AGIRA

Enciclopedia Italiana (1929)

AGIRA (A. T., 27-28-29)

Attilio Mori
Guido LIBERTINI

Sino al 1860 S. Filippo Argirò, città della Sicilia centrale (Enna), posta su di un'altura che chiude a S. la valle del Salso (Simeto), dominata da un castello svevo con tre torri, a 670 m. d'altezza, con 23.735 ab. (il comune: area kmq. 160,68; popolazione 24.607 ab.). La stazione ferroviaria (Raddusa-Agira) è posta a 18 km. dall'abitato. La città, circondata da fiorenti campagne, è un notevole centro agricolo e minerario (zolfo); alla estrazione dello zolfo lavora parte della sua popolazione. Vi sono alcune chiese notevoli; quella di S. Antonio conserva una croce dipinta del sec. XV, quella di S. Margherita un quadro di scuola siciliana del sec. XV, rappresentante S. Filippo. La chiesa di S. Filippo, rimodernata nel sec. XVII, ha un coro intagliato di Niccolò Bagnasco e Giovanni di Palermo (XVIII secolo) e una tela del sec. XVI rappresentante l'Adorazione dei Magi. Nella cospicua biblioteca civica vi sono anche codici del sec. XV (salterio della Beata Vergine con note in francese, Giustino con belle miniature).

Agira continua Agirio ('Αγύριον, Agyrium), una delle piu antiche città dell'interno della Sicilia. Importante centro indigeno e poco accessibile ai Greci, esso comincia ad essere ricordato dagli storici specialmente all'epoca di Dionisio, di cui Agiride, signore della città (Diodoro, XIV, 95, 4), fu fedele alleato, così nel 403 a. C., quando di qui passarono i mercenarî campani che movevano in soccorso del tiranno siracusano, come nelle guerre contro i Cartaginesi, nel 397 e nel 392. Dopo Agiride, all'epoca di Dionisio II, fu signore della città Apolloniade (Diod., XVI, 82, 4), che venne poi cacciato da Timoleonte nel 339. L'epoca di Timoleonte è per Agirio quella del suo massimo splendore: allora la città venne restaurata, vi sorsero templi, edifici, torri, il celebre teatro, e vi furono introdotti diecimila Greci di Corinto ad accrescerne la popolazione, tra la quale fu spartito a lotti il territorio agirese. Vel 279 era da alcuni anni sotto la tirannide di Finzia, signore di Agrigento, del quale peraltro riuscì a liberarsi (Diod., XXII, 2, 3). Durante il regno di Gerone II, il suo territorio fu accresciuto con parte di quello della vicina Ameselo (Diod., XXII, 13, 1). Nella guerra fra Gerone II e i Romani tenne forse per questi ultimi. Certo fu, da allora, alle dipendenze di Roma; e il suo nome appare, nell'elenco ciceroniano, tra le città decumanae. Molto ebbe a soffrire durante il mal governo di Verre per angherie di costui e per rapine di oggetti preziosi (Cicerone, Verr.. II, III, 120). Sotto Augusto fu compresa tra le 47 civitates stipendiariae. Nel I sec. d. C., secondo una tarda leggenda, vi giunse S. Filippo siriaco, cui dovette poi il nome di S. Filippo d'Argirò; nel I sec. a. C. diede i natali allo storico Diodoro, del quale, come attesterebbe un'iscrizione greca pervenutaci (v. Kaibel, Inscr. gr., n. 588), esisteva forse un monumento nella città. In Agirio fu in grande onore il culto di Eracle nonché quello di Iolao, come si desume del resto da alcuni dei numerosi e varî tipi monetali pervenutici, riferibili in massima parte al periodo timoleonteo; per questa città sarebbero passati i due eroi suddetti nella loro impresa contro Gerione: anzi Diodoro menziona molti di questi ricordi di Eracle esistenti nella sua patria. Avanzi dell'antica città vennero riconosciuti dal Fazello nella località detta Lammardia, ma tali resti sono assai scarsi e incerti: sicuri avanzi di necropoli invece si trovano nelle località di Musale, S. Andrea e Rocchette. Infine di recente, da alcuni documenti medievali, si sarebbe avuto qualche indizio intorno al luogo dove sorgeva il famoso teatro ricordato da Diodoro come uno dei più importanti della Sicilia e finora considerato quasi come irreperibile.

La città mantenne notevole importanza sotto la dominazione musulmana e per tutto il Medioevo. Nel 1625, Filippo IV la concesse in feudo ad alcuni mercanti genovesi, ma gli abitanti si riscattarono.

Bibl.: Oltre alle opere del Fazello, del Cluverio, dell'Amico e di altri storici della Sicilia (tra cui il Holm e il Freeman), v. F. A. Rubolotta, Storia di S. Filippo di Agira, Malta 1876; B. Attardi, Storia di S. Filippo d'Argirò, Palermo 1742; E. Ciaceri, Culti e miti della Sicilia, Catania 1911, p. 285 segg.; Favaloro, Agyrion, Catania 1922. Per le leggende concernenti S. Filippo d'Argirò, F. Lanzoni, Le origini delle diocesi antiche d'Italia, in Studi e testi, n°. 25, Roma 1923, p. 398 segg.

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