ACCOLTI, Benedetto, il Vecchio

Dizionario Biografico degli Italiani - Volume 1 (1960)

ACCOLTI, Benedetto, il Vecchio

Armando Petrucci

Nacque ad Arezzo nel 1415 da Michele, di nobile famiglia aretina ed allora professore di diritto a Firenze, e da Margherita Roselli. Studiò diritto a Firenze e a Bologna, ove prese il dottorato. Lettore di diritto a Volterra nel 1435, nel settembre dello stesso anno cercava vanamente di ottenere, con l'appoggio di Piero di Luigi Guicciardini, la conferma dell'incarico (cfr. una lettera dell'A. del 3 sett. 1435 al Guicciardini, pubblicata da F. Flamini, La lirica toscana, pp. 577-578). Appena un mese dopo, però, era chiamato ad insegnare diritto civile nello Studio fiorentino (la sua elezione venne omologata l'11 ott. 1435; cfr. A. Gherardi, p. 422), dove rimase fino alla morte, avendo continuato, come sembra, l'insegnamento anche dopo la nomina a cancelliere della Repubblica.

Nel 1441 partecipò al famoso "Certame coronario" di Firenze, con un capitolo di terzine; ma pare che già anteriormente avesse dato alla luce alcune composizioni poetiche in volgare. Stabilitosi ormai a Firenze, vi sposò Laura di Carlo Federighi, che gli diede otto figli. Nel 1448, quando la sua fama dì giurista s'era solidamente affermata, chiese ed ottenne di essere fatto savio del Comune e assessore dei Sindaci dei Rettori.

Nel 1453 il suo Comune d'origine, Arezzo, gli diede l'incarico di rappresentarlo ai funerali di Carlo Marsuppini, morto il 24 aprile. Ma l'avvenimento più importante della sua vita va segnato al 1458: il 17 aprile di quell'anno egli fu nominato cancelliere della Repubblica fiorentina in sostituzione di Poggio Bracciolini, il quale (già da tempo intimo amico dell'A.), ritirandosi da ogni ufficio pubblico, pare lo avesse spontaneamente designato quale suo successore. Il 20 febbr. 1460 gli fu rinnovato l'incarico per altri tre anni. Del 25 sett. 1464 è l'ultima lettera da lui dettata come cancelliere fiorentino; il giorno dopo morì e fu sepolto nella chiesa dell'Annunziata.

L'A. è, però, noto più che per la sua attività politica - che forse immeritatamente è stata, fin qui, posta in troppo scarso rilievo - per quella letteraria. Abbiamo già accennato ad una sua produzione poetica in volgare.

Il Flamini ha rintracciato sette composizioni poetiche (tuttora inedite nella loro integrità), di cui le più antiche, rimontanti ai primi anni della giovinezza, sono di ispirazione amorosa, mentre le altre (dal 1441 in poi) risentono piuttosto di un atteggiamento moralistico. Fra esse notevole il capitolo in onore della Vergine, del 1450, lontano dal sentimento popolaresco, ma non appesantito dalla dottrina, e un ternano di invettive contro un nemico personale, esemplato sull' bis ovidiano. Il Flamini ha anche riconosciuto in un brano moraleggiante dell'A. una chiara derivazione da Giovenale, ma in genere il poeta più imitato dall'aretino fu Dante.

Più importante la sua opera di scrittore in latino. L'A. si dedicò alla storia tardi, certamente dopo essere stato nominato cancelliere. Umanista e profondo conoscitore della letteratura latina (Vespasiano da Bisticci dice che vi erano pochi libri latini che l'A. non avesse letti), volgendosi alla storia, scelse un argomento medievale, la Crociata, cosa però non tanto sorprendente se si pensa che quel tema si legava a una propaganda per una ripresa della lotta contro i Turchi, che proprio nell'ambiente umanistico troverà espressione in tante declamationes.Nacquero così i Benedicti da Acoltis Aretini de bello a Christianis contra barbaros gesto pro Christi sepulchro et Iudaea recuperandis libri IIII. L'opera fu dedicata dall'A. a Piero de' Medici; nella dedica egli diceva che la ragione che lo aveva spinto a scrivere era stata quella di aver constatato la diffusa ignoranza sulla Crociata, in quanto i libri ad essa dedicati erano "inepte scriptos absque ornatu orationis".

