AFRICA

Enciclopedia Italiana - I Appendice (1938)

AFRICA (I, p. 730)

Attilio MORI
Salvatore CACOPARDO
Attilio MORI
Paolo GRAZIOSI

Esplorazioni. - Per quanto chiuso ormai da tempo il periodo eroico dell'esplorazione africana, ne continuò anche negli ultimi anni e continuerà nel seguito l'opera assidua di esplorazione sistematica, per colmare le molte e vaste lacune che permangono nella sua conoscenza. Fra le recenti spedizioni più feconde di risultati compiute a questo scopo sono da ricordare prima di tutto quella condotta dal Duca degli Abruzzi per la compiuta ricognizione del corso dell'Uebi Scebeli; le spedizioni Nesbit (1928) e Franchetti (1928-29) nella Dancalia e quella più recente (1933-34) di W. Thesiger nella regione medesima; le esplorazioni di F. Rodd nell'Aïr (1927), di C. Killin nelle Hoggar (1928), del Burthe d'Anelet nel Tibesti (1934), del principe egiziano Kemaled-Din Hussein, del conte Almasy, conte Penderel, maggiore Bagnold e di altri ufficiali inglesi nel deserto libico (1931-34); di V. E. Fuchs e di altri per l'esplorazione della regione del Lago Rodolfo, ecc. (1930-35). Finalmente dobbiamo ricordare a titolo di speciale onore le varie spedizioni organizzate dalla R. Società Geografica Italiana per la sistematica esplorazione del Sahara libico da Cufra a Gat, che tanta luce hanno portato su quelle regioni. Per la cartografia noteremo come della carta alla scala di 1:2.000.000, allestita di concerto fra lo Stato maggiore britannico e quello francese, siano oggi pubblicati 33 fogli sui 38 dei quali consterà la carta ultimata, avvertendo che dei 5 fogli che restano da pubblicare una parte interessa la Libia italiana, la quale peraltro dispone ormai di una rappresentazione cartogafica a scala maggiore.

Produzioni e condizioni economiche (I, p. 749). - L'attività nel campo economico dimostrata dai varî paesi colonizzatori ha continuato e continua incessantemente ad esercitarsi con nuovi impulsi dati alle sue svariate produzioni, e sebbene la crisi che colpì il mondo tutto nel triennio 1929-1931 non l'avesse risparmiata, la ripresa successiva ha valso a ridurne molto gli effetti. Per quanto riguarda la produzione agricola sono da segnalare i progressi della cerealicoltura in tutti i paesi dell'Africa mediterranea e nell'Africa australe. La produzione complessiva del frumento africano si mantiene tuttavia limitata e non supera la metà della produzione italiana. Maggiore importanza vi hanno le coltivazioni proprie dei paesi tropicali: quella del cacao, in particolar modo coltivato nelle colonie dell'Africa Occidentale, che con una produzione di quasi 5 milioni di quintali nel 1935-36 rappresenta ormai i 2/3 della produzione mondiale. Anche la coltivazione del caffè tende ad accrescersi sempre più, onde la sua produzione che fu di 1.200.000 quintali nel 1936-37 ragguaglia ormai 1/5 della produzione mondiale. Vi contribuirono specialmente la colonia del Kenya, l'Angola, il Madagascar, l'Etiopia. Le piante da olio hanno trovato in Africa le condizioni ambientali più favorevoli per il loro sviluppo. Così l'olio di palma ragguaglia ormai i 2/3 della produzione mondiale, senza contare quello che si ricava dalle noci per un quantitativo anche maggiore, mentre le arachidi superano il quarto della produzione mondiale. Il cotone, coltivato principalmente in Egitto, ma che va estendendosi più o meno in molti altri territorî africani, rappresenta oggi circa 1/5 della produzione totale. Per quanto riguarda la produzione mineraria meno sensibili sono i progressi. L'oro, estratto principalmente nei paesi dell'Unione Sudafricana, si mantiene nel rapporto di poco inferiore alla metà della produzione mondiale compresa quella dell'U.R.S.S., mentre la produzione del rame che aveva raggiunto nel Congo Belga proporzioni assai considerevoli nel 1929 e 1930 andò poi diminuendo, compensata tuttavia da un rapido accrescimento di quello della Rhodesia del Nord. Assai elevata si mostra ancora la produzione dei fosfati (Tunisia e Marocco, Egitto) non ostante la tendenza alla diminuzione, ragguagliando sempre 1/3 della produzione mondiale. Limitatissimi ancora i depositi carboniferi (Unione Sudafricana e Nigeria) e quelli petroliferi (Egitto).

