Afghanistan: composizione etnica e riflessi politico-istituzionali

ATLANTE GEOPOLITICO (2012)

Vedi Afghanistan: composizione etnica e riflessi politico-istituzionali dell'anno: 2012 - 2013

Elisa Giunchi

L’Afghanistan è estremamente composito sotto il profilo etno-linguistico. Il gruppo etnico maggioritario è quello pashtun (circa il 38%). Di origine indoeuropea, vive nel sud, nel sud-est e nel sud-ovest del paese ed è diviso in tre gruppi principali: i Durrani, noti prima della metà del Settecento come Abdali, i Ghilzai e i Pashtun dell’est. Popolazioni ghilzai vivono anche al nord. Appartengono al gruppo pashtun, infine, i Kuci, nomadi che si spostano stagionalmente tra Pakistan, Iran e Afghanistan approfittando di confini tradizionalmente porosi. I Pashtun si riconoscono in un codice etico che dà preminenza alla vendetta, all’ospitalità e all’onore, sono di fede sunnita e vivono per lo più in strutture tribali e acefale, caratterizzate da forme decisionali orizzontali, le jirga. La loro lingua, il pashtō, è una delle due lingue ufficiali del paese, insieme al dari.

Il secondo gruppo per consistenza numerica è quello dei Tagiki (circa il 25%). Di lingua dari, di fede sunnita e di cultura persiana, questo gruppo è concentrato nel Badakhshan, a Kabul e Herat, nel Kohistan e nella valle del Panshir; si tratta di popoli sedentari dediti all’agricoltura, al commercio e all’artigianato, che tendono a definirsi in base all’appartenenza regionale. Nel nord del paese vivono etnie sunnite che appartengono al ceppo linguistico uralo-altaico, principalmente gli Uzbeki (6%) e i Turkmeni (3%). A nord-est ritroviamo i Nuristani, popoli di origine indoeuropea convertiti all’islam sunnita nell’Ottocento e precedentemente noti come ‘kafiri’ (infedeli). Nel sud-ovest vivono popoli nomadi, tra i quali i Beluchi, che parlano una lingua indo-europea, e i Brahui, di lingua dravidica. Le ampie pianure centrali dello Hazajarat sono abitate dagli Hazara, di probabile origine turco-mongolica e di fede sciita. Questo gruppo, che costituisce il 19% della popolazione afghana, parla un idioma vicino al dari, l’hazaraji, è in larga misura dedito all’allevamento e nelle città costituisce un sottoproletariato oggetto di discriminazioni diffuse che solo in parte sono state corrette nel periodo successivo alla disfatta talebana. I Qizilbash, anch’essi di fede sciita, di discendenza probabilmente turkmena e di lingua dari, costituiscono invece l’élite urbana a Kabul e Herat grazie al loro alto livello di istruzione. Sono sciiti, infine, anche i Wakhi, nel nord-est, e i Farsiwan, a ovest.

Questa estrema eterogeneità etnica è un prodotto della collocazione geografica del paese, che nel corso dei millenni è stato attraversato da soldati, predicatori e mercanti provenienti perlopiù dall’Asia centrale e dalla Persia, ed è stato inoltre periodicamente occupato dai regni circostanti. Il nucleo iniziale dello stato afghano era composto dai Pashtun che vivevano lungo la catena dei monti Sulaiman, a est di Ghazni, e venivano chiamati ‘afghani’ dai persiani. Nel corso del 19° secolo le politiche di conquista dell’emiro Abdur Rahman portarono all’assorbimento dei territori situati a nord e abitati da popoli centro-asiatici. I Pashtun rimasero comunque il gruppo maggioritario e quello che fino al 1992, eccettuata una breve parentesi, ha continuato a dominare la scena politica nazionale: tra il 1992 e il 1996, infatti, un governo guidato da elementi tagiki ha governato nominalmente un paese in preda alla guerra civile. Nel 1996 i talebani, di etnia pashtun, hanno occupato Kabul e in pochi anni sono riusciti a controllare la maggior parte del territorio, con il sostegno pakistano e saudita, contrapponendosi all’Alleanza del Nord, che raggruppava sotto la leadership tagika le minoranze etniche. Nell’inverno del 2001 l’emirato talebano è stato sostituito da un’amministrazione interinale e poi provvisoria, in cui i ministeri chiave erano controllati dai tagiki. Negli anni successivi ha avuto inizio un processo di riequilibrio etnico che ha accresciuto il peso dei Pashtun nelle istituzioni nazionali e che segna forse il superamento di quella contrapposizione etnica che, insieme a divisioni regionali, clanico-tribali e settarie, ha a lungo contraddistinto il paese.

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