbell, Reformation und Inquisition in Italien um die Mitte des XVI Jahrunderts, Paderborn 1914, p. 266), si ricorda come il Grimani avesse spesso accolto e favorito B. Ochino, fra Giulio della Rovere da Milano e fra Agostino tarvisino.

Se A. negli ultimi anni sia stato in Ungheria o in patria non è dato di precisare. La sua morte è da porsi con molta probabilità intorno al 1550.

Fonti e Bibl.: Arch. gener. Ord. Agost., Roma, Reg. Dd. 12, f. 44; Dd. 14, ff.6v, 132v; Dd. 17, f. 103; Dd. 18, f. 65; Dd. 19, f. 82; Dd. 20, ff.29r, 109v; B. Fontana, Documenti vaticani contro l'eresia luterana in Italia, in Arch. d. R. Soc. romana di storia patria, XV (1892), pp. 155, 365-370 (docc. LVII, LXIV, LXV); Analecta Augustiniana, IX (1921), pp. 42, 50, 57, 58, 63; D. A. Gandolfo, Dissertatio historica de ducentis celeberrimis augustinianis scriptoribus, Romae 1704, pp. 78 s. (che dà come data di morte di A. il 1539, errore ripetuto in Chr. Gottfr. Joecher, Allgemeines Gelehrsen Lexikon, III, Leipzig 1751, col. 769); J. F. Ossinger, Bibliotheca Augustiniana, Ingolstadii et Augustae Vindelicorum 1768, pp. 616 s.; A. Serena, Agostino Museo, in Atti d. R. Ist. veneto di scienze, lettere ed arti, LXXVI (1916-17), pp. 529-575 (alle pp. 558-563 è edito il Processus viennese di A.; alle pp. 563-575 il De expugnatione Megghes, che è ricordato da N. Jorga, Geschichte des osmanischen Reiches, II, Gotha 1909, p. 421, n. 1); H. Jedin, Ein Streit urn den Augustinismus vor dem Tridentinum (1537-1543), in Römische Quartalschrift, XXXV (1927), pp. 351-368 (con dati bio-bibliogr. su A.); H. Jedin, Girolamo Seripando, Würzburg 1937, I, pp. 101 ss., 137, 148, 266, 344, 381; II, p. 254; D. A. Perini, Bibliographia Augustiniana, II, Firenze 1938, p. 235; Scritti inediti di Girolamo Fracastoro, a cura di F. Pellegrini, Verona 1955, pp. 104 ss.; P. Paschini, Episodi di lotta contro l'eresia nell'Italia del primo Cinquecento, in Miscell. in honorem Petri Parente, Romae 1956, pp. 510-511; Id., Giovanni Grimani, in Tre illustri prelati del Rinascimento, Roma 1957, pp. 134-135.

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