L'opera fu pubblicata a Venezia nel 1532 (altre edizioni: Basileae 1544, Venetiis 1549, Florentiae 1623, Groningae 1731; ediz. critica in Recueil des Historiens des Croisades, Historiens Occidentaux, V, Paris 1895, pp. 525-620); fu tradotta in italiano da F. Baldelli (Vinegia 1543, 1549, Firenze 1552 ed è da questa traduzione che il Tasso trasse la trama per la Gerusalemme Liberata); venne tradotta anche in tedesco da H. von Eppendorff (Argentinae 1551) e in francese da V. Duchat (Paris 1620).

Delle quattro parti che compongono l'opera, la prima tratta della preparazione della Crociata e della partenza dei guerrieri cristiani; la seconda narra l'arrivo di questi ultimi a Costantinopoli, la presa di Nicea, la marcia attraverso l'Asia Minore; la terza i due assedi di Antiochia; la quarta contiene, oltre alla presa di Gerusalemme, anche una rapida scorsa alla storia dei luoghi santi sino alla riconquista da parte degli Arabi nel 1187.

Per la sua storia l'A. tenne presente soprattutto (o forse soltanto) Guglielmo di Tiro, né si curò di appurare la verità dei fatti mediante il confronto con altre fonti, dato il suo interesse fondamentalmente letterario.L'altra opera latina dell'A., il Dialogus de praestantis viro rum sui aevi ex bibliotheca ill. ac eruditissimi viri d. Antonii Magliabequi..., Parmae 1689, non è propriamente opera storica, ma piuttosto polemica e apologetica insieme. Con essa, infatti, l'A. si propose, con mirabile eleganza di scrittura, di rivendicare la gloria del secolo in cui viveva di fronte all'età degli antichi, che era uso vantare come perfetta. Nella dedica a Cosimo de' Medici egli dice che il suo "libellum" contiene "non solum aevi nostri, sed prioris etiam mediocrem defensionem"; ma la sua tesi è: "vetustis seculis eiusmodi rerum (cioè delle arti e lettere) non omnino palmam concedi oportere".

Fonti e Bibl.: Vespasiano da Bisticci, Vite di uomini illustri, a cura di L. Frati, II, Bologna 1893, pp. 237-240; A. Gherardi, Statuti dell'Università e Studio fiorentino...., Firenze 1881, pp. 442, 444, 455-456,462, 469; G.M. Mazzuchelli, Gli Scrittori d'Italia, I, 1, Brescia 1753, pp. 59-62;G. Tiraboschi, Storia della letteratura italiana, II, Modena 1790, pp. 775-776; G. Shepherd, Vita di Poggio Bracciolini, II, Firenze 1825, pp. 123-133; U. Chevalier, Répert. des Sources historiques du Moyen-Age. Bio-bibliographie, I, Paris 1877, col. 11; L. Landucci, Un celebre scrittore aretino del sec. XV, in Atti d. R. Acc. Petrarca,VII, 2 (1887), pp. 27-28; F. Flamini, La lirica toscana del Rinascimento, Pisa 1891, pp. 5, 25-26,266-270, 274, 418-422, 480-48 I, 489-490, 528-578; A. Gaspary, Storia della letteratura italiana, II, 1, Torino 1891, pp. 127, 167-168; G. Mancini, Un nuovo documento sul Certame Coronario di Firenze del 1441, in Arch. stor. ital, s. 5, IX (1892), pp. 331, 333, 334; E. Guarnera, Bernardo Accolti, Palermo 1901, pp.6-7, 9-11; D. Marzi, La cancelleria della Repubblica fiorentina, Rocca S. Casciano 1910, pp. 211, 215, 216, 229-232, 236, 237, 239, 243, 431, 440, 514; E. Fueter, Storia della storiografia moderna, Napoli 1944, pp. 28-29; V. Rossi, Il Quattrocento, Milano 1933, pp. 43, 114, 172, 229, 269-270; M. Messina, Francesco Accolti d'Arezzo, in Rinascimento, I (1950), pp. 293-315; Id., Le rime di Francesco Accolti d'Arezzo, umanista e giureconsulto del sec. XV, in Giorn. stor d. letter. ital, LXXII (1955), p. 176; Encicl. Ital., I, p. 267.

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