Comunicazioni (I, p. 751). - Per quanto riguarda le vie e i mezzi di comunicazioni terrestri, la cui scarsità costituisce l'ostacolo maggiore allo sviluppo economico e civile del continente, limitato incremento si è verificato nelle ferrovie, onde possono dirsi quasi abbandonati i disegni concepiti, più come affermazioni politiche o aventi finalità militari, quali la grande arteria transafricana dal Cairo al Capo patrocinata da Cecil Rhodes, o la transahariana destinata congiungere l'Algeria al Niger che da varî decennî alcuni ancora propugnano in Francia. Tuttavia continua il lavoro per ampliarne la rete, correggerne i tracciati, accrescerne la potenzialità. A tali fini corrisposero i lavori per il rinnovamento della ferrovia del Congo (Matadi-Léopoldville). Una nuova via di penetrazione sempre nella regione congolese si aprì con la costruzione della linea Pointe Noire-Brazzaville attraverso il Congo Francese. La rete ferroviaria africana si sviluppa oggi per 1000 km., poco più del triplo della rete italiana.

Comunicazioni aeree. - L'ossatura principale dei servizi aerei che si sviluppano, già numerosi, sul continente africano è data dalle linee aeree "imperiali", con le quali le grandi potenze europee, aventi interessi coloniali in Africa, sono collegate ai territorî di rispettiva influenza.

Linee italiane: la linea dell'impero, Roma-Addis Abeba, gestita dal l'"Ala Littoria", ha una lunghezza complessiva di 6379 km., dei quali 4966 su territorio africano. Si svolge lungo l'itinerario Roma-SiracusaBengasi-Cairo-Wādī Ḥalfā- Khartum (dove si collega ai servizî britannici per il Sud Africa)-Kassala-Asmara-Dire Daua-Addis Abeba. Ha frequenza trisettimanale fino a Wādī Ḥalfā; quadrisettimanale sul restante percorso. Da essa si diramano le altre linee che completano, per il momento, il sistema aereo imperiale italiano: la Asmara-Assab-Gibuti (km. 710; trisettimanale); la Asmara-Assab-Dire Daua-Mogadiscio (km. 1930; bisettimanale); la Asmara-Gondar (km. 358; bisettimanale); la Addis Abeba-Dire Daua-Gibuti (km. 637; quotidiana); la Addis Abeba-Gimma (km. 268; bisettimanale); e la Asmara-Dessié-Addis Abeba (km. 775; bisettimanale). Fra le altre linee italiane in Africa bisogna rammentare la Roma-Napoli-Siracusa-Malta-Tripoli (km. 1225; quotidiana); la Tripoli-Bengasi (km. 932; trisettimanale); la Roma-Tunisi-Tripoli (km. 1230; trisettimanale) e la Roma-Napoli-Palermo-Trapani-Tunisi (km. 1030; trisettimanale). Le linee dell'"Ala Littoria" tra l'Italia e l'Africa o su territorio africano hanno uno sviluppo di 15.475 km.

Linee inglesi: la linea per il Sud Africa, gestita dalle "Imperial Airways" con frequenza trisettimanale, si sviluppa lungo l'itinerario Southampton-Marsiglia-Roma (Bracciano)-Brindisi-Atene-Alessandria-Cairo-Wādī Ḥalfā-Khartum-Kisumu-Dar es Salām-Mozambico-BeiraLourenço lMarques-Durban (km. 11.746). Essa ha importanti radiazioni da Kisumu per Johannesburg e Città del Capo; mentre il sistema è completato da varî servizî di collegamento locale: Johannesburg-Port Elisabeth; Johannesburg-Lourenço Marques, ecc. A Mozambico, poi, si effettua l'incrocio con la linea Algeri-Tananarivo dell'"Air Afrique".

Linee francesi: oltre alla Marsiglia-Tunisi, alla Marsiglia-Algeri e alla linea per l'America Meridionale, che sorvola la costa nord-occidentale africana da Casablanca a Dakar, la linea imperiale francese, gestita dalla compagnia statale "Régie Air Afrique", fino ad Elisabethville e dalla "Régie Malgache" nel tratto successivo, collega Algeri col Madagascar attraverso El Golea-Gao-Niamey-Fort Lamy-Bangui (donde si ha una diramazione per Brazzaville)-Stanleyville-Elisabethville-Broken Hill-Tete-Mozambico-Tananarivo (frequenza quindicinale; km. 11.130). Completano il sistema delle linee francesi la Tunisi-Bona-Costantina-Algeri (km. 464) e la Algeri-Orano (km. 283), gestite entrambe dalla "Air Afrique"; la Dakar-Cotonou-Pointe Noire (km. 4873) gestita dalla "Aéromaritime"; la Dakar-Saint Louis (km. 385) dell'"Air France"; ecc.

Linea belga: la compagnia "Sabena" effettua il collegamento fra Bruxelles e il Congo Belga, il cui itinerario è in parte comune con quello della linea dell'"Air Afrique"; i due servizî sono anzi coordinati in guisa che risulti alla linea una frequenza complessiva settimanale. L'itinerario seguito dalla "Sabena" è: Bruxelles-Marsiglia-Gao-Niamey-Fort LamyBangui-Stanleyville-Elisabethville (km. 8330). Dall'ottobre del 1936 sono in servizio su questa linea aeroplani italiani trimotori, Savoia-Marchetti "S. 73", che hanno permesso di abbreviare a cinque giorni e mezzo il viaggio Bruxelles-Elisabethville (44 ore di volo).

Popolazione (I, p. 753). - La popolazione dell'Africa nell'ultimo decennio si accrebbe notevolmente, sia per il fatto di una limitata immigrazione di genti europee ed asiatiche sia, e più, per lo sviluppo vegetativo, ossia per l'eccedenza dei nati sui morti accentuatasi in grazia delle misure igieniche e sanitarie promosse dai paesi colonizzatori. Secondo la statistica compiuta dalla Società delle nazioni, la popolazione dell'Africa stimata per la fine del 1935 ascendeva a 148.200.000 ab., con un aumento di oltre 10 milioni rispetto alla valutazione del 1924. A questo aumento assoluto corrisponderebbe un accrescimento medio annuo del 7‰, di poco inferiore a quello che si verifica nella popolazione italiana. Del complesso della popolazione stimata, 3.630.000 sarebbero Bianchi di origine o di discendenza europea, i quali si trovano distribuiti quasi esclusivamente nelle regioni australi (Unione Sudafricana) e nell'Africa mediterranea nelle proporzioni rispettivamente del 55 e del 42%, mentre solo il 3% si troverebbe stanziato nelle colonie dell'Africa intertropicale. Lo sviluppo civile che caratterizza gli ultimi anni della vita africana è valso a favorire anche l'incremento demografico dei principali centri urbani, onde vi si contano oggi 19 città con oltre 100.000 ab. (11 nell'Africa mediterranea, 5 in quella australe, 2 nell'Africa intertropicale e una nell'isola di Madagascar) e 24 città con popolazione dai 50 ai 100 mila ab., delle quali 9 sono nell'Africa intertropicale.

Assetto politico (I, p. 754). - Per l'accordo franco-italiano concluso a Roma il 7 gennaio 1935 venne definito il tracciato del confine meridionale della Libia a partire da Tummo (v. libia, App.). Per effetto del medesimo accordo il confine meridionale dell'Eritrea sulla costa del Mar Rosso venne spostato da Ras Dumeira a Der Elua (poco più di 20 km. a sud), attribuendo all'Italia un breve lembo della Somalia francese di circa 1500 kmq. Una variazione di una portata assai maggiore costituì il passaggio sotto la sovranità piena e intera dell'Italia dei territorî e delle genti già costituenti l'Impero Etiopico (v. africa orientale italiana, App.).

Missioni (I, p. 803 segg.). - Le principali modificazioni, prescindendo dall'A. O. I. (v. App.) e dall'Egitto, sono le seguenti.

Dipendenze francesi. - Sono state elevate a vicariati le prefetture di Fumban (Foumban, 1934), Bobo-Dioulasso (1937), Ubanghi-Sciari (Oubangui-Chari, 1937), Douala (1932; prefettura apostolica, 1931); i vicariati apostolici del Camerun e della Senegambia hanno mutato il nome in quelli, rispettivamente, di Yaoundé (1931) e Dakar (1936), e la prefettura del Senegal in Saint-Louis-du-Sénégal (1936); sono state create le prefetture apostoliche di Sokode (Togo, 1937), Nzerekore (Guinea Francese, 1937), Vatamandry (Madagascar, 1935) e la missione indipendente di Miarinarivo (Madagascar, 1933). Gabon è vicariato apostolico dal 1842; nel Madagascar, il nome esatto della prefettura apostolica di Nossi-Bé è: delle isole di Mayotta Nossi-Bé e Comora. Nella Somalia francese è il vicariato apostolico di Gibuti (1914).

Dipendenze britanniche. - Sono state elevate a vicariati le prefetture del Namaqualand (1930), di Salisbury (1931), del Nilo equatoriale (1934), di Navrongo (non: Navarro), di Kroonstad (1935), di Gariep mutando il nome in Aliwal (1936), di Kavirondo mutando il nome in Kisumu (1932). Hanno mutato nome: il vicariato apostolico della Nigeria meridionale in Onitsha-Owerri (1934), la prefettura della Nigeria settentrionale, in Kaduna (1934), l'abbazia nullius di Lindi, in Peramiho (1931). Sono stati creati i vicariati apostolici di Bukoba e di Mwanza, suddividendo (1929) il vicariato del Victoria Nyanza; di Bulawayo (Rhodesia meridionale e Bechuanaland, 1937; già missione, 1931, e prefettura, 1932), di Kumasi (Ashanti, 1932), di Lwangwa (Rhodesia settentrionale, 1937, già missione, 1933), del Ruwenzori (Uganda, 1934), di Umtata (Capo, 1937, già prefettura, 1930); le prefetture di Benue (1934), Calabar (1934) e Jos (1934) nella Nigeria, di Dodoma (1935) nel Tanganika, di Monte Currie (1935) nel Natal, di Victoria Falls (1936) e di Fort Jameson (1937) nella Rhodesia settentrionale; l'abbazia nullius di Ndanda (1931) nel Tanganika e le missioni indipendenti della Gambia (1931), di Queenstown (Capo, 1929) e di Tukuyu (Tanganika, 1932).

Il vicariato di Aden ha mutato il nome in vicariato di Arabia fin dal 1889; lo Swaziland è prefettura apostolica (1923).

Dipendenze belghe. - Sono state elevate a vicariati le prefetture apostoliche di Matadi (1930), Katanga (1932), Coquilhatville (1932), Lago Alberto (1933); Lulua e Katanga centrale (1934), Ubanghi belga (1935), Katanga settentrionale (1935), Bondo (1937); il vicariato di Nuova Anversa ha mutato il nome in Lisala (1936). Sono stati creati i vicariati apostolici di Kivu (1929), Kisantu (1931), Boma (1934), le prefetture di Tshumbe (1936), Lolo (1937), Ipamu (1937), le missioni indipendenti di Bikoro (1931) e Beni (1934).

Dipendenze portoghesi. - Le missioni di Cubango (non: Cumango) e del Congo inferiore sono state elevate a prefetture già rispettivamente, dal 1921 e dal 1888; le diocesi, suffraganee di Lisbona, sono quelle di Angola e Congo (residenza a S. Paolo di Loanda), di S. Tommaso, di Santiago di Capoverde. Si considerano come appartenenti all'Africa anche quelle di Angra (isola Terceira, Azzorre) e di Funchal (Madera).

Dipendenze spagnole e Marocco. - Il vicariato apostolico del Marocco (1908) ha la residenza a Tangeri; la diocesi di Ceuta è unita a Cadice dal 1851.

Liberia. - La prefettura apostolica (1903) è stata elevata a vicariato nel 1934 (residenza: Monrovia).

Preistoria.

La classificazione dei tipi delle industrie preistoriche africane può utilizzare nelle grandi linee quella in uso per la preistoria europea. Anche nel continente africano troviamo, più o meno ben definiti, a seconda delle località, un Paleolitico antico, un Paleolitico medio, un Paleolitico recente ed un Neolitico. Queste facies presentano infatti caratteristiche tali da costringerci a stabilire per esse una classificazione particolare.

Molta incertezza regna ancora nella classificazione di queste industrie, anche perché i ritrovamenti sono stati in molte regioni assai scarsi e in altre mancano del tutto, sì che località note dal punto di vista preistorico sono separate fra loro da territorî estesissimi dei quali nulla si conosce sotto tale aspetto; inoltre gli elementi stratigrafici, geologici e paleontologici non suffragano sempre i ritrovamenti paletnologici anzi possiamo dire che in moltissimi casi essi manchino assolutamente. Da tutto ciò è facile capire come sia ancora arduo inquadrare entro un determinato schema la preistoria africana.

Nell'Africa settentrionale i giacimenti del Paleolitico inferiore sono stati segnalati in grande abbondanza. In gran parte si tratta di giacimenti di superficie, specie nelle regioni sahariane, ma si incontrano anche giacimenti in depositi alluvionali nei quali le industrie sono associate alle faune, ciò che ha permesso di stabilire la cronologia di queste industrie e di constatare la loro sicura appartenenza al Pleistocene.

Procedendo da occidente ad oriente, si ricorda per il Marocco il giacimento acheuleano di Tit-Mellil presso Casablanca contenente fauna quaternaria. Il giacimento del Lago Karar presso Orano in Algeria ha dato, insieme con abbondante industria chelleo-acheuleana, numerosa fauna ad Elephas atlanticus, Rhinocerus mauritanicus, Bubalus antiquus, ecc. Fra i giacimenti più importanti è quello delle antiche alluvioni di Gafsa in Tunisia che ha dato strumenti chelleo-acheuleani. Nel Sahara le amigdale e le schegge di tipo clactoniano si trovano abbondantissime in stazioni di superficie; celebre è la stazione di Tabelbala nel Sud Oranese (v. sahara, XXX, p. 447). Il Paleolitico antico è ben rappresentato anche in Libia, dove sono stati rinvenuti manufatti acheuleani specie nel Fezzan e in Cirenaica. Anche l'Egitto ha dato abbondante materiale del Paleolitico inferiore. Importanti studî sono stati fatti sulle stazioni delle terrazze del Nilo.

Un'industria particolare, non ancora ben definita, e che sembrerebbe piuttosto da riferire al Paleolitico medio, è quella cosiddetta Sbaikiana (dal giacimento di S'baika in Algeria) della quale esistono varie stazioni di superficie nell'Africa settentrionale. Si tratta di un'industria costituita di amigdaloidi misti a strumenti simili alle foglie di lauro solutreane. Tra gli uni e gli altri si trovano forme di passaggio.

Il Paleolitico medio si presenta nell'Africa settentrionale con aspetti diversi da quelli del Paleolitico medio europeo pur riscontrandovisi gli stessi tipi fondamentali. Esistono in Africa settentrionale giacimenti mousteriani tipici come quello di Fedj el-Botna presso Tebessa. Nella grotta di Ali Bacha presso Bugia è stata trovata sotto al Paleolitico superiore un'industria mousteriana associata a Bubalus antiquus, rinoceronte, zebra, ecc.

Una facies propria dell'Africa settentrionale è pure il cosiddetto Ateriano o Mousteriano peduncolato. Ne sono caratteristiche certe punte scheggiate alquanto grossolanamente e provviste di un peduncolo ottenuto con qualche ritocco. La stazione tipica che ha dato il nome a queste industrie si trova a Bir el-Ater presso Costantina, dove focolai sottoposti al Paleolitico superiore contengono punte peduncolate. Però la sistemazione cronologica dell'Ateriano è tutt'altro che sicura; secondo alcuni piuttosto che un Mousteriano a punte peduncolate, l'Ateriano è da considerarsi come un Paleolitico superiore di tradizione mousteriana; esso si trova infatti sempre sovrapposto al Mousteriano tipico. L'Ateriano oltre che in Algeria è presente nel Marocco, in Libia, e anche in Egitto, ma quivi assai più raro.

Il Paleolitico superiore assume nell'Africa settentrionale aspetti molto particolari. Oltre a stazioni di superficie si rinvengono sia all'aperto. sia in grotta, in Tunisia e in Algeria, dei giacimenti di tipo tutto speciale detti chiocciolai: si tratta di depositi costituiti da ceneri e rifiuti di pasti tra i quali numerosissimi sono i gusci di molluschi terrestri. Questi depositi possono raggiungere i 10.000 metri quadrati ed hanno dato industrie umane di vario tipo. I resti faunistici che vi si sono trovati appartengono nella maggior parte a specie ancor oggi viventi in Africa, ma delle quali gran parte non vive attualmente nella regione dei chiocciolai. Ricorderemo fra queste l'elefante, il rinoceronte, la zebra e alcune altre specie di equidi, il mufflone, varie antilopi, il bufalo, il leopardo, lo struzzo, ecc.

Un'industria caratteristica dei chiocciolai è il Capsiano (detto anche Getuliano), il cui giacimento tipo può considerarsi quello di el-Mekta presso Gafsa (donde il nome); i livelli più antichi del Capsiano (Capsiano inferiore) sono caratterizzati da qualche strumento di tradizione mousteriana, dalle punte di Châtel-Perron (i cosiddetti coltelli dei chiocciolai), dalle punte di "La Gravette", dai bulini d'angolo e a becco di flauto, e da numerosi strumenti microlitici. Nel Capsiano superiore le punte di Châtel-Perron si rarefanno e cosi pure i bulini che vengono in alcuni giacimenti a scomparire del tutto, mentre prende grandissimo sviluppo l'industria microlitica: lamette semilunari e trapezoidali. Caratteristici sono i frammenti di gusci d'uova di struzzo decorati con incisioni geometriche. Preso nel suo insieme il Capsiano mostra dal basso in alto una riduzione sempre maggiore degli strumenti di grandi dimensioni e un relativo progressivo sviluppo di quelli microlitici.

Sembra assodato che il Capsiano in questa zona si mantenga sempre lontano dalla costa di almeno 80 chilometri. Industrie di tipo Capsiano provengono anche dall'Egitto mentre in Libia non sono state ancora con sicurezza segnalate. Nella zona costiera, dal Marocco alla Tunisia, il Capsiano è sostituito da una facies industriale detta Ibero-Marusiana, che si stacca nettamente dal Capsiano inferiore per imparentarsi invece con quello superiore. Caratteristiche di questa industria sono la grande abbondanza dei microliti semilunari, la forte diminuzione dei microliti geometrici e la presenza di macine e macinelli di pietra per la preparazione delle materie coloranti.

In Algeria e in Tunisia il passaggio dal Paleolitico al Neolitico sembra essere avvenuto per graduale apporto di nuovi elementi culturali; abbiamo così un "Neolitico di tradizione capsiana" nel quale compaiono le prime cuspidi di freccia. Dal Capsiano deriverebbe invece un'altra facies, il "Neolitico sahariano", che si estende in territorî più meridionali e s'incontra abbondantissimo nel Sahara. È ricchissimo questo Neolitico sahariano di cuspidi di freccia dalle forme più svariate; possiede pure oggetti di pietra polita, asce a "rainure", ecc. Nel Sahara vi sono numerosissime stazioni di superficie di questo tipo. In Libia il Neolitico sahariano è ben rappresentato nel Fezzan.

In Egitto si hanno stazioni neolitiche di grande interesse. Celebre è quella del Fayyūm. In questo giacimento gli strumenti litici sono quanto mai varî ed eseguiti con tecnica accuratissima. Frecce a base concava o rettilinea, lame dentale (seghe), raschiatoi di varia foggia, elementi di falci (alcuni dei quali sono stati trovati ancora in posto nella loro armatura di legno), accette polite, palette per colore, mole, ecc. Esistono pure strumenti d'osso ed una ceramica piuttosto rozza. I neolitici del Fayyūm allevavano gli animali domestici, praticavano l'agricoltura e conoscevano la tessitura. Secondo alcuni la civiltà del Fayyūm sarebbe autoctona dell'Africa settentrionale, secondo altri trarrebbe la sua origine dall'Asia.

Un'altra civiltà neolitica egiziana è quella cosiddetta di Abydos, alla quale appartengono vasi dipinti con figure antropomorfe, zoomorfe e motivi geometrici e nella quale la lavorazione della pietra raggiunge il suo apogeo. Siamo in età più recente di quella della civiltà del Fayyūm in periodo cioè protodinastico. Incomincia la lavorazione di qualche metallo e si hanno dei grandi coltelli di selce ricurvi, finemente lavorati e inseriti in manichi d'avorio, d'osso o d'oro, ornati questi ultimi di belle figurazioni zoomorfe. Esistono inoltre piccole figure in selce di animali egregiamente eseguiti. Numerose sono le cuspidi di freccia.

Africa orientale. - Il Paleolitico inferiore è stato con sicurezza segnalato nella Somalia Britannica, dalla quale provengono strumenti di tipo Acheuleano evoluto. Nella Somalia Italiana manufatti di questo tipo non sono stati ancora individuati con sicurezza, mentre invece esistono numerose stazioni di superficie del Paleolitico medio, specie nelle regioni settentrionali. La grotta di Eil ha dato Paleolitico superiore con una forte percentuale di strumenti piuttosto rozzi. Dalla grotta del Bur Eibi è venuta in luce un'industria tipologicamente riferibile ad un Paleolitico superiore molto evoluto, con elementi neoliticizzanti. In Abissinia il Paleolitico antico è stato segnalato presso Harar ed un Mousteriano evoluto fu scoperto in un riparo presso Dire Daua. Dalla caverna del Porcospino, nella stessa località, provengono un Paleolitico superiore e un Mesolitico analoghi a quelli del Kenya e dell'Africa meridionale.

Una serie di importanti ricerche preistoriche è stata condotta dal Leakey, negli ultimi anni, nella Colonia del Kenya, e la loro importanza è aumentata dal fatto che ad esse si accompagnano anche osservazioni di carattere geologico. La preistoria del Kenya viene cronologicamente inquadrata in un sistema di periodi pluviali e interpluviali che sono stati stabiliti in base alle osservazioni fatte, in particolar modo, sugli innalzamenti e abbassamenti subiti dal Lago Nakuru durante il Pleistocene. Si sarebbe cosi avuto un pluviale maggiore, il più antico, detto Eburiano, seguito da altri, l'Enderiano, il Gambliano e il Makaliano, ai quali segue un periodo umido, il Nakuriano.

Da depositi dell'Eburiano (Baringo) proverrebbero dei grossolani strumenti preacheuleani. Manufatti bifaciali acheuleani appartenenti ad una fase più recente dell'Eburiano sono stati trovati a Cariandusi River. Col nome di Nanyukiano viene designato un Mousteriano di tradizione acheuleana non ancora ben definito stratigraficamente. Nell'interpluviale Endero-Gambliano abbiamo strumenti di tipo Mousteriano provenienti da varie località (Enderit Drift, Cobb's Site, Gamble's Drift) mentre da altre località (Gamble's Cave) provengono industrie di tipo Paleolitico superiore. Nella stessa Gamble's Cave segue al di sopra di questi livelli (4° e 3°), che hanno dato lame a dorso ribattuto, lame semilunari, raschiatoi e rari frammenti di ceramiche, un livello (2°) corrispondente al Gambliano, contenente rare schegge di tipo Mousteriano, indi un ultimo livello (1°), il più alto, corrispondente al Makaliano, che contiene un Aurignaciano degenerato con sviluppo della ceramica ornata (Elmenteitiano). Tutto ciò ha fatto supporre al Leakey che nel Kenya alla fine del Gambliano vivessero vicini, senza confondersi, popoli a industria mousteriana evoluta e popoli a industria di tipo Aurignaciano. Nell'interpluviale Makalo-Nakuriano l'industria del Paleolitico superiore degenera ed abbiamo in alcune località (Long's Drift) industrie microlitiche simili a quelle tardenoisiane. Le industrie del successivo periodo umido Nakuriano risalgono ad età recente (probabilmente 2000 a. C.) e sono composte di microliti, vasi di pietra, grani di collana d'importazione, ecc.

Africa meridionale. - L'età della pietra scheggiata si è prolungata nell'Africa meridionale, come del resto in altre regioni del continente, fino ad epoca recentissima. Un vero e proprio Neolitico non è stato individuato con sicurezza mentre invece si constata il prolungarsi di industrie tipologicamente riferibili al Paleolitico, nelle quali, ad un dato momento, fanno la loro comparsa alcuni elementi proprî del nostro Neolitico, quali ad esempio la ceramica.

Le più antiche industrie umane dell'Africa meridionale sono riferibili al nostro Paleolitico inferiore. Seguono quindi industrie di tipo Levallois e Mousteriano, indi delle facies particolari risultanti dalla mescolanza di tipi proprî del nostro Mousteriano e del nostro Paleolitico superiore, e infine industrie tipologicamente riferibili al Paleolitico superiore europeo e nordafricano, e, in parte, al Mesolitico.

La terminologia usata correntemente dai preistorici locali nella classificazione di queste industrie è la seguente: "Antica età della pietra" (Early stone age), "Media età della pietra" (Middie stone age), "Tarda età della pietra" (Late stone age).

L'antica età della pietra, che corrisponde al Paleolitico inferiore, comprende alcune facies principali. La facies di Stellenbosch, che deriva il suo nome dal giacimento di Stellenbosch nella Colonia del Capo ed è diffusa, a quanto consta finora, in due aree distinte, l'una nella Regione del Capo l'altra in quella del Vaal, è caratterizzata da strumenti amigdalari di tipo Chelleo-acheuleano ed inoltre da una forte percentuale di manufatti bifaciali con un'estremità tagliente, di quel tipo, cioè, detto dai Francesi "en biseaux". È interessante notare come queste "asce" che conferiscono alla facies di Stellenbosch un aspetto tutto particolare, si trovino sporadiche e assai rare nel Paleolitico inferiore europeo, mentre siano invece caratteristiche di un periodo assai più recente, il Campignano; l'esistenza nello Stellenbosch di numerosi strumenti di questo tipo ha dato luogo a varie supposizioni circa le probabili relazioni tra le industrie del Paleolitico inferiore e quelle del Campignano.

L'età quaternaria dell'industria di Stellenbosch è dimostrata non solo dai suoi caratteri tipologici ma da dati di ordine geologico. Questa facies, che è stata riscontrata anche in grotta (Bambata Cave), si trova frequentemente entro alluvioni, ciò che ne ha permessa la sua localizzazione stratigrafica. Nello studio delle terrazze del Vaal si è potuto, ad esempio, constatare la loro presenza a notevole profondità nelle terrazze stesse e sincronizzare i reperti paletnologici con quelli paleontologici provenienti dalle medesime alluvioni. Contemporanei della facies di Stellenbosch sarebbero il Mastodonte, alcune specie estinte di elefanti - Elephas (loxodon) griqua, E. (Archidiskodon) sheppardi, E. (A) transvaalensis -, un genere estinto di giraffa Griquatherium cingulatum), ecc. La contemporaneità nell'Africa meridionale d'industrie umane e di animali (Mastodonti) scomparse in Europa in età anteriore al Quaternario si può spiegare ammettendo una persistenza in Africa di tali specie anche durante le prime fasi del Pleistocene.

Tra i più importanti giacimenti dello Stellenbosch sono da ricordarsi quelli di Windsorton e di Old Pniel sul Vaal. In Rhodesia assai importante è il giacimento di Gwelo che ha dato bifaciali chelleo-acheuleani, schegge clactoniane e industrie più recenti di tipo Levallois e Mousteriano.

Alla facies di Stellenbosch segue cronologicamente quella di Fauersmith (giacimento di Fauersmith nell'Orange); la sovrapposizione di quest'ultima alla prima è stata stratigraficamente constatata nelle alluvioni di Bloenhof. Quest'industria è per la tipologia riferibile ad un Acheuleano evoluto o Micocchiano, con elementi mousteriani.

Un'industria ben caratteristica dell'Africa meridionale e che sconfina dal quadro dell'industrie europee è quella cosiddetta di Victoria West (Karru) formata da rozzi strumenti di dimensioni veramente eccezionali: grossi nuclei, manufatti a larghe scheggiature che ricordano un poco i rostrocarenati d'Europa, convessi da un lato e resi concavi da quello opposto mediante il distacco di un'ampia scheggia. Circa la cronologia dell'industria di Victoria West, regna ancora incertezza essendo considerata da alcuni come posteriore a Stellenbosch, da altri (Mochi) anteriore. Però recenti osservazioni d'ordine stratigrafico fatte nel giacimento di Canteen Kopje sembrerebbero comprovare la fondatezza della seconda ipotesi.

Dell'età media della pietra abbiamo stazioni con strumenti di tipo Mousteriano e della stessa età sono state riconosciute più facies: quella di Glas Grey Falls (Colonia del Capo) con forme mousteriane, quella di Still Bay (Colonia del Capo) con forme moustero-solutreane, quella di Howienson's Port Cave (Colonia del Capo) nella quale si notano anche bulini e lame a dorso rabattuto. A Still Bay l'industria omonima è stratigraficamente sovrapposta a quella di Stellenbosch e nella già ricordata Bambata Cave ad un livello inferiore della Early stone age con strumenti bifaciali se ne sovrappone uno ad industria Moustero-solutreana che a sua volta è sormontato da altri più recenti con bulini, lame, microliti, ecc.

Le industrie della tarda età della pietra che vengono considerate come un successivo sviluppo delle industrie precedenti possono, in linea generale, riferirsi per la tipologia al Paleolitico superiore e al Mesolitico. Le facies più importanti del Late stone age sono quelle di Smithfield e di Wilton, facies che presentano una distribuzione geografica differente. La facies di Smithfield, che manca nella Rhodesia, è caratterizzata da una industria su lama tendente al Microlitico; ne fanno parte raschiatoi circolari, bulini, alcuni strumenti che ricordano il Campignano, ecc. Questa facies presenta varie fasi, le ultime delle quali si arricchiscono di nuovi elementi, quali la ceramica a sfera di pietra forata, ecc.

La facies di Wilton si può tipologicamente considerare simile al nostro Tardenoisiano e presenta evidenti punti di contatto con quella di Smithfield di cui le ultime fasi sembrano esserle contemporanee. È caratterizzata, fra l'altro, da una grande abbondanza di grani di collana fatti con gusci d'uova di struzzo, da palette di scisto per il colore, da strumenti d'osso e d'avorio, da sfere di pietra forate, ecc.

Da quanto è stato esposto risulta che la tarda età della pietra si svolse autonoma nell'Africa meridionale, arricchendosi successivamente di nuovi elementi quali la ceramica, la levigatura della pietra, ecc., giungendo così fino ai nostri giorni e costituendo, insieme all'arte rupestre, la cultura delle attuali popolazioni boscimane. Il ferro non sarebbe stato introdotto nell'Africa meridionale che in età medievale e dalle popolazioni negre; non abbiamo quindi in questa regione un Neolitico vero e proprio, ma piuttosto delle influenze indirette di questa cultura su quella paleolitica ivi esistente. Mancano infatti stazioni a facies neolitica ben definita. Le accette polite venute in luce nell'Africa meridionale si contano sulle dita e rarissime sono pure le punte di freccia ad alette. Secondo alcuni autori sarebbero stati gli ostacoli naturali ad impedire il rapido propagarsi del Neolitico nelle regioni meridionali del continente africano: così sarebbe avvenuto, secondo alcuni, anche per le colture del Paleolitico superiore che, nel loro lento procedere da nord a sud, vi sarebbero giunte assai in ritardo impiantandosi su un substrato di industrie mousterianeggianti preesistenti ed amalgamandosi con esse. Secondo altri invece la cultura della Late stone age si sarebbe originata da quella della Middle stone age che, come per lo Still Bay, contiene già elementi Solutreo-capsiani.

Nel Congo sono state segnalate numerose stazioni preistoriche. Di quesio vasto paese, dal quale provengono anche amigdaloidi del Paleolitico antico, è caratteristica un'industria detta Tumbiana, della quale fanno parte manufatti di tipo assai differente e riferibili molto probabilmente a diverse età. Qualche autore li considera tutti appartenenti ad un'unica facies di età neolitica, altri invece, e con maggior ragione, distingue un Tumbiano più antico di cui farebbero parte rozzi strumenti a sceneggiatura bifaciale, raschiatoi sopra elevati, strumenti solutreanoidi, ecc., ed un Tumbiano recente nel quale comparirebbero veri e proprî manufatti di tipo neolitico quali le cuspidi di freccia, le accette polite, ecc. Caratteristici dell'industria tumbiana sono certi strumenti di sapore Campignano (picconi, tranchets). Purtroppo mancano dati stratigrafici tali da permetterci sicure conclusioni sulla cronologia del Tumbiano; si tratta di stazioni all'aperto tra le più importanti delle quali ricorderemo quelle di Léopoldville.

Bibl.: Oltre agli scritti citati nel vol. I, p. 780, cfr.: G. Caton Thompson, The Neolithic industry of the Northern Fayum desert, in Journal Royal Anthr. Instit., LVI; A. Debruge, Le préhistorique dans les environs de Tebessa, in Recueil de Notices et Mémoires de la Soc. Archéol. de Constantine, XLIV (1911); J. De Morgan, La préhistorie orientale, Parigi 1925; E. G. Gobert e R. Vaufrey, Deux gisements extr. d'Ibéromaurusien, in L'Anthropologie, XLII (1932), nn. 5-6; Goodiin, articoli varî in Annals South African Museum, XXVII (1929); P. Graziosi, Stazioni preistoriche sulle terazze del Congo presso Léopoldville, in Archivio per l'antrop. e l'etn., LXII (1932); id., Recherches préhistoriques dans le Fezzan et la Tripolitaine du Nord, in L'Anthropologie, XLIV (1934); id., Ricerche preistoriche nella Somalia italiana, in Archiv. per l'antropol. e l'etn., LXV (1935); Leakey, The stone age cultures of Kenya Colony, Cambridge 1931; O. Menghin, Neue Steinzeitfunde aus dem Kongostaate und ihre Beziehungen zum europäischen Campinien, in Anthropos, XXI (1926); A. Mochi, Sui materiali paletnologici dell'Africa Meridionale, ecc., in L'universo, XI (1930); id., Una pagina di preistoria dell'Africa Settentrionale, ibid., X (1929); Pallary, Instructions pour les recherches préhistoriques dans le Nord-ouest de l'Afrique, Algeri 1909; id., Notes critiques de Préhistoire Nord-Africaine, in Revue Africaine, LXIII (1922); Reygasse e Lapatie, Notes sur les escargotières de la région de Tebessa, in Bull. Soc. préhist. française, IX (1922); C. Riet Lowe, South Africas place in prehistory, in Bantu studies, 1930; R. Vaufrey, Notes pour le Capsien, in L'Anthropologie, XLIII (1933).